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La posizione di Albert Gleizes nella prospettiva di un “rétour à l’homme”

I dibattiti interni al gruppo Abstraction-Création: il numero-inchiesta del

III. 3 “La locomotiva è un’opera d’arte?” Lo spettro del mito della macchina

III.4. La posizione di Albert Gleizes nella prospettiva di un “rétour à l’homme”

Nello stesso anno di uscita della pubblicazione del numero-inchiesta del gruppo astratto, Waldemar George pubblicava Profits et pertes de l’art contemporaindove proponeva una visione “umanistica” e “etica” dell’opera che contrastava l’immaginario della macchina424.

423 Scriveva Bruno Sanzin nell’articolo Quadri polimaterici di Enrico Prampolini alla Biennale: “Enrico

Prampolini valendosi di elementi inconsueti, allarga, quando gli conviene le possibilità comunicative per mezzo appunto di questi materiali, che alle volte hanno una funzione plastica, tal’altra assurgono ad importanza tattile (vedi Quadriennale romana), ecc. È in certo senso logico che questi tentativi audaci del pittore Prampolini non trovino nel solito visitatore – che va a passeggiare all’Esposizione come più tardi andrà in Piazza S. Marco – riscontro di comprensione. È certo che i suoi tentativi coinvolgono una sensibilità ristretta a pochi. [...] Enrico Prampolini rimane l’ingegno che osa per il bisogno prepotente di creare al di là del finora raggiunto. Enrico Prampolini è da considerarsi oggi il maggior esponente della pittura futurista italiana, di quella pittura che l’estero applaude ed imita”. B. G. Sanzin, Quadri polimaterici di Enrico Prampolini alla Biennale, «Futurismo», anno I, 13 novembre 1932.

424 Il libro fu terminato nel 1931 e pubblicato due anni più tardi; Waldemar George concentrava la critica

alla “la peinture en soi, forme supérieure de la delectation”, prodotto di una società atea che non sapeva né creare né comunicare la vita: “L’art de Matisse n’exprime qu’une vision rétinienne […], [le cubisme est ] un manifestation d’une rage iconoclaste [qui] envisage la figure comme un problème de formes […] Léger identifie l’être humain au moteur […] L’homme est fait à l’image de son art. Or cet art, poursuit-il, signifie la négation de l’homme. La maison, la rue, le théâtre, le cinématographe, l’affiche et la typographie portent l’empreinte de l’antihumanisme”. Sulle contraddizioni insite nella concezione “umanista” del pensiero del critico si rimanda a Yves Chevrefils Desbiolles, Le critique d’art Waldemar George. Les paradoxes d’un non-conformiste, «Les

155 Facendo eco a quanto affermò Tériade rispetto agli artisti astratti che realizzavano “tableaux d’après les théories”425, Gleizes scriveva sul numero-inchiesta della rivista che l’opera non poteva che essere incomprensibile, quando concepita con un fine esclusivamente formale. L’ideazione dell’opera per ottenere un determinato fine estetico comportava per l’artista il pericolo dell’esercizio stilistico: “L’opera d’arte considerata passivamente, esteticamente, come un’imitazione sensibile, come un’interpretazione, come una trasposizione fino all’astrazione”, affermava l’artista, era la ragione dell’incomprensione dell’arte astratta da parte della critica. L’artista proponeva di rimettere al centro “l’attività creatrice umana” espressa attraverso “metodi artigianali e non estetici”, che il pittore identificava nell’unità formale di colore e figura attraverso la luce426.

Per comprendere la posizione di Gleizes è necessario tornare al 1925, quando l’artista iniziò la stesura di un saggio intitolato Machine modernolatrie, che non vide mai la stampa; in questa sede il pittore rispondeva alle critiche seguite all’Exposition del 1925 rivolte all’emergenza di un “cubismo art déco”, affermando che l’adattamento dell’estetica cubista ai disegni dei manifesti commerciali fosse dimostrazione dell’efficacia della forza comunicativa del cubismo al pari dell’arte murale427. Al tempo stesso Gleizes si dimostrava

Belles lettres», Archives Juives, 2008/2 Vol. 41, p. 106 e a Christopher Green, Art in France 1900–1940, Yale University Press, New Heaven-Londra, 2000, pp. 183-230.

