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L’autonomia procedurale nazionale e i principi generali del diritto dell’UE

S EZIONE I I LIMITI ALL ' AUTONOMIA PROCEDURALE DEGLI STATI IN MATERIA DI DIRITTI UMANI E

2. L’autonomia procedurale nazionale e i principi generali del diritto dell’UE

validità della norma procedurale nazionale dipenderà da un bilanciamento all’interno dell’ambito del diritto dell’UE (quindi orizzontalmente), piuttosto che tra la norma nazionale e quella di diritto dell’UE (verticalmente).

2. L’autonomia procedurale nazionale e i principi generali del diritto dell’UE

Tutte le ricostruzioni del carattere giuridico della nozione di autonomia procedurale succintamente richiamate, al pari di quanto accade con riferimento alla teoria del margine d’apprezzamento nazionale, si contraddistinguono per le diverse soluzioni previste agli eventuali conflitti che l’applicazione di norme procedurali










73 Ibidem,p. 609 ss.

74 L’autore cita, a titolo esemplificativo, i casi in cui la CGE ha richiamato il dovere procedurale

dei giudici nazionali di adottare il punto di vista del diritto comunitario durante i procedimenti nazionali che applicano il diritto dell’UE; in particolare, i casi citati sono: Peterbroeck, causa C-312/93, del 14 dicembre 1995, in Racc., 1995, p. I-4599; Van Schijndel e Van Veen, cause riunite C-430/93 e C431/93, del 14 dicembre 1995, in Racc, 1995, p. I-4705.

75 Cfr. W. SCHROEDER,Nationale Malnahmen zur Durchführung von EG-Rech und das Gebot

der einheitlichen Wirkung. Existiert ein Prinzip der nationalen Verfharenautonomie?, in Archiv des öffentlichen Rechts, 2004, p. 15 ss.

nazionali può produrre in termini di effettività del diritto dell’UE; all’interno dell’ordinamento dell’UE, infatti, i sistemi procedurali nazionali hanno interferito con l’applicazione della normativa sostanziale76, entrando spesso in conflitto, non solo con il principio generale della tutela giurisdizionale piena ed effettiva77, ma principalmente con quello del primato del diritto dell’UE e del suo effetto utile78.

Il principio della persona umana a ottenere, secondo l’espressione accolta nella sentenza Johnston, un «sindacato giurisdizionale effettivo», costituisce uno dei principi generali dell’ordinamento dell’UE, che la Corte ha ricondotto alle tradizioni costituzionali comuni degli Stati membri e all’art. 6 della Convezione EDU, e che oggi è enunciato anche dall’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea79; in quanto principio generale ricostruito dalla Corte di giustizia, assicurarne il rispetto nell’attuazione e nell’applicazione delle norme di diritto dell’UE si configura come un preciso obbligo a carico degli Stati membri e dei suoi giudici80. Inoltre, nell’interpretazione data dalla Corte, tale obbligo non implica soltanto il diritto di










76 Sul punto si vedano, a titolo esemplificativo: E. CANNIZZARO, Sui rapporti fra sistemi

processuali nazionali e diritto dell’Unione europea, cit., pp. 447-467; A. TIZZANO, La tutela dei privati

nei confronti degli Stati membri dell’Unione Europea, cit., p. 13 ss.

77 L’assunzione del principio della tutela piena ed effettiva tra i principi generali

dell’ordinamento comunitario, è avvenuta con la sentenza Johnston (causa C-222/84, del 15 maggio 1986, in Racc., 1986, p. 1676). In seguito alla sentenza Johnston, il principio in questione ha trovato conferme in diverse altre note sentenze quali: Heylens, causa C-222/86, del 15 ottobre 1987, in Racc., 1987, p. 4097; Oleificio Borelli, causa C-97/91, del 3 dicembre 1992, in Racc, 1992, p. 1342; Greenpeace

OGM 2000, causa C-6/99, del 21 marzo 2000. Quest’ultima sentenza si può reperirla in RIDPC, 2000, p.

