I dibattiti intorno ad Abstraction-Création: le inchieste degli anni Trenta tra astrattismo e decorazione murale
II.3. L’inchiesta sull’arte astratta del 1931: persistenze e discontinuità attorno Abstraction-Création
Nel gennaio del 1931 i «Cahiers d’Art» pubblicarono un’inchiesta strutturata attraverso un elenco di accuse rivolte all’arte astratta: le si imputava di essere cerebrale e decorativa – buona tutt’al più per una composizione di grafica pubblicitaria – di aver sostituito il carattere “emotivo” dell’opera con uno stile geometrico, infine di aver ridotto l’arte ad un puro gioco formale e di averne quindi soppresso ogni possibilità di sviluppo:
Il surrealismo poteva quindi contribuire alla liberazione della pittura da tutte le convenzioni e alla creazione di una lingua pittorica internazionale. Si rimanda all’articolo di Chara Kolokytha, op. cit., p. 87-89.
304 Lo sforzo teorico più unitario del gruppo surrealista dalla sua fondazione al riconoscimento
internazionale fu di presentare un’ampio spettro di soluzioni estetiche: automatismo (Masson), organicità delle figure (Mirò), soggetti erotici e perversi e immagini ultra-realiste (Dalì), oggetti di tipo dadaista. Sull’argomento si rimanda a Beatrice-Joyeux-Prunel, op. cit. e la bibliografia relativa.
305 L’espressione “alogico” è di Kandinsky. Il 10 maggio 1937 il pittore russo scriveva a André Dézairrois,
il quale stava lavorando alla mostra sull’arte indipendente che si sarebbe tenuta al Musée Jeu de Paume: “Ho l’impressione di non aver visto nel suo elenco i Dada, eppure i Dada sono stati senza dubbio alcuno il punto di partenza del surrealismo. Essi infatti, forse senza rendersene conto, hanno controbattuto il “logico” sostituendolo con l’“alogico”. E per la storia dell’arte questo è un fatto di estrema importanza dal momento che l’arte non è mai stata “logica” e che le leggi che ne costituiscono le fondamenta sono il più delle volte molto diverse da quelle della matematica. A mio parere i dadaisti più importanti sono stati Arp e Duchamp, mentre il teorico del movimento è stato Hugo Ball. Arp, poi, dovrebbe essere classificato come scultore concreto”. Kandinsky, Tutti gli scritti, op. cit., p. 262.
118
La Rédaction de « Cahiers d’art » a prié les chefs du mouvement d’art abstrait, de présenter à ses lecteurs la défense de cet art accusé :
1- d’être cérébral à l’excès et par conséquent de se trouver en contradiction avec la nature même de l’art véritable qui serait d’ordre essentiellement sensuel et émotif ; 2- d’avoir remplacé l’émotion par un exercice plus ou moins adroit et subtil, mais toujours objectif, de tons purs et de dessins géométriques ;
3- d’avoir restreint les possibilités qui s’offraient à la peinture et à la sculpture, au point de réduire l’œuvre d’art à un simple jeu de couleurs et de formes purement ornementales qui conviendraient tout au plus à un catalogue de publicité ;
4- d’avoir ainsi engagé l’art dans une impasse et d’avoir supprimé toutes les possibilités d’évolution et de développement306.
L’inchiesta, nota dalla storiografia sull’argomento, è ripresa in questa sede per argomentare le posizioni degli artisti “rappresentanti” dell’astrattismo interpellati da Zervos a pochi mesi dalla fondazione di Abstraction-Création, evidenziandone i legami più o meno stretti con l’associazione. Il direttore dei «Cahiers d’art» invitò quattro artisti: Piet Mondrian, Fernand Léger, Willi Baumeister e Wassily Kandinsky, a cui si aggiungeva un testo di Arp intitolato
A propose de l’art abstrait, pubblicato nello stesso numero.
Léger partecipò all’inchiesta come figura super partes, espressamente invitato dalla redazione per “difendere” l’importanza dell’arte astratta nella storia delle tendenze moderne307. Nel suo contributo sui «Cahiers d’art», Léger affermava che l’astrazione pura (il neoplasticismo) era “una partita pericolosa che tuttavia andava giocata” per la liberazione dell’arte dal “gusto impressionista” che ancora dominava la scena308. Tuttavia, le immagini che illustravano l’articolo, rappresentavano dei dipinti recenti che sembravano ribadire la 306 Enquête: de l’art abstrait, «Cahiers d’Art», Anno VI, n. 1, 1931, p. 41.
