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Ovviamente anche per l'Italia è utile indagare il modello di riparto delle Competenze scelto in Costituzione, tenendo presente che nel 2001 è stata approvata la Riforma del Titolo V della Costituzione che ha mutato la concezione stessa mediante la quale intendere i rapporti tra i vari livelli di governo. Pertanto è sulla base delle novità introdotte da quella legge che occorre oggi analizzare il modo in cui si esplica la struttura di finanza funzionale di tipo aperto.

Tra le principali innovazioni avanzate dalla novella, che disciplina l'assetto finanziario, fiscale e tributario italiano, vi è la modifica dell'articolo 114 della Costituzione, il quale ora afferma che la Repubblica, intesa quale Stato-ordinamento, è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato, inteso quale Stato-persona, e che tali enti si trovano in condizione di pariteticità reciproca: tra questi soggetti non si verifica alcun rapporto di gerarchia, ma risultano tutti egualmente fondanti la Repubblica. La versione precedente della norma non menzionava lo Stato, perché si dava per scontato che esso coincidesse con la Repubblica e che fosse in una posizione di preminenza rispetto agli altri enti territoriali.221 Attualmente invece la differenza tra Stato, Regioni, Province, Comuni e

Città metropolitane non consiste più nel livello istituzionale ove si posizionano, ma va ricercata dal punto di vista funzionale dal momento che essi hanno compiti diversi all’interno dell’ordinamento in una situazione di sostanziale parità.

Non si può tuttavia ignorare che gli Enti territoriali minori si differenziano sostanzialmente dallo Stato e dalle Regioni per la loro carenza di potestà legislativa. Il prelievo tributario infatti, per essere costituzionalmente legittimo, deve rispettare le disposizioni di cui agli articoli 53 e 23 della Carta fondamentale, concernenti, da un lato, i principi di capacità contributiva e di progressività e, dall’altro, il rispetto della riserva relativa di legge. Da quest’ultimo punto di vista appare d’immediata evidenza l’importanza della differenza tra

Stato e Regioni, da un lato, e gli altri enti sub-statali, dall'altro lato: solo i primi hanno la facoltà costituzionalmente ammessa di legiferare e, quindi, in campo tributario, di determinare gli elementi essenziali della fattispecie impositiva.

La consapevolezza che la Riforma del Titolo V ha costituzionalmente sancito l’equiordinazione tra gli enti costitutivi la Repubblica è un importante punto di partenza per l’osservazione dello sviluppo in senso federale del sistema finanziario e tributario. Le autonomie sono tutelate mediante propri statuti, poteri, funzioni e potestà regolamentari che devono essere esercitati ed emanati in funzione dell’organizzazione e dei compiti loro attribuiti.222 Si immagina un sistema nel quale a Città metropolitane, Comuni, Province,

Regioni e, perfino, Stato viene data, almeno teoricamente, la medesima importanza e per il quale, quindi, non potrebbe concepirsi una ripartizione delle risorse che comporti l’assorbimento del sistema finanziario locale da parte di quello centrale.223 Emerge la

necessità che, a fianco di un formale riconoscimento di parità degli enti costitutivi della Repubblica, vi sia un effettivo e corrispondente decentramento delle funzioni di entrata e di spesa: solo in questo modo l’autonomia di un soggetto istituzionale può dirsi compiuta e non solo auspicata, solo così, infatti, sarà possibile che quell’ente gestisca in modo indipendente dallo Stato centrale le risorse per lo svolgimento delle proprie funzioni nel modo più congeniale alla collettività e al territorio di riferimento.