1121, con nota di R. CARANTA, Coordinamento e divisione dei compiti tra Corte di giustizia delle comunità europee e giudici nazionali nelle ipotesi di coamministrazione: il caso dei prodotti geneticamente modificati, p. 1133.

78 Tra le pronunce più celebri sulla questione, vi sono la Simmenthal, causa C-106/77, del 9

marzo 1978, in Racc., 1978, p. 629 e la Factortame, causa C-213/89, del 19 giugno 1999, in Racc, 1999, p. I-2433. Di notevole rilievo sono anche: Emmot, causa C-208/90, del 25 luglio 1991, in Racc, 1991, p. I-4269; Peterbroeck, causa C-312/93, del 14 dicembre 1995, in Racc, 1995, p. I-4599; Ecoswiss, causa C- 126/97 del 1 giugno 1999, in Racc, 1999, p. I-3055; Cofidis, causa C-473/00, del 21 novembre 2002, in

Racc, 2002, p. I-10875.

79 L’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’UE, così recita: «ogni individuo i cui diritti e

le cui libertà garantiti del diritto dell’Unione europea, ha diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice, nel rispetto delle condizioni previste nel presente articolo». Sulla portata della Carta, con

riguardo alla tutela giurisdizionale si vedano:R. TONIATTI (dir.), Diritto, diritti, giurisdizione, La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, Padova, 2002, e fra i saggi contenuti nel volume in

particolare quello di M.MAGRASSI, Il principio comunitario di rule of law e la tutela giurisdizionale dei diritti nell’ordinamento comunitario, p. 31 ss; M.P. CHITI, La Carta europea dei diritti fondamentali: una Carta di carattere funzionale?, in RTDP, 2002, p. 1 ss.

80 Sul punto si vedano le sentenze: Eridania, causa C-230/78, del 27 settembre 1979, in Racc.,

1979. p. 2749 ss; Zukerfabrik Franken, causa C-77/81, del 18 febbraio 1982, in Racc, 1982, p. 680 ss.;

Kruken, causa C-316/86, del 26 aprile 1988, in Racc, 1988, p. 2213; Wachauf, causa C-5/88, del 13 luglio

1989, in Racc. p. 2609 ss. Per un esame della giurisprudenza della Corte di giustizia a riguardo si vedano, a titolo esemplificativo: G. STROZZI, La tutela dei diritti fondamentali tra diritto comunitario e ordinamenti degli Stati membri, in Scritti degli allievi in memoria di Giuseppe Barile, Padova, 1995, p.

679 ss; A. ADINOLFI, I principi generali nella giurisprudenza comunitaria e la loro influenza sugli ordinamenti degli Stati membri, in RIDPC, 1994, p. 567.

accesso alla giustizia, ma comporta anche, come avremo modo di approfondire nelle pagine successive, che debbano essere rispettati certi standards qualitativi di tutela81.

Tuttavia, al principio di una tutela giurisdizionale piena ed effettiva, ricondotto alle tradizioni costituzionali comuni degli Stati membri e all’art. 6 della Convezione EDU, si affianca il peculiare principio del primato del diritto dell’UE e del suo effetto utile82; in particolare, il principio del primato del diritto dell’UE si presenta come quello che ha maggiormente posto in rilievo la rilevanza dei sistemi procedurali nazionali nell’ordinamento dell’UE e, di conseguenza, quello che più ha influenzato la definizione della nozione di autonomia procedurale; invero, è proprio a tutela del primato del diritto dell’UE e del suo effetto utile che si è affermata l’importanza del momento procedurale nazionale (van Gend en Loos 1963), e si è legittimato l’intervento, sia legislativo che giurisprudenziale, dell’Unione in materia di modalità procedurali di applicazione del diritto dell’UE. Non che la funzione garantistica di protezione delle aspettative del singolo non sia stata presente, anche in maniera decisiva, nella definizione dei limiti all’autonomia processuale degli Stati membri83, ma

occorre anticipare che nella giurisprudenza della Corte è ben evidente la preoccupazione di garantire, primariamente, il primato del diritto dell’UE, e che quest’ultimo continua a










81 Sul punto si veda, a titolo esemplificativo, A. ADINOLFI,La tutela giurisdizionale nazionale

delle situazioni soggettive individuali conferite dal diritto comunitario, cit., p. 43 ss.

