• Non ci sono risultati.

SOCIAL HOUSING E COHOUSING

2. LE COMUNITÀ CONTRATTUAL

2.2 ASPETTI CONTROVERS

Le comunità contrattuali sono state oggetto di critiche severe e continue. Ciò è accaduto soprattutto per le associazioni comunitarie (statunitensi).

Da una parte si sostiene che le comunità contrattuali riguarderebbero solo le classi più agiate. Non è però vero che tutte comunità contrattuali siano gated, ossia completamente chiuse da alti muri visivamente impenetrabili e con specifici sistemi di controllo all'ingresso; non è vero che le comunità contrattuali generano una privatizzazione dello spazio pubblico piuttosto, una collettivizzazione di spazi già privati220.

Le critiche, in certi casi, non hanno niente a che vedere con particolari forme di strutturazione giuridico-spaziale delle attività residenziali, commerciali o d'altro genere, ma sono rivolte in realtà contro l'idea stessa di libertà individuale e l'idea di proprietà privata.

219 NELSON, ROBERT H., Private Neighborhoods, Washington, Urban Institute Press, 2005.

220 BRUNETTA GRAZIA . STEFANO MORONI, Libertà e istituzioni nella città

Vi è un'altra critica che sottolinea un problema reale, ossia la possibile tendenza alla segregazione e al reciproco isolamento dei vari gruppi della società, in termini fisici e sociali.

Questo potrebbe accadere, da un lato, perché le comunità contrattuali tendono a formarsi riunendo membri omogenei (ossia membri che condividono una certa idea di qualità ambientale e architettonica, una preferenza per determinati tipi di servizi, ecc.); dall'altro, perché chi non entra a far parte di tali comunità potrebbe ritrovarsi automaticamente collocato in aree a loro volta “inintenzionalmente omogenee”. Da ciò potrebbe derivare una parcellizzazione della società urbana in isole eccessivamente uniformi, con la conseguente riduzione dei vantaggi dell' “effetto urbano”, ossia l'incontro continuo e fertile con la diversità: elemento che da sempre rappresenta un aspetto non solo positivo ma costitutivo della città. Si può rispondere a questa critica suggerendo che una città ripensata e organizzata in modo tale da essere più libera, intraprendente e creativa di quanto accade ora221

possa rivelarsi foriera di occasioni innumerevoli di lavoro, attrazione e svago, evitando così di indurre gli individui a trasformarsi in perenni reclusi all'interno delle loro comunità contrattuali e spingendoli a intendere queste ultime come semplici cellule di un più ampio mondo urbano plurale.

È importante notare che, se c'è qualcosa che oggi impedisce di creare comunità artificiali totalmente chiuse, questo è il sistema di mercato; il mercato attraversa qualunque muro spingendo tutti a entrare in interazione e contatto con gli altri. Dunque, avere più mercato, diminuirà il rischio dell'isolamento222.

3. IL COHOUSING

Come ho in precedenza evidenziato, la socialità degli interventi può articolarsi in varie forme ed una di queste può essere il cohousing.

Il cohousing risponde ad esigenze che non sono soltanto di natura quantitativa,

221 MORONI STEFANO, La città del liberalismo attivo, Torino, 2007

222 FOLDVARY FRED, Beni pubblici e comunità private, come il mercato può gestire i

ponendosi come una modalità di intervento nella quale gli aspetti immobiliari vengono studiati in funzione di contenuti sociali rappresentati non solamente dall'intento di consentire l'accesso ad un alloggio dignitoso per determinate categorie di persone, ma caratterizzati anche da una specifica attenzione alla qualità dell'abitare.

Per certi aspetti il cohousing rappresenta un tentativo di reintrodurre le relazioni sociali tipiche delle società pre-industriali nell'attuale contesto post-industriale223.

In questa prospettiva, la frequentazione abituale, la condivisione di spazi comuni e di valori di fondo legati alla qualità dell'abitare determinano una

responsabilizzazione dei comportamenti individuali e conferiscono un senso di appartenenza ad un luogo e ad una comunità specifici, preservando ad un tempo le esigenze di indipendenza e autonomia dei singoli nel cohousing, inteso come circostanza originaria delle nuove relazioni interpersonali.

La “comunità” in cui si costituisce la vita in cohousing assume una funzione del tutto peculiare quale presupposto qualificativo del complesso delle operazioni, progettuali, giuridiche ed economiche, creative delle diverse articolazioni del fenomeno.

Già a partire dagli anni Settanta, l'idea del cohousing si è formata quale tentativo di rispondere alla progressiva dissoluzione delle reti parentali tradizionali, non adeguatamente supportate da servizi di welfare. I primi esempi di questo

fenomeno si sono manifestati nei paesi scandinavi che per primi hanno assistito a problematiche sociali determinate dalla disgregazione della famiglia tradizionale e dalla nascita di nuclei familiari monogenitoriali.

In tale contesto si è posta attenzione alle complessità relazionali delle nuove famiglie e alla genitorialità e filiazione declinate in forme e tipologie differenti. Le prime forme di housing sociale che si diffondono nel Nord America a partire dagli anni '80 trovano nel modello del cohousing l'aggregazione di una pluralità di cellule abitative molto spaziose e collegate ad una serie di servizi dipendenti anche dalla classe sociale dei residenti, caratterizzate da una serie di finalità volte

223 A. ZANATTA, Nuove forme familiari di tipo nucleare nella società contemporanea, in Famiglie,

a realizzare una rete sociale capace di interpretare e realizzare forme di residenza alternativa.

La realizzazione delle strutture di cohousing passa attraverso una serie di passaggi intermedi, che vedono coinvolti in prima persona i futuri cohouser nonché,

talvolta, associazioni no profit che rappresentano la giuda della progettazione e non di rado costituiscono il terreno fertile per il formarsi dell'aggregazione della futura comunità.

Le agenzie esterne che spesso accompagnano e guidano il percorso realizzativo del cohousing, favoriscono la progettazione, aiutandola a modellarla sulle esigenze dei diversi comportamenti.