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La precisazione dei contorni della responsabilità nella giurisprudenza comunitaria successiva alla sentenza Francovich

S EZIONE I I LIMITI ALL ' AUTONOMIA PROCEDURALE DEGLI STATI IN MATERIA DI DIRITTI UMANI E

3. La precisazione dei contorni della responsabilità nella giurisprudenza comunitaria successiva alla sentenza Francovich

La sentenza Francovich ha trovato un approfondimento, e per certi versi anche una sorta di rielaborazione, in successive pronunce della Corte di giustizia, che hanno integrato e precisato i principi affermati nella prima fondamentale sentenza.

La sentenza Francovich, come sottolineato dall’avvocato generale Tesauro nelle conclusioni presentate il 28 novembre 1995 nel caso Brasserie du pêcheur e factortame, non aveva chiarito ogni aspetto del tema della responsabilità, lasciando aperti molti interrogativi, relativi a profili anche di rilievo. In particolare, successivamente alla sentenza Francovich erano sorti almeno due importanti dubbi: in primo luogo, ci si era domandati se i rimedi risarcitori prefigurati in quella pronuncia fossero esperibili soltanto in presenza di una norma comunitaria sprovvista del cosiddetto effetto diretto nei rapporti tra Stato e singoli, vale a dire, non sufficientemente chiara, precisa e suscettibile di applicazione immediata, visto che in quella controversia non era stato possibile, da parte dei singoli, invocare l’effetto diretto della norma comunitaria, in quanto quest’ultima non presentava un sufficiente grado di completezza; in secondo luogo, il mancato riferimento nella sentenza Francovich ai principi generali comuni aveva fatto sorgere in dottrina il timore che si affermasse un regime differenziato tra la responsabilità dello Stato membro e responsabilità della Comunità63. A tali interrogativi avremo modo di fornire risposte dettagliate rispetto ai problemi che si sono posti in relazione alle norme di procedura nazionali che disciplinano le azioni di risarcimento danni per violazioni del diritto dell’UE; al momento, tuttavia, riteniamo utile richiamare, in maniera preliminare, le posizioni assunte dalla Corte di giustizia negli anni subito successivi all’affermazione del diritto al risarcimento del danno come «principio inerente ai trattati».

Riguardo al primo interrogativo, nelle sentenze successive, la Corte ha precisato che, anche in presenza di effetto diretto della norma violata, l’ordinamento comunitario










63 Sul punto si veda D. WAELBROECK , Treaty Violations and Liability of Members States and

the European Community: Convergence or Divergence?, in Institutional Dynamics of European Integration. Essays in honour of Henry G. Schermers, cit, p. 481.

riconosce il diritto al risarcimento del danno. In questi termini è chiaramente orientata la sentenza Brasserie du pêcheur e Factortame64, la seconda pronuncia in ordine

temporale intervenuta sull’argomento, che ha consentito di definire meglio i presupposti sui quali si fonda la responsabilità patrimoniale dello Stato per violazione del diritto comunitario65; in particolare, la Corte ha sostenuto che «secondo la giurisprudenza

costante, la facoltà degli amministrati di far valere dinanzi ai giudici nazionali disposizioni del Trattato aventi effetto diretto costituisce solo una garanzia minima e non è di per sé sufficiente ad assicurare la piena applicazione del Trattato66. Questa facoltà, intesa a far prevalere l' applicazione di norme di diritto comunitario rispetto a quella di norme nazionali, non è idonea a garantire in ogni caso al singolo i diritti attribuitigli dal diritto comunitario e, in particolare, ad impedire il verificarsi di un danno conseguente ad una violazione di tale diritto imputabile ad uno Stato membro. Orbene, come si evince dal punto 33 della citata sentenza Francovich, la piena efficacia delle norme comunitarie sarebbe messa a repentaglio se i singoli non avessero la possibilità di ottenere un risarcimento ove i loro diritti fossero lesi da una violazione del diritto comunitario. (...) Tale è il caso della lesione di un diritto direttamente conferito da una norma comunitaria che i singoli possono per l' appunto invocare dinanzi ai giudici nazionali. In tale ipotesi, il diritto al risarcimento costituisce il corollario necessario dell'effetto diretto riconosciuto alle norme comunitarie la cui violazione ha dato origine al danno subito»67.

