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Perché non dipingete nudi? Una polemica contro i soggetti commercial

I dibattiti interni al gruppo Abstraction-Création: il numero-inchiesta del

III.1. Perché non dipingete nudi? Una polemica contro i soggetti commercial

Pochi mesi prima dalla pubblicazione dell’inchiesta di Abstraction-Création, nel dicembre del 1932, riapriva al pubblico il Musée du Jeu de Paume completamente ritrutturato, dove si distingueva la presenza di una sala dedicata alla Scuola di Parigi373.

372 «Abstraction Création Art Non Figuratif», n. 2, 1933, p. 1. Parteciparono al numero: Arp, Barbara

Hepworth, Béothy, Bill, Bucheister, Calder, Delaunay, Del Prète, Domela, Dreier, Eltzbacher, Fernandez, Fischli, Foltyn, Freundlich, Gabo, Garcin, Gleizes, Gorin, Hélion, Herbin, Holty, Hone, Jelinek, Jellet, Kobro, Kosnik-Kloss, Kupka, Moholy-Nagy, Mondrian, Moss, Nicholson, Pevsner, Povorina, Power, Prampolini, Reth, Roubillotte, Rossiné, Schiess, Scwitters, Séligmann, Stazewski, Streminski, Tauber-Arp, Valmier, Van Doesburg, Vantongerloo, Villon, Vordemberge-Gildewart, Vuillamy, Wadsworth, Willimann.

373 In questa sala del primo piano si trovavano così esposti uno, affianco all’altro, Modigliani, Picasso,

Van Dongen, Foujita, Pascin, alcune opere di Kisling, Zak, Ensor, Chagall e sculture di Orloff, Zadkine, Gargallo. Sulla stagione espositiva al Musée Jeu de Paume si rimanda a Costanza Ballardini, La politica

espositiva del Musée du Jeu de Paume tra 1931 e 1939, Relatore Prof.ssa Maria Chiara Piva, Tesi di laurea

140 Van Doesburg aveva indicato sulle colonne di «Cercle et Carré» tra i nomi dei nemici dell’arte astratta Adolphe Basler, il mercante di Kisling che con la sua attività di critico per «L’Art Vivant» alimentò il successo della pittura contemporanea rappresentata dall’Ecole de Paris374. All’interno di questa scuola veniva prediletto lo stile “istintuale” di Vlaminck contro l’intellettualismo di altre tendenze, riscontrabile ad esempio nell’opera di André Derain375. La maggior parte dei pittori cubisti che parteciparono ai Salon degli anni Venti abbandonarono le ricerche più sperimentali: lo scultore lituano Lipchitz, ad esempio, all’inizio degli anni Venti aveva distrutto parte della sua produzione d’avanguardia giudicandola troppo astratta376. La stessa sorte toccò anche Auguste Herbin: dopo il fallimento della produzione degli “oggetti monumentali” di derivazione costruttivista377, iniziò infatti la fase di ritorno all’ordine, come testimonia la produzione di ritratti, nature morte e paesaggi pubblicati nella monografia edita da Abstraction-Création nel 1934. (figura

72) André Fage, cronista della casa d’aste Hotel Drouot, nel manuale Le collectionneur de

peintures modernes pubblicato nel 1930 selezionava le tipologie di collezioni per soggetti

dedicando un paragrafo ai pittori moderni di nudo: Renoir, Ingres, Modigliani. Annoverandolo tra i soggetti della pittura accademica per eccellenza, Fage segnalava al

374 Si veda Malcom Gee, op. cit. p. 131.

375 Scriveva Cherensol su Derain: “ Qui niera quel es recherches d’André Derain soient uniquement un

jeu, une démonstration, un exercice de rhétorique, un dosage de tout ce que la peinture ancienne compte de froideur, de sécheresse, et d’inhumanité?”. La Grande peinture contemporaine dans la collection Paul

Guillame, «L’Art Vivant», 15 settembre 1929, citato in Malcom Gee, op. cit., p. 109. L’impostazione generale

della rivista «L’Amour de l’Art» negli anni Trenta si orientava a sua volta verso una pittura sensualmente figurativa come quella praticata da Matisse, Raoul Dufy, De Segonzac e André Favory, secondo il punto di vista del suo fondatore e primo direttore Louis Vauxcelles. Dal 1927 il caporedattore fu Francois Fosca, che condusse una politica particolarmente conservativa sulla rivista. Tra il 1920 e il 1926 le posizioni più attente all’avanguardismo furono sostenute da Waldemar George, mentre Adolphe Basler adottò sulla rivista una posizione antimodernista. Nel 1930, ad esempio, recensendo la mostra Cent Ans de Peinture Francaise, deprecava il fatto chr molti capolavori del passato fossero accompagnati da opere di Léger e Picasso. A. Basler,

Cent Ans de Peinture Francaise, «L’Amour de l’Art», 1930, n. 9, pp. 375-9.

