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Il rilievo dei sistemi procedurali degli Stati membri e la competenza statale in materia procedurale

S EZIONE I I LIMITI ALL ' AUTONOMIA PROCEDURALE DEGLI STATI IN MATERIA DI DIRITTI UMANI E

1. Il rilievo dei sistemi procedurali degli Stati membri e la competenza statale in materia procedurale

Il sistema giuridico dell’Unione europea, in primo luogo, pone in rilievo il momento procedurale nazionale in modo leggermente diverso da quanto avviene nei sistemi di tutela regionali dei diritti umani, e della CEDU in particolare, che non sembra essere necessariamente legato al principio di sussidiarietà; esso appare piuttosto determinato da una delle peculiarità che definisce il carattere sui generis dell’ordinamento giuridico dell’UE, vale a dire la sua «frammentarietà verticale»53.

Sotto il profilo delle garanzie giurisdizionali, nello specifico, la frammentarietà del sistema si rileva per l’insufficienza della tutela offerta dagli organi giurisdizionali previsti dai trattati che, sotto alcuni profili, appare lacunosa o comunque inidonea a garantire i diritti dei singoli54; in particolare, un sistema complessivo di garanzie efficaci, riferito al diritto dell’UE, può essere identificato solo se si considerano anche gli strumenti offerti dagli ordinamenti degli Stati membri e derivanti dall’esercizio delle funzioni giurisdizionali interne, che completano e portano a efficacia i rimedi e le garanzie comunitarie55. La Corte di giustizia, dal canto suo, ha indicato il giudizio

nazionale come strumento di tutela del diritto dell’UE e della sua effettività, che si aggiunge a quelli espressamente previsti dal Trattato, fin dalla sentenza van Gend &

Loos, con la formula, assai nota, secondo la quale «la circostanza che gli articoli 169 e 170 (oggi articoli 258 e 259 TFUE) del trattato consentano alla Commissione e agli Stati membri di convenire di fronte alla Corte di giustizia lo Stato che sia venuto meno ai suoi obblighi, non implica infatti che ai singoli sia precluso di far valere gli obblighi stessi di fronte al giudice nazionale (…) La vigilanza dei singoli, interessati alla 








53 Quando si parla di «frammentarietà verticale» del sistema giuridico dell’Unione europea, si fa

riferimento alla circostanza e alla necessità, al fine di ricostruirne la completezza almeno tendenziale, di ricorrere a una visione complessiva del fenomeno, costituito dall’integrazione delle fonti dell’UE con le fonti interne, cui partecipano anche elementi, garanzie, funzioni tratti dai diversi sistemi. Tale carattere del sistema giuridico dell’UE è stato rilevato fin dai primi anni del processo integrativo da parte di autorevole dottrina: E. VITTA, L’integrazione europea. Studio sulle analogie ed influenze del diritto pubblico interno negli istituti d’integrazione europea, Milano, 1962, p. 185 ss; R. MONACO, Caratteri

istituzionali della CEE, in Riv. Dir. Int, 1958, p. 7ss

54 Cfr. A. TIZZANO, La tutela dei privati nei confronti degli Stati membri dell’Unione Europea,

in FI, 1995, IV, 13 ss; C.W.A.TIMMERMANS, Judicial Protection against the Member States: Articles 169 and 177 Revisited, in Institutional Dynamics of European Integration. Essay in honor of Henry G. Schermers, cit., p. 391 ss.

55 L’identificazione di un sistema complessivo di garanzie efficaci, come noto, riveste una

significativa importanza, poiché l’analisi dei metodi di composizione dei conflitti interni a un sistema concorre a definire l’esistenza ed il grado di evoluzione di un ordinamento giuridico rispetto ad altri complessi normativi. Così: T. PERASSI, Introduzione alle scienze giuridiche, Padova, 1967, p. 18 ss.

salvaguardia dei propri diritti, costituisce d'altronde un efficace controllo che si aggiunge a quello che gli art. 169 e 170 affidano alla diligenza della Commissione e degli Stati membri»56. Ai fini della piena garanzia dell’effettività della tutela, dunque, la

Corte di giustizia ha riconosciuto il rilevo del momento processuale nazionale, per poi affermare esplicitamente l’obbligo per i giudici degli Stati membri di proteggere gli interessi dei singoli contro eventuali violazioni del diritto dell’UE57.

