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L’avvio della ricerca e le scelte iniziali

CAPITOLO 4 – METODOLOGIA DELLA RICERCA

4.1. L’avvio della ricerca e le scelte iniziali

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4.1.1 Il disegno della ricerca

L’impianto metodologico della ricerca è di tipo qualitativo (Corbetta, 1999; Bryman, 2008; Amaturo 2012) che, per sua natura, non avanza pretese di generalizzare i risultati, né di estendere l’interpretazione dei fatti analizzati al di fuori del contesto in cui sono stati raccolti. Il contribuito offerto dalla ricerca qualitativa è quello di avere a disposizione dei dati individualizzati e profondi (Amaturo, 2012), in grado di sollevare domande o formulare ipotesi.

Per studiare il fenomeno del peer support in ospedale, durante la fase di osservazione, si è scelto di utilizzare un approccio di tipo etnografico, che consiste nella raccolta di dati attraverso l’interazione personale (Abbott, 2007). L’etnografia si basa sull’osservazione delle persone nel loro “territorio naturale” (Bruni, 2011), ed è quindi un modo per avvicinarsi ai fenomeni sociali e osservare le pratiche di determinati gruppi di individui.

La metodologia qualitativa in questa ricerca è stata sorretta da una prospettiva costruttivista (Geertz, 1983; Van Maanen, 1988), secondo la quale:

“l’oggettività non è la registrazione meccanica del mondo come è, ma è il risultato del superamento dei pregiudizi. Le nostre vite, così come le nostre ricerche, sono un movimento dialettico, conversazionale tra oggetti e soggetti che continuamente conferiscono un significato alle cose. I dati non parlano da soli: alludono solo a qualcosa se siamo in grado di ascoltare”

(Piccardo e Benozzo, 1996, p. 126).

A partire dai presupposti costruttivisti, il ricercatore etnografo si concentra sui seguenti elementi (Ibidem):

- osservazione delle persone sul campo, vivendo per qualche tempo (più o meno lungo) all’interno del sistema sociale analizzato;

- sforzo di vedere le cose attraverso gli occhi dei nativi e di ascoltarle attraverso le loro orecchie, nel tentativo di cogliere i punti di vista, le prospettive, il senso e i significati che i soggetti attribuiscono all’esperienza;

- preferenza per un disegno di ricerca non strutturato, aperto e flessibile, idoneo a cogliere l’imprevisto e la scoperta;

- rinuncia a utilizzare concetti e teorie nelle fasi iniziali, così come ipotesi aprioristiche;

- sforzo a produrre una descrizione, prima di un’interpretazione.

La fase di osservazione caratterizzata da questi elementi è stato il punto di partenza per poter descrivere, comprendere e definire meglio l’oggetto di studio.

Durante l’intera ricerca si è cercato di mantenere il più possibile lo sguardo aperto e orientato a cogliere aspetti non predeterminati. La ricerca, quindi, si propone di combinare la letteratura

104 internazionale con le evidenze derivanti dall’osservazione sul campo e dalle interviste effettuate, in un processo continuo di integrazione tra deduzioni teoriche e induzioni empiriche.

Oltre alla letteratura internazionale sul peer support analizzata nel terzo capitolo, frame teorico che ha accompagnato tutte le fasi di ricerca nelle deduzioni e intuizioni è stato l’approccio relazionale al lavoro sociale descritto nei capitoli precedenti (paragrafi: 1.1.4; 1.2.2; 2.3.2; 2.4.2; 3.1.3). Secondo questo orientamento teorico per giungere a un sapere pieno di una specifica malattia è necessario tenere in considerazione la dimensione esperienziale in capo alla persona stessa ed è la valorizzazione di tale componente che promuove la costruzione di servizi socio-sanitari integrati, realmente in grado di rispondere alle esigenze della persona (Folgheraiter, 2009).

Seguendo l’approccio relazionale al lavoro sociale che, come qui anticipato, ha rappresentato una delle chiavi di lettura dell’oggetto di studio, la ricerca si è fondata sull’idea che le persone non sono soggetti passivi e incapaci di scegliere cos’è importante e giusto per loro, bensì ricoprono un ruolo attivo e consapevole nei processi decisionali, pertanto il loro punto di vista è considerato indispensabile.

4.1.2. Le fasi della ricerca

A partire dall’impianto metodologico sopra descritto, la ricerca si è sviluppata in diverse fasi di seguito elencate:

- analisi della bibliografia: in questa prima fase è stata realizzata una ricerca bibliografica con lo scopo di definire la domanda di ricerca. È stata effettuata una revisione della letteratura utilizzando SCOPUS e inserendo nel motore di ricerca alcune parole chiave “peer support in hospital, individual peer support, chronic illness and peer support, expert by experience”.