376 Sull’argomento si rimanda a Claire Maingon, Les Salons du rappel à l'ordre, Paris 1914-1925: des artistes français aux artistes indépendants, Tesi di dottorato in Storia dell’arte, dir. Paul-Louis Rinuy,

Université Paris X, 2006, p. 295.

141 collezionista il facile acquisto negli accreditati Salon des Artistes francais, Société Nationale des Beaux Arts o Salon des Tuleries378.

È dunque ipotizzabile che la redazione abbia voluto porre l’accento su questo soggetto per esplicitarne una critica, particolarmente sentita dai pittori del milieu costruttivista, come dimostrano le risposte pubblicate dagli artisti del gruppo Abstraction-Création sul numero- inchiesta. Otto Freundlich scriveva che il soggetto del nudo era “reazionario” e espressione di una “convenzione”379, mentre il pittore polacco Henryk Stazewski associava il soggetto allo spirito del classicismo che aveva caratterizzato il ritorno all’ordine380.

Per Streminski, fondatore del Manifesto dell’unismo, l’opera doveva essere espressione di una totale unità ottica. Dipingere il nudo voleva dire dipingere un soggetto e uno sfondo, quindi due elementi che dividevano l’idea del quadro come creazione unica381: l’unità della superficie del dipinto era un elemento fondante della poetica dell’artista, come dimostrano le opere pubblicate con continuità sui bollettini di «Abstraction Création Art Non Figuratif».

(figura 34)

La scultrice nota con il nome d’arte Kobro, moglie di Streminski, tra le poche donne ad aver al proprio attivo la scrittura di importanti contributi teorici382, accusava l’immaginario

378 André Fage, Le collectionneur des peintures modernes, Les Éditions Pittoresques, Parigi, 1930, p. 79

e p. 110.

379 “Le nu et l’homme en tant qu’objet et le monde des objets doivent être considérées aujourd’hui comme

soutien de l’esprit réactionnaire et d’une convention stérile”. Otto Freundlich, «Abstraction Création Art Non Figuratif», n.2, 1933, p.12.

380 “Le classicisme ne jouent aucun rôle dans ma peinture”, Stazewski, «Abstraction Création Art Non

Figuratif», n.2, 1933, p.42.

381 “En poignant le nu on est oblige de peindre aussi le fond. En tout cas, quand nous peignons un objet,

nous trouvons dans le tableau l’objet et le fond, donc deux choses sur un seul tableau. Parfois même quelques sensations optiques dans un seul tableau”. Streminski, «Abstraction Création Art Non Figuratif», n.2, 1933, p. 40. Scriveva il pittore nel Manifesto dell’unismo: “It [a work of art] exist just by itself. A work of art is ORGANICITY OF A SPATIAL PHENOMENON… […] A work of art is AN ORGANIC VISUAL WHOLE”. Traduzione da Abstracto/concreto, catalogo della mostra, Museo Julio Gonzalez, 20 settembre-2 dicembre 1990, appendice, s.p.

382 Katarzyna Kobro pubblicò il libro La composizione dello spazio in collaborazione con Wladislaw

142 sensuale che portava con sé il soggetto: “L’action de sculpteur un nu donne des émotions d’ordre physiologique ou sexuel”, affermava383.

È necessario ricordare che il tema dell’erotismo ebbe una grande centralità nel numero di «Minotaure» pubblicato nel 1933, a cominciare dal ricordato articolo di Dalí dedicato a ritracciare il “fenomeno dell’estasi” nell’architettura modernista, pagina che veniva commentata fotograficamente da una composizione di dettagli anatomici femminili384. Tra le risposte al questionario di Abstraction-Création non ci furono riferimenti polemici diretti al surrealismo, ma non si può escludere, leggendo l’affermazione di Kobro, un attacco velato al gruppo di Breton. A conferma di questa ipotesi, si ricorda che nel 1932 Michel Seuphor, critico vicino agli ambienti costruttivisti polacchi, pubblicava sul primo numero della rivista «Abstraction Création Art Non Figuratif» un lungo attacco contro il movimento che aveva messo al centro le “bassezze” del genere umano385.

Quando Moholy-Nagy rispondeva sardonicamente “Je ne peint pas des nus parce que je peux mieux les photographier”386, pur non volendo attribuire a questa affermazione una controversia esplicita nei confronti delle pubblicazioni surrealiste popolate dalle fotografie di nudi di Man Ray, l’artista ungherese prendeva una posizione chiaramente antitetica rispetto all’utilizzo del mezzo fotografico in senso rappresentativo.