307 “Pour permettre à nos lecteurs de compléter leur documentation sur l’Art dit abstrait, nous avons
demandé l’opinion du peintre Fernand Léger, dont plusieurs œuvres, dès 1912, nous laissent voir l’application rigoureuse des tons purs et des plans colorés”. De l’art abstrait, Réponse de Fernand Léger, «Cahiers d’art», anno VI, n. 1, 1931, p. 151.
308 “L’inquiétude actuelle du précis et de l’exact dans le domaine pictural, es tune œuvre délicate à
résoudre; si cette inquiétude actuelle a l’avenir pour elle, elle va au rebours des gouts impressionnistes, qui contrôlent encore le monde actuel. L’abstraction pure, poussé dans ce nouvel esprit, à ses extrêmes limites, es tune partie dangereuse qu’il fallait jouer. Le néoplasticisme e n’est la preuve”. Ivi, p. 152.
119 distanza del pittore francese dalle ricerche di cinque anni prima: la scelta di rappresentare un volto femminile, il mondo vegetale e minerale, le nuvole informi, il clima onirico, esprimevano la necessità di integrare natura e sintesi per attenuare il rigore del pregresso universo oggettuale che aveva caratterizzato le ricerche geometriche di metà anni Venti.
(figura 25)
L’articolo più esteso pubblicato nell’inchiesta dei «Cahiers d’art» fu quello di Piet Mondrian. Le opere dell’artista olandese vennero pubblicate a pagina intera sui numeri di «Abstraction Création Art Non Figuratif» fino al 1934309, anno dopo il quale la sua presenza non è più testimoniata. Non si conservano fonti dirette relative al suo allontanamento ma è possibile ipotizzare che le difficoltà economiche in cui versava l’artista, assieme alla chiusura dello spazio espositivo di Abstraction-Création in Avenue Wagram, dove Mondrian ebbe l’unica esposizione parigina in una galleria del decennio310, portarono l’artista a non rinnovare la quota associativa. La sua attività pubblicistica di inizio anni Trenta non fu numerosa, ma segnò il tentativo di una ridefinizione del neoplasticismo in chiave concretista311 come risposta alle accuse di decorativismo: in un articolo scritto nel 1930 per la rivista «Cercle et Carré» Mondrian definiva “super-realismo” il neoplasticismo312; nell’inchiesta condotta da Zervos chiariva ulteriormente l’equazione tra forma ed espressione del “reale universale”
309 «Abstraction Création Art Non Figuratif», n. 1, 1932, p.25; «Abstraction Création Art Non Figuratif»,
n. 2, 1933, p. 31.
310 Si rimanda alle note biografiche nel catalogo generale dell’artista Piet Mondrian. Catalogue raisonné,
a cura di Joop M. Joosten e Robert P. Welsh, V+K Publishing/Inmerc, 1998
311 Gladys Fabre ha affermato che nell’opera di Mondrian di inizio anni Trenta si assisteva a un processo
di “laicizzazione dell’arte”: gli antichi riferimenti spiritualisti e teosofici si orientavano uno statuto materialista. G. Fabre, L’ultima utopia: il Reale, in Aavv, Tempo moderno, da Van Gogh a Warhol. Lavoro macchina e
automazione nelle arti del ‘900, Skira, Milano, 2006, p. 30.
312 “La Néoplastique, peinture des rapports par la ligne et la couleur seules, c’est-à-dire sans aucune forme
limitée ni représentation particulière, est-elle encore « de la peinture » ? Ou n’est-elle que la peinture décorative? […] La Néoplastique […] mieux définie par “peinture superréaliste” […] regarde comme autant des moyens pour aboutir à cette vie concrète”. Mondrian, L’art réaliste et l’art superéaliste (La
120 come alternativa al surrealismo e al purismo313, tesi argomentata anche sul primo numero di «Abstraction Création Art Non Figuratif»314.
All’inizio del 1930 il pittore olandese iniziò a utilizzare linee più sottili e doppie, adottando un taglio romboidale della tela, già sperimentato da Van Doesburg a metà degli anni Venti per offrire ai suoi dipinti un nuovo dinamismo. Una di queste composizioni venne utilizzata per illustrare l’inchiesta dei «Cahiers d’art», mentre nei numeri di «Abstraction Création Art Non Figuratif» Mondrian pubblicava composizioni dal rigido taglio ortogonale, che tuttavia andavano verso l’eliminazione delle campiture monocrome. (figura 26)
La direzione minimalista dei dipinti del pittore, dominati dal bianco della tela, trovava un riscontro nelle opere della diciottenne inglese Marlow Moss pubblicate sulla rivista dell’associazione, che seguivano in tutto e per tutto la ricerca del maestro, al punto che Max Bill ricordava di aver scambiato le opere della pittrice inglese con quelle di Mondrian all’inaugurazione della mostra collettiva di Abstraction-Création nel dicembre 1933315.
