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Responsabilità dello Stato-legislatore

S EZIONE I L E CONDIZIONI D ’ IMPUTABILITÀ DELLA VIOLAZIONE ALLO S TATO 1 Responsabilità

1. Responsabilità dello Stato-legislatore

L’imputabilità di una eventuale violazione del diritto dell’UE allo Stato- legislatore, e la conseguente possibilità dei singoli di agire in giudizio per ottenere il risarcimento dei danni, rappresenta una delle più significative declinazioni della qualificazione dell’Unione europea come «comunità di diritto», all’interno della quale né i suoi Stati membri né le sue istituzioni sono sottratti al controllo di conformità dei loro atti alla carta costituzionale fondamentale costituita dai Trattati6.

La riconduzione a fattispecie di responsabilità civile di responsabilità spesso essenzialmente politiche, che da la misura della penetrazione del diritto dell’UE nei diritti nazionali, si è realizzata attraverso il superamento del dogma dell’irresponsabilità del legislatore (para. 1.1), spintosi fino al punto di ipotizzare una responsabilità non contrattuale da atto lecito (para 1.2)

1.1. Il superamento del dogma dell’irresponsabilità del legislatore

Il dogma dell’irresponsabilità del legislatore si concretizza essenzialmente nell’assunto secondo il quale di fronte all’esercizio del potere politico, libero nei fini e sottratto all’ordinario sindacato giurisdizionale, non possono essere configurate in capo ai singoli situazioni soggettive protette7; così, ad esempio, all’interno dell’ordinamento italiano si rilevava, soprattutto in via interpretativa, l’impossibilità di rilevare diritti soggettivi o interessi legittimi, e in generale ragioni di pretesa dei privati, che potessero opporsi e condizionare l’esercizio del potere legislativo, così che la realizzazione di










6 La qualificazione dell’Unione europea come «comunità di diritto», risalente agli anni in cui vi

erano solo le Comunità economiche europee, è stata affermata sia nelle istituzioni politiche (così, nel Parlamento europeo, da Walter Hallstein cui si deve la felice espressione), sia dalla scienza giuridica (specialmente da JEAN-VICTOR LOUIS, L’ordinamento giuridico comunitario, 3. ed., Bruxelles-

Luxembourg, 1989, p. 43 ss), che nella giurisprudenza della Corte (specialmente a partire dalla sentenza del 23 aprile 1986, causa 294/83, Les Verts/Parlamento europeo, in Racc., 1986, p. 1339).

7 Sul punto si vedano a titolo esemplificativo: G.JELLINEK, System der subjektiven öffentlichen

Recht, 2. ed., Tubinga, 1905 (trad. it. di V.E. Orlando, Milano, 1912); G. LOMBARDI, Illecito costituzionale e responsabilità del legislatore, in DPCE, 2000 (4), p. 1793 ss. Per alcune recenti

osservazioni sull’illecito del legislatore, si vedano, sempre a titolo esemplificativo: C. PASQUINELLI, La responsabilità dello Stato - Legislatore tra illecito “comunitario” e illecito “costituzionale”. Prime riflessioni, in Riv. dir. civ., 2009, p. 171 ss; A. CIATTI, Appunti sull’illecito del legislatore, in Contratto impr./Europa, 2009 (2), p. 553; A. LAZARI, La responsabilità del legislatore nazionale nel contesto comunitario. L’Ulisse incatenato e la tela di Penelope, in Contr. impr./Eur., 2009 (2), p. 576; J.P.

JACQUÉ.,La responsabilité de l’Etat pour violation du droit communautaire en France, in Idem, p. 618

ss; S.SENDMEYER,E.FERRANTE, La responsabilità dello Stato per mancata o inesatta attuazione delle direttive: un punto di vista italo tedesco, in Idem, p. 628; J. AVEZUELA CÀRCEL, Obligaciones y responsabilidades del Reino de España en la transposición de Directivas, in Idem, p. 643.

quest’ultimo in forme e in termini diversi da quelli dedotti nella pretesa potesse essere ritenuta con quella contrastante, e quindi configurabile in termini di illecito ai sensi dell’art. 2043 cod. civ.8; con riferimento al diritto dell’UE, nello specifico, si escludeva che dalle norme dell’ordinamento comunitario potesse derivare, nell’ordinamento italiano, un diritto del singolo all’esercizio del potere legislativo, e che potesse essere qualificata come illecita una determinata configurazione dell’ordinamento giuridico9.