L’integrazione delle corti nazionali nell’ordinamento giuridico dell’UE e la formazione all’interno di quest’ultimo di un sistema di controllo decentralizzato, che si ricava anche dall’art. 267 TFUE (ex 234 TCE)58 e da altre disposizioni del Trattato59, attribuisce ai giudici nazionali lo status di giudici ordinari del diritto dell’UE con competenza generale60, chiamati ad assolvere un duplice ruolo (dédoublement

fonctionnel): quando si trovano di fronte una controversia disciplinata dal diritto

nazionale, essi continueranno a far parte dell’ordinamento nazionale; quando, invece, sono chiamati a statuire su fattispecie disciplinate dal diritto dell’UE, essi faranno parte, dal punto di vista funzionale, dell’ordinamento comunitario61.










56 Cfr. Causa 26/62, Van Gend en Loos/Administratie der Belastingen, del 5 febbraio1963, in

Racc., 1963, p. 24.

57 La Corte ha stabilito esplicitamente l’obbligo dei giudici nazionali di tutelare le posizioni

soggettive che derivano dal diritto comunitario nella sentenza Salgoil del 19 dicembre 1968, causa C- 13/68, in Racc., 1968, p. 615, con riguardo all’abolizione di restrizioni quantitative tra gli Stati.

58 Questa norma, nel prevedere la ben nota procedura di rinvio pregiudiziale dai giudici nazionali

alla Corte di giustizia, non si limita ad attribuire a quest’ultima una competenza di tipo radicalmente diverso rispetto alle altre previste dal Trattato, ma coinvolge i giudice nazionali nel controllo della conformità degli ordinamenti interni al diritto dell’UE. L’art. 267 TFUE, infatti, disciplina anche quella che possiamo chiamare la fase interna della procedura in questione, attribuendo alle giurisdizioni di uno Stato membro il potere o, a seconda dei casi, l’obbligo di sollevare dinanzi alla Corte di giustizia questioni di rilevanza comunitaria. Sul rinvio pregiudiziale si ritornare ampiamente nei capitoli successive, al momento sul punto si vedano, a titolo esemplificativo: L. DANIELE , Art. 234 TCE, in A.

TIZZANO, Trattati dell’Unione europea e della Comunità europea, cit., p. 1101 ss; R. CONTI, L’effettività del diritto comunitario e il ruolo del giudice, in Europa e diritto privato, (2) 2007, p. 479-520; IDEM, Il principio di effettività della tutela giurisdizionale ed il ruolo del giudice, in PD, (3) 2007, pp. 377-412; L.

DANIELE, Corte di giustizia delle Comunità europee, in Digesto discipline pubbliche, vol. IV, Torino,

1989, p. 229 ss.

59 Altre disposizioni del Trattato che si riferiscono direttamente o indirettamente ai processi da

svolgersi davanti ai giudici nazionali sono l’art. 274 TFUE (ex art. 240 TCE) e l’art. 299 TFUE (ex art. 256 TCE). L’art. 274 TFUE, in particolare, attiene alla definizione delle competenze dei giudici nazionali, stabilendo che tale competenza sussiste anche in relazione a giudizi in cui l’Unione sia parte in causa, «fatte salve le competenze attribuite alla Corte di giustizia dal presente Trattato». L’art. 299 TFUE, ultimo comma, invece, ripartisce la competenza tra Corte di giustizia e giudici nazionali, in merito all’esecuzione forzata delle decisioni del Consiglio o della Commissione, comportanti obblighi pecuniari. La sospensione dell’esecuzione forzata spetta alla prima, mentre ai secondi spetta il controllo della regolarità dei provvedimenti esecutivi.

60 Nel senso che i giudici nazionali sono competenti a conoscere e a determinare ogni

controversia che non è espressamente conferita alla CGE. Sul punto si veda: C.N. KAKOURIS,Do the member states possess judicial procedural “autonomy”?, cit., p. 1393.

