CAPITOLO 2 – EVOLUZIONE DEL SISTEMA SOCIO-SANITARIO IN ITALIA
2.1. I modelli di Stato Sociale: l’evoluzione di una prospettiva partecipativa
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38 Negli ultimi anni si è fatta strada l’idea che solo attraverso la partecipazione dei cittadini è possibile rispondere alle loro esigenze e quindi predisporre un sistema di welfare in grado di fornire soluzioni ai bisogni reali. È questo il sistema di welfare societario.
2.1.1 Il sistema di Welfare State (Welfare Istituzionale)
All’interno del Welfare State, i cittadini possono scegliere o meno se richiedere una prestazione, ma non sono coinvolti nel pensare e nel decidere sul loro benessere. È lo Stato a decidere come organizzare le prestazioni e quali erogare. Il cittadino è in una posizione passiva e impotente, anche defraudato della propria capacità di agire in una logica di sussidiarietà al contrario, dove è lo Stato a intervenire in prima battuta, sostituendosi pienamente al cittadino, al paziente, alla comunità, anche in ciò che essi potrebbero e saprebbero fare in autonomia. Si tratta di una forma di assistenzialismo che ha portato le persone a legittimare lo Stato e i servizi sociali, sanitari, socio-sanitari a occuparsi in prima persona dei propri bisogni, “pretendendo” da loro una risposta immediata ai problemi, in quanto esperti incaricati dallo Stato nello svolgimento di tale mansione.
Tale modello di welfare prevede un livello di partecipazione dei cittadini quasi assente, minimo, in cui l’utente è considerato il portatore del problema, mentre l’operatore il risolutore della situazione.
Questo è il modello di welfare che da sempre accompagna i servizi sociali, sanitari e socio-sanitari (Raineri, 2011).
2.1.2 Il sistema del quasi-mercato (Welfare liberista)
Nell’ultimo ventennio si è assistito a un processo di riforma dei servizi sociali e sanitari che ha visto tra le tendenze comuni, l’introduzione di meccanismi competitivi e di contrattazione, tipici dei mercati definiti di “quasi mercato” o “mercati pianificati” che hanno sostenuto la crescita dei professional all’interno del settore sanitario pubblico sviluppando la tendenza ad amministrare i servizi sanitari attraverso processi di pianificazione (planning) e negoziazione (commissioning, contracting) (Saltman, Von Otter, 1992; Le Grand Barlett, 1993).
Non si parla più in questo caso di Welfare State, bensì di Welfare liberista, in cui la soddisfazione dei bisogni della collettività continua a spettare, seppur in una dimensione ridotta, allo Stato, al quale vengono però ad affiancarsi le istituzioni del terzo settore e il non profit (Ruggeri, 1996). Pertanto, nello spirito dei quasi-mercati, il ruolo dello Stato dovrebbe consistere nell’esercitare la doppia funzione di responsabile dell’allocazione macroeconomica delle risorse e supervisore dei risultati
39 quali-quantitativi dell’offerta di servizi pubblici, restituendo forza ai principi della sovranità e della partecipazione dell’utente/paziente (Raineri, 2011).
Il “quasi mercato” prevede quindi la compresenza di più produttori di natura pubblica e privata, profit e non profit, all’interno di un sistema di regolazione pubblico che favorisce la libera scelta del cittadino.
All’interno di questo modello di welfare, si considera l’utente come cliente e/o consumatore, cioè colui che acquista la prestazione ritenuta più adatta ai propri bisogni, dal miglior fornitore, se necessario con l’aiuto di un case manager (Donati, 1999). Il cittadino diventa protagonista e partecipe della risposta ai propri bisogni e in tal modo il benessere viene generalizzato (Donati, 1999). Qui la partecipazione dei cittadini è a un livello superiore rispetto a ciò che avviene in un sistema di Welfare State.
2.1.3 Il sistema di Welfare Societario (Welfare relazionale)
I due modelli di Welfare fino ad ora presentati sono centrati su un’idea unidirezionale dell’aiuto: da una parte ci sono gli esperti, incaricati di trovare le soluzioni e di fornire prestazioni, dall’altra le persone in difficoltà (Folgheraiter, 2003, p. 15):
“Se si vuole promuovere una reale riorganizzazione economica del welfare è necessario seguire il principio della “privatizzazione della responsabilità”, ciò significa che è ai singoli individui che spetta il dovere di rispondere ai bisogni sociali non soddisfatti.”