La Corte di giustizia, a tal riguardo, ha nettamente rigettato l’idea che di fronte a precisi obblighi imposti agli Stati dall’appartenenza all’organizzazione dell’UE, l’esercizio della funzione legislativa, in quanto espressione del potere politico, sia sempre e comunque sottratta al sindacato giurisdizionale nell’ambito di un’ordinaria azione di responsabilità civile; a partire dalla più volte citata sentenza Brasserie du

pêcheur, infatti, i giudici di Lussemburgo hanno sostenuto che «la circostanza che, per effetto delle norme interne, l'inadempimento contestato sia imputabile al legislatore nazionale non può compromettere le esigenze relative alla tutela dei diritti dei singoli che fanno valere il diritto comunitario e, nel caso di specie, il diritto di ottenere dinanzi ai giudici nazionali la riparazione del danno originato dal detto inadempimento. Conseguentemente, si deve rispondere ai giudici nazionali che il principio in forza del quale gli Stati membri sono tenuti a risarcire i danni causati ai singoli dalle violazioni 








8 Tale posizione è stata a lungo sostenuta dalla Corte di Cassazione italiana (tra le sentenze più

note in tal senso si veda: Corte di Cassazione, 11 ottobre 1995 n. 10617, Presidente dei ministri c.

Mariotti e INPS, in FI, 1996, I, p. 503 ss) ed è stata ricollegata al principio, di derivazione anglosassone,

secondo il quale «The King can do no wrong». Su quest’ultimo principio si veda O. HOOD PHILLIPS, Constitutional and Administrative Law, London, 1987, p. 262 ss. In dottrina, in particolare, ci si

soffermava quasi esclusivamente sulle ipotesi di illecito costituzionale del legislatore, cioè di violazioni da parte del legislatore di quelle norme interne di rango costituzionale che ne limitavano la sovranità, ipotizzando solo procedimenti di giustizia costituzionale senza mai indicare la tutela risarcitoria come idonea a diventare rilevante (cfr. C. MORTATI, Appunti per uno studio sui rimedi giurisdizionali contro comportamenti omissivi del legislatore, in FI., 1970, V, p. 153 ss; N. TROCHER, Le omissioni del legislatore e la tutela giurisdizionale dei diritti di libertà. Studio comparativo sul diritto tedesco, in Arch. giur., vol. CLXXVIII, 1970, p. 88 ss). Nei casi in cui si prendeva in considerazione la tutela risarcitoria,

si consideravano profili diversi da quelli oggetto del nostro studio (cfr. L. PALADIN, Cenni sul sistema delle responsabilità civili per l’applicazione di leggi incostituzionali, in Giur. cost., 1960, p. 1029 ss). Sul

tema, inoltre, si vedano a titolo esemplificato e con riferimento anche al diritto tedesco e francese: M. MAHIEU,S. VAN DROOGHENBROECK, La responsabilité de l’Etat législateur, in J. Trib., 1998, p. 825 ss;

G. MANGIONE, La responsabilità da “illecito legislativo comunitario” e il “legislative Unrecht” nella Repubblica federale di Germania , in RIDPC, 1994, p. 935 ss; F. FINES, Quelle obligation de réparer pour la violation du droit communautaire? Nouveaux développements jurisprudentiels sur la responsabilité de “l’Etat normateur”, in RTDE, 1997, p. 78 ss; O. GOHIN, La rèsponsabilité de l’Etat en tant que législateur, in RIDC, 1998, p. 595 ss.

9 Sulla base di queste argomentazioni, la Corte di Cassazione, nella citata sentenza n. 10617 del

1995, sosteneva che l’indennizzo previsto dall’art. 2 comma 7 del d.lgs 80/1992 non aveva la natura di risarcimento conseguente ad una fattispecie di responsabilità civile ma, viceversa, la pretesa dei singoli, riconosciuta in via legislativa, doveva essere qualificata come diritto ad essere indennizzati delle diminuzioni patrimoniali subite in conseguenza dell’esercizio di un potere non sindacabile dalle giurisdizione.

del diritto comunitario ad essi imputabili trova applicazione allorché l'inadempimento contestato è riconducibile al legislatore nazionale»10. Gli Stati membri, più

specificamente, hanno liberamente accettato, al momento dell’adesione al sistema dell’UE, di demandare la disciplina di certi rapporti alle istituzioni dell’UE e di sottoporre le proprie leggi al controllo giurisdizionale della Corte di giustizia11; tale trasferimento di sovranità, che discende dall’adesione al sistema dell’UE, appare infatti incompatibile con l’idea che il legislatore goda di discrezionalità libera e assoluta nelle materie devolute alla competenza comunitaria, al pari di quanto avviene sul piano interno quando si è in presenza di una costituzione rigida che limiti la sovranità del legislatore12.