In altre parole, la violazione di norme di diritto dell’UE provviste di efficacia diretta può dar luogo anche alla responsabilità patrimoniale dello Stato membro inadempiente, anche se vanno segnalate alcune pronunce della Corte di giustizia, quali










64 Corte di giustizia, 5 marzo 1996, sentenza Brasserie du pêcheur e Factortame, cause riunite

C-46/93 e C-48/93, in Racc., 1996, p. I-01029.

65 Per una ricostruzione dei fatti all’origine della sentenza in commento si vedano, a titolo

esemplificativo: A. GARDNER, EU Member State Liability: A Cure for Euro-sclerosis?, in European

Competition Law Review, 1996, pp. 275-282; L. DUBOUIS, La responsabilité de l'Etat législateur pour les dommages causés aux particuliers par la violation du droit communautaire et son incidence sur la responsabilité de la Communauté, in RFDA, 1996, pp. 583-595; N. EMILIOU, State Liability Under

Community Law: Shedding More Light on the Francovich Principle?, in ELR, 1996, pp. 399-411; R.

CARANTA, Conferme e precisazioni in materia di responsabilità per violazioni del diritto comunitario, in Il FA, 1997, pp. 58-70; D. SIMON, in JDI, 1997, pp. 488-492; F.FINES, La garantie atténuée du droit à réparation, in RTDE, 1997, pp. 90-101.

66 La Corte a riguardo richiama la seguente giurisprudenza: sentenze 15 ottobre 1986, causa

168/85, Commissione/Italia, in Racc., 1986, p. 2945, punto 11; 26 febbraio 1991, causa C-120/88, Commissione/Italia, in Racc., 1991, p. I-621, punto 10; e 26 febbraio 1991, causa C-119/89, Commissione/Spagna, in Racc., 1991, p. I-641, punto 9.

la sentenza Carbonari e a/ Università degli studi di Bologna68, che qualificano il

risarcimento dei danni ai singoli come rimedio alternativo o consolatorio rispetto all’effetto pieno di una direttiva non attuata69, nonché talune conclusioni di avvocati generali che ritengono il ripristino del contenuto patrimoniale un minus rispetto all’ipotesi di tutela sostanziale che resta il mezzo ottimale di tutela70. Tuttavia, tali orientamenti, come sottolineato da parte della dottrina71, non prendono nella dovuta considerazione che la tutela risarcitoria non necessariamente rappresenta un minus, poiché per gli interessi del danneggiato può assumere valore equivalente ad altre forme di tutela. In effetti, il risarcimento del danno dovrebbe integralmente ripristinare, almeno nel suo contenuto patrimoniale, la sfera giuridica del soggetto danneggiato o comunque essere proiettato alla realizzazione di tale obiettivo, e allo stesso tempo, inoltre, il rimedio risarcitorio dovrebbe anche esercitare una fondamentale funzione deterrente nei confronti degli Stati membri inadempienti per una più corretta e consapevole applicazione delle disposizioni comunitarie72.

Per quanto riguarda il secondo importante interrogativo posto dalla sentenza

Francovich, vale a dire il mancato riferimento ai principi generali comuni agli

ordinamenti giuridici degli Stati membri e il timore che si affermasse un regime differenziato tra la responsabilità dello Stato membro e responsabilità della Comunità, nelle sentenze successive, la Corte ha provveduto a fugare ogni dubbio richiamando,










68Cfr. Corte di giustizia, sentenza del 25 febbraio 1999, causa C-131/97, Carbonari e a/

Università degli studi di Bologna, in Racc., 1999 p. 1103. Si vedano in particolare i punti 52-53.

69 Su questa pronuncia della Corte, e sulla questione evidenziata nel testo, si vedano, a titolo

esemplificativo: M.HOFSTÖTTER, Vergütungsanspruch in der Facharztausbildung, in ELR, 1999, p. 145 ss; R.SCARCIGLIA, Specializzazioni mediche e libertà di stabilimento dei medici comunitari, in DPCE, 1999, pp. 1239-1242; R.MEHDI, Chronique de jurisprudence du Tribunal et de la Cour de justice des Communautés européennes, in JDI, 2000, pp. 439-442; V. VACCARO, Medici specialisti in cerca di giustizia, in I tribunali amministrativi regionali, 2001, pp. 737-742.