I fotogrammi realizzati nel 1925-1926, (figura 36) anno dell’uscita del volume Pittura,

fotografia, film387, accompagnavano il suo contributo nel numero-inchiesta; attraverso le

immagini Moholy-Nagy veicolava il differente messaggio che esisteva fra produzione e

383 Kobro, «Abstraction Création Art Non Figuratif», n.2, 1933, p. 27.

384 Tra questi si segnala Maurice Heine, Notes sur le classement psychobiologique des parenthèses sexuelles (pp. 36-37) ; Jean Frois-Wittmann, L’art moderne et le principe du plaisir (pp. 79-80) ; Salvador

Dali, De la beauté terrifiante et comestible, de l’architecture Modern-style / Le phénomène de l’extase (pp. 69- 77).

385 “Leur [des surréalistes] principale préoccupation consiste à adorer comme une idole en le grandissant

à l'homme entier ce petit morceau de merde que chacun a dans son cœur […] les déchets humains et trop humains (bestiaux) qui s’amassent dans le gouffre de l'incertain et du subconscient”. M. Seuphor, «Abstraction Création Art Non Figuratif», n. 1, 1932, p.11.

386 Moholy-Nagy, «Abstraction Création Art Non Figuratif», n. 2, 1933, p. 30. 387 Moholy-Nagy, Malerei Fotografie Film, BauhausBucher, Berlino, 1925.

143 riproduzione attraverso i nuovi media ottici: la fotografia doveva essere impiegata nella cinetica delle forme e la luce era il mezzo espressivo che sostituiva il colore.

Merita soffermarsi sull’importante presenza di Moholy-Nagy all’interno di Abstraction- Création, il quale pubblicò su tutti i numeri della rivista. L’invito a partecipare alle attività associative arrivò probabilmente da Jean Hélion, il quale lavorò da intermediario per altri futuri membri del gruppo, ad esempio Barbara Heptworth e Ben Nicholson, che conobbero Moholy-Nagy in occasione della sua esposizione personale nello spazio di Abstraction- Création388.

I ripetuti inviti dell’artista ungherese a Jean Hélion perché si unisse alla nascente Bauhaus Design School di Chicago testimoniano una solida conoscenza tra i due389.

La ricerca pionieristica di Moholy-Nagy al Bauhaus, la fama di insegnante, oltre al riscontro che ebbe la sezione tedesca del Salon des artistes décorateurs al Grand Palais di Parigi del 1930 da lui organizzata, erano motivi sufficienti perché la sua partecipazione ad Abstraction- Création conferisse autorità al gruppo. Inoltre, nel 1930 Moholy-Nagy riprese a dipingere dopo cinque anni di interruzione, quindi è possibile supporre che la sua partecipazione ad Abstraction-Création fosse un modo per coltivare i rapporti con il sistema dell’arte parigino. I dipinti di questa fase segnavano inoltre un interesse per piani “fluttuanti” maggiormente dinamici e un trattamento della superficie più mosso rispetto alle ricerche nette e precise di metà anni Venti, come nei dipinti La Sarraz (1930) e Sil I (1933), quest’ultimo pubblicato su «Abstraction Création Art Non Figuratif»390. (figura 37)

Tornando al questionario, il fatto che tra tutti gli artisti coinvolti nel numero-inchiesta di Abstraction-Création solo i più vicini al costruttivismo, in particolare polacco391, avessero 388 “Nicholson said to Charles Harrison that he met Moholy-Nagy in the summer of 1933 in Paris. Since

Nicholson spent his summer in London, the more likely date was April. By that time, Hélion the founder member of Abstraction-Création knew all three”. Citato in Jeremy Lewison, Ben Nicholson, catalogo della mostra, Tate Modern, Londra, 1994, p. 241.

389 Lettera di Moholy-Nagy a Jean Hélion, 14 Febbraio 1936, Chicago, Fonds Hélion, IMEC, HLNB15. 390 Sull’argomento si rimanda a K. Passauth, Moholy-Nagy. Op.cit., p.66. Sull’influenza di Moholy-Nagy

sui giovani pittori ungheresi che militarono a loro volta in Abstraction-Création si rimanda a F. Mészaros,

Hungarian artists in Abstraction-Création, op. cit.

391 Sull’attività dei costruttivisti polacchi negli anni in oggetto AaVv, Constructivism in Poland 1923- 1936. Blok, Praesens, a.r., Essen-Otterlo, 1973.

144 deciso di rispondere esplicitamente al tema del nudo, anche se con locuzioni brevi o ironiche, conferma la possibilità che i rappresentanti dell’astrazione geometrica avessero interpretato la domanda come una sorta di provocazione rivolta alle tendenze più commerciali della scena dell’arte parigina. I pittori costruttivisti sembravano quelli che con più convinzione volessero dimostrare che l’avanguardia esisteva ancora nell’astrazione e non aveva perduto il suo spirito nel mercato, confermando quanto l’attività redazionale dell’associazione potesse assumere il valore di strumento critico rispetto allo status quo.

III.2. Cosa pensate dell’influenza degli alberi sul vostro lavoro? Il rapporto con la

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