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L’autonomia della creazione plastica rispetto alle fonti di ispirazione e il questionario di Abstraction-Création sullo sfondo della questione sociale

I dibattiti interni al gruppo Abstraction-Création: il numero-inchiesta del

III. 3 “La locomotiva è un’opera d’arte?” Lo spettro del mito della macchina

III.5. L’autonomia della creazione plastica rispetto alle fonti di ispirazione e il questionario di Abstraction-Création sullo sfondo della questione sociale

L’ultima domanda del questionario chiedeva agli associati se la presenza all’interno dell’opera di elementi leggibili e riconducibili all’immaginario organico o tecnologico potesse essere considerata una qualità o meno per l’efficacia del messaggio artistico. Il modello teorico con il quale la critica guardava all’arte astratta, come emerso nell’inchiesta pubblicata sui «Cahiers d’art», era quello della riduzione delle forme secondo la tradizione cubista, pietra di paragone di tutte le tendenze emergenti440. La posizione dominante all’interno della rivista, come abbiamo visto, fu quella di un’interpretazione della “realtà” dell’opera e dell’autonomia delle leggi interne alla creazione artistica, fossero queste ispirate ai principi di ordine geometrico o all’immaginario biomorfico, oppure alla costruzione di volumi e superfici dove resisteva una concezione fondamentalmente figurativa della composizione, come nel caso di Gleizes. Molti artisti, da Schwitters a Moholy-Nagy, risposero all’ultima domanda del questionario di Abstraction-Création affermando che il valore artistico dell’opera non potevs essere valutato dalla presenza o meno di un elemento riconoscibile all’interno della composizione441.

L’idea fondante del pensiero di diversi pionieri del modernismo era che l’arte astratta cercasse di mettere in rilievo la “verità” della tela, il fatto che la pittura fosse secondo la formula di Maurice Denis “une surface plane recouverte de couleurs en un certain ordre assemblées”442. Affermava a tal proposito Jean Gorin:

440 Sull’argomento Marie-Aline Prat, Peinture et avant-garde au seuil des années 30, La Cité - L'Age

d'Homme, Losanna, 1984. Roque ha ripreso le tesi di Prat sostenendo che il nemico delle associazioni astratte fosse il cubismo, non il surrealismo. Che cos’è l’arte astratta, op. cit., p. 126.

441 “Il ne fait rien à l’efficacité artistique, qu’on reproduise une machine ou un animal ou la Joconde”.

Schwitters, «Abstraction Création Art Non Figuratif», n. 2, 1933; “Il importe peu qu’une œuvre ressemble à un appareil ou à une machine, ces éléments ne déterminent pas la valeur artistique. [à un animal] même réponse”. Moholy Nagy, «Abstraction Création Art Non Figuratif», n. 2, 1933.

442 Sull’argomento si rimanda a George Roque, Abstraction et modernisme, in AaVv, Réévaluer l'art moderne et les avant-gardes, Éditions de l’EHESS, Parig, 2010, pp. 1-20.

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On a dit que la maison était une machine à habiter, on peut dire également que l'œuvre d'art est une machine à émouvoir, mais c’est l’esprit de la machine qui est l'esprit de vérité qui est ainsi à la base de l'œuvre d'art443.

Fu probabilmente per enfatizzare le ragioni di “verità” dell’arte che alcuni membri di Abstraction-Création decisero di non rispondere con un testo scritto alle domande del questionario, convinti che dovesse essere l’opera stessa a rivelarsi allo spettatore.

A tal proposito Delaunay, in risposta al questionario, affermava che la riproduzione di un’immagine nella sua interezza e a colori avrebbe spiegato meglio di ogni scritto teorico l’opera. È necessario ricordare che intorno al 1930, quando entrò a far parte di Abstraction- Creation, Delaunay cominciò a sperimentare in maniera sistematica il rapporto tra interazione dei colori e percezioni ottiche di profondità, ritmo e movimento444. L’artista riconosceva al questionario il tentativo di rendere accessibili, con un’attitudine didattica, i temi dell’arte astratta; al tempo stesso criticava la riduzione del discorso sul piano della fonte di ispirazione, mentre a suo avviso la tecnica, ovvero i problemi della visione, avrebbero dovuto essere al centro: “Tout est dans la mode, l'ordre et moyens plastiques de représentation du nu, arbre et locomotive et surtout la manière de s'en servir”445, affermava in conclusione Delaunay. La seguente dichiarazione di Naum Gabo pubblicata nel numero-inchiesta di «Abstraction Création Art Non Figuratif» sintetizza la medesima questione:

443 Gorin, «Abstraction Création Art Non Figuratif», n.2, 1933, p. 19.

444 Sulle teorie del colore di Delaunay si rimanda a Georges Roque, Art et science de la couleur: Chevreul et les peintres, de Delacroix à l’abstraction, Nîmes, Jacqueline Chambon, 1997, pp. 114-120.