70 In tal senso si vedano le conclusioni dell’avv. Gen. Léger, dell’8 aprile 2003, nella causa C-

224/01, Köbler, in Racc., 2003, p. I-10239. Un’analisi approfondita della questione, tuttavia, la ritroviamo già nelle conclusioni dell’avv. Gen. Tesauro nella causa Brasserie du pêcheur lì dove è evidenziato che «il principio della responsabilità patrimoniale dello Stato deve trovare applicazione

come rimedio sia alternativo che aggiuntivo rispetto alla tutela sostanziale; pertanto deve trovare applicazione rispetto alla violazione sia di norme sprovviste di effetto diretto, nel senso di norme non direttamente invocabili di fronte a un giudice nazionale, sia di norme che invece danno tale possibilità»

(punto 34 delle conclusioni del 28 novembre 1996, delle cause riunite C-46/93 e C-48/93, in Racc., p. I- 1029 ss)

71 Cfr. F. FERRARO, La responsabilità risarcitoria degli Stati membri per violazione del diritto

comunitario, cit, p. 36.

72 Rispetto a quest’ultima affermazione, va tuttavia rilevato che la Corte si è espressa in senso

contrario nella sentenza del 17 aprile 2007, causa C-470/03, A.G.M.- COS.MET Srl e a, nella quale si afferma che «in via preliminare si deve sottolineare che la responsabilità dello Stato membro sulla base

del diritto comunitario è preordinata non già alla dissuasione o all’applicazione di una sanzione, bensì al risarcimento dei danni subiti dai privati in conseguenza delle violazioni del diritto comunitario poste in essere dagli stati membri» (punto 88).

appunto, i principi generali comuni agli ordinamenti giuridici degli Stati membri e, allo stesso tempo, assimilando il regime della responsabilità extracontrattuale degli Stati a quello della Comunità, stabilendo un vero e proprio parallelismo tra i due regimi.

La riconduzione del principio della responsabilità dello Stato per violazioni del diritto dell’UE al sistema dei Trattati e allo stesso diritto dell’UE, invero, comporta di per se che la definizione della portata e dei presupposti della responsabilità di uno Stato attenga all’interpretazione dei trattati e come tale rientri nella competenza della Corte73. Da una tale affermazione di competenza ne consegue l’adozione dei canoni interpretativi (e d’integrazione giuridica) generalmente applicati dalla Corte di giustizia e, come vedremo nelle pagine successive, il riferimento ai principi fondamentali dell’ordinamento giuridico comunitario e ai principi generali comuni agli ordinamenti giuridici degli Stati membri74; tale aspetto, inoltre, rileva con forza il distacco rispetto alla giurisprudenza precedente che, in materia di responsabilità dello Stato, aveva espressamente escluso il rilievo dei principi generali comuni agli ordinamenti giuridici degli Stati membri75.

Il rilievo dei principi generali comuni ai diritti degli Stati membri, tuttavia, più che in termini di conseguenza dell’affermazione di competenza da parte della Corte, veniva giustificato sotto il profilo dell’art. 215 del trattato CEE (oggi art. 340 TFUE), relativo alla responsabilità extracontrattuale della Comunità, che ai suddetti principi faceva riferimento per i danni cagionati dalle istituzioni europee e dai suoi agenti nell’esercizio delle loro funzioni. Secondo l’impostazione della Corte, infatti, i criteri di giudizio applicabili al fine della valutazione dei presupposti dell’obbligo risarcitorio discendente dalla responsabilità dello Stato membro non possono non essere in larga misura corrispondenti a quelli che, per espressa disposizione dell’attuale art. 340 TFUE, determinano l’obbligo dell’Unione di risarcire i danni, non potendo la tutela attribuita ai singoli dal diritto comunitario variare in funzione della natura, nazionale o comunitaria, dell’organo che ha cagionato il danno76. In questo quadro, sia la responsabilità










73 In tal senso si può vedere il punto 25 della sentenza Brasserie du pêcheur ed in dottrina G.

TESAURO, Responsabilità degli Stati per violazione del diritto comunitario, in La tutela giurisdizionale

dei diritti nel sistema comunitario, Bruxelles, 1997.