Sono stati selezionati trenta articoli di letteratura internazionale di cui 20 ricerche e 10 saggi teorici sul tema;

- definizione delle domande di ricerca: sono state individuate le due domande sopra esplicitate (Cos’è il peer support in ospedale e come si realizza? Perché un paziente decide di diventare peer supporter?) che hanno orientato la scelta verso una ricerca qualitativa;

- individuazione di una definizione di peer support e dei criteri di scelta dei casi da studiare:

alla luce delle molteplici definizioni di peer support emerse dalla letteratura internazionale, si è deciso d’individuarne una ritenuta maggiormente completa. Da tale definizione sono stati poi individuati i criteri di scelta per la selezione di tre casi studio;

105 - definizione degli strumenti e osservazione sul campo: sono stati definiti i due strumenti poi utilizzati durante l’osservazione (griglia di osservazione e diario di bordo); è in questa fase che si è condotta l’osservazione aperta secondo la prospettiva etnografica;

- analisi di contenuto sugli elementi raccolti durante l’osservazione: è stata effettuata un’analisi di contenuto dei dati raccolti, utile per la realizzazione della fase successiva;

- definizione traccia delle interviste e conduzione delle interviste: dagli elementi raccolti durante l’osservazione sono state individuate le tracce delle interviste e si è proceduto poi alla conduzione delle stesse;

- conduzione delle interviste in Gran Bretagna: sono state realizzate due interviste all’estero per conoscere un’esperienza inglese di peer support;

- analisi delle interviste: l’analisi dei dati è stata effettuata compiendo un’analisi di contenuto come esplicitato nei seguenti paragrafi;

- discussione dei risultati della ricerca.

Di seguito la figura 4 mostra temporalmente le fasi della ricerca:

Fig. 4 Il percorso temporale della ricerca 0%

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Il percorso temporale della ricerca

Anno 2015 primo semestre Anno 2015 secondo semestre Anno 2016 primo semestre Anno 2016 secondo semestre Anno 2017 primo semestre

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4.1.3. Breve descrizione delle fasi iniziali

Prima di scegliere i contesti nei quali svolgere la ricerca, ho analizzato la bibliografia effettuando una revisione della letteratura con SCOPUS definendo i seguenti criteri di inclusione degli articoli selezionati:

- articoli di ricerche concluse e con la presenza di dati/risultati (qualitative e quantitative) sul peer support in ambito ospedaliero. Questo criterio è stato fondamentale per individuare contributi di esperienze di peer support effettivamente esistenti;

- articoli che abbiano come principale focus gli effetti e le modalità del peer support, la definizione del peer support all’interno di strutture ospedaliere;

- un articolo di ricerca per ciascuna delle patologie cliniche tra quelle individuate da una prima ricognizione della letteratura. Questa scelta è stata necessaria per evitare di selezionare solo articoli correlati a una patologia, come ad es. la malattia mentale, ambito nel quale si trovano molte ricerche sul peer support. Per raggiungere gli obiettivi della review si è ritenuto utile selezionare ricerche correlate a patologie diverse;

- luogo in cui è stato effettuato lo studio oggetto dell’articolo. Si è scelto d’includere ricerche provenienti da diverse zone del mondo, se possibile dai cinque continenti, di conseguenza in alcuni casi si è utilizzato questo criterio, escludendo ricerche provenienti dalla stessa città per la quale si era già incluso un articolo.

Successivamente ho sintetizzato il concetto di peer support a partire dalle definizioni emerse dalla letteratura internazionale e riportate nel terzo capitolo, proponendo una nuova definizione dell’oggetto di ricerca completa di tutti gli elementi proposti dalle varie definizioni. Poiché esistono diverse pratiche di peer support è stato necessario inquadrare con maggior precisione l’oggetto di ricerca. La definizione di peer support da me proposta che ha orientato la scelta dei casi è la seguente:

“Il peer support è un supporto sociale non professionale, organizzato, accompagnato ad un supporto pratico. È fornito da persone che hanno vissuto direttamente (come pazienti o come familiari) una malattia, a persone (pazienti o familiari) che soffrono della stessa patologia. I peer supporter si contraddistinguono per il fatto che, attraverso un processo personale di tipo esperienziale, hanno imparato a essere esperti della propria condizione patologica per aiutare altre persone che vivono una simile situazione di malattia. La finalità non è terapeutica, ma di sostegno emotivo. Il ruolo di chi supporta è definito a priori in modo formalizzato.”

