CAPITOLO 3 – IL PEER SUPPORT IN OSPEDALE
3.5 Peer support e altre forme di aiuto
3.5.1 Auto mutuo aiuto e peer support
L’auto/mutuo aiuto e il peer support sono due forme di aiuto che presentano molte assonanze tra loro poiché il peer support ha origine dall’auto/mutuo aiuto e dai suoi principi. Quest’ultimo è nato come forma di aiuto di gruppo e secondo Steinberg (2002), l’auto/mutuo aiuto è quel fenomeno per cui i membri di un gruppo, mentre riflettono su una determinata questione, si aiutano reciprocamente. È questo il processo di helper therapy, alla base dell’auto/mutuo aiuto e del peer support, che può essere tradotto come “terapia che ritorna a favore dello stesso terapeuta che la mette in atto” (Folgheraiter, 2009, p. 34). Tale principio messo a punto da Riessman (1965) evidenzia il potere terapeutico dell’aiutarsi aiutando, una sorta di “effetto boomerang” derivante dal fatto che chi aiuta è colui che viene maggiormente aiutato.
Il mutuo aiuto si fonda sull’assunto che le stesse persone possano tradurre in pratica e rafforzare le proprie risorse per aiutare gli altri e, al medesimo tempo, aiutare sé stessi (Steinberg, 2002).
All’interno di un gruppo affinché si crei mutuo aiuto è necessario che ci siano comunicazione e interazione spontanea fra i membri del gruppo che si trovano in un ambiente caratterizzato da familiarità e informalità, dove cioè tutti hanno diritto a esprimere il proprio punto di vista sull’andamento del gruppo, le opinioni e i sentimenti di ciascuno sono debitamente considerati quando vanno prese delle decisioni (Steinberg, 2002).
Prima di potersi tradurre in risultato, il mutuo aiuto deve riflettersi nel processo di interazione del gruppo e perché questo avvenga, i membri devono avere la capacità e l’opportunità di comunicare tra loro (Steinberg, 2002). Un primo ingrediente chiave per il successo del gruppo è rappresentato da una effettiva libertà d’interazione fra i partecipanti; il secondo elemento corrisponde alla qualità delle interazioni che si sviluppano al suo interno: è dalla qualità delle interazioni sociali che un gruppo di auto mutuo aiuto si contraddistingue da ogni altra tipologia di gruppo, formale o informale che sia (Lang, 1986). Per ottenere un clima favorevole di equilibrio tra due esigenze distinte, la libertà di esprimere i propri punti di vista da un lato e l’obbligo di rispettare costantemente quelli altrui dall’altro, i partecipanti dovrebbero sentirsi liberi e a proprio agio nell’esprimere ciò che pensano o provano, senza dover temere di essere giudicati.
In letteratura, vengono individuate tre funzioni principali del gruppo di auto mutuo aiuto, alle quali anche il peer support si riferisce (Steinberg, 2002):
- aiutare i partecipanti a riconoscere le risorse di cui essi sono portatori rispetto al gruppo;
- aiutarli a fare uso di tali risorse per costruire un ambiente comunitario che risulti favorevole allo sviluppo del mutuo aiuto;
- insegnare loro a praticare concretamente il mutuo aiuto nelle dinamiche di gruppo, ossia promuovere il cosiddetto “uso intenzionale del proprio Sé”, processo avente lo scopo di
98 evitare che i partecipanti cadano nella tentazione di somministrare incessantemente consigli a tutti gli altri;
Come accade per il peer support, nell’auto/mutuo aiuto la dimensione della reciprocità è uno degli aspetti fondamenti, infatti, essa aiuta a riflettere sui propri scopi o bisogni nel momento stesso in cui si aiutano gli altri a fare altrettanto. Tale dimensione è presente anche in altre forme di aiuto sociale.
Durante l’interazione, sia nell’auto/mutuo aiuto che nel peer support si producono quelli che Donati (1996) chiama beni relazionali, cioè che nascono dalla reciprocità. L’autore afferma che la natura relazionale di tali beni deriva proprio dal fatto seguente:
“Possono essere prodotti e fruiti soltanto assieme da coloro i quali ne sono, appunto, gli stessi produttori e fruitori, tramite le relazioni che connettono i soggetti coinvolti: i beni sono dunque detti relazionali per il fatto che sono (stanno nella) relazione” (Donati, 1996, p. 38).
Questi beni hanno come effetto la produzione di esternalità positiva, che consiste nella creazione di capitale sociale, inteso come insieme immateriale di valori e norme basate sulla fiducia e sulle relazioni fra i membri di una rete sociale (Putnam, 1993). Putnam definisce il capitale sociale come "[…] l'insieme di quegli elementi dell'organizzazione sociale - come la fiducia, le norme condivise, le reti sociali – che possono migliorare l'efficienza della società nel suo insieme, nella misura in cui facilitano l'azione coordinata degli individui" (Putnam, 1993, p. 169).In accordo con tale visione Folgheraiter (2009) afferma che il capitale sociale generato dall’auto/mutuo aiuto produce fiducia, apertura alle relazioni, intraprendenza e voglia di impegnarsi nel sociale, rispetto delle regole civili e delle norme di reciprocità.
Anche il peer support genera capitale sociale nella misura in cui il sostegno esercitato dai peer supporter è genuino e rappresenta espressione autentica della care, dell’interessamento reale e spontaneo dell’altro.
