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Autonomia tributaria territoriale e sovranità territoriale dello Stato

Nella trattazione che precede è stato dimostrato il motivo per cui si ritiene opportuno seguire la moderna teoria della territorialità che valorizza, nella determinazione del sistema tributario, sia gli aspetti idonei a evidenziare l'appartenenza dei soggetti a una certa comunità organizzata in vista del suo sostentamento sia la coerenza dei criteri di appartenenza complessivamente adottati in un dato ordinamento. La disciplina della territorialità, in quanto volta alla definizione di indici di appartenenza, deve quindi tenere presente la struttura specifica della collettività cui afferisce e al cui finanziamento è funzionale il prelievo del tributo, nonché la posizione all'interno della collettività medesima del soggetto chiamato alla contribuzione. Da altro punto di vista, sebbene collegato, il profilo territoriale risulta informato alla stessa ragione del tributo, concorrendo a definirne la struttura, dal momento che, lo si ripete, entrambi sono informati dalla necessità di garantire un corretto obbligo di riparto in vista della sopravvivenza della collettività.

Questi criteri, elaborati dalla dottrina per quanto riguarda l'autonomia dello Stato nei confronti degli altri ordinamenti in ambito internazionale, emergono con ancora maggiore evidenza nella disciplina dei tributi degli enti sub-statali, ove la coerenza con il complessivo sistema tributario nazionale e la necessità di evitare casi di doppia imposizione per quanto riguarda i presupposti impongono l'individuazione di criteri di appartenenza intrinsecamente coinvolti nella definizione del tributo. A tal fine è stato affermato che, nella scelta degli indici di capacità contributiva, gli enti impositori in materia di fiscalità infra statale sarebbero rigidamente vincolati a quelli tradizionalmente ritenuti espressivi di interessi specificatamente locali, quali quelli relativi a immobili, autoveicoli, godimento di beni e servizi pubblici locali.381 Alla luce di tale teoria, quindi, si può criticare l'esenzione italiana da imposizione

immobiliare per quanto riguarda l'abitazione principale, quale esempio evidente delle possibili contraddizioni insite nel sistema. Se, come si è affermato, la territorialità è limite all'individuazione dei soggetti tenuti alla contribuzione secondo ragionevoli criteri di appartenenza a una data collettività, l'aver esentato da imposizione proprio i titolari delle abitazioni principali, che più di tutti fruiscono di beni e servizi all'interno di un dato territorio, spezza il nesso virtuoso tra valutazione dell'allocazione delle spese pubbliche, consenso rappresentativo mediante il voto e assoggettamento a prelievo tributario. Tale esempio mostra

in modo lapalissiano come, per garantire la coerenza del sistema, sia necessario indagare le scelte impositive degli enti sub-statali sulla base dell'appartenenza del contribuente a una collettività territorialmente determinata, della cui esistenza il soggetto stesso deve avere cura per poter, a sua volta, veder realizzate le proprie esigenze politiche, sociali ed economiche. Si può quindi sostenere che proprio in ambito locale, anche in virtù di una più stretta correlazione tra prelievo tributario e fruizione del servizio o del bene pubblico secondo quello che è stato definito c.d. principio del beneficio, la determinazione del criterio di appartenenza del singolo e la sua modulazione all'interno di una data collettività per mezzo del filtro tributario assume un significato pregnante. In Italia, ma non solo, le funzioni amministrative sono svolte dal livello di governo più vicino ai cittadini salvo che, per assicurarne l'esercizio unitario o più efficiente, esse siano attribuite a livelli superiori. La Costituzione sceglie quindi di affidare la gestione della cosa pubblica primariamente agli Enti territoriali minori, che sono investiti del compito di prestare i servizi pubblici nei confronti dei cittadini. In tal modo il prelievo tributario a livello locale dovrebbe dimostrare la maggiore attenzione possibile ai criteri di appartenenza perché proprio in tale condizione assume maggiore significato la caratterizzazione del singolo all'interno della collettività.