61 Sul punto si veda: F. GRÉVISSE,J.C.BONICHOT,Les incidences du droit communautaire sur

Parte della dottrina, tuttavia, ha inteso precisare che l’espressione «giudice comunitario di diritto comune» non va intesa in maniera letterale, ma piuttosto simbolica; in effetti, quando il giudice nazionale conosce e applica il diritto dell'UE rimane un organo di uno Stato membro62 e non si trasforma in un organo comunitario

stricto sensu in seguito a un’operazione di dédoublement fonctionnel63. Più precisamente si potrebbe affermare che così come si ha un’inclusione dei sistemi giuridici nazionali nell’Unione europea lato sensu, allo stesso modo si ha un’inclusione diretta dei giudici nazionali, qua organi di uno Stato membro, nella funzione giudiziaria europea lato sensu; se si produce un «dédoublement», non si tratterebbe di un aumento di ruoli degli attori nazionali che, a secondo dei casi si toglierebbero il cappello nazionale per indossare quello comunitario stricto sensu, ma un “raddoppio” di funzioni e, nel caso di specie della funzione giudiziaria europea, che è esercitata a due livelli: a livello dell’Unione europea, dalla Corte di giustizia e dal Tribunale; e a livello degli Stati membri, da parte dei giudici nazionali.

La diversa ricostruzione del rilievo del momento procedurale nazionale nel contesto dell’UE, tuttavia, è accompagnata dal riconoscimento della competenza statale in materia procedurale in termini del tutto simili a quelli rilevati nel contesto della CEDU; negli stessi termini, infatti, a favore della competenza statale in materia depone il silenzio dei Trattati che, nell’attribuire alle giurisdizioni nazionali un così importante ruolo, nulla dicono sull’organizzazione, sulla gerarchia o sulla divisione di competenze tra le Corti nazionali. In particolare, all’interno dei Trattati non sembra possibile individuare una base giuridica su cui fondare un’eventuale competenza dell’Unione in









Mélanges en hommage de J. Boulouis, Paris, 1990, p. 310; in particolare, si parla di una dicotomia, di una

sorta di dualismo giurisdizionale nella persona dello stesso giudice, a seconda che egli operi a titolo nazionale o comunitario. Inoltre, sui limiti ed i vantaggi di un controllo centralizzato dell’osservanza del diritto dell’UE, che coinvolge i giudici nazionali, si veda: C.D. EHLERMANN, Ein Plädoyer für die dezentrale Anwendung des Gemeinschaftsreichs durch die Mitgliedstaaten, in Du Droit International au Droit de l'intégration. Liber amicorum P. Pescatore, Baden-Baden, 1987, p. 213.

62 Cfr. la sentenza Simmenthal, causa C-106/77, del 9 marzo 1978, in Racc, 1978, p. 629, punto

16.

63 In tal senso si ci pone in contrasto con il modello offerto dal «costituzionalismo multi-livello

europeo», che ha tra i suoi più noti sostenitori I. PERNICE, Multilevel constitutionalism and the treaty of Amsterdam: european constitution-making revisited?, cit.. Viceversa ci si pone in linea con le conclusioni

dell’avv. Léger nel caso Gerhard Köbler contro Repubblica d'Austria, Causa C-224/01, del 8 aprile 2003, dove appunto si afferma che «l’espressione giudice comunitario di diritto comune (...) non deve essere

intesa letteralmente, ma piuttosto in maniera simbolica. Infatti, allorché il giudice nazionale si occupa del diritto comunitario, lo fa come organo di uno Stato membro e non come organo comunitario in seguito a un'operazione di sdoppiamento funziona» (punto 66); in tal senso si esprimono anche: V.G.

ISAAC,M. BLANQUET, Droit général de l'Union européenne, Parigi, 2006, p. 316; K. CAUNES, Et la fonction exécutive européenne créa l’administration à son image, in RTDE, (2) 2007, pp. 297-346.

materia procedurale64, né ci sembra possibile sostenere che vi sia una competenza comunitaria implicita vera e propria65, cosicché, l’applicazione da parte delle corti nazionali delle proprie regole procedurali è sembrata una naturale conseguenza delle loro competenze. In tal senso, inoltre, si è costantemente pronunciata la Corte di giustiziache, fin dalla prima sentenza in cui ha affermato esplicitamente l’obbligo dei giudici nazionali di tutelare le posizioni soggettive che derivano dal diritto comunitario, ha stabilito la regola della competenza dello Stato sulle modalità processuali cui questo si deve attenere, affermando che «spetta all’ordinamento giuridico di ciascuno Stato

membro il designare la giurisdizione competente e, a tale effetto, il qualificare detti diritti in base ai criteri del diritto nazionale»66.

Nel sistema giuridico dell’Unione europea, tuttavia, la competenza statale a disciplinare i propri sistemi di garanzia non è stata ricondotta alla dottrina del margine d’apprezzamento nazionale, ma alla nozione di autonomia procedurale che, pur nella diversità d’indirizzi interpretativi, presenta sfumature e peculiarità proprie67.