Se tale principio si realizza, si può contare su un’infrastruttura di “reti di cura informali”, chiamate a sostituire le responsabilità onnicomprensive che erano proprie dell’ente pubblico (Rodger, 2004).
Robson afferma a tal proposito che:
“Il welfare societario riguarda le azioni, gli atteggiamenti e le opinioni della gente, rispetto a tutte le questioni che hanno rilevanza per il benessere della collettività. Dall’incapacità di cogliere questa differenza nascono conflitti, attriti e frustrazioni, frutto dell’abisso che, non di rado, si crea tra le politiche pubbliche e gli orientamenti dell’opinione pubblica. A meno che i cittadini, in qualche misura, non riflettano, negli atteggiamenti e nei comportamenti, gli orientamenti sottesi alle politiche sociali, è impossibile che queste ultime abbiano successo e che si realizzino gli obiettivi dello Stato Sociale” (Robson, 1976, p. 7).
40 In un sistema di sociosanitario fondato sul Welfare Societario, a fare la differenza all’interno della società sono il grado di coesione e integrazione sociale che caratterizzano la comunità stessa (Folgheraiter, 2003).
Secondo Donati la via societaria modifica profondamente il senso delle nuove politiche sociali poiché la nuova società civile è fondata sul senso politico come senso associativo (Donati e Folgheraiter, 1999). A tal proposito si parla di cittadinanza profonda e di democrazia associativa (Cohen e Rogers, 1993). Qui il livello di partecipazione dei cittadini è massimo perché le decisioni vengono prese coinvolgendo in maniera attiva l’intera società civile. Pertanto, l’orientamento valoriale di riferimento del welfare societario non può che essere il principio di sussidiarietà nella sua forma orizzontale (Colozzi e Donati, 2005).
La sussidiarietà orizzontale si svolge nell’ambito del rapporto tra autorità e libertà, essa si basa sul presupposto secondo cui alla cura dei bisogni collettivi e alle attività di interesse generale provvedono, direttamente, sia i privati cittadini (sia come singoli, sia come associati) che i pubblici poteri, questi ultimi in funzione “sussidiaria”, solo quando i cittadini non riescono autonomamente:
una società di ordine superiore non deve sostituirsi ad una di ordine inferiore in ciò che la società di ordine inferiore sarebbe in grado di fare autonomamente.
Inoltre, la società di ordine superiore, nella fattispecie lo Stato o qui i servizi socio-sanitari, devono altresì promuovere e favorire l’agire autonomo della società di ordine inferiore (in tal caso gli utenti, i familiari, le organizzazioni di terzo settore o informali (Ivi).
Folgheraiter (2014) a tal proposito individua un altro modo di esplicarsi della sussidiarietà, quello relazionale:
“Sussidiare non vuol dire soltanto che la Pubblica Amministrazione delega al mercato e neppure che delega a un livello amministrativo posizionato più sotto. Intendiamo piena relazione tra Ente pubblico e società civile. Siccome la società civile è essa stessa un insieme di relazioni, ipotizziamo quindi un relazionamento disarticolato e multilivello. In questa forma di sussidiarietà, le due istanze, quella “bassa” societaria e quella “alta” dell’Amministrazione sono intrecciate lungo un asse orizzontale. È un dialogo alla pari tra Enti diversi e cittadini in cui le Istituzioni socio-assistenziali e socio-sanitarie chiedono aiuto alla società civile per assolvere i compiti statutari e a sua volta, la società civile chiede un aiuto di ampio raggio, non limitato al denaro, all’Ente pubblico” (Folgheraiter, 2014, p. 90).
Il modello del Welfare Societario è quindi fondato sul concetto di partnership che rappresenta il punto di partenza per la promozione dell’empowerment.
41 I meccanismi di partnership, infatti, possono produrre elementi di valore aggiunto per gli utenti e per i servizi, se entrambe le parti si fanno carico di maggiori responsabilità l’una verso l’altra (Barnes e Bowl, 2003).