(figura 27)
Effettivamente la visita al suo studio, riprodotto fotograficamente sui «Cahiers d’art» nel numero-inchiesta, (figura 28) fu un passaggio formativo importante per le giovani generazioni di pittori francesi come Jean Gorin e Jean Hélion, ma anche per pittori che si inserivano nel clima parigino dell’epoca, nel caso di Alexander Calder, ad esempio. L’artista olandese appariva sulla pubblicazione dell’associazione come un caposcuola alla stregua di Albert Gleizes, che pubblicava continuativamente sulla rivista assieme alle opere delle allieve Hone e Jellet. (figura 29)
313 “ La néoplastique n’est ni peinture décorative ni peinture géométrique […] Je tiens beaucoup à indiquer
la néoplastique comme le “superréalisme” en opposition avec le réalisme et le surréalisme […] si est vrai que la recherche puriste était celle de l’invariant, du stable absolue, la néoplastique ne cherche pas cela […] Or, comme votre revue l’a souvent répété, “la gloire de la peinture contemporaine fut d’avoir réussi à se détacher des nécessités de la figuration littérale”. Néanmoins, ni le cubisme ni le purisme n’ont porté ce détachement jusqu’à la réalité. C’est seulement la néoplastique qui a fait cela”. Mondrian, De l’art abstrait, «Cahiers d’art», anno VI, n. 1, 1931, n.1, pp. 41-43.
314 “Par l'emploi exclusif de la ligne droit en opposition rectangulaire, la néoplasique […] peut établir un
rythme équilibre et, par celui-ci, atteindre un équilibre réel”. Piet Mondrian, «Abstraction Création Art Non Figuratif», n. 1, 1932, p. 25.
121 Dal punto di vista del dibattito teorico, le posizioni di Mondrian risentivano del clima di ricerca che caratterizzava la “molteplicità di realismi” dell’epoca316, all’interno del quale si contestualizzava anche l’interpretazione materialistica dell’opera da parte degli astratti che com’è noto fecero propria l’espressione “arte concreta” coniata da Van Doesburg e la mantennero in uso fino alla fine della guerra grazie a Max Bill e Kandinsky.
Il concretismo aveva due facce, una di ispirazione geometrica e matematica rappresentata in Abstraction-Création dagli artisti legati a De Stijl, e l’altra vocata all’immaginario organico rappresentata da Arp. Le opere di Arp di inizio anni Trenta – che segnarono il passaggio verso una scultura composta da rilievi o da oggetti multipli – da un punto di vista tematico rappresentavano uno spostamento dall’ironico e caustico atteggiamento del periodo dadaista verso una nuova enfasi sulla natura come modello della creazione artistica e come fonte di valori universali, alternativa alla centralità delle scienze esatte.
Rispondendo al numero di inchiesta del 1931 dei «Cahiers d’art», Arp si schierava infatti contro le tendenze che esprimevano una fede nella geometria e nella tecnologia, tema di cui si era nutrita anche la cultura dadaista317. Nello stesso contributo l’artista svizzero introduceva la metafora della creazione dell’opera come maturazione del frutto di una pianta, immagine che verrà adottata anche da Auguste Herbin come simbolo di una lettura concreta dell’opera nel questionario dell’associazione del 1933318.
L’espressione ebbe fortuna anche con Rosenberg, tanto che il gallerista la utilizzò con Gleizes, come testimonia il passaggio contenuto nella seguente lettera inedita: “Un tableau doit naitre, se développer et s’épanouir comme un fruit de la nature et non comme un fruit de modiste, c’est-à-dire comme ceux que ces dernières mettent sur leur chapeaux”319.
316 Eric Michaud, Le peuple, l’Art et la realité, «Ligeia», n.1, aprile-giugno 1988, p. 39.
317 “Les lignes droites et les couleurs franches, l’exaspèrent surtout. […] La clarté de l’univers fait trop
ressortir sa déchéance et sa laideur”. Arp, De l’art abstrait, «Cahiers d’art», anno VI, n. 1, 1931, p. 358. Sull’attività di Arp nei primi anni Trenta si rimanda a Margherita Andreotti, A New Unity of Man and Nature:
Jean Arp's "Growth" of 1938, «Art Institute of Chicago Museum Studies», Vol. 16, N. 2, 1990, pp. 132-145. 318 “L’art est un fruit qui pousse dans l’homme, comme un fruit sure une plante ou l’enfant dans le sein
de la mère”, scriveva accompagnando l’immagine di un rilievo a tutto tondo (Fruits, 1931). De l’art abstrait,
Réponse par Arp, «Cahiers d’art», anno VI, n. 1, 1931, n.1, p. 358.
319 Lettera di Rosenberg a Albert Gleizes, 17 settembre 1932, Fonds Gleizes, Bibliothèque Kandinsky,
122 Arp introdusse su «Abstraction Création Art Non Figuratif» elementi eterodossi rispetto alla linea razionalista dell’astrattismo: l’articolo che descriveva la sua opera sul primo numero del bollettino associativo era punteggiato di termini del lessico surrealista come “feticcio”, “sensualità”, “mistero”, “materia”320. La sua figura costituì uno degli snodi essenziali del rapporto tra dadaismo, surrealismo e astrattismo proprio per un’apertura delle ricerche formali astratte verso modelli non matematici, aspetto che interessava contestualmente anche Kandinsky321. Il pittore russo nell’inchiesta dei «Cahiers d’art» prese a sua volta posizione contro le “formule nette” della creazione plastica argomentando al tempo stesso alcune obiezioni indirizzate ai giornalisti della stampa specializzata che fondavano i loro pregiudizi sull’astrattismo attorno al discorso dell’uso della fonte geometrica nella composizione:
Pourquoi une peinture, dans la quelle se reconnaissent des formes “géométriques” est-elle dite “géométrique”, alors qu’une peinture où se reconnaissait des formes végétales, n’est pas dite “botanique”? Ou bien peut-on dire “musicale” une peinture où l’on peut distinguer sur une toile une guitare ou un violon?322.
320 “Le jeu de sa création s’accomplit dans l’immesurable et devient l’amplitude des possibilités humaines
[…] Les sculptures de Arp sont des fétiches qu’il a su placer entre la création et la mort. Ils sont des attributs magiques remplis d’une signification secrète et inexprimable […] il a transporté en bois dans des mystères dont il raconte un événement – de lui seul connu et matérialisé”. Hans Arp, par Hans Schiess, «Abstraction Création Art Non Figuratif», n. 1, 1932, p. 2.
321 Cfr. Astrid von Asten, ‘We want to produce like a plant that produces a fruit’: Arp and the ‘Nature Principle’ in Meanings of Abstract Art: Between Nature and Theory, a cura di Paul Crowther e Isabel Wunsche,
Routledge, New York, 2012, pp. 81-83.
322 “Les artistes que se disent “pur constructivistes” ont fait des essais divers pour construire sur une base
purement matérialiste. Ils cherchèrent à éliminer le sentiment “périmé” (intuition) pour servir le temps présent “raisonnable” par des moyens qui lui soient adaptés. Ils oubliaient qu’il y a deux mathématiques. Et en outre ils ne purent jamais établir une formule nette qui répondit à toutes le proportions du tableau. Ils étaient ainsi forces ou bien de peindre de méchants tableaux, ou bien de corriger la raison par l’intuition “périmée”. Kandinsky, De
123 I «Cahiers d’art», rivolgendosi al pubblico che eveva seguito le vicende del modernismo nelle modalità dibattute su l’«Esprit nouveau» e «Bulletin de l’effort moderne»323, avevano contribuito ad alimentare un discorso critico che analizzava l’opera partendo dal processo cubista di stilizzazione e schematizzazione di forme324.
A questo contesto è possibile dunque ricondurre l’interesse dell’associazione Abstraction- Création per la realizzazione di un numero che, riprendendo il format comunicativo giornalistico dell’inchiesta, spiegasse i procedimenti – le fonti visive e le linee di pensiero estetico-filosofiche – dell’arte “non figurativa” che non poteva essere letta con il metro del cubismo.
Conferma l’ipotesi l’articolo che Herbin pubblicò sul primo numero di «Abstraction Création Art Non Figuratif» una presa di posizione contro quella parte della critica che parlava per “etichette” senza riflettere sul contenuto dell’arte:
Tableau — objet concret — abstraction moyen — création — but . — la crise, qui fait de terribles abstractions avait amené l’un de nous un soir, à poser la question: “quelles raisons avons nous encore de faire art abstrait.” La réponse jaillit, sans pitié; plus d'art! Ne parlons même plus d’art! […] Abstraction faite d’hier et d'aujourd’hui, de vous et de moi, la vie continue325.
323 Si veda Rainer Rochlitz, Les Paris esthétiques de Christian Zervos in AaVv, Cahiers d'art. Musée Zervos à Vézelay, Hazan, Parigi, 2006, pp. 21-38.
