5.2 I fattori esogeni
5.2.2 Sul piano economico-imprenditoriale
Gli altri fattori criminogeni esogeni adatti a creare un terreno fecondo per il radicarsi del fenomeno corruttivo sono indubbiamente le distorsioni strutturali e organizzative del sistema economico-imprenditoriale: specificatamente, alcuni aspetti della struttura delle imprese e del sistema produttivo nel contesto del quale esse operano.
Per quanto riguarda le imprese – il cui legame criminogenetico con il fenomeno corruttivo spiega l’inserimento dei delitti di corruzione e concussione tra i reati per i quali è prevista la responsabilità amministrativa degli enti regolata nel D.lgs. n. 231 del 2001 – almeno tre sono i caratteri potenzialmente criminogeni.
Dal punto di vista sociologico-culturale la logica del profitto, che in certi contesti aziendali può sovrapporsi o, addirittura, prevalere su quella del comportamento eticamente corretto. Di conseguenza in alcuni ambienti aziendali la politica d’impresa può finire per incentivare il dipendente a commettere illeciti in cambio di premi di produttività legati al raggiungimento di certi standard di risultato.
Sotto il profilo strutturale, soprattutto nelle imprese di grandi dimensioni, la complessità della struttura dell’impresa – nella quale i processi decisionali, esecutivi e le responsabilità sono parecchio parcellizzate – è in grado di facilitare la corruzione. E analoghe considerazioni valgono per l’assetto proprietario, visto che quando il controllo delle imprese è nelle mani di un unico soggetto, ciò non favorisce il controllo sulla legalità dell’azione dell’impresa: si pensi, ad esempio, al controllo sulla costituzione dei fondi
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V. ONIDA, «Mani pulite» anno III, in P. Ignazi-R. S. Katz (a cura di), Politica in Italia. I fatti dell’anno e le interpretazioni, il Mulino, Bologna 1995, p. 175, in P. DAVIGO-G. MANNOZZI, La corruzione in Italia. Percezione sociale e controllo penale, Laterza, Roma- Bari, 2008, p. 151.
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neri extra bilancio e sugli illeciti tributari, che sono funzionali alla realizzazione dei fatti corruttivi. Peraltro, «la concentrazione del potere nelle mani di un unico centro decisionale favorisce la costituzione di relazioni fiduciarie con le élites politiche e la costituzione di intese di cartello con le imprese presenti sul mercato, volte ad assicurarsi la regolare turnazione nell’aggiudicazione delle commesse pubbliche, e quindi l’osservanza delle regole sottoculturali che disciplinano il mercato della corruzione sistemica»227. Non ci stupisce che l’Italia si piazzi al penultimo posto, battuta solo dalla Russia, in una ricerca condotta in 47 Paesi, compresi tutti quelli più importanti dell’Unione Europea e dell’OCSE, per l’elevata percentuale di imprese “politicamente connesse” con ministri o parlamentari: infatti, «misurando solo i collegamenti politici ufficiali, sanciti dalla proprietà di quote rilevanti o dalla presenza dei politici in organi societari, in Italia il 10,3% delle imprese è politicamente connessa, contro una media dell’1,98%». Scopo principale dell’imprenditore protetto, più che il profitto, è la rendita garantita da funzionari pubblici e politici senza rischio d’impresa, al più con un rischio-corruzione. In questo modo si sviluppa «una classe imprenditoriale parassitaria, preoccupata di curare le relazioni coi decisori politici e burocratici di riferimento – e le tecniche riparate per ricambiare i favori ricevuti – più che di innovare e gestire con efficienza le attività produttive»228.
Infine, l’impresa è diventata un potenziale fattore criminogeno della corruzione per il fatto di essere un perfetto contenitore per disporre e occultare una vasta gamma di mezzi per retribuire il patto corruttivo. Non parliamo solo di considerevoli quantitativi di risorse finanziarie, occultabili mediante illeciti contabili e tributari, ma anche di altre forme di retribuzione particolarmente allettanti come, ad esempio, l’assunzione di personale o la fornitura di servizi.
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COMITATO DI STUDIO SULLA PREVENZIONE DELLA CORRUZIONE, La lotta alla corruzione, p. 31, in F. CINGARI, Repressione e prevenzione della corruzione pubblica. Verso un modello di contrasto” integrato”, Giappichelli, Torino, 2012, p. 43.
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Relativamente invece all’assetto del sistema produttivo, un ruolo criminogeno importante è svolto anche dalle deformazioni strutturali del sistema economico nel quale agiscono gli enti privati. Pensiamo alle limitate possibilità che vengono offerte alle imprese dal mercato privato, a causa del basso livello di sviluppo tecnologico delle imprese e allo scarso dinamismo del mercato economico, che spinge le imprese a ricorrere alla corruzione per accaparrarsi le commesse pubbliche. Inoltre, non meno importante tra i fattori che alimentano la diffusività e sistematicità della corruzione v’è la presenza massiccia dello Stato e dell’amministrazione pubblica nei settori chiave dell’economia. Ed infatti, a prescindere dal fatto che in Italia sia stato da tempo avviato un processo di privatizzazione, sono sempre lo Stato oppure gli enti pubblici territoriali, attraverso le commesse delle opere pubbliche, a gestire e influenzare i mercati nei diversi settori produttivi. D’altra parte, le privatizzazioni, a maggior ragione se non sono accompagnate da processi di liberalizzazione del mercato, difficilmente possono costituire un “antidoto” alla corruzione pubblica229; al contrario, la creazione di società formalmente private ma a partecipazione pubblica possono perfino favorire la corruzione almeno per due motivi. Da un lato, gli amministratori dell’ente a partecipazione pubblica, al di là degli appositi vincoli predisposti a soddisfare l’interesse pubblico al quale è soggetta l’attività dell’ “impresa pubblica”, devono ispirare la propria attività alla realizzazione del profitto, e questo finisce inevitabilmente per incidere anche sulla percezione del disvalore dei fatti di corruzione. Dall’altro lato, la capacità di condizionare l’attività degli organi di governo dell’ente privato a partecipazione pubblica da parte della “politica” può portare a servirsene del medesimo per realizzare forme di illecito finanziamento ai partiti e di corruzione: si pensi, ad esempio, ad alcune delle vicende corruttive emerse negli anni ’90, in particolare, la vicenda delle “lenzuola d’oro” che interessò l’ente privatizzato “Ferrovie
229 D. DELLA PORTA-A. VANNUCCI, Un paese anormale. Come la classe politica ha perso l’occasione di Mani Pulite, Bari-Roma, 1999, p. 151 ss.; COMITATO DI STUDIO SULLA PREVENZIONE DELLA CORRUZIONE, La lotta alla corruzione, p. 52, in COMITATO DI STUDIO SULLA PREVENZIONE DELLA CORRUZIONE, La lotta alla corruzione, p. 31, in F. CINGARI, Repressione e prevenzione della corruzione pubblica. Verso un modello di contrasto” integrato”, Giappichelli, Torino, 2012, p. 44.
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dello Stato”230
, in cui i fatti corruttivi vennero realizzati dagli amministratori di questi enti privatizzati nell’ambito di un sistema pilotato dai partiti politici ai quali erano peraltro indirizzate quote delle tangenti231.