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La nozione di diritto leso e i caratteri della norma violata

S EZIONE I L E CONDIZIONI D ’ IMPUTABILITÀ DELLA VIOLAZIONE ALLO S TATO 1 Responsabilità

1. La nozione di diritto leso e i caratteri della norma violata

La prima condizione cui è subordinata la pretesa risarcitoria del privato attiene alla verifica dell’attribuzione di diritti ai singoli ad opera della norma violata, e alle caratteristiche di quest’ultima. Secondo quanto affermato dalla Corte, infatti, «un diritto

al risarcimento è riconosciuto dal diritto comunitario in quanto (...) la norma giuridica violata sia preordinata a conferire diritti ai singoli»106. Il chiarimento della prima

condizione, pertanto, richiede sia un’analisi della nozione di diritti (para.1.1), sia l’identificazione delle norme idonee a conferire tale diritti (para. 1.2).

1.1. La nozione di «diritto leso»: valorizzazione della natura comunitaria delle situazioni individuali oggetto di tutela

Secondo l’orientamento prevalente in dottrina, deve ritenersi che la Corte di giustizia, con il richiamo dei «diritti» abbia inteso riferirsi genericamente a tutte le posizioni giuridiche individuali protette dal diritto dell’UE107. Invero, la Corte di

giustizia, tutte le volte in cui ha affermato che una certa disposizione attribuisce al singolo diritti che il giudice nazionale è tenuto a salvaguardare, non ha inteso dare al termine «diritto» una specifica e formale valenza che non sia quella generica di «posizione giuridica soggettiva», non volendo limitarsi, in particolare, a richiamare la









comunitarie, posizioni giuridiche soggettive e giudizi interni, Milano, 2002, p. 279 ss; R.A. GARCIA,

Community and National Legal Orders: Autonomy, Integration and Interaction, in Coll Couses Academy eur. Law, 1996, VII, p. 54 ss; M. WATHELET,S. VAN RAEPENBUSCH, La responsabilité des états membres en cas de violation du droit communautaire. Vers un alignement de la responsabilité de l’état sur celle de la Communauté ou l’inverse, in Cah. droit eur., 1997, p. 13; R. CARANTA, Judicial Protection against Member States: A new Jus Comune Takes Shape, in CMLR, 1995, 703; IDEM, Governmental Liability

after Francovich, in CLJ, 1993, p. 272 ss.

106 Cfr. sentenze Brasserie du pêcheur e Factortame, cit., punto 51; Hedley Lomas (Ireland) Ltd,

cit., punto 25; Dillenkofer e a., cit., punto 21.

107 Riguardo alla dottrina maggioritaria, che adotta un’interpretazione estensiva della nozione di

«norma attributiva di diritti», si vedano, oltre alle conclusioni dell’avvocato generale Tesauro in cause riunite C-46/93 e C-48/93, Brasserie du Pecheur e Factotame III, cit.: A.TIZZANO, La tutela dei privati nei confronti degli Stati membri dell’Unione Europea, in FI., 1995, IV, p. 29 ss; A. TIZZANO, S. FORTUNATO, La tutela dei diritti, in A.TIZZANO (dir.), Il diritto privato dell’Unione europea, Torino, 2006, p. 1271 ss; M.BALBONI, La tutela dei singoli dinanzi ai giudici nazionali per violazione del diritto comunitario da parte degli Stati membri, in Comunicazioni e Studi, XXI, 1997, p. 257; F. FUMAGALLI, La

responsabilità degli Stati membri per violazione del diritto comunitario, Milano, 2000, p. 247. Riguardo

alla posizione secondo la quale la nozione di «norma attributiva di diritti» sia da intendere nella sua accezione restrittiva, minoritaria in dottrina, si vedano: F.SCHOCKWEILER, La responsabilité de l’autorité nationale en cas de violation du droit communautaire, in RTDE, 1992, p. 49; O. PORCHIA, La responsabilità dello Stato membro per danni derivanti ai singoli dalla mancata attuazione del diritto comunitario, in DCSI, 1993, p.135.

nozione di diritto soggettivo, né trasformare tutte le situazioni giuridiche dei privati in diritti soggettivi108. Verosimilmente, tale considerazione corrisponde, latu sensu, con l’interesse ad agire, ove si consideri che il diritto leso deve avere un contenuto sufficientemente preciso, determinato o determinabile nel suo oggetto in base al diritto dell’UE109.