Importante implementazione in senso federalista è stata data dalla riscrittura dell’articolo 117 della Carta fondamentale224 che, nel suo primo comma, equipara il legislatore statale a quello

regionale affermando che «la potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali». Successivamente viene enunciato il criterio di ripartizione delle materie oggetto di legiferazione mediante una tecnica speculare rispetto a quella vigente prima del 2001: si individuano così al secondo comma gli ambiti per cui lo Stato ha legislazione esclusiva, al terzo quelli per cui vi è legislazione concorrente e, infine al quarto comma, la clausola residuale relativa alle esclusive facoltà legislative regionali. Si ricava quindi un modello per cui, a prescindere dalle materie riservate allo Stato, la potestà generale

222 PEREZ 2003, p. 675.

223 TOSI-GIOVANARDI 2006, p. 2477. 224 TOSI-GIOVANARDI 2006, p. 2478.

sembra essere affidata alle Regioni, in un’ottica di decentramento legislativo. Degna di particolare attenzione è poi la legislazione concorrente, che risulta molto più estesa rispetto al passato,225 ove il compito di legiferare è assegnato alle Regioni le quali, a loro volta, devono

operare rispettando i principi fondamentali riservati alla determinazione statale.226 Inoltre il

sistema delineato dall’articolo 117 comporta l’apposizione dei limiti comunitari e internazionali immediatamente in capo alle Regioni indipendentemente dalla mediazione statale: se già prima delle Riforma era scontata la prevalenza del diritto sovranazionale su quello interno e locale, con la nuova disposizione si vuole rendere evidente la necessità che le Regioni ne tengano direttamente conto nelle proprie scelte legislative.227

Al nuovo modello di riparto della sovranità impositiva corrisponde una diversa distribuzione delle funzioni amministrative in capo ai vari enti che costituiscono la Repubblica: il nuovo articolo 118 della Costituzione prevede che esse «sono attribuite ai Comuni, salvo che, per assicurarne l’esercizio unitario, siano conferite a Province, Città metropolitane, Regioni e Stato, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza». Emerge in questo modo un ulteriore e fondamentale stimolo al federalismo: la risposta alle esigenze dei cittadini deve avvenire, ordinariamente, al livello di governo più vicino a loro. Solo qualora le dimensioni o le competenze dell’ente dovessero dimostrarsi inidonee a un corretto espletamento delle proprie funzioni amministrative, sarà necessario l’intervento di un livello di governo diverso in grado di offrire il giusto servizio alla collettività. In questo modo si è cercato un equilibrio tra le istanze di decentramento e la necessità di assicurare un valido correttivo qualora fosse doveroso un intervento alternativo.

L’articolo 118 prevede poi che gli Enti locali siano «titolari di funzioni amministrative proprie e di quelle conferite con legge statale o regionale, secondo le rispettive competenze»: la Costituzione individua così due gruppi distinti di compiti pubblici sia dal punto di vista della definizione che del funzionamento e ciò si riflette sulle fonti del loro finanziamento. In via generale le funzioni proprie degli enti sub-statali, in base all’autonomia finanziaria loro

225 PEREZ 2003, p. 663.

226 BUCCICO 2009, a p. 1307, afferma che «data la rilevanza delle materie rimesse alla competenza concorrente dall’art. 117, comma 3, è quanto mai necessario procedere alla determinazione dei principi fondamentali statali così da consentire che gli interventi dei legislatori regionali siano previamente, e coerentemente, riconducibili al quadro normativo di principio di fonte statale. La base legislativa sembra, così, nella fase di transizione, necessaria e non prescindibile».

riconosciuta, dovrebbero essere finanziate per mezzo di risorse proprie, secondo la corrispondente autonomia tributaria, ma anche per mezzo di compartecipazioni al gettito di tributi erariali riferibile al loro territorio e da parte di un fondo perequativo costituito per il finanziamento dei territori con minore capacità fiscale per abitante. Le funzioni ulteriori, che vengono attribuite con legge dai livelli di governo superiori, invece dovrebbero essere finanziate con interventi ad hoc da parte dell’ente attribuente,228 in modo da garantirne il

corretto adempimento senza una significativa incidenza sull’andamento ordinario dell’ente. Quanto detto assume ancora più pregnanza alla luce della considerazione per cui gli interventi solitamente attribuiti alle autonomie da parte degli enti di governo centrale sono rappresentati da funzioni molto gravose dal punto di vista economico, come ad esempio quelle relative ai trasporti, che per non pesare eccessivamente sui bilanci locali devono essere supportati da un contestuale e idoneo finanziamento.229 Dall’analisi delle disposizioni in esame è evidente la

crescita d’importanza degli enti sub-statali nell’esecuzione di quelle funzioni per cui è richiesto lo sforzo tributario: a una preminenza nello svolgimento delle attività amministrative, dovrebbe corrispondere una maggiore autonomia finanziaria, su cui, a sua volta, dovrebbe rispecchiarsi un’effettiva autonomia tributaria. Dovrebbe così crearsi un collegamento tra prelievo, imposto in ambito locale, e finanziamento delle funzioni pubbliche, offerti alla collettività di riferimento da parte delle amministrazioni.

La nuova versione dell’articolo 119 della Costituzione230 sottolinea un aspetto fondamentale:

le funzioni e le risorse sono fattori da considerare in stretta interconnessione perché senza risorse non si possono esercitare le funzioni amministrative e, dallo speculare punto di vista, l’esercizio delle funzioni ha come presupposto l’esistenza e la disponibilità delle risorse stesse.231 Queste ultime sono alimentate dal prelievo tributario e, nei casi previsti dalla legge, 228 PERRONE 2004, p. 1177.

229 PEREZ 2003, p. 676.

230 L’articolo 119 della Costituzione nella sua formulazione precedente assicurava sulla carta autonomia finanziaria alle Regioni mediante l’attribuzione di tributi propri e di quote del gettito proveniente dai tributi erariali; per provvedere a scopi determinati, quali la valorizzazione del Sud del Paese e delle Isole, erano investiti fondi speciali dello Stato. L’articolo 117 attribuiva poi alle Regioni le competenze legislative relative alle singole materie di interesse locale e l’articolo 118 conferiva loro funzioni amministrative inerenti al territorio nonché ne delegava delle ulteriori; BATISTONI FERRARA-BELLÉ 2009, p. 251.

231 PEREZ 2007, a p. 54, afferma che il primo comma dell’articolo 119 «descrive l’autonomia finanziaria degli enti ivi contemplati, come autonomia di entrata e di spesa (il testo del 1948 si riferiva solo all’autonomia finanziaria). E ci si può domandare in che cosa potrebbe consistere l’autonomia finanziaria, anche senza le specificazioni aggiunte nel 2001, se non fosse riferibile alle entrate e alle spese degli enti cui è riferita. D’altronde le Regioni sono state istituite per questo. Se non disponessero di autonomia finanziaria e se dipendessero dai trasferimenti statali per tutte le funzioni loro affidate, ci si potrebbe interrogare sul

dal fondo perequativo, mentre il ricorso all’indebitamento è consentito solo per gli investimenti. L’articolo 119, nel sancire il principio dell’autosufficienza finanziaria, dispone che le entrate ordinarie debbano costituire lo strumento per coprire, in modo integrale e indistinto, le funzioni dei diversi enti. Questa fondamentale relazione tra spese ed entrate si pone come base per le disposizioni costituzionali concernenti i rapporti finanziari tra i vari livelli di governo. La norma in analisi, nel disporre che le risorse consentono agli enti sub- statali di finanziare in modo integrale le funzioni pubbliche loro attribuite, non dovrebbe poter lasciare margini esposti a un’insufficiente copertura finanziaria: secondo la Costituzione l’adeguatezza del modello di prelievo è indispensabile per il sostentamento dei beni e dei servizi che devono essere garantiti ai cittadini. Quest’ultimo è l’obiettivo cardine di un ordinamento finanziario che, se correttamente inteso, non può essere considerato come fine a se stesso, ma deve rivolgersi verso la cura degli interessi ritenuti fondamentali per la collettività.

L’autonomia degli enti sub-statali non può quindi essere considerata indipendentemente dall’influenza reciproca che entrate e spese hanno tra loro e, insieme, sull’indipendenza politica e amministrativa degli enti decentrati rispetto allo Stato centrale. Da questo stretto legame emerge che il vincolo dell’integrale finanziamento presuppone: in primo luogo la concreta individuazione dei compiti propri e attribuiti all’ente, in secondo luogo la gradazione dell’esercizio delle funzioni da garantirsi alla collettività secondo un criterio di ragionevolezza e, infine, il computo dei costi delle funzioni così individuate. La differenziazione che potrebbe venire in questo modo a crearsi tra i vari territori nell’esercizio delle funzioni può ritenersi necessaria per dare effettività e consistenza a un sistema che dovrebbe sì essere fondato sul federalismo, ma che deve anche sempre regolarsi sul limite dell’unitarietà232 cui devono rivolgersi le scelte degli organi di governo sia centrale sia locale.

Occorre leggere l’articolo 119 della Carta fondamentale alla luce delle disposizioni precedenti, concernenti l’equiordinazione degli enti nella composizione della Repubblica di cui all'articolo 114 e la rinnovata suddivisione della potestà legislativa tra Stato e Regioni di cui all'articolo 117. Il dibattito dottrinario sull’effettiva portata innovatrice della Riforma del 2001 trova nella norma sull’autonomia finanziaria degli enti sub-statali la principale zona

significato della loro autonomia, ma, soprattutto, sull’utilità della loro previsione». 232 COCIANI 2011, pp. 60 e ss..

d’interesse. Accanto a chi vede nel rinnovato articolo 119 un forte mutamento di prospettiva in senso federalista,233 si trovano voci più caute che ammettono che la struttura concreta del

futuro modello finanziario e fiscale potrà giudicarsi solamente alla luce della legislazione ordinaria.234 Solo quest’ultima infatti, sarà in grado di rendere tangibile il sistema e potrà

valutarsi la capacità innovativa della Riforma. Chi al contrario si muove in una prospettiva meno diffidente rileva come, nell’ottica della parificazione istituzionale prevista dall’articolo 114, non sarebbero più possibili forme di finanziamento che si incentrino prevalentemente sui trasferimenti da parte del centro. Se a ciò si aggiunge la nuova rilevanza del legislatore regionale e l’affermato riconoscimento a livello costituzionale dell’autonomia tributaria di Regioni, Province, Comuni e Città metropolitane, questi autori prendono atto che la ripartizione delle forme del prelievo tributario tra i vari enti si mostra come una necessità istituzionale.235

Come anticipato si deve osservare come la Riforma del 2001 abbia invertito le modalità di attribuzione delle competenze tra Stato e Regioni all'interno della Costituzione. Oggi solo le materie espressamente indicate nell'articolo 117 sono attribuite allo Stato, mentre tutte le altre sono di competenza regionale. Si individuano poi, sempre all'articolo 117, materie di competenza concorrente per le quali lo Stato deve dettare i principi generali, mentre le Regioni hanno il compito di disciplinare la normativa di dettaglio. L'intenzione della novella dovrebbe essere nel senso di implementare l'attenzione e l'importanza delle autonomie rispetto allo Stato centrale. Tuttavia la qualità delle materie tassativamente elencate al comma secondo dell'articolo 117 e il funzionamento delle competenze concorrenti inficiano una reale preminenza dei livelli inferiori di governo rispetto a quello centrale. Come si vedrà, infatti, l'ambito tributario è uno degli ambiti ove tale contraddizione è più evidente: da un lato infatti si proclama costituzionalmente l'autonomia di entrata e di spesa degli enti sub-statali,

233 TOSI-GIOVANARDI 2006, a p. 2478, commenta che «non ci sembra […] che possano essere condivise le letture svalutative della portata autonomistica del nuovo art. 119 Cost.».

234 NIKIFARAVA 2004, a p. 957, afferma che «la formulazione generica dell’art. 119 Cost. rende evidente sia la necessità di un intervento attuativo da parte del legislatore statale, sia l’esistenza di un ampio spazio di manovra lasciato al legislatore ordinario nel configurare in concreto le caratteristiche dell’autonomia finanziaria delle Regioni e degli Enti locali. In attesa di questo intervento si pone il problema dell’applicazione dell’art. 119 Cost. a legislazione invariata, da cui deriva il ruolo fondamentale della Corte Costituzionale», mentre a p. 958 ribadisce che «da un primo esame dell’art. 119 Cost. si ricava l’impressione che la norma, pur enunciando gli aspetti fondamentali del nuovo assetto dell’autonomia finanziaria degli Enti territoriali, non sia della tipologia self executing: essa necessita, infatti, di un intervento legislativo per la sua piena attuazione».

dall'altro l'attribuzione della competenza tributaria è limitata nelle stesse premesse dettate dalla Carta fondamentale.