82 È necessario ricordare, tuttavia, che l’effetto utile è un metodo di interpretazione molto antico

che non è stato elaborato dalla Corte di giustizia (a riguardo si veda la massima «ut res magies valeat

quam pereat» citato dai giureconsulti Cicerone e Ulpiano), in base al quale l'interpretazione delle clausole

deve essere orientata nel senso in cui tutte possano avere qualche effetto anziché in quello in cui talune non ne avrebbero avuto alcuno. Si tratta di un metodo frequentemente utilizzato nella giurisprudenza internazionale, ma che non è mai stato ufficialmente codificato tra le regole d’interpretazione del diritto internazionale; quest’ultima circostanza, in particolare, ha determinato un ampio e vivace dibattito in dottrina. Sul punto si vedano, a titolo esemplificativo: A. WATTS (dir.), The International Law Commission 1949-1998: Volume Two: The Treaties, Oxford-New York, 1999, p. 863 ss; J.D. MOUTON,

Etude de la méthode d'interprétation dite de l’effet utile en droit international public, Nancy, 1986, p. 892

ss; D. BELLOS,L'interprétation du droit international conventionnel et le principe de l’effet utile des Traités en droit international public, Paris, 1953, pp. 50-121 ss; G. BERLIA, Contribution à l'interprétation des Traités, in RCADI, 1965, I, 114, pp. 306-311; W.J. GHANSHOF VAN DER MEERSCH, Ordre juridique des Communautés européenne et le droit international, in RCADI, 1975, V, Vol. 178, pp.

278-282; D.SIMON, L'interprétation judiciaire des traités d'organisations internationales. Morphologie des Conventions et fonctions juridictionnelle, Paris, 1981, pp. 338-344.

83 È generalmente riconosciuto che l’influsso del diritto dell’UE ha prodotto in Europa e negli

ordinamenti nazionali un generale innalzamento del livello di tutela giurisdizionale. Attraverso la giurisprudenza della Corte di giustizia, infatti, i principi di pienezza e di effettività della tutela giurisdizionale delle posizioni giuridiche dei privati hanno finito per pesare sui sistemi processuali nazionali sia direttamente, quando i giudici nazionali operano come giudici europei, sia indirettamente attraverso l’inevitabile avvicinamento dei meccanismi interni di protezione agli standard processuali di tutela europea, anche in quegli spazi che restano riservati all’applicazione del diritto nazionale. Sul punto si veda D.S.DE PRETIS, La tutela giurisdizionale amministrativa europea e i principi del processo, cit.,

costituire, com’è stato da più parti osservato, il vero motore del processo di avvicinamento dei sistemi procedurali nazionali84.

A conferma della prevalenza del principio del primato del diritto dell’UE nella soluzione dei possibili conflitti tra la competenza statale in materia procedurale e i principi generali di diritto dell’Unione, che sono un evidente espressione su scala europea della tensione internazionalizzazione dei diritti / tutela nazionale, depone il fatto che fino ad oggi tale tensione è stata ricomposta sul terreno predisposto dall’art. 4 del TUE (ex art. 10 TCE), così come la problematica articolazione tra l’ordinamento giuridico dell’UE e gli ordinamenti giuridici nazionali; l’articolo 4 TUE, come noto, sancisce il principio di leale collaborazione e stabilisce, a carico degli Stati membri, degli obblighi sia positivi (essi «… adottano tutte le misure generali o particolari