La genericità del riferimento alle posizioni giuridiche soggettive, tuttavia, ha determinato confusione e non poche difficoltà nel coordinamento tra principi comunitari e mezzi interni, a causa di un’applicazione della regola dell’autonomia procedurale riconosciuta agli Stati membri nella messa in opera delle posizioni soggettive nascenti dal diritto dell’UE, la quale consentiva una loro “rilettura” ai fini dell’individuazione dei mezzi interni di tutela; secondo una giurisprudenza costante della Corte di giustizia, come più volte rilevato nel corso di questo lavoro, spetta all’ordinamento giuridico di ciascuno Stato membro designare il giudice competente e statuire sui (e a garantire la tutela dei) diritti scaturenti dall’ordinamento giuridico dell’UE e, a tale effetto, decidere come debba qualificarsi la posizione individuale tutelata, fermo restando che gli Stati membri sono tenuti a garantire la tutela effettiva di tali diritti110. Sul punto è

emblematica la nota querelle sulla risarcibilità del danno causato dalla violazione di interessi legittimi111 (questione alla quale la giurisprudenza italiana riconduceva il più










108 Sul punto si vedano: A. TIZZANO, La tutela dei privati nei confronti degli Stati membri

dell’Unione Europea, cit., p. 29; R. A. GARCIA, Community and National Legal Orders: Autonomy,

Integration and Interaction, cit, p. 59; S. AMADEO, Norme comunitarie, posizioni giuridiche soggettive e

giudizi interni, cit., p. 283.

109 Sul punto si veda F. FERRARO, La responsabilità risarcitoria degli Stati membri per

violazione del diritto comunitario, cit., p. 33, che a tal riguardo richiama, a titolo esemplificativo, il diritto

di recesso riconosciuto dalla Direttiva 85/577/CEE concernente i contratti negoziati fuori dai locali commerciali, oggetto della sentenza 14 luglio 1994, causa C-91/92, Faccini Dori, in Racc., 1992, p. I- 3347, o al diritto alla corresponsione dei crediti retributivi oggetto della sentenza Francovich.

110 Sul punto si vedano: causa C-13/68, Salgoil, del 19 dicembre 1968, in Racc., 1968, p. 615;

causa 179/84, Bozzetti, del 9 luglio 1985, in Racc, 1985, p. 2317 ss; causa C-446/93, SEIM, del 18 gennaio 1996, in Racc., p. I-73, punto 32; causa C-54/96, Dorsch Consult, cit., punto 40. La Corte di giustizia, in particolare, ha precisato in modo chiaro e incisivo che, in linea di principio, non spetti all’ordinamento comunitario e alla stessa Corte qualificare nel merito le situazioni giuridiche soggettive nazionali che si riscontrano in fattispecie nelle quali il diritto dell’UE le protegga come diritti soggettivi, fermo restando che, quale sia la qualificazione nazionale, la loro protezione deve comunque essere effettiva, dal punto di vista sostanziale, procedimentale e processuale, sempre nel rispetto dei principi generali di analogia ed equivalenza. In dottrina, sulle difficoltà del coordinamento tra posizioni giuridiche comunitarie e mezzi interni di tutela, si vedano a titolo esemplificativo: J. STEINER, How to Make the Action Suit the Case. Domestic Remedies for Breach of EEC Law, in ELR, 1987, p. 102 ss; E. PICOZZA, Le situazioni giuridiche soggettive, in M.P. CHITI,G.GRECO, Trattato di diritto amministrativo europeo,I

Parte generale, Milano, 2007, pp. 903-931, in particolare p. 923 ss.