64 Non esiste all’interno dei Trattati attualmente in vigore una base giuridica specifica in materia,

e non ci sembra che si possa fare riferimento a quelle basi giuridiche generiche che concernono il riavvicinamento delle legislazioni nazionali finalizzato all'instaurazione o al funzionamento del mercato comune. Se ad esse è stato possibile fare ricorso per l’adozione delle ben note direttive ricorsi in materia di appalti pubblici, un utilizzazione generalizzata di queste basi giuridiche ai fini di riavvicinamento delle norme nazionali è stata esclusa espressamente dalla giurisprudenza comunitaria (cfr. sentenza Germania

c. Parlamento e Consiglio, del 5 ottobre 2000, causa C-376/98, in Racc., 2000, p. I-419 ss., punto 83). In

dottrina, in tal senso si vedano: DIANA-URANIA GALETTA, L’autonomia procedurale degli Stati membri dell’Unione europea: Paradise Lost?. Studio sulla c.d. autonomia procedurale: ovvero sulla competenza procedurale funzionalizzata, Torino, 2009, p 12 ss; J. KOKOTT, Die Europäisierung der Verwaltungsgerichtsbarkeit, in Deutsche Verwaltung, 1998, p. 338 ss; G. GRECO, Illegittimità comunitaria e pari dignità degli ordinamenti, in RIDPComp., 2008 (2), p. 505 ss.

65 Non è possibile sostenere che vi sia una competenza implicita in materia di procedura, che

scaturirebbe dalle competenze attribuite dal Trattato all’Unione nei vari ambiti di diritto sostanziale, poiché una circostanza del genere è espressamente in contrasto con quanto affermato dalla Corte di giustizia circa la competenza procedurale degli Stati membri a partire dalla sentenza Lück del 1968 (cfr. sentenza del 4 aprile 1968, in causa C-34/67, in Racc., 1968, p. 326 ss). In dottrina, in tal senso si vedano: R. ALONSO GARCÌA, Sistema Jurídico de la Unión Europea, Cizur Menor, 2007, p 80 ss; DIANA-URANIA

GALETTA, L’autonomia procedurale degli Stati membri dell’Unione europea: Paradise Lost?. Studio sulla c.d. autonomia procedurale: ovvero sulla competenza procedurale funzionalizzata, cit., p 13 ss.

66 Cfr. sentenza Salgoil del 19 dicembre 1968, causa C-13/68, in Racc., 1968, p. 615.

67 Per una prima definizione della nozione di autonomia procedurale si vedano, a titolo

esemplificativo: S. VAN RAEPENBUSCH, Droit institutionnel de l’Union et des Communautés européennes, De Boeck Université, 1996, p. 343 ss.; J. RIDEAU,Droit institutionnel de l’Union et des Communautés européennes, 3a éd. LGDJ, 1999, p. 799 ss.; C.N. KAKOURIS, Do the member states possess judicial procedural “autonomy”, cit., p. 1394; S. PRECHAL, Community law in National courts: the lesson from Van Schijndel, in CMLR, 1998, p. 681 ss.; G.C. IGLESIAS, Sui limiti dell’autonomia

procedimentale e processuale degli Stati membri nell’applicazione del diritto comunitario, cit., p. 5 ss.; J.

MC KENDRICK, Modifying Procedural autonomy: Better Protection for Community Rights, in ERPL, (4)

2000, pp. 565-587; A. PERRIN, Droit européenne et droit communautaire: Que reste-t-il de l’autonomie procédurale des états membres?, cit., pp. 1660-1680; W. VAN GERVEN, Of Rights, remedies and procedures, in CMLR, 2000, p. 501 ss; P. GIRERD, Les principes d’équivalence et d’effectivité: encadrement ou désencadrement de l’autonomie procédurale des Etats membres?, cit., pp. 75-102; L.

Nell’indirizzo interpretativo tradizionale, più vicino alla dottrina del margine d’apprezzamento nazionale, l’autonomia procedurale nazionale è stata considerata come un aspetto dell’esecuzione decentralizzata del diritto dell’UE68, strettamente correlata al principio di sussidiarietà, tanto da essere stata definita «sussidiarietà procedurale»69; l’organizzazione delle corti nazionali e delle regole procedurali rimane una competenza essenziale degli Stati membri, mentre l’Unione provvede a fornire il quadro generale, all’interno del quale i sistemi nazionali operano. Mentre l’autonomia procedurale nazionale è la regola, il diritto dell’UE può prevedere solo delle eccezioni70.