Tuttavia proprio in tale ambito la teoria della territorialità quale limite allo sovranità, che si era rifiutata in nome di una interpretazione più consona alla stessa funzione tributario, riemerge con forza e in conseguenza all'attuale assetto costituzionale presente in Italia, ma anche negli altri ordinamenti analizzati. Nessuna Carta costituzionale infatti, come già affermato nell'analisi comparatistica svolta in precedenza, individua con la sufficiente precisione quali sono e come devono essere strutturati gli strumenti tributari propri degli enti sub-statali. In altre parole non esiste una norma di carattere supremo che impone un riparto ai vari livelli di governo, ma la decisione sul coordinamento del sistema tributario nel suo complesso e sulle varie tipologie di mezzi di finanziamento possibili a livello decentrato è lasciata alla discrezionalità del legislatore statale.

Secondo quanto affermato precedentemente, si deve ricordare che Belgio, Spagna e Italia rientrano nella categoria della finanza funzionale che è stata qualificata di tipo aperto. All'interno delle Costituzioni dei vari Stati si riscontrano solamente indicazioni di principio concernenti l'autonomia finanziaria e la perequazione, mentre si rinvia ad una legge dello Stato per quanto riguarda la determinazione in concreto del sistema tributario nel suo

complesso, intendendosi per tale sia quello proprio degli Stati sia quello degli enti sub-statali. Per quanto le Costituzioni inseriscano principi nel senso di una maggiore autonomia a Regioni, Comunità, Enti locali, il legislatore ordinario rimane l'organo che di fatto decide sulla concreta attuazione.

Nel senso da ultimo esposto pertanto riprende importanza il concetto della sovranità dello Stato in ambito territoriale: non tanto in senso formale come limite al potere di imposizione, quanto piuttosto come attributo dell'ente in grado di disciplinare pressoché integralmente il modello tributario sia proprio sia degli altri enti. Lo Stato quindi, con propria legge la quale a sua volta non si può negare essere espressione di sovranità, disciplina il concreto modo di essere delle autonomie nonché del loro rapporto reciproco e con il potere centrale.

Alla luce di questo si vuole sottolineare la contraddizione che si crea per la coesistenza, da un lato, della lettura che di autonomia si vuole dare per mezzo dell'interpretazione del principio di territorialità come più volte affermato, e, dall'altro lato, della consapevolezza che l'attuale assetto costituzionale dei vari Stati in analisi impone una permanente e permeante sovranità dello Stato centrale anche nell'ambito della fiscalità degli enti sub-statali. La funzione tributaria in sé ha condotto infatti a considerare rilevante la scelta dei criteri dell'appartenenza di un soggetto a una data collettività affinché la modulazione dei singoli istituti sia in grado di valorizzare il collegamento tra bisogni e aspettative di un certo soggetto con le scelte dell'ente preposto alla tutela di quella certa collettività. Si è osservato come proprio nella fiscalità dei livelli inferiori di governo il collegamento tra la soddisfazione di quei bisogni e di quelle aspettative e il prelievo tributario sia più immediato e necessiti la maggior attenzione. Tuttavia è stato dimostrato come, nel precipitato reale derivante dai vari assetti costituzionali, l'operatività della sovranità dello Stato centrale ha un'importanza di gran lunga maggiore rispetto alle regole che deriverebbero da una corretta applicazione del principio di territorialità così come più volte indicato. L'effettiva struttura del sistema tributario nel suo complesso e la definizione delle singole fattispecie sono determinate ad opera di una legge del livello centrale di governo, quale espressione della sovranità dello Stato. Le scelte operate in tal senso potrebbero astrattamente essere tali da consentire un sufficiente margine di autonomia in capo agli enti sub-statali, ma lo Stato, nelle varie esperienze nazionali in analisi, disegna un sistema tributario che nel complesso frustra le istanze autonomistiche che paiono consentite da una lettura consapevole delle Costituzioni. Queste ultime però, non indicando in modo autoritativo

il modello di riparto tributario e lasciando alla legge ordinaria la possibilità di scelta, non sono effettivamente in grado di condizionare lo Stato in tal senso. Si constata così che le premesse dogmatiche non coincidono con le concrete conseguenze istituzionali, dal momento che la teoria che consente di qualificare la territorialità come limite alla scelta dei soggetti che devono concorrere alle spese pubbliche mostra irrazionalità e incoerenze sia a livello interno, dove le concrete possibilità degli enti sub-statali sono di fatto inibite da forze centraliste, sia a livello europeo, dove gli spazi eventualmente lasciati nella disponibilità degli enti sono frustrati dalla presenza dell'ordinamento comunitario e in virtù di principi, quale la tutela del mercato interno, totalmente sconosciuti al modo di intendere la fiscalità da parte di quella dottrina.