111 La figura dell’interesse legittimo è stata oggetto di svariate definizioni dottrinali e

giurisprudenziali. Secondo la Corte di cassazione italiana l’interesse legittimo può essere definito, dando rilievo al suo aspetto sostanziale, come la posizione soggettiva di vantaggio riservata ad un soggetto rispetto ad un bene della vita oggetto di un provvedimento amministrativo e consistente nell’attribuzione a tale soggetto di poteri idonei ad influire sul corretto esercizio del potere, in modo tale da rendere

ampio tema della tutela dei diritti di origine comunitaria); nell’ordinamento italiano, in particolare, le modalità con cui avveniva la traduzione delle posizioni giuridiche comunitarie nelle categorie interne, ed in particolare in quella degli interessi legittimi, comportava in alcuni casi l’esclusione dell’ammissibilità di una tutela risarcitoria, finendo per condizionare in modo significativo la portata della protezione accordata al “diritto” di origine comunitaria, restringendola in contrasto con le caratteristiche stesse (tra cui quella della risarcibilità) che la posizione giuridica comunitaria originariamente possedeva112.







 possibile la realizzazione dell’interesse del bene (Corte di cassazione s.u., 22 luglio 1999 n. 500 SU,

Comune di Fiesole c. Vitali, in FI., 1999, I, 2495). In dottrina, sulla nozione d’interesse legittimo (anche

per la distinzione tra le categorie degli interessi legittimi c.d. «oppositivi» e degli interessi legittimi c.d. «pretensivi»), si vedano, a titolo esemplificativo: E. CANNADA BARTOLI, Interesse (diritto

amministrativo), in Enc. Dir., XII, Milano, 1992; F.G. SCOCA, Contributo sulla figura dell’interesse legittimo, Milano, 1990, p. 14 ss; A.R. TASSONE, Situazioni giuridiche soggettive (diritto amministrativo),

in Enc. Dir., aggiornamento, II, Milano, 1998, p. 966 ss; M. FRACANZANI, Alle radici teoriche dell’interesse legittimo, in DPA, 1997, p. 279. Inoltre, sulla categoria dei diritti affievoliti, vale a dire dei

diritti la cui effettività viene attenuata a causa di un provvedimento amministrativo a contenuto espropriativo, la cui affermazione ha consentito una riduzione dell’area di risarcibilità, si vedano, oltre agli autori già citati: A. AMORTH, Figura giuridica e contenuto del diritto subiettivo affievolito, in Scritti in onore di Santi Romani., II, Padova, 1940, p. 197 ss; G. TUCCI , Giudice civile e affievolimento del

diritto soggettivo, Milano, 1991, p. 7 ss; G.PALMA, Le posizioni giuridiche soggettive nell’ordinamento

italiano, in E. PICOZZA, G. PALMA, E. FOLLIERI, Le situazioni giuridiche soggettive nel diritto amministrativo, Padova, 1999, p. 73 ss.

112 Nello specifico, nell’ordinamento italiano erano in vigore norme e indirizzi giurisprudenziali

che escludevano, o limitavano fortemente, la configurabilità di posizioni soggettive nei confronti dell’attività dello Stato (in senso lato), in virtù di una peculiare lettura della regola generale (art. 2043 cod. civ) relativa al risarcimento del danno extracontrattuale, applicabile in difetto di disciplina specifica, anche alla definizione della responsabilità civile della pubblica amministrazione. In base a tale indirizzo giurisprudenziale, il carattere “ingiusto” del danno, stabilito quale componente essenziale della fattispecie della responsabilità civile, e quindi quale condizione del sorgere di un obbligo di risarcimento, veniva legato alla possibilità di configurare in termini di «diritto soggettivo» la posizione giuridica violata, ciò sulla base del rilievo che l’ingiustizia del danno sussistesse solo ove il fatto generatore del danno non potesse essere altrimenti giustificato dall’ordinamento (carattere non iure) e ledesse una situazione giuridica soggettiva riconosciuta e garantita dall’ordinamento medesimo nella forma di diritto soggettivo perfetto (carattere contra ius). Ne derivava pertanto l’impossibilità per il privato di conseguire un risarcimento allorché una posizione giuridica a lui riconducibile tutelata in termini di diritto soggettivo non potesse essere configurata. Ciò avveniva nei casi in cui la situazione del soggetto era considerata priva di ogni rilevanza, e quindi di tutela, ovvero riconosciuta beneficiaria di tutela solo in presenza di determinate condizioni o, in quanto inquadrabile nella categoria degli interessi legittimi, attraverso strumenti specifici, e cioè unicamente in sede di giustizia amministrativa. La prima situazione si verifica in relazione all’attività legislativa, la seconda a fronte di attività giurisdizionale, la terza a proposito dell’attività amministrativa.