Una lettura diametralmente opposta a quella appena richiamata, è stata fornita dal giudice della CGE Constantinos Kakouris; quest’ultimo, in particolare, ha sostenuto che, quando il giudice nazionale è chiamato ad applicare il diritto dell’UE, in assenza di norme comunitarie sulla procedura, le norme procedurali nazionali perdono il loro carattere nazionale e diventano norme «ancillari» di diritto dell’UE, e la loro funzione è quella di provvedere a un’effettiva applicazione delle previsioni sostanziali del diritto dell’UE; dato che il compito del giudice nazionale, in tale circostanza, è quello di garantire la piena e completa effettività del diritto dell’UE, non c’è un bilanciamento nei confronti di un principio di autonomia procedurale riconosciuto agli Stati membri. Kakouris, dunque, sostiene che l’autonomia procedurale degli Stati membri, in realtà, non esiste, ma che si tratti di una situazione in cui l’Unione non ha esercitato una propria competenza normativa71.

Un approccio simile a quello di Kakouris è stato sviluppato da John Delicostopoulos, secondo il quale «la tradizionale dicotomia autonomia procedurale

nazionale versus effettività del diritto dell’UE non riflette l’implicito corso dell’azione posta in essere dalla CGE»72; secondo Delicostopoulos, in particolare, la Corte di giustizia non muove da un bilanciamento tra l’autonomia procedurale degli Stati







 P. CASSIA, Effets de l’autonomie procédurale, in Europe -, 2006, p. 11 ss; I. CANOR, Harmonizing the European Community’s Standard of Judicial Review?, in EPL, 2001, p. 235 ss; E. CANNIZZARO, Sui

rapporti fra sistemi processuali nazionali e diritto dell’Unione europea, cit., pp. 447-467.

68 Cfr. R. IGLESIAS, Zu den Grenzen der verfahrensrechtlichen Autonomie der Mitgliedstaaten

bei der Anwendung des Gemeinschaftsrechts, in Eu.G.R.Z., 1997, p. 289 ss.

69 Cfr. J. GUILLARMOD, Autonomie procédurale des Etats (article 6, 13, 35 et 46 CEDH): de

l’apport possible de la jurisprudence de Luxembourg à celle de Strasbourg, cit., p. 622 ss; J. CAVALLINI,

Le juge national du provisoire face au droit communautaire, Bruxelles, 1995, p. 225 ss.

70 Cfr. M. ACCETTO, S. ZLEPTNIG, The principle of effectiveness: rethinking its role in

Community law, in EPL, (3) 2005, p. 395; P. GIRERD, Les principes d’équivalence et d’effectivité: encadrement ou désencadrement de l’autonomie procédurale des Etats membres?, cit., p. 75 ss.

71 Cfr. C.N.KAKOURIS, Do the member states possess judicial procedural “autonomy”, cit., p.

1394 ss.

72 Cfr. DELICOSTOPOULOS, Towards European Procedural Primacy in National Legal System”,

membri e i principi del diritto dell’UE, ma valuta il rapporto tra procedura e diritti nella prospettiva dell’effettiva applicazione di questi ultimi, sostenendo che la supremazia sostanziale dipende, essenzialmente, dalla procedura e pertanto il diritto sostanziale trasborda sulle norme procedurali; in questo modo, la supremazia del diritto dell’UE conduce a una supremazia procedurale73. Dunque, in contrasto con gli autori che parlano di bilanciamento tra la supremazia del diritto dell’UE e l’autonomia procedurale, Delicostopoulos configura la situazione in termini di relazione tra diritto sostanziale e diritto procedurale, collocati su piani differenti ma con la prevalenza del primo sul secondo74.

Un ulteriore approccio all’autonomia procedurale nazionale è stato fornito da Werner Schroeder, che prende le mosse da una prospettiva di gerarchia di norme e gerarchia di competenze75. Secondo questa prospettiva, l’autonomia procedurale nazionale non è un valido principio o valore che può giustificare l’applicazione di una norma procedurale nazionale in contrasto con il diritto dell’UE; il vero bilanciamento, secondo l’autore, avverrebbe tra l’effettività del diritto dell’UE e norme nazionali che ad ogni modo si basano o richiamano principi appartenenti anche all’ordinamento

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