Dall’adesione al sistema dell’UE, dunque, discendono quanto meno due ordini di conseguenze: che l’attività del legislatore non possa considerarsi libera e sottratta al sindacato giurisdizionale, quale funzione sovrana dello Stato, quando vi siano prescrizioni che discendono dal diritto dell’UE13; in secondo luogo, che al sistema interno s’impongano i principi di responsabilità «inerenti» al sistema dell’UE. Da ciò si










10 Cfr. sentenza della Corte di giustizia del 5 marzo 1996, cause riunite C-46/93 e C-48/93,

Brasserie du Pêcheur SA contre Bundesrepublik Deutschland e The Queen contre Secretary of State for Transport, in Racc., 1996, p. I-01029, punti 35-36.

11 Cfr. G. TESAURO, Responsabilità degli Stati per violazione del diritto comunitario, in La

tutela giurisdizionale dei diritti nel sistema comunitario, cit., p. 317; M. CARTABIA, Omissioni del

legislatore, diritti sociali e risarcimento dei danni (A proposito della sentenza “Francovich” della Corte di giustizia delle Comunità Europee, in Giur. Cost., 1992, p. 515 ss; R. CARANTA, In materia di

conseguenze della mancata tempestiva trasposizione di una direttiva comunitaria nell'ordinamento italiano, in Resp. civ. prev, 1996, p. 315.

12 La responsabilità dello Stato membro per violazione del diritto dell’UE è stata paragonata in

modo significativo alla questione della responsabilità dello Stato per emanazione di leggi affette da incostituzionalità da ROPPO V, Appunti in tema di illecito “comunitario” e illecito “costituzionale” del

legislatore, in Danno e resp., 1998, p. 697; IDEM, La responsabilità civile dello Stato per violazione del

diritto comunitario (con una trasgressione nel campo dell’illecito “costituzionale” del legislatore, in Contr. e Impr. / Eur., 1999, p. 115 ss. L’autore sottolinea come in entrambi i casi ci si trova di fronte ad

una responsabilità per cattivo esercizio del potere legislativo, con la significativa differenza che nel caso dell’illecito costituzionale il principio della responsabilità deve essere identificato nello stesso sistema interno, mentre in relazione all’illecito comunitario l’obbligo di risarcimento trova fondamento in un sistema diverso, che trascende quello interno. Il parallelismo e le analogie tra il controllo di legittimità costituzionale e il controllo di legittimità comunitaria, inoltre, sono state rilevate anche da M. CAPPELLETTI, Giustizia costituzionale sopranazionale. Il controllo giudiziario delle leggi e la giurisdizione delle libertà a livello internazionale, in Riv. dir. proc., 1978, p. 15; L. TRIFONE, La

responsabilità degli Stati in diritto comunitario: le sentenze nelle cause Brasserie du pêcheur, Factortame III e Hedley Lomas, in DCSI, 1997, p. 71 ss; F. FUMAGALLI, La responsabilità degli Stati

membri per violazione del diritto comunitario, Milano, 2000, p. 307.

13 Va rilevato che la questione delle limitazioni alla sovranità legislativa per effetto dell’adesione

all’Unione europea, oltre che in Italia, è stata ampiamente dibattuta nella dottrina inglese, in virtù della specifica posizione del legislatore in quel sistema, dove non è previsto un controllo di costituzionalità. Sul punto si vedano, a titolo esemplificativo: H.R.W. WADE, What has Happened to Sovereignty of Parliament?, in L.Quart.Rev., 1991, p. 1 ss; IDEM, Soverignty - Revolution or Evolution?, in

L.Quart.Rev., 1996, p. 568 ss; N. MAC CORMICK, Beyond the Sovereign State, in Modern L. Rev., 1993, p. 1 ss.

ricava che il privato, che abbia subito un danno da una violazione (sufficientemente caratterizzata) di una prescrizione di diritto dell’UE intesa ad attribuirgli diritti, può avanzare una pretesa risarcitoria nei confronti dello Stato membro anche qualora tale violazione sia riconducibile ad un’azione (od omissione) del legislatore14; inoltre, va rilevato che poco importa la soluzione della questione della configurabilità nel diritto interno di una responsabilità civile dello Stato poiché, come vedremo in maniera approfondita nella sezione successiva, anche ove tale responsabilità fosse esclusa, la condanna al risarcimento del danno apparirebbe comunque doverosa sulla base del diritto dell’UE15.