In relazione all’attività provvedimentale della pubblica amministrazione, in particolare, l’esperibilità dei mezzi di tutela risarcitoria era condizionata dalla qualificazione della posizione del privato in termini di diritto soggettivo o d’interesse legittimo: sicuramente ammessa nel primo caso, era fortemente discussa nel secondo. In estrema sintesi, l’irrisarcibilità del danno causato agli interessi legittimi risultava essere il prodotto del concorso di due elementi, uno di carattere sostanziale, l’altro di carattere procedurale, concordi nell’escludere, in tal caso, l’esperibilità di un’ordinaria azione tesa a far valere la responsabilità della pubblica amministrazione. Il primo elemento ostativo alla risarcibilità del pregiudizio causato agli interessi legittimi era infatti legato alle caratteristiche della posizione giuridica lesa: per la sua stretta correlazione all’esercizio di una potestà amministrativa discrezionale (ed alle norme di azione che la disciplinano) la sua posizione era ritenuta priva della consistenza giuridica necessaria ad assicurarle una tutela risarcitoria, essendo questa riservata, secondo una tradizionale

Le difficoltà di coordinamento tra situazione giuridica (comunitaria) e sua tutela (interna) ha indotto la Corte, al fine di guidare l’eventuale trasposizione dei diritti dell’UE nelle categorie nazionale, ha precisare che il coordinamento tra situazione giuridica comunitaria e tutela interna non può avvenire in modo tale che la seconda snaturi la prima: la qualificazione dei diritti comunitari secondo le categorie nazionali, nella misura in cui sia necessaria allo scopo d’individuare il giudice competente, infatti, non deve avere l’effetto di nascondere la loro natura comunitaria e, a tal fine, deve avvenire con modalità che tengano conto dei loro profili giuridici essenziali113.

Affermare che la qualificazione dei diritti non deve avere l’effetto di nascondere la loro natura comunitaria, significa, in primo luogo, che qualora si ricorra a categorie nazionali deve potere emergere, o comunque poter essere rilevato, che la posizione giuridica tutelata si fonda ed è definita dal diritto dell’UE, e non sullo strumento o sulla categoria interna in cui la posizione comunitaria viene tradotta ai fini dell’identificazione di quello strumento; la novità della giurisprudenza Francovich, infatti, sta proprio nell’aver enunciato l’esistenza di un principio di responsabilità dello Stato nei confronti dei singoli anche quando la responsabilità non può appoggiarsi su alcuna norma interna. In caso contrario, la violazione di regole e principi appartenenti al sistema dell’UE sarebbe de facto configurata nel corso del procedimento come un illecito di diritto interno, con la conseguenza di sovrapporre la struttura dell’illecito civile nazionale alla fattispecie di responsabilità di derivazione comunitaria e, dunque,







 giurisprudenza sull’art. 2043 del cod. civ., alle situazione giuridiche riconosciute e garantite dall’ordinamento nella forma del diritto soggettivo (in base alle norme di relazione che lo costituiscono). Il secondo elemento atteneva invece a ragioni di carattere processuale, collegate al peculiare assetto del riparto della giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo nei confronti degli atti della pubblica amministrazione. La distinzione tra giurisdizione ordinaria e giurisdizione amministrativa, tradizionalmente basata proprio sulla distinzione tra diritto soggettivo e interesse legittimo, era altresì caratterizzata dalla previsione di differenti tecniche di tutela delle posizioni giuridiche deducibili di fronte ai giudici appartenenti all’uno o all’altro ordine: il giudice amministrativo, che conosceva gli interessi legittimi, poteva soltanto annullare l’atto lesivo, ma non poteva pronunciare condanna al risarcimento del danno in relazione alle eventuali conseguenze patrimoniali dannose derivanti dall’esercizio illegittimo della funzione pubblica; il giudice ordinario, che disponeva del potere di condanna al risarcimento del danno, non poteva conoscere gli interessi legittimi.