445 “Je pense que votre questionnaire a pour but d'éclairer la lanterne d'un cours du soir. Mais ce n'est pas

dans vingt lignes qu'une initiation peut se faire vraiment utile pour ces élèves. Que ne donnez-vous simplement le document pictural tout nu et en couleurs, ce serait préférable à toute explication théorique. Seule la technique comprise dans son sens le plus sublime, dans ce qu'elle a d'universelle représentation, répondrait à vos questions pour enfants. N'oubliez pas que certains élèves comprennent mieux que leurs maîtres. Les mots: nu, arbre, locomotive, dans l'ordre que vous leur donnez, s'il y a relation avec les préoccupations actuelles que nous avons, ces relations ne sont pas fondamentales. Tout est dans la mode, l'ordre et moyens plastiques de représentation du nu, arbre et locomotive et surtout la manière de s'en servir”. Delaunay, «Abstraction Création Art Non Figuratif», n.2, 1933, p. 9.

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Une œuvre d’art (de n'importe quelle nature) n’a aucun besoin d'être expliquée par l’auteur. Au contraire, c'est l’œuvre d'art elle-même qui explique toujours son auteur446.

Delaunay, Gabo e Gorin provenivano da diversi percorsi di ricerca ma insieme erano arrivati ad affermare che l’arte non dovesse essere spiegata: dato che l’opera era concepita in base alle proprietà del materiale e del procedimento utilizzato, poteva essere compresa solo otticamente. Nello stesso orizzonte si contestualizzava il contributo di Alexander Calder: lo scultore americano rispondeva al questionario pubblicando un mobile accompagnato da una lunga didascalia che ne descriveva le sole caratteristiche tecniche senza commentarne la poetica. (figura 41)

In generale, i pittori di Abstraction-Création più vicini al surrealismo che gravitavano attorno alla personalità di Arp preferirono partecipare all’inchiesta evitando le dichiarazioni programmatiche: Seligmann, ad esempio, pubblicava sulla rivista del gruppo una lunga poesia disposta su tre pagine del numero447 e punteggiata graficamente dalla riproduzione di opere di Prampolini (Forme-forze nello spazio, 1932), del pittore russo Vladimir Davidovich Baranov-Rossiné, cubista avvicinatosi anch’egli al surrealismo a inizio anni Trenta, e dello stesso Seligmann. Il pittore svizzero sperimentava sull’esempio delle forme organiche del conterraneo Arp una serie di composizioni sul tema della maschera, della danza e del movimento448 realizzate con forme astratte su fondo monocromo, come nel caso del dipinto

Ali del 1930, pubblicato su «Abstraction Création Art Non Figuratif»449. (figura 43)

Nel numero trovava spazio anche Gérard Vulliamy, che si avvicinerà come nel caso di Séligmann al surrealismo a partire dal 1934. Il pittore francese non rispose a nessuna delle domande dell’inchiesta, presentando un testo generico nel quale si riferiva alla direzione artistica del suo lavoro come “émotion intellectuelle d’un état psychique” 450, caratterizzato 446 Gabo, «Abstraction Création Art Non Figuratif», n.2, 1933, p. 16.

447 Seligmann, «Abstraction Création Art Non Figuratif», n.2, 1933, pp. 37-39.

448 Sull’attività del pittore negli anni in oggetto si rimanda a R.M. Mason, Kurt Seligmann, Ginevra, 1982,

pp. 32-43.

449 Il dipinto è oggi conservato presso The Art Institute of Chicago, n. inventario 1981.270.

450 All’artista venne dedicata una pagina intera all’interno del numero del 1933. Vulliamy, «Abstraction

163 da un’originale ricerca formale segnica e materica abbandonata dopo il 1937, anno del suo avvicinamento a Dalì. (figura 44)

Apperentemente non fu fatto alcun tentativo di trovare un comun denominatore all’eterogeneità del numero della rivista, nemmeno visivamente: le composizioni postmaleviciane di Vordemberge-Gildewart avevano poco in comune con gli ovoidi dello svizzero Hans Erni, i volumi interconnessi di Gabo non assomigliano all’ordinata contrapposizione del quadrato e del cerchio nei bianchi rilievi di Ben Nicholson né alle forme fluttuanti di Jean Hélion. È possibile immaginare che il comitato direttivo di Abstraction- Création pensasse che il compito fosse stato assolto dal breve editoriale del primo numero, ribadito all’apertura nel numero-inchiesta del 1933:

Ce cahier présente les ouvres et les déclarations d'artistes indépendants qui s'efforcent, chacun de leur côté, de répondre à la demande culturelle de l'époque. Il se sont groupés sur une idée générale de Non-Figuration. Ils ne sont pas d’accord sur tous les points, mais pensent que toutes les tendances doivent être conduites là où elles mènent.451

L’ultima domanda proposta dalla redazione creava un cortocircuito tra le diverse tendenze, mettendo in crisi il modello critico attraverso il quale la stampa guardava all’astrattismo: la derivazione dell’opera da un modello preciso.