Nel caso del gruppo di auto/mutuo aiuto che ha appunto finalità di aiuto reciproco, per definirsi tale, i membri “devono” sperimentare le dinamiche che sviluppano il senso di mutualità. Steinberg (2002) ne individua nove che tutti i gruppi di auto/mutuo aiuto vivono:
- la condivisione delle informazioni: ogni membro porta nel gruppo il proprio patrimonio di informazioni e conoscenze con lo scopo di valorizzare le risorse di ciascuno. Condividendo le informazioni ogni membro si troverà con molte più conoscenze di prima, potrà apprendere e comprendere le strategie messe in atto dagli altri nel fronteggiamento di una data situazione, uscendone più competente e informato;
99 - la dialettica interna: perché i partecipanti possano discutere apertamente, il gruppo deve essere il luogo in cui tutti sanno di poter parlare liberamente; è compito del facilitatore attivare tale dialettica;
- discutere i tabù: Shulman (1992, p. 276) afferma che “il gruppo tende a ricreare nel proprio microambiente la cultura sperimentata dai partecipanti al di fuori di esso. Parlare apertamente di cose come il potere, la dipendenza, il sesso, diventa tabù, se invece i partecipanti sperimentano una modalità di lavoro positiva potranno anche entrare nel territorio degli argomenti tabù.” Parlare apertamente anche degli argomenti tabù aiuta i partecipanti a scoprire di non essere soli ad avere gli stessi interessi o problemi;
- tutti nella stessa barca: si tende spesso a credere che “trovarsi sulla stessa barca” con altre persone, accomunate dallo stesso bisogno o problema, non porti a nessun risultato e/o cambiamento. In realtà nell’auto mutuo aiuto da questa dinamica definita “essere sulla stessa barca” può scaturirne una ulteriore di mutuo aiuto, perché “sulla stessa barca” non ci sono solo i problemi, i bisogni e gli obiettivi dei partecipanti, ma anche le risorse di cui essi dispongono;
- il sostegno emotivo reciproco: il gruppo di auto mutuo aiuto ha la capacità di generare rapporti di sostegno, affetto ed empatia a favore delle persone che vi prendono parte, in un continuum di coinvolgimento emotivo che da se stessi, agli altri partecipanti, al gruppo nella sua interezza;
- le richieste reciproche: all’interno del gruppo può capitare che ciascuno desideri portare delle richieste e/o questioni che lo riguardano, esse diventano motivo di confronto cooperativo mirato alla condivisione e al sostegno emotivo di cui sopra;
- il fronteggiamento dei problemi individuali: i membri di un gruppo si impegnano in un processo collettivo di problem solving congiunto dei problemi individuali;
- fare le prove: Il gruppo diventa un luogo in cui sperimentare, in condizioni di sicurezza, nuovi modi di comunicare e di fare (Shulman, 1992). Questa dinamica per funzionare presuppone la presenza di un clima di gruppo che incoraggi l’assunzione di rischio, un clima cioè in cui correre rischi, ed eventualmente commettere errori è considerato legittimo;
- la forza del numero: “l’essere in relazione con altre persone che hanno esigenze, speranze o finalità simili alle nostre, rappresenta per ciascuno di noi una fonte preziosa di forza, coraggio ed energia” (Steinberg, 2002, p. 51). Tale dinamica intende riferirsi all’idea del beneficio che i componenti del gruppo traggono dalla loro comune appartenenza (senso di comunanza come lo chiama Steinberg), ossia dal fatto di non essere soli,
Alcune di queste dinamiche vengono sperimentate anche nelle altre forme di aiuto sociale fin qui discusse. In generale nel peer support, che alla luce di quanto sin qui affermato può essere considerato
100 una forma atipica di auto/mutuo aiuto, vengono sperimentate tutte le dinamiche ma, a seconda della modalità con la quale viene fornito il supporto se ne vivono alcune e non altre. Per esempio nel caso del peer support individuale le dinamiche de “la dialettica interna” o “la forza del numero” non vengono sperimentate poiché la relazione è duale. Nel caso del peer support telefonico, la dinamica del “fare le prove” difficilmente è sperimentata, poiché non ci si vede direttamente, il tempo di conversazione può essere limitato, eccetera.
Il peer support di gruppo è la forma che presenta maggiori analogie con i gruppi di auto/mutuo aiuto, tuttavia ad un’analisi più attenta sui due gruppi, si riscontra una differenza, di non poco conto. Nei gruppi di auto/mutuo aiuto le persone sono tutte in una posizione alla pari, nel senso che al loro interno tutti si supportano a vicenda e non è possibile individuare “chi supporta chi” in maniera predefinita. Esiste solo la figura del facilitatore che ha il compito di agevolare la comunicazione e riformulare le comunanze e/o le differenze tra i membri. Nei gruppi di peer support, invece, si sa a priori chi sono i peer supporter e benché pure loro ricevano supporto dal gruppo, hanno il mandato predefinito, di supportare gli altri membri e lo dichiarano al gruppo. Diverso è il caso di un gruppo di peer support avviato da tempo perché in tal caso il ruolo dei peer supporter si affievolisce a favore di una maggior mutualità.
Alla luce di quanto sin qui esposto si comprende la complessità nella definizione del peer support e la difficoltà nel collocarlo nella dimensione dell’aiuto, esso si presenta come modalità specifica e un supporto trasversale rispetto alle forme di aiuto qui presentate.
101
SECONDA PARTE: LA RICERCA EMPIRICA
102