La distinzione tra i due elementi (processuale e sostanziale) che concorrevano a escludere la risarcibilità del danno agli interessi legittimi, e la sufficienza di ciascuno di essi, spiega come (a seconda del prevalente rilievo dell’uno o dell’altro), il tema sia stato dapprima affrontato ed esaminato sotto il profilo del difetto di giurisdizione, e quindi, in seguito, riconosciuto costituire questione di merito, per quanto entrambi i profili finivano per essere comunque attinenti alla caratterizzazione della posizione soggettiva lesa. Ed infatti i due orientamenti, a prescindere dalla prospettiva d’analisi, approdavano al medesimo risultato negativo, determinato dalla tradizionale lettura dell’art. 2043 del cod. civ: il diniego, per ragioni giurisdizionali o di merito, della possibilità di riconoscere agli interessi legittimi una tutela risarcitoria.

113 Cfr. F. FUMAGALLI, La responsabilità degli Stati membri per violazione del diritto

di assumere la posizione giuridica in questione nel sistema interno114; una tale circostanza, oltre a negare la natura e l’origine di un diritto ripetutamente rilevato come «inerente al sistema dei Trattati», avrebbe l’ulteriore conseguenza che il giudice nazionale potrebbe, erroneamente, subordinare l’obbligo risarcitorio a diverse e più gravose condizioni115.

In secondo luogo, dalle affermazioni della Corte si ricava che, nel ricercare la categoria nazionale in cui trasporre il diritto dell’UE, è necessario considerare, ancor prima e a prescindere dall’analisi della natura (di azione o di relazione) delle norme che fondano le posizioni soggettive dei singoli secondo le categorie interne, i profili giuridici che originariamente le caratterizzano. Vale a dire: posizioni giuridiche stabilite dal diritto dell’UE, la cui violazione è risarcibile secondo un principio di diritto dell’UE che s’impone agli Stati membri, non possono essere tradotte, al fine dell’attuazione concreta della loro protezione, in categorie giuridiche interne per le quali la tutela risarcitoria è esclusa; al contrario, le caratteristiche della posizione giuridica stabilite dal diritto dell’UE, nel quale esse prendono origine, devono trovare attuazione attraverso le categorie che ne consentano l’efficacia116. Come sottolineato da parte della dottrina con

riferimento alla vicenda italiana degli interessi legittimi, il fatto che la legge nazionale consideri come interesse legittimo una posizione soggettiva che nell’ordinamento dell’UE viene configurata come diritto soggettivo, non può valere a negargli piena tutela; i principi affermati in materia di tutela piena ed effettiva dalla giurisprudenza comunitaria devono valere per tutte le posizioni soggettive protette dal diritto dell’UE, a prescindere dalla loro qualificazione secondo il diritto nazionale117.










114 É appena il caso di ricordare che a fronte della violazione di regole e principi appartenenti al

sistema dell’UE, non si può ipotizzare un illecito di diritto interno ma, viceversa, sarebbe più corretto parlare di un illecito comunitario per violazione da parte dello Stato membro di regole di diritto dell’UE, il quale ha riflessi diretti nell’ordinamento interno. Ne consegue che non si può sovrapporre la struttura dell’illecito civile (definita dall’art. 2043 cod. civ) alla fattispecie di responsabilità di derivazione comunitaria ma, al contrario, si dovrebbe accogliere la figura dell’illecito comunitario come figura tipica ed adattare ad essa, nei limiti indicati dalla Corte di giustizia, la struttura dell’illecito aquiliano di diritto interno. Sul punto si vedano: A.DI MAJO, Responsabilità e danni nelle violazioni comunitarie ad opera

dello Stato, in Eur. Dir. Priv., 1998, p. 771; G. ALPA, Problemi attuali in tema di responsabilità della

Pubblica Amministrazione: lesioni d’interessi legittimi ed illecito comunitario, cit., 1999, p. 95.