In conclusione, il numero-questionario del 1933 si presentava quasi come un glossario dei diversi temi che toccavano l’astrattismo; il suo carattere frammentario fa sì che appaia come una sorta di sintesi tardiva e poco incisiva di temi cubisti, costruttivisti e surrealisti, innestati quasi forzosamente sull’impianto della pubblicazione. Si tratta di un documento che si presta a letture stratificate: le scelte, come le elisioni, offrono una sorta di cartografia del pensiero di diversi caposcuola.

In particolare, sembra risulti assente il rapporto tra astrattismo e questione sociale, nonostante l’enfasi sulla disciplina e la nozione dell’esemplarità dell’artista in relazione al resto della società accumunasse la visione dell’arte cubista, purista e di tradizione costruttivista nell’orizzonte delle stesse idee. Alcune posizioni sull’argomento furono esplicite: “L'art naît 451 Le Comité, «Abstraction Création Art Non Figuratif», n.2, 1933, p. 1.

164 toujours dans un milieu et sur un fondement social, il signifie donc non seulement l'émotion, mais aussi un système résultant de ce fondement”, scriveva Stazeviski452. Anche Vantongerloo nel suo contributo all’inchiesta del gruppo sottolineava con forza il ruolo dell’arte nella collettività:

Le role que l’art joue dans l’ensemble de la vie sociale est le même que tout ce qui participe à l’evolution453.

Moholy-Nagy, come abbiamo visto, fu l’unico a far entrare nel numero-inchiesta di Abstraction-Création la questione della sperimentazione tecnica: da questo punto di vista l’attività editoriale dell’associazione fu strettamente orientata verso la promozione di pittura e scultura, tecniche tradizionali e più facilmente commerciabili.

Anche su questo fronte è possibile ritracciare una discontinuità di Abstraction-Création rispetto alla precedente esperienza di «Cercle et Carré»: nella sua rivista Seuphor dedicò infatti ampio spazio alle ricerche di Luigi Russolo, al cinema astratto di Hans Richter454, alle composizioni poetiche di Brzekowski455, al teatro di Vera Idelson456, che rientravano nell’orizzonte dei principi di una ricerca “costruttiva”.

L’unico contributo che si assestava su questi temi pubblicato su «Abstraction Création Art Non Figuratif» fu quello del compositore Charles Berlandier, strutturato attraverso assunti e postulati atti a creare un parallelismo tra la forma dell’arte astratta e della musica come

452 Stazeviski, «Abstraction Création Art Non Figuraif», n. 2, 1933 453 Vantongerloo, «Abstraction Création Art Non Figuratif», n. 2, 1933

454 H. Richter, L’object en mouvement, «Cercle et Carré», n. 3. Sullo stesso numero era presente anche un

contributo di Eugene Deslaw, Cinema abstrait.

455 Brzekowski si riferiva alla poesia come ad una “superficie” e alle figure retoriche come immagini

impiegate in modo tale che le tensioni degli elementi poetici siano equamente distribuite su tutto il piano della poesia: “Les éléments du poème: l’image et la métaphore, employées d’une telle façon, que les tensions des éléments poétiques soient distribuées également sur toute la surface du poème”. J. Brzekowski, «Cercle et Carré», n. 1, cit.

456 Idelson proponeva uno studio sul movimento della marionetta a teatro. A suo avviso il teatro moderno

doveva andare verso una ricerca del “mouvement pur, abstrait, le mouvement en soi.” V. Idelson, Problèmes

165 linguaggi universali figli di una moderna classicità457. Si trattò di un caso isolato: la pubblicazione dell’associazione fu infatti avulsa dal senso di apertà interdisciplinarietà che aveva costituito la lingua franca delle piccole pubblicazioni dell’avanguardia.

Al contrario, le discussioni dei legami tra arte e politica, il rapporto tra collettivismo e individualismo nella concezione dell’opera, e di conseguenza le questioni che riguardavano il rapporto degli artisti con la società, che trovarono ampio spazio anche nella critica d’arte del decennio precedente458, furono centrali nell’attività dell’associazione, come dimostrano le argomentazioni presentate nel capitolo successivo.

457 “Abstraction + Création = Musique. Tout art pur est abstrait. Toute abstraction dérive de la loi des

nombres. […] l’art de Bach, essentiellement architecturale, est essentiellement pur, essentiellement abstrait […] La Grèce fut […] la seule terre où l’idée – abstraction pure – ait pu, un jour, réellement prendre corps”. Charles Berlandier, «Abstraction Création Art Non Figuratif», n. 2, 1933, p.5-6. L’intero contributo del compositore era sviluppato per postulati ed asserzioni del genere sopracitato. È interessante notare che la tipologia di testo per assunti si ritroverà anche in Carlo Belli nella redazione della parte iniziale di KN. In un lungo testo, Hepworth reinterpreta il rapporto tra arte astratta e musica, un argomento che anche Jellett aveva introdotto e che è senza dubbio uno dei leitmotiv dell'astrazione.

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Capitolo IV

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