Questa definizione di peer support ha consentito di chiarire sin dall’inizio la necessità di alcune caratteristiche che i servizi scelti dovevano avere: anzitutto la presenza non solo o non necessariamente di pazienti ma anche di familiari nel fornire il supporto; secondo elemento

107 necessario, la presenza di un percorso personale di tipo esperienziale che ha portato i peer supporter a essere esperti della loro condizione di vita e infine la presenza di una qualche formalizzazione del ruolo dei peer supporter all’interno dell’ospedale stesso.

A partire dalla letteratura internazionale sono poi stati individuati altri criteri per la selezione dei casi:

- peer support di tipo individuale;

- presenza da almeno tre anni di un programma di peer support;

- associazione come “ente capofila” del programma di peer support e la presenza di una convenzione con la struttura ospedaliera;

- presenza di una forma di interazione tra peer supporter e operatori derivante dal coinvolgimento dei primi in attività dei secondi (per esempio partecipazione a equipe);

La scelta è stata quella di analizzare la forma di peer support individuale nella quale il paziente e il peer supporter instaurano un legame duale.

Come riscontrato dall’analisi della letteratura e dalle evidenze empiriche riportate nel terzo capitolo, non è immediata, per i pazienti e gli operatori dell’ospedale, la comprensione dell’attività svolta dai peer supporter. È quindi necessario un periodo di tempo per far sì che tutti acquisiscano maggior consapevolezza rispetto a questa nuova pratica. Alla luce delle ricerche esposte nel terzo capitolo si è ritenuto che tre anni possano essere un tempo sufficiente per aver sviluppato tale consapevolezza.

Nel capitolo precedente, quando si è affrontata la distinzione rispetto ad altre forme di aiuto è emerso che i peer supporter sono degli esperti che svolgono tale ruolo come se fosse un lavoro a tutti gli effetti, poiché caratterizzato da un certo grado di strutturazione, definito da turni di lavoro e quando possibile associato anche a una retribuzione. La presenza di un’associazione capofila del programma e di una convenzione tra l’associazione e la struttura ospedaliera sono ritenuti elementi che dimostrano la presenza di un’organizzazione e strutturazione del programma stesso, elemento fondamentale individuato anche dalla definizione sopra riportata.

Altro criterio di scelta è l’esistenza di una forma di coinvolgimento dell’attività di peer support all’interno dell’ospedale. La presenza per esempio di dialogo tra operatori e peer supporter e la partecipazione dei peer supporter a qualche attività degli operatori sono stati considerati indicatori di riconoscimento del peer support.

Sono stati quindi individuati e analizzati tre contesti: il Rehabilitation Insistute di Montecatone a Imola, il Dipartimento di Oncologia Senologica dell’Ospedale Sacco di Milano e il reparto di psichiatria dell’Ospedale di Vallecamonica (BS). In tutte e tre queste realtà sono stati attivati programmi di peer support rispondenti alla definizione individuata. La corrispondenza ai criteri di scelta definiti a priori è elemento che accomuna le tre realtà caratterizzate anche differenze non irrilevanti. Ogni contesto infatti si riferisce a un ambito sanitario diverso. Il Rehabilitation Institute di Montecatone è un ospedale di riabilitazione, centro di riferimento italiano per le persone colpite da

108 una mielolesione (lesione alla spina dorsale); il dipartimento di Oncologia Senologica del Sacco di Milano è un polo territoriale per le donne affette da cancro al seno e il reparto di psichiatria della Vallecamonica è una realtà di piccole dimensioni in provincia di Brescia per le persone colpite da una fase acuta di malattia psichiatrica.

La differenza tra i contesti non ha rappresentato un punto a sfavore, anzi è stato elemento di valore in quanto ha consentito la possibilità di apprendere il peer support in differenti contesti. L’obiettivo della ricerca, infatti, non è stato quello di rilevare un modello ideale di pratica del peer support, ma conoscere il supporto in generale e le ragioni che stanno alla base della scelta di diventare peer supporter; di conseguenza si è ritenuto che, la presenza di diversi contesti, avrebbe consentito di trovare risposte maggiormente complete.

I dati raccolti si sono dimostrati fin dalle prime fasi articolati permettendo di raccontare una realtà non univoca, ma complessa e carica di significati.

Nello specifico, l’analisi dei tre casi ha permesso evidenziare le caratteristiche del peer support, le competenze messe in atto dai peer supporter, i benefici per ciascun attore coinvolto in questa pratica (pazienti, familiari, operatori, peer supporter) e le motivazioni che li hanno spinti a ricoprire questo ruolo all’interno dell’ospedale. È stato inoltre possibile descrivere alcune differenze nello svolgimento del peer support tra i diversi servizi (capitolo 5).