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Territorialità, in senso materiale, come esclusione della possibilità d

assumere a presupposto di imposta fatti o situazioni che si verificano fuori dal territorio

In virtù delle limitazioni concettuali insite nell'interpretazione del principio di territorialità dal punto di vista meramente formale, sono state elaborate teorie che vedono nella nozione in analisi un limite di tipo materiale, riguardante cioè i contenuti che la legge tributaria può avere. La territorialità viene così considerata come limite riferito alle scelte che possono operarsi nella selezione dei presupposti del tributo. In tal modo si pone una questione che non è solo di legittimazione formale, bensì di merito, che si risolve in termini di ragionevolezza e congruità delle scelte stesse.

La tesi materiale è seguita dalla dottrina più recente, la quale individua il criterio di giudizio al quale devono essere informate le scelte dei presupposti nel collegamento del presupposto stesso al territorio.368 Da questo punto di vista la giustificazione di detta impostazione si trova

nel fatto che il collegamento è necessario in quanto solo la relazione tra presupposto e territorio potrebbe giustificare l'esercizio del potere impositivo concernente quel presupposto. A tal proposito, però, è stato contestato che così si pone a oggetto della norma tributaria un fatto, mentre, in realtà, il suo oggetto è il dovere contributivo, che è una condotta, rispetto alla quale i presupposti costituiscono il criterio di selezione dei soggetti e dei casi in cui il tributo è

368BAGGIO 2009, a pp. 15 e ss., afferma che «alla questione dell'esistenza di limiti al potere dello Stato di assumere a presupposto dei suoi tributi anche fattispecie che abbiano elementi di estraneità con il suo territorio, non si può non rispondere se non ricercando ed eventualmente individuando norme di diritto internazionale che impongano simili limiti. Infatti, il principio di territorialità nel contesto internazionale non deve ridursi ad un «problema» (riassumibile appunto nella domanda: esistono limiti alla potestà statale nello stabilire i presupposti impositivi?), ma va concettualizzato in una «norma», perché detto principio esiste solo se esprime una regola, una norma giuridica dell'ordinamento internazionale. Proseguendo in questa logica, è quasi naturale che l'attenzione si focalizzi su di un'altra norma di diritto internazionale generale, ormai comunemente riconosciuta, che è quella in base alla quale allo straniero non possono imporsi prestazioni o comportamenti che non si giustifichino con un «sufficiente attacco» dello straniero stesso (o dei suoi beni) alla comunità territoriale. Posto che non v'è ragione per non applicare questa norma alla materia fiscale, è possibile affermare che non potranno essere richieste allo straniero prestazioni tributarie che non siano giustificate dalla sua stabile presenza, dal compimento di attività, dal possesso o dalla produzione di beni o di redditi nel territorio dello Stato. Si badi che questa regola vale esclusivamente nei confronti dello straniero e non del cittadino, con la conseguenza che nei confronti di quest'ultimo lo Stato di appartenenza è libero di esercitare il potere impositivo senza incontrare alcun limite nell'ordinamento internazionale. Uno Stato dunque potrebbe, ad esempio, tassare i redditi prodotti all'estero da un suo cittadino, residente all'estero, senza che, per questo, detto Stato possa essere accusato di violare il diritto internazionale. In tale norma possiamo in effetti scorgere un principio definibile in termini di «territorialità», benché avente un contenuto diverso da quelli desumibili dal concetto di sovranità territoriale. Ferma restando questa differenziazione, non è improprio esprimere il principio di territorialità, in aggiunta agli altri significati […], come l'obbligo dello Stato di astenersi dal sottoporre a tassazione fattispecie riferibili ad uno straniero che siano prive di un sufficiente collegamento con il suo territorio.».

dovuto.

