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Interazione e comunicazione

CAPITOLO 5 – I CASI STUDIATI

5.6.2. Interazione e comunicazione

Durante il ricovero capita che le pazienti conoscano già le volontarie e in questo caso il confronto inizia facilmente:

“La sig.ra C. conosce già la volontaria, l’aveva vista il giorno dell’esame istologico. Le due si salutano e la volontaria chiede com’è andato l’intervento. È andato bene, è stata una mastectomia. C. inizia a chiedere alla volontaria, che ha avuto una mastectomia alcuni anni prima, cosa succederà dopo le dimissioni. Vuole sapere come farà a uscire di casa senza un seno, come potrà essere ancora donna. La volontaria mostra serenità, le fa presente che anche lei aveva questi pensieri ma che si può risolvere in diversi modi e potrà sentirsi ancora donna in una

144 veste nuova. Le spiega cosa succede dopo le dimissioni, il percorso di chemioterapia che dovrà nuovamente affrontare e si rende disponibile per un colloquio successivo dopo le dimissioni. Il colloquio dura quasi un’ora e al termine del confronto la paziente afferma di sentirsi meglio e ringrazia la volontaria.” (Diario di osservazione, Oncologia Senologica Ospedale Sacco di Milano, 06/10/2016)

Successivamente al ricovero, le pazienti possono ritrovare le volontarie al day hospital e/o in ambulatorio. Le volontarie dell’Andos sono quindi presenti in tutte le fasi del percorso di recovery della paziente, che può così contare su un supporto alla pari costante nel tempo. In questo modo è possibile riuscire a instaurare una relazione di fiducia e reciprocità, elementi ritenuti fondamentali, anche dalla letteratura, per la buona riuscita del peer support.

Il confronto con gli operatori avviene in maniera casuale, non programmata, tuttavia, ogni qualvolta un medico incrocia una volontaria (nella sala caffè o nei corridoi) si ferma e avviene uno scambio di informazioni. Tutti gli operatori incontrati conoscono le volontarie Andos.

L’osservazione dell’attività di segreteria ha permesso di comprendere come un’attività tradizionalmente svolta da personale dipendente possa essere caratterizzata dal valore aggiunto della presenza di persone che hanno a loro volta vissuto la malattia:

“Osservo il momento di accettazione in ambulatorio. R. è molto efficiente, conosce tutte le pazienti dai visi e le chiama per nome. La sua umanità traspare durante l’interazione con loro perché non perde occasione, mentre fissa un appuntamento o chiede i documenti, per esplicitare la sua condizione di parità e far presente la possibilità di usufruire del supporto tra pari. Per molte donne ha anche una parola di conforto: “Mi raccomando dai che ce la fai. Lo so che è un periodo difficile e brutto e 20 anni fa anche io ci sono passata ma guardami sono ancora qui, ce l’ho fatta anche io, anche tu ce la puoi fare”. Cerca di tranquillizzare le pazienti agitate e di infondere in loro speranza nei pochi minuti di dialogo prima e dopo la visita. Se vede che qualcuna vuole o ha bisogno di parlare chiama una delle altre volontarie presenti per il supporto tra pari e lei continua la sua attività di segreteria.” (Diario di osservazione, Oncologia Senologica Ospedale Sacco di Milano, 11/10/2016)

Le interazioni con le pazienti non hanno una durata prestabilita ed è la paziente a dettare i tempi sulla base della sua necessità del momento.

Nonostante l’ospedale sia il luogo nel quale le volontarie incontrano le pazienti, il supporto tra pari si sviluppa per lo più all’esterno, durante momenti d’incontro anche a domicilio delle volontarie, chiamate reciproche per uno scambio d’informazioni e partecipazione a momenti di sensibilizzazione organizzati dall’associazione.

145 Non vi è una regola precisa circa l’abbinamento volontaria-paziente, ma è comunque richiesto, per quanto possibile, che la volontaria abbia avuto la stessa diagnosi e prognosi della paziente.

Sicuramente il numero ristretto delle volontarie - attualmente sei - non aiuta in questo ed è privilegiata la possibilità di fornire un supporto, anche non del tutto alla pari, piuttosto che non fornirlo.

Le volontarie non hanno strumenti particolari di rilevazione della loro attività e ciascuna sa quali e quante sono le pazienti con cui ha in corso il supporto, che termina di solito quando è la paziente stessa a deciderlo, o perché interrompe i contatti con le volontarie o perché chiede a sua volta di diventare volontaria.

Non sono organizzate equipe periodiche di confronto con gli operatori sull’andamento dell’attività delle volontarie né viene presentato un report della loro attività, tuttavia la presenza della psicologa dell’ambulatorio in qualità di coordinatrice del gruppo di volontarie consente il passaggio di informazioni e un monitoraggio del progetto anche con gli operatori. Fino a settembre 2016 il Medico Primario della senologia era anche presidente dell’associazione, di conseguenza le riunioni svolte all’interno dell’associazione rappresentavano in qualche modo occasione di confronto con gli operatori. Da quando il Primario è cambiato tale esigenza è stata rilevata e riferita da tutte le volontarie durante l’osservazione.

Le volontarie utilizzano un linguaggio informale e vicino a quello delle pazienti, cercano di spiegare cosa accade nella fase successiva in cui la paziente si trova, attraverso il racconto della propria esperienza. Non forniscono risposte o consigli, ma cercano di essere una presenza positiva, che possa in qualche modo ricordare alla paziente, in un momento successivo, di aver incontrato una volontaria alla pari.

“Paola mi spiega che si pongono in maniera umile, con l’intenzione di dare un sorriso e un po' di positività alle pazienti nelle varie fasi in cui si trovano. Non danno consigli e non dicono cosa si deve fare ma cercano di essere un punto cui riferirsi per sfogarsi, offrono comprensione perché loro sanno cosa significa vivere ogni singola fase del tumore al seno.” (Diario di osservazione, Oncologia Senologica Ospedale Sacco di Milano, 26/09/2016)

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