425 Tériade, Documentaire sur la jeune peinture. Part II, L’avénement classique du Cubisme, «Cahiers

d’art», n. 10, 1929, p. 453.

426 “Je regrette de ne pouvoir répondre à aucune des questions posées; je ne les comprends pas. Des nus,

des arbres, une locomotive, une machine, une apparence animale, regard l'œuvre d'art, l'œuvre de création humaine par excellence, celle qui justifie l'homme dans le monde, qui explique sa primauté relative par rapport à la primauté absolue? Permettez-moi de vous dire que je n'aperçois pas le lien, l'action des uns sur l'autre. Si l'œuvre d'art est envisagée passivement, esthétiquement, comme une imitation sensible, comme une interprétation, comme une transposition allant jusqu'à l'abstraction, cela pourrait s'expliquer ; mais, comme je la considère activité créatrice humaine, je ne puis, pour la réaliser, que m'appuyer sur des méthodes artisanes — et non esthétiques — issues d'un principe où, en ce qui regarde le peintre, la couleur et les figures sont inséparables et appartiennent à l'unité formelle qu'est la lumière. Elle a régné autrefois, cette conception supérieure de l'œuvre d'art; je sais trop qu'on l'ignore aujourd'hui : c'est pourquoi nos tendances sont si mal comprises”. Albert Gleizes, «Abstration-Création», n.2, 1933, p. 18.

427 Nel saggio Gleizes analizzava i buoni e cattivi utilizzi della produzione industriale di massa. Nel 1926

156 critico rispetto alla diffusione all’influenza che aveva il design sul gusto del pubblico: nel saggio L’inquietude – Crise plastique pubblicato nello stesso anno, scriveva che l’angoscia degli anni era dovuta a “l’environnement des hommes, entourés d’objets qui, pour des raisons touchant à leur forme, tirent leur sensibilité”428. La posizione dell’artista a metà degli anni Venti - che può essere riassunta con il titolo della monografia a lui dedicata da Peter Brook

For and against the 20th Century429 - si orientò verso quello che la letteratura ha chiamato

“retour à l’homme”, un’adesione ai valori ancestrali come il ritorno alla terra, comune negli anni Trenta a numerosi artisti d’avanguardia, frutto di un ampio dibattito che coinvolgeva parte dell’intellighenzia francese sul tema del ricordato “declino dell’occidente”. A testimonianza dell’impatto che ebbe il dibattito sull’opera dell’artista si conserva l’intenso carteggio con René Guenon, che spinse Gleizes ad abbracciare i valori cristiani come antidoto al mostruoso “altro”: la civilizzazione della macchina occidentale430. Nel 1927 Gleizes mise in pratica questi principi creando la comunità artistica di Moly-Sabata e intensificando la sua produzione di opere a tema religioso: quando i monaci della chiesa di Sainte-Blanche in Serrières, villaggio che Gleizes aveva frequentato durante la guerra, trovarono il trittico commissionato all’artista “troppo astratto”, il pittore si orientò nuovamente verso una iconografia leggibile431.

distinzione tra i buoni e i cattivi utilizzi della produzione industriale: non vi era per lui alcun utilizzo positivo. Sull’argomento si rimanda alle note bio-bibliografiche in AaVv, Albert Gleizes, Le Cubisme en majesté, catalogo della mostra, Museo Picasso di Barcellona, Musée des Beaux-Arts Lione, 2001, pp. 94-96.

428 A. Gleizes, L’inquietude – Crise plastique, «La Vie des Lettres et des Arts», Parigi, anno 2, no. 20,

Maggio 1925, pp. 38-52.

429 P. Brook, Albert Gleizes. For and against the 20th Century, Yale, 2001.

430 Ne La crise du monde moderne (1927) René Guénon, uno specialista nella filosofia indù, affermava

che l’oriente dovesse essere posto come modello di spiritualità di fronte al capitalismo occidentale e al decadente materialismo: comparando l’est con quello che l'ovest è stato durante il medioevo, Guénon richiamava un ritorno alla religione cristiana e demonizzava la civilizzazione della macchina occidentale. L'idea era condivisa da Albert Gleizes, il quale intrattiene un intenso carteggio con l’autore del volume, conservato presso il Centre Pompidou. Sull’argomento si rimanda a AaVv, L’Art sacré d’Albert Gleizes, Musée de Caen, Caen, 1985.

