• Non ci sono risultati.

Il criterio del riparto di competenze e la crisi del concetto di autonomia

Fondamentale, per quanto attiene all'indagine propedeutica del termine autonomia nell'ottica dell'autonomia degli enti sub-statali, è comprendere che il sistema di coordinamento e condizionamento reciproco che caratterizza i rapporti negli ordinamenti istituzionalizzati si risolve nell'istituto peculiare della competenza. La rappresentazione giuridica dei fenomeni relativi al concetto di autonomia quindi passa necessariamente attraverso un'indagine che si concentra sul riparto di attribuzioni che presiede al meccanismo delle funzioni pubbliche e sulla natura che i relativi rapporti assumono nel sistema giuridico di riferimento.

Il principio del riparto di competenze è finalizzato a regolare la distribuzione di potere tra i diversi livelli di governo in base a una spartizione di materie ed è utilizzato nella divisione di funzioni tra le diverse articolazioni deputate all'esercizio dei poteri, riguardino l'ambito legislativo, esecutivo o giudiziario. Al tempo stesso poi, nell'esercizio delle funzioni legislative, la competenza stessa costituisce il criterio per risolvere i conflitti tra norme, poiché riconosce un principio generale in base al quale prevale la norma emanata dal soggetto dotato del potere di regolare una certa materia, indipendentemente dal valore della disposizione nella gerarchia delle fonti e dalla posizione dell'organo emanante. L'affermazione del principio di sussidiarietà, così come delineato nell'accezione sia nazionale sia europea, conduce poi inevitabilmente al riconoscimento di un riparto di potere che utilizzi il principio di competenza su base territoriale. Alla luce di questo sistema di valori la competenza, pertanto, costituisce il criterio fondamentale per la legittimazione all'esercizio del potere da parte degli enti sub-statali, il quale ha un ovvio limite implicito che è costituito dal principio di territorialità.347

È stato affermato che la caratterizzazione, in termini di competenza, delle relazioni tra i vari centri dell'azione pubblica esclude che la condizione degli enti sub-statali nei confronti dello Stato possa essere concepita dalla scienza giuridica in termini di autonomia, perché i rapporti di competenza sono in sé rapporti di esclusione e non di indipendenza più o meno relativa.

346GIANNINI 1959, pp. 356 e ss. 347MICELI 2014 a, pp. 61 e 62.

L'azione coordinata dei centri pubblici non vuole solo realizzare un ordinamento comune, ma anche e soprattutto richiede che le attività di ciascun livello di governo non interferiscano con quelle di un altro: si tratta pertanto di rapporti orientati all'azione, nella determinazione del sistema, ma anche all'astensione, nel momento in cui la suddivisione delle competenze attribuisce ad altri il potere di agire. In generale, infatti, in un rapporto ordinato secondo il criterio della competenza, la regola fondamentale è che laddove sia abilitato ad agire un certo ente, per ciò stesso non può agire un altro, quale che sia il coefficiente qualitativo e quantitativo delle rispettive attribuzione.348

Il sistema governato dal criterio della competenza invece pone lo Stato, come parallelamente l'Unione Europea se si offre uno sguardo più ampio, e gli altri enti su un piano di interdipendenza paritaria. In tale situazione il livello sovraordinato emerge come centro motore non perché gli enti gli siano assoggettati, ma perché governa il movimento di insieme con funzioni unificanti dalle quali gli altri enti sono esclusi.

Il problema relativo al concetto di autonomia non riguarda certo l'ambito di esclusiva attribuzione al potere statale bensì quello delle attribuzioni ripartite tra Stato e altri enti mediante il criterio della competenza, quale sistema che pone i vari centri istituzionali in alternativa funzionale sostituendo allo Stato gli enti di cosiddetta autonomia nei limiti costituzionalmente definiti in cui questi ultimi sono abilitati a operare. L'oggetto del discorso autonomistico è in ciò che suggerisce il riparto e il modo in cui esso si esprime nel concreto attivarsi delle istituzioni da esso impegnate; senonché, sul piano dell'analisi giuridica, non risulta altro che il contenuto specifico delle attribuzioni riconosciute e, quanto al loro esercizio, nient'altro che un rapporto di interdipendenza paritaria, intesa come esclusione e sostituzione reciproca. Posto dunque che le attribuzioni degli enti sono molteplici e che solo alcune denotano il carattere dell'autonomia, si deve riconoscere che la qualificazione in tal senso dei rapporti tra enti si fonda solamente sull'apprezzamento di talune di tali attribuzioni, 348In questa prospettiva non vi è modo di introdurre l'autonomia nella posizione dei cosiddetti enti autonomi rispetto allo Stato, non tanto perché il monopolio costituzionale e giurisdizionale statale smentisce ogni ipotesi di indipendenza, quanto perché all'interno dei limiti delle proprie competenze non c'è possibilità di graduazione della posizione dei diversi enti, alternando la sovranità dell'uno alla soggezione degli altri. Occorre comunque precisare che le relazioni reciproche tra diversi livelli di governo comportano libertà all'interno e vincolo all'esterno delle rispettive attribuzioni; ciò accade non solo per gli enti sub-statali ma anche per lo Stato stesso. Proprio in tal senso si afferma che, essendo comuni e reciproci sia la libertà nell'espletamento delle funzioni sia il vincolo di rimanere entro l'ambito delle stesse, il rapporto non si presta a essere rappresentato in termini di autonomia perché tale concetto, sottolineando l'indipendenza degli enti, sottrae lo Stato a qualsiasi tipo di dipendenza.

quali specificatamente il potere normativo e quello negoziale per i quali si verifica un'affrancamento degli enti rispetto allo Stato. Tale affrancamento però non è un dato giuridico ma solo un dato di valore circa le implicazioni metagiuridiche di certe attribuzioni. Pertanto si spiega perché, come precedentemente asserito, il concetto di autonomia non riesca ad assestare il proprio postulato su un termine che rinvii a un istituto giuridico determinato.349

Alla luce di quanto teoricamente affermato si comprende come sia importante delineare ciò che comunemente si caratterizza con il termine autonomia alla luce dell'operatività del criterio di competenza. Questo tanto più nell'ambito finanziario e tributario in quanto sia la Costituzione, non solo italiana, delinea un complesso sistema di relazioni imperniato sulle logiche del riparto delle competenze, sia l'ordinamento europeo, nelle sue relazioni con gli Stati membri, lo adotta come forma di coordinamento. L'effettiva realizzazione di un sistema, che si è soliti definire autonomistico, dipende quindi dalle premesse teoriche mediante le quali intendere il riparto di competenze tra i vai enti e, conseguentemente, della concreta applicazione del criterio nelle esperienze nazionali ed europee. Questo lo si può sostenere proprio perché sia gli ordinamenti nazionali che si è scelto di analizzare sia quello europeo sono condizionati al proprio interno da una delimitazione dei poteri pubblici ispirati al criterio di competenza.