14 E’ necessario precisare che riguardo alla questione dell’individuazione del soggetto passivo

dell’azione risarcitoria, parte della dottrina ha ipotizzato che l’azione per il risarcimento del danno causato da attività legislativa debba essere esercitata nei confronti della Repubblica Italiana, nella persona del Presidente del Consiglio dei Ministri. Per un approfondimento sul punto si veda F. FUMAGALLI, La

responsabilità degli Stati membri per violazione del diritto comunitario, cit., p. 308.

15 All’interno dell’ordinamento italiano, in particolare, la spesso incoerente giurisprudenza della

Corte di Cassazione, ha indotto la dottrina a configurare il fenomeno della responsabilità dello Stato- legislatore per violazioni del diritto dell’UE in due distinti modi. Una parte della dottrina ha parlato della responsabilità dello Stato in termini di illecito tipico, rispetto al quale non opererebbe il sistema di diritto comune (cfr. G. ALPA, Problemi attuali in tema di responsabilità della pubblica amministrazione: lesione di interessi legittimi ed illecito comunitario, in Contr. e impr / Eur., 1999, p. 96 ss; A. DI MAJO, Responsabilità e danni nelle violazioni comunitarie ad opera dello Stato, cit., p. 771); in altri termini,

l’illecito de quo configurerebbe una fattispecie tipica di responsabilità disciplinata esclusivamente da diritto dell’Unione, e in tal senso non mancherebbe giurisprudenza confermativa (cfr. Cass. civ., Sez. Unite, 17 aprile 2009, n. 9147, in CG, 2009, p. 1345 ss, con nota di A. DI MAJO, Contratto e torto nelle violazioni comunitarie ad opera dello Stato, p. 1351 ss). In senso opposto, tuttavia, si è espressa un’altra

parte della dottrina, che ha ricondotto l’illecito imputabile allo Stato-legislatore per violazioni del diritto dell’UE all’istituto della responsabilità extracontrattuale regolata dall’art. 2043 c.p.c, affermando che la sua efficacia non incontra il limite interno dell’insindacabilità del potere legislativo su iniziativa degli individui, ed anche in questo caso non manca la giurisprudenza confermativa; in dottrina, in tal senso, si vedano: M. CARTABIA, Omissioni del legislatore, diritti sociali e risarcimento dei danni. A proposito

della sentenza “Francovich” della Corte di giustizia delle Comunità Europee, cit., p. 505 ss; L.

MENGONI, Note sul rapporto tra fonti del diritto comunitario e fonti del diritto interno degli Stati membri,

in RTDPC, 1997, p. 523 ss; E. SCODITTI, La responsabilità dello Stato per violazioni del diritto comunitario, in Danno e Responsabilità, 2005, p. 10 ss; G. SALVI, La responsabilità civile, in Trattato

Iudica-Zatti, Milano, 2005, p. 116 ss. Per quanto riguarda la casistica giurisprudenziale confermativa di

tale indirizzo, si vedano le seguenti sentenze: Cassaz. Civ., 12 febbraio 2008, n. 3283, III Sez, con commento di C. PASQUINELLI, Illecito “comunitario” del legislatore e art. 2043 c.c., la Cassazione

interviene ancora, in Resp. civ. prev., 2008, p. 1578 ss; Cass. Civ., Sez. Lavoro, 11 marzo 2008, 6427, in FA, CDS, 2008, p. 723 ss. Per un commento di queste ultime sentenze e per una disamina dell’evoluzione

della giurisprudenza italiana sul punto si veda, a titolo esemplificativo, M.G. PIZZORINI, La recente evoluzione della giurisprudenza nazionale in tema di responsabilità dello Stato per violazione del diritto dell’Unione, in Dir. Un. Eur, 2010 (1), p. 149 ss. Inoltre, oltre alla bibliografia già citata nelle pagine

precedenti, si vedano anche: G.ROSCIONI, Mancata attuazione di direttive comunitarie: la Cassazione nega l’illecito dello Stato, in Danno e Resp., 1996, p. 84 ss;A.BARONE,R.PARDOLESI, Il fatto illecito del legislatore, in FI, 1992, IV, p. 145; M. CLARICH, La responsabilità, in M.P. CHITI,G.GRECO, Trattato di diritto amministrativo europeo, cit., p. 644; G. PONZANELLI, L’Europa e la responsabilità civile, cit., p. 146; C. BUONAURO, Il risarcimento del danno da atto legislativo, Milano, 2004; R. BIFULCO, La responsabilità dello Stato per atti legislativi, Padova, 1999; C. DE ROSE, La responsabilità del legislatore nell’approccio comunitario, in ConsSt, 2000, p. 1999; P. SENKOVIC, L’évolution de la responsabilité de

Un’importante precisazione va fatta con riferimento agli atti normativi nei quali si traducono scelte di politica economica, e che sembra richiedano ulteriori condizioni rispetto a quelle che vedremo nella prossima sezione, che profilano una configurazione alquanto restrittiva dell’istituto; in questi casi, infatti, la Corte ha più volte affermato che la responsabilità dei pubblici poteri sussiste solo eccezionalmente16 e, nello specifico, unicamente in caso di violazione grave di una norma superiore intesa a tutelare i singoli17. I giudici di Lussemburgo, nella giurisprudenza successiva, hanno avuto modo di precisare le motivazioni di tale approccio sulla base di due considerazioni: la prima, di carattere normativo, si fonda sul rinvio operato dall’art. 340 TFUE (ex 288 TCE) agli ordinamenti nazionali, i quali ammetterebbero la responsabilità per danni arrecati ai singoli da atti normativi che si traducono in scelte di politica economica solo eccezionalmente e in circostanze particolari; la seconda ragione sembra ruotare attorno all’esigenza di salvaguardare l’esercizio delle attività normative dei pubblici poteri, con riferimento a scelte di politica economica, la quale non deve essere ostacolata dalla prospettiva di azioni risarcitorie ogni volta che esso deve adottare, nell’interesse generale, provvedimenti normativi che possono ledere interessi di singoli. Da ciò la Corte ne ha dedotto che «il singolo sopporti, entro limiti

ragionevoli, senza farsi risarcire con denaro pubblico, determinati effetti, dannosi per i suoi interessi economici, prodotti da un atto normativo, anche se questo viene dichiarato invalido»18.

Riguardo alla elemento capace di far sorgere la responsabilità risarcitoria dello Stato per atti che traducono scelte di politica economiche, vale a dire la «violazione

grave di una norma superiore intesa a tutelare i singoli»19, la Corte ha avuto modo di










16 Cfr. sentenze 25 maggio 1978, cause riunite 83/76, 94/76, 4/77, 15/77 e 40/77, Bayerische

HNL Vermehrungsbetriebe e a./Consiglio e Commissione, in Racc., 1978, p. 1209, punto 5; e 09

settembre 2008, cause riunite C‑120/06 P e C‑121/06 P, FIAMM e FIAMM Technologies / Consiglio e

Commissione, in Racc., 2008, p. I-06513, punto 171.

17 Sul punto si vedano, in particolare le seguenti pronunce della Corte di giustizia: 13 giugno

1972, cause riunite 9/71 e 11/71, Compagnie d’approvisionnement, de transport et de crédit e Grands

Moulins de Paris/Commissione, in Racc., 1972, p. 391, punto 13; 2 dicembre 1971, 5/71, Zuckerfabrik Schoppensted c. Consiglio, in Racc., 1971, p. 975; 13 novembre 1973, 63-69/72, Werhahn c. Consiglio,

in Racc., 1973, p. 1229; Bayerische HNL Vermehrungsbetriebe e a./Consiglio e Commissione, cit., punto 4; 8 dicembre 1987, causa 50/86, Les Grands Moulins de Paris/CEE, in Racc., 1987, p. 4833, punto 8; 6 giugno 1990, causa C‑119/88, AERPO e a./Commissione, in Racc., 1989, p. I‑2189, punto 18;

FIAMM e FIAMM Technologies / Consiglio e Commissione, cit., punto 172.