proprie ad assicurare l’esecuzione degli obblighi stabiliti dal presente trattato o discendenti dagli atti delle istituzioni comunitarie…») che negativi («… essi si astengono da tutte le misure suscettibili di mettere in pericola la realizzazione degli scopi del presente trattato»)85. Richiamando tale principio, la Corte di giustizia ha

stabilito che: il rispetto delle forme e delle procedure nazionali «si deve conciliare con

la necessità di un’applicazione uniforme del diritto comunitario»86; che gli Stati

membri non possono eccepire delle disposizioni del loro ordinamento nazionale, anche costituzionali, per giustificare il mancato rispetto dei loro obblighi comunitari87; che il «giudice nazionale incaricato di applicare, nel quadro delle sue competenze, le

disposizioni di diritto comunitario, ha l’obbligo di assicurare il pieno effetto di queste norme, disapplicando se necessario, di propria autorità, tutte le disposizioni contrarie 








84 Se si osserva la giurisprudenza della Corte di giustizia, si può rilevare che quando

l’affermazione del diritto comunitario è coincisa con soluzioni di migliore tutela dei singoli, la Corte ne ha accentuato la portata garantistica; tuttavia, nei casi in cui il diritto dell’UE suggeriva delle soluzioni meno garantiste di quelle previste a livello nazionale, la Corte non ha esitato a far prevalere l’effetto utile, determinando così un abbassamento del livello di protezione nazionale o, in ogni caso, il mantenimento di livelli di protezione diversificati. Una situazione del genere si è eccezionalmente prodotta nella sentenza del 10 luglio 1990, causa C-217/88, Commissione c. Repubblica Federale Tedesca, in Racc., 1990. I- 2879 ss; per un commento in dottrina sul caso appena citato si veda J. KOKOTT, Die Europäisierung der Verwaltungsgerichtsbarkeit, in Deutsche Verwaltung, 1998, p. 340 ss; in generale, sul punto in commento

nel testo, si vedano: S.MORBIDELLI, La tutela giurisdizionale dei diritti nell’ordinamento europeo, in Dir. Un. Eur., 2001, p. 9 ss.; M GNES, Verso la “comunitarizzazione” del diritto processuale nazionale, cit., p.

524 ss; M.P.CHITI, L’architettura del giudiziario europeo dopo il Trattato di Nizza, in DP, 2001 p. 953

ss; G.C. IGLESIAS, Sui limiti dell’autonomia procedimentale e processuale degli Stati membri nell’applicazione del diritto comunitario, cit., p. 5 ss.

85 Sul principio di leale cooperazione si veda la bibliografia citata alla nota 50.

86Cfr. Corte giust. 6 giugno 1972, causa 94/71, Schlüter, in Racc.,1972, p. 307, punto 11.

87Cfr. Corte giust. 11 aprile 1978, causa 100/77, Commissione c. Italia, in Racc, 1978, p. 879.

Preoccupazioni simili si ritrovano anche in seno al diritto internazionale generale; l’art. 27 della Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati, infatti, stabilisce che «una parte non può invocare le

della legislazione nazionale, anche posteriori, senza che debba domandare o attendere l’eliminazione di questa per via legislativa o per altri procedimenti costituzionali»88.

Gli obiettivi che discendono dai due principi sopra evidenziati (assicurare l’applicazione effettiva del diritto dell’UE e garantire il rispetto del principio fondamentale della tutela giurisdizionale) s’intersecano nella giurisprudenza della Corte, comportando entrambi dei limiti all’applicazione delle normative procedurali nazionali o richiedendo comunque degli adattamenti; la coesistenza di due diverse motivazioni quale fondamento dei limiti delle norme procedurali nazionali, come vedremo nelle pagine successive, ha determinato certi orientamenti non uniformi, e altrimenti difficilmente spiegabili, della giurisprudenza comunitaria e della ricostruzione dei termini dell’autonomia procedurale degli Stati membri.

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