431 È nota la vicenda della formazione della colonia di Moly-Sabata, che sosteneva la propria attività

attraverso l’agricoltura e la produzione artigianale di ceramica, in aggiunta ai finanziamenti della scultrice australiana Anne Dangar. Nel 1927 Gleizes pubblicò La Terre et les métiers manuels dove accusava gli

157 Le opere pubblicate sulla rivista «Abstration Création Art Non Figuratif» appartenevano a questa fase: le forme concentriche e segmentate riflettevano ancora il principio di piano- rotazione-ritmo come idea non rappresentativa che doveva evocare il vitalismo interno della natura ed al tempo stesso si ritrovava la riconoscibile presenza di elementi figurativi. Nel 1933 Gleizes cominciò inoltre a pubblicare una serie di articoli sulla rivista cattolica «Régéneration» che riprendevano i temi sopraesposti432, portando l’artista ad attribuire una personale accezione al termine “création” e alla posizione del gruppo Abstraction-Création in questa direzione.

Il 5 giugno 1934 Albert Gleizes tenne una lectio dal titolo La peinture moderne dans

l’histoire e son état actuel al Courtauld Institute of Art di Londra, di cui non si conserva una

trascrizione integrale ma l’edizione nell’estratto pubblicato nella rivista dell’associazione. In questa occasione l’artista presentò Abstraction-Création sottolineando alcune caratteristiche: il tratto generazionale del gruppo di “giovani” artisti433; la definizione eterogenea di diverse ricerche che tuttavia avevano il comun denominatore di voler combinare “plastique et

intellettuali francesi di aver abbandonato i valori spirituali a vantaggio del positivismo scientifico e del materialismo. Le scuole francesi e le università, secondo l’artista, avevano nutrito un uomo che, avendo dimenticato il suo legame con la natura e le origini, aveva eliminato le sue funzioni naturali a vantaggio di un’ipertrofia del cervello: una disposizione debole che aveva caratterizzato l’ultima condizione della modernità. Sull’argomento Romy Golan, Modernity and Nostalgia, op. cit., pp. 130-170 e Peter Brook, Albert Gleizes. For

and Against the Twentieth Century, Yale University Press, 2011, pp. 141-150.

432 Si ricordano alcuni titoli: Vers la réegéneration intellectuelle; Naturisme ou du corps: naturisme de l’esprit; Le retour de l’homme à sa vie. I titoli sono ricordati in Romy Golan, op. cit., p. 146.

433 “Depuis trois ou quatre ans, un groupement comportant un grand nombre d'éléments jeunes venus de

tous les pays d'Europe et d'Amérique existe à Paris. On commence à connaitre son nom: “Abstraction-Création”. Ces jeunes n’ont retenu des générations antérieures que quelques personnalités qui leur ont paru être demeurées fidèles à leur foi d’or y a vingt-cinq ans ; pour ces dernières, c'est là un hommage significatif, car, à cinquante ans, ne pas être rejeté par la jeunesse, cela prouve qu'on a su conserver un coeur jeune”. Albert Gleizes, «Abstration-Création», n.4, 1935, p. 32.

158 esprit”434, forma e pensiero; la coerenza con i principi delle avanguardie degli anni Dieci435. In questa occasione Gleizes definiva il termine “abstraction” come procedimento di riduzione dei caratteri individuali delle immagini al denominatore comune della geometria e della matematica, conseguenza della lezione cubista436; il termine “création” invece doveva essere inteso non come “eresia intellettuale” ma nell’accezione di “azione” del creare una forma, di dare ai materiali una nuova vita attraverso la tecnica. Di conseguenza per l’artista non esisteva una dicotomia tra astrazione e creazione perché il secondo termine, privato dell’autonomia attribuitagli da Van Doesburg e Arp, coincideva essenzialmente con la realizzazione materiale e artigianale dell’opera:

Dans les deux mots accolés: “Abstraction-Création” il y a, lorsqu’on réfléchit, les éléments complets pour que la plastique soit esprit et pour que l'esprit soit la plastique.