74 Cfr. i punti 27, 28 e 41 della sentenza Brasserie du pêcheur.

75 Sull’esclusione del rilievo dei principi generali comuni agli ordinamenti giuridici degli stati

membri per la valutazione della responsabilità dello Stato si veda la sentenza Granaria , cause riunite C- 101/78, del 13 febbraio 1979, in Racc., 1979, p. 638.

76Cfr. punto 42 della sentenza Brasserie du pêcheur. Siffatto principio, come vedremo nelle

pagine successive, verrà poi costantemente richiamato dalle pronunce dei giudici di Lussemburgo sulla responsabilità extracontrattuale, determinando in tal modo una reciproca influenza tra i due rimedi che consentirà di colmare le rispettive lacune. La non assimilabilità della responsabilità dello Stato membro a

risarcitoria dell’Unione che la responsabilità risarcitoria dello Stato membro finiscono perciò per essere espressioni particolari, sottoposte alle stesse regole sostanziali, del più generale (ed unitario) principio giuridico, in forza del quale un’azione o un’omissione illegittima comporta l’obbligo della riparazione del danno arrecato77.

Il diritto al risarcimento per violazioni di norme di diritto dell’UE che definiscono posizioni giuridiche soggettive in favore dei singoli, dunque, si presenta come un ottimo prisma attraverso cui osservare il graduale processo di limitazione della sovranità statale in materia procedurale, poiché, come abbiamo visto nelle pagine precedenti: la sua tutela è garantita, in primo luogo, a livello nazionale; ha un fondamento comunitario ormai consolidato e in quanto principio di diritto inerente al sistema dei Trattati dell’UE, la definizione della sua portata, dei presupposti della sua operatività e il controllo del suo rispetto, rientra nella competenza della Corte di giustizia. Come avremo modo di vedere nelle pagine successive, i giudici di Lussemburgo, sulla base dei parametri che delimitano l’autonomia procedurale degli Stati, hanno provveduto a modellare l’azione risarcitoria nei confronti dello Stato per violazioni del diritto dell’UE, sul versante sia della statica che della dinamica di tale strumento di tutela, al fine di garantire la coerenza e l’effettività della tutela dei diritti e del proprio ordinamento, sintetizzando così la tensione «internazionalizzazione / tutela nazionale», secondo quel processo circolare di cui abbiamo tracciato i tratti generali nel capitolo precedente.







 quella della Comunità è stata invece sostenuta da F. SCHOCKWEILER, La responsabilité de l’autorité

nationale en cas de violation du droit communautaire, in Rev. Trim droit. Comm., 1992, p. 49. Tra coloro

che, viceversa, sostengono la necessaria assimilazione dei due regime di responsabilità extracontrattuale si vedano, a titolo esemplificativo: R. CARANTA, Illegittimo diniego d’autorizzazione all’esportazione e

responsabilità della pubblica amministrazione alla luce del diritto comunitario, in RIDPC, 1996, p. 1014;

IDEM, Judicial protection against Member States: a new jus commune takes shape, in CMLR, 1995, p.

725 ss; P. DUFFY, Damages against the State: a new remedy for failure to implement Community obligations, in ELR, 1992, p. 136. Sui reciproci influssi della giurisprudenza in tema di responsabilità

dello Stato ed in tema di responsabilità della Comunità si veda, per quello che riguarda i primi frenetici anni di attività giurisprudenziale sul tema, M. WATHELET,S.VAN RAEPENBUSCH, La responsabilité des états membres en cas de violation du droit communautaire. Vers un alignement de la responsabilité de l’Etat sur celle de la Communauté ou l’inverse?, in Cah. dr. eur, 1997, p. 13 ss.

77 Si tratta di un noto principio riconosciuto, non solo negli ordinamenti degli Stati membri, ma

anche nel diritto internazionale consuetudinario, secondo la notissima espressione della Corte permanente di giustizia internazionale, nella sentenza n. 8 del 26 luglio 1927, nel caso della Officina di Chorzòw, in

C.P.J.I., Publications, 1927, série A, n. 9, p. 21, per la quale «c’est un principe de droit international que la violation d’un engagement entraîne l’obligation de réparer dans une forme adéquate».

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