18 Cfr. Bayerische HNL Vermehrungsbetriebe e a./Consiglio e Commissione, cit., p. 1209. 19 Come avremo modo di esporre in maniera approfondita nella sezione successiva, la Corte ha

più volte affermato che la violazione grave deve riguardare una norma superiore «preordinata a conferire

diritti ai singoli» (cfr. in tal senso, segnatamente, sentenze 4 luglio 2000, causa C‑352/98 P, Bergaderm e Goupil/Commissione, in Racc., 2000, p. I‑5291, punti 41 e 42, nonché 19 aprile 2007, causa C‑282/05 P, Holcim (Germania)/Commissione, in Racc., 2007, p. I‑2941, punto 47).

precisare quali siano le norme superiori intese a tutelare i singoli, indicando in particolare il principio di non discriminazione e di proporzionalità20, il principio dell’irretroattività degli atti normativi e del legittimo affidamento21. Sul punto, in ogni caso, avremo modo di ritornare in maniera approfondita nella seconda sezione di questo lavoro, nella parte relativa agli elementi che definiscono una violazione del diritto dell’UE come «sufficentemente caratterizzata».

1.2. La responsabilità del legislatore per atto lecito o illecito non accertato

Un ulteriore profilo del tema in esame concerne la configurabilità a carico dei pubblici poteri di una responsabilità da atto lecito o illecito non accertato, ed in particolare, la possibilità di configurare in capo agli Stati membri una responsabilità conseguente da un atto lecito nazionale adottato in attuazione della normativa dell’UE.

La Corte di giustizia dell’UE, in particolare, pronunciandosi sulla responsabilità dell’UE, non ha escluso il principio che i pubblici poteri possano rispondere per fatto lecito, quando ricorrano tre specifiche condizioni. Le prime due, proprie anche della responsabilità extracontrattuale, consistono nell’esistenza, da un lato, di un danno effettivo e certo e, da un altro lato, di un legame di causalità tra il danno e l’atto dei pubblici poteri; la terza, tipica della sola responsabilità in questione, riguarda l’esistenza di un danno «anormale e speciale»22. Quest’ultima condizione, relativa all’esistenza di un danno «anormale e speciale», sostituisce pertanto la condizione dell’illiceità del comportamento, e tale circostanza ha indotto parte della dottrina a rilevare come tale figura di responsabilità dei pubblici poteri, pur essendosi sviluppata sul modello della responsabilità extracontrattuale dell’Unione, si presenti come un ricorso autonomo da quello concernete la stessa responsabilità extracontrattuale; ciò sembra desumersi, in particolare, dalla sentenza Atlanta23, in cui la Corte ha dichiarato irricevibile un motivo










20 Cfr. sentenza della Corte di giustizia del 17 dicembre 1981, 197-200, 243, 245 e 247/80,

Ludwigshafener Walzmüh, in Racc., 1981, p. 3211.

21 Cfr. sentenza della CGE, del 14 maggio 1975, causa 74/74, CNTA, in Racc, 1975, p. 533; 14

febbraio 1978, causa 68/77, IFG, in Racc., 1978, p. 353.

22 Cfr. sentenza della CGE, del 13 giugno 1972, 9 e 11/71, Compagnie d’approvisionnement e a.

c. Commissione, in Racc, 1972, p. 391, punti 45 e 46; 24 giugno 1986, 267/82, Développement SA e Clemessy c. Commissione, in Racc., 1986, p. 1907, punto 28; 15 giugno 2000, causa C-237/98 P, Dorsch Consult Ingenieurgesellschaft mbH c. Consiglio e Commissione, in Racc., 2000, p. I-4549 ss, punto 18.

23 Cfr. sentenza della Corte di giustizia del 14 ottobre 1999, C-104/97 P, Atlanta c. Consiglio e

di ricorso fondato sulla responsabilità da atto lecito introdotto nel corso di un procedimento ex art. 268 e 340 TFUE ( ex artt. 235 e 288 TCE)24.

Questa particolare figura della responsabilità dei pubblici poteri, oggetto da qualche anno dell’attenzione della dottrina25, è stata oggetto di analisi del Tribunale di primo grado e della Corte di giustizia in relazione alla vicenda della c.d. «guerra delle banane»26, che ha dato luogo ad alcuni noti procedimenti giurisdizionali27 che hanno accesso il dibattito in dottrina28. Il Tribunale di primo grado, in particolare, ha










24 Nel caso di specie la Corte ha ritenuto non percorribile le vie di ricorso stabilite dagli art. 268

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