115 Quest’aspetto è particolarmente sottolineato dalla Corte di giustizia nella sentenza Brasserie

du pêcheur o (punto 66); in dottrina, invece, sul punto si possono vedere, a titolo esemplificativo: R.

CARANTA, La responsabilità oggettiva dei pubblici poteri per violazioni del diritto comunitario, in GI,

1992, I, 1, 1169, e più in generale, G. ALPA, Problemi attuali in tema di responsabilità della Pubblica Amministrazione: lesioni d’interessi legittimi ed illecito comunitario, cit., p. 96.

116 Sul punto si veda la giurisprudenza e la bibliografia citata alla nota 109.

117 Sul punto, sempre a titolo esemplificativo, si vedano: R. CARANTA, In materia di

conseguenze della mancata tempestiva trasposizione di una direttiva comunitaria nell'ordinamento italiano, cit., p. 309; M. SICA, Diritto comunitario e giustizia amministrativa: prime riflessioni a margine

In relazione a quanto appena detto, dunque, possiamo affermare che il generico riferimento della Corte alle «posizioni giuridiche soggettive», e le precisazioni successive, contribuiscano, seppur in modo non del tutto cristallino, a definire una “nuova” categoria di diritti soggettivi comunitari, improntata al principio dell’effettività; con un pregevole sforzo di ricostruzione concettuale, invero, già da anni alcuni autori hanno tentato di elaborare, pur con le dovute cautele, la “nuova” categoria dei diritti soggettivi comunitari, che dovrebbero collocarsi accanto ai diritti soggettivi e agli interessi legittimi interni, alla quale possano essere ricondotte le posizioni giuridiche individuate sulla base di norme di diritto dell’UE, qualunque sia il loro contenuto nel sistema dell’UE e qualunque sia la tutela loro accordata nei singoli ordinamenti nazionali118.

Il riferimento alla categoria dei diritti soggettivi comunitari, in verità, può presentarsi come un’operazione di “etichettatura” della posizione giuridica comunitaria per certi versi non necessaria ed inopportuna119; tuttavia, il riferimento ad una tale “categoria” di diritti ci permette di porre in evidenza gli aspetti chiave della problematica in esame: in primo luogo, consente di evidenziare agevolemente l’elemento di autonomia del diritto al risarcimento del danno per violazione del diritto UE; in secondo luogo, rende possibile chiarire, in modo sufficentemente immediato, quanto sia fuorviante la riduzione della questione della risarcibilità dei danni per violazioni del diritto dell’UE al problema della risarcibilità degli interessi legittimi, come è avvenuto nell’ordinamento italiano, poiché a fronte di situazioni giuridiche comunitarie non si ha a che fare né con interessi legittimi né con diritti soggettivi120; in










118 Sul punto si vedano, a titolo esemplificativo: M.C. BARUFFI, La tutela dei singoli nei

procedimenti amministrativi comunitari, Milano, 2001; Idem, Sulla tutela dei diritti soggettivi comunitari, in Riv it. dir. pubbl. comunitario, 1994.230; P. BILANCIA, Situazione soggettive di derivazione comunitaria e loro tutela, in Dir. Soc., 1991, 615; R.CARANTA, Intorno al problema delle

individuazioni delle posizioni giuridiche sogg. del cittadino comunitario, in RIDPC 1994, p. 983; S. GIACCHETTI, Profili problematici della cosiddetta illegittimità comunitaria, in Cons. Stato, 1994, II, p.

102; G.MANGIONE, Gli interessi legittimi “comunitaliani”: giurisdizione del giudice amministrativo e

risarcimento del danno relativo. Primi appunti, in Argomenti di diritto pubblico italo-comunitario con appendice di diritto societario, Milano, 1989, p. 92 s.; V. CAPUTI JAMBRENGHI, Diritto soggettivo comunitario ed effettività dell’ordinamento, in La tutela giurisdizionale dei diritti nel sistema comunitario (Venezia, 30-31/5 1/1996), Bruxelles, 1997, p. 383.

119 Sulla necessità e l’opportunità di “etichettare” la posizioni giuridica comunitaria, alcuni dubbi

sono stati sollevati da F. FUMAGALLI, La responsabilità degli Stati membri per violazione del diritto

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