324 Arp scriveva nell’inchiesta dei «Cahiers d’art» del 1931: “Je comprends qu’on nomme abstrait un
tableau cubiste car des parties ont été soustraites à l’objet qui a servi de modèle à ce tableau. Mais je trouve qu’un tableau ou une sculpture qui n’ont pas eu d’objet pour modèle, sont tout aussi concrets et sensuels qu’une feuille ou une pierre”. De l’art abstrait, Réponse par Arp, op.cit., p. 358. Il passaggio è stato commentato da George Roque: secondo lo storico dell’arte proprio perché l'arte astratta era ancora troppo legata al cubismo che era necessario chiamarla diversamente, ad esempio “concreta”, per Arp Van Doesburg e Kandinsky. G. Roque, Che cos’è l’arte astratta, op. cit., p. 125.
124 Mutuando i termini di una nota espressione di Gino Severini, per Herbin la critica d’arte era rea di parlare di astrattismo scambiando “l’effetto per la causa”326, non preoccupandosi quindi delle ragioni del processo creativo ma esclusivamente della sua definizione estetica. Il questionario di Abstraction-Création poteva essere quindi un tentativo di portare il piano di discussione con la critica nei termini di contenuto teorico dell’opera, oltre che di forma. Willi Baumeister fu l’unico, nell’inchiesta dei «Cahiers d’art», ad evocare le potenzialità “architettoniche” dell’arte astratta327. La posizione del pittore di Stoccarda nell’associazione Abstraction-Création fu una sorta di passaggio: pubblicò infatti solo sul primo numero del bollettino. (figura 30) La sua presenza tra i principali rappresentanti dell’astrattismo nell’inchiesta condotta da Zervos fu probabilmente dovuta alla stima che la critica coeva aveva dimostrato verso il suo lavoro: la prima personale dell’artista a Parigi nel 1927 alla Galerie d’Art Contemporain di Boulevard Raspail gli portò un ottimo successo di stampa328 mentre nel 1931, dopo altre mostre internazionali329, usciva per le edizioni Gallimard la prima
326 “L’opera d’arte non deve cominciare da un’analisi dell’effetto, ma da un’analisi della causa”. G.
Severini, Dal cubismo al classicismo. Estetica del compasso e del numero, 1921, a cura di E. Pontiggia, SE, Milano 1997, pp. 20, 34. La “causa” intesa come legge di costruzione dell’opera a cui faceva riferimento Severini era com’è noto una rigorosa ricerca geometrica. Tuttavia, come abbiamo visto, all’interno di Abstraction-Création si voleva dimostrare che le ragioni dell’arte astratta fossero riconducibili a diverse fonti di ispirazione, non solo quella matematica.
327 “Il y aura toujours des temps archaïques. Il se distinguent par la simplicité extrême des formes. Ils sont
de caractère synthétique et architectonique. […] La peinture abstraite modern est archaïque”. Willi Baumeister,
De l’art abstrait, «Cahiers d’art», anno VI, n. 1, 1931, n.1, p. 216
328 Scriveva Baumeister nel suo diario: “Over 40 pictures, many temperas, no sales, much interest and
recognition by the French painters, Léger, Le Corbusier, Lipchitz, W. George, Christian Zervos. I hear that I am currently the best painter among the Germans. I made about 25 temperas, very finely colored, like never before. The impression remains: in order to get ahead it’s not enough to produce good things, but one must (unfortunately) produce a lot of them. Cobusier and Léger very friendly”. La traduzione dal tedesco all’inglese della pagine di diario, conservato nell’archivio dell’artista, digitalizzato e disponibile online, è pubblicata in Brigitte Pedde, Willi Baumeister (1889-1955): Creator from the Unknow, Ed. Willi Baumeister Archive, 2014, p. 40.
329 Si ricorda, tra le altre, la partecipazione alla Biennale di Venezia nel 1930, occasione che fece
125 monografia a lui dedicata330. All’inizio degli anni Trenta Baumeister cominciò a perseguire un astrattismo che si esprimeva principalmente attraverso l’arte murale: la sua ricerca, iniziata in ambito dada con i Mauerbilder, ambiva a restituire il carattere di “anonimato” della pittura parietale.
La discussione di una possibile collaborazione tra pittori e architetti ritornò in auge nel primo anno di attività di Abstraction-Création, come dimostra l’inchiesta pubblicata sul quotidiano «Excelsior» nel dicembre del 1932, dove di fatto si emerginavano le ricerche astratte in questo ambito mentre Vantongerloo fece dell’attività del gruppo la piattaforma ideale per rispondere al dibattito in corso.