Abstraction implique le dépouillement des caractères individuels des images sensibles. Comme je vous l'ai expliqué dans mon exposé des différents stades de l'évolution cubiste, ces images ramenées au même dénominateur avouent une nature essentielle, celle de la géométrie ; et celle-ci, également ramenée au même dénominateur, avoue une nature plus essentielle encore, celle des nombres. Abstraction signifie donc, par voie de dépouillement et de généralisation à la fois, le passage de l'image aux sens et à la mémoire, à la géométrie et à ses figures, à l'arithmétique et à ses nombres. Géométrie et arithmétique, figures et nombres, sont

434 “Ce groupement est curieux. Il ne s'encombre pas de définitions littéraires ; il n'est pas en quête de la

découverte du « moi ». Cependant, il est impressionnant de constater combien tous ses membres sont, à des titres divers, désireux de toucher, par des moyens qu'ils pressentent simples, l'esprit. Plastique et esprit sont le commencement et la fin de leur raison d'être […] Ce groupement n'a pas encore — c'est l'époque qui, dans son chaos, ne permet pas la délivrance complète, - une cohérence dans les méthodes et les moyens ; les individus tiraillent toujours plus ou moins pour eux-mêmes, mais le fonds est commun et l'idéal aussi”. Ibidem.

435 “A mon sens, c'est, aujourd'hui, ce qui continue le plus vigoureusement les recherches de 1910 et reste

en accord avec les aspirations intuitives des artistes et des groupements du xixe siècle et du début du xxe siècle”.

Ibidem.

436 I principali saggi di Gleizes sull’argomento furono Cubisme (Vers une conscience plastique), 1926 e Art et Science, 1930. Peter Brook, Albert Gleizes. For and Against the Twentieth Century, op. cit., pp. 110-25.

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les bases de l'homme entendu comme « image du créateur » et qui lui permettent d'agir plastiquement, selon l'esprit.

Création s'ajoute donc normalement à Abstraction, comme une conséquence; création compris seulement comme une action formelle humaine, bien entendu, et non comme le résultat d'une hérésie intellectuelle. Ce qui revient à dire que la création, dans le champ de l'humain, dont le « néant » est pour l'homme l'ensemble des matériaux créés par Dieu, ressortit à la mission non de l'artiste, qui commente ou organise un spectacle, mais de l'artisan qui fait un objet, une œuvre, et peut-être un chef- d’œuvre437.

Gleizes si esprimeva in termini sia plastici che metafisici, questi ultimi legati ad un senso rigoroso di “mestiere dell’artigiano” 438 privilegiando la riflessione sul ruolo sociale dell’artista come espressione dei valori della vita e dell’uomo a discapito degli aspetti che riguardavano le teorie della forma. È possibile leggere la posizione del pittore su «Abstraction Création Art Non Figuratif», finora non commentata dalla critica, come espressione del contesto culturale che coinvolse le avanguardie negli anni del Fronte popolare: Gleizes ebbe infatti un ruolo attivo, assieme a Vantongerloo, all’interno di processo di partecipazione che portò il gruppo astratto a impegnarsi nelle manifestazioni legate all’arte murale promosse nel 1935, occasione nella quale il pittore francese promosse l’immagine del “peintre en bâtiment”. Inoltre, la sua lettura dell’arte astratta in quanto ricerca di una conoscenza umanistica contribuì alla diffusione di una precoce fortuna critica di Abstraction- Création come movimento che riuniva le tendenze astratte del cubismo e il surrealismo in quanto espressioni della “riscoperta dell’uomo”439.

437 Extrait d'une conférence faite par Albert Gleizes à l'Université de Londres — Coudauld Institute of Art — le 5 juin 1934, sur la Peinture moderne dans l'histoire et son état actuel, «Abstraction Création Art Non

Figuratif», n. 4, 1935, p. 32.

438 Si ritrova una continuità su questi temi nei saggi di Gleizes Vie et Mort de l’Occident chrétien, 1930; Art et Religion, 1931. Ivi, pp. 132-36. Il contributo del pittore cubista su Abstraction-Création non è mai stato

commentato in questo contesto.

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III.5. L’autonomia della creazione plastica rispetto alle fonti di ispirazione e il

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