La tesi in esame è poi messa in discussione perché si è evidenziato che la possibilità di un collegamento tra presupposto e territorio è immaginabile solo quando si prendono in considerazione i fenomeni che si assumono derivati da una fonte, mentre così non potrebbe dirsi rispetto a quelle imposte che assumono a presupposto il reddito prodotto, ove qualsiasi modificazione patrimoniale è necessariamente mediata da un'attività.369 Tale critica ritiene che

sia impossibile concepire il luogo di realizzazione del presupposto come entità individuabile in modo univoco e oggettivamente, se non facendo riferimento a criteri ulteriori oltre a quelli fisici e spaziali.370 Il fatto che una fattispecie sia da ritenere come estera non è da considerare

quindi un dato preesistente alla norma, mentre si deve affermare che è la norma stessa che

369FEDELE 2011, a p. 541, afferma che «come si può agevolmente desumere dalla disciplina “sostanziale” dei relativi rapporti giuridici, l'incremento patrimoniale nel quale si sostanzia il reddito deriva sempre da scelte volontarie e consapevoli del soggetto che lo produce, quindi da atti ed attività preordinati a tale risultato. Ed è appunto a questa accezione del “produrre”, incentrata sull'agire consapevolmente preordinato del soggetto, che deve essere ricondotto il significato stesso della nozione “reddito prodotto”.».

370FRANSONI 2012, pp. 325 e ss.; FRANSONI 2004, critica la teoria della territorialità come limite materiale all'individuazione dei presupposti in collegamento con un dato territorio affermando, a pp. 166 e ss., «come possano dirsi esistenti molteplici ragioni per le quali siffatta ulteriore specificazione appare insoddisfacente e tale da non poter essere proficuamente adottata. Innanzitutto, può seriamente dubitarsi circa la correttezza dell'affermazione per cui la fattispecie rappresenti il contenuto della norma in generale e di quella tributaria in particolare. Ma, anche prescindendo da questa immediata obiezione, sembra risolutiva la considerazione – già svolta svolta con riguardo al diritto internazionale privato – per cui la stessa qualificazione dell'intera fattispecie o dei suoi singoli profili come “estranei” non può essere configurata come limite alla norma se non assumendo – contrariamente all'opinione dell'unanime dottrina – che tale carattere possa essere desunto da criteri esterni all'ordinamento stesso. In tutti gli altri casi, in effetti, o l'estraneità risulta essere il riflesso di una qualificazione normativa “interna”, ed allora dipende da una valutazione già esistente nell'ordinamento il quale, in funzione di essa, si “autolimita”; oppure è soltanto un elemento metagiuridico. Se, ad esempio, si considerano le ipotesi usualmente richiamate per illustrare le situazioni in cui sarebbero esistenti tali “caratteri di estraneità” l'alternativa prima delineata dovrebbe risultare del tutto chiara. Si pensi al caso dell'imposta di successione. Se il presupposto è l'arricchimento derivante dall'acquisto di diritti mortis causa, non c'è, in sé, alcun motivo per dire che la fattispecie presenta caratteri di estraneità se l'erede “esiste” in Italia e il de cuius o i diritti oggetto di trasferimento all'estero. Basterebbe escludere dalla definizione della fattispecie qualsiasi riferimento al luogo di “esistenza” del soggetto la cui successione determina l'acquisto dei diritti ed il conseguente arricchimento del soggetto passivo, per escludere qualunque rilevanza ai cc.dd. elementi di “estraneità”. Detto altrimenti, si può parlare di alcunché di “estraneo” solo perché è la definizione stessa della fattispecie che attribuisce rilevanza ad alcuni elementi quali il luogo di “esistenza” del de cuius ovvero dei diritti oggetto della delazione ereditaria. D'altro canto, appare altresì evidente la relatività stessa del concetto da ultimo menzionato. Infatti, in mancanza di un riferimento normativo, risulta impossibile stabilire quando si abbia quella che è stata genericamente definita, nell'ambito dell'esempio fatto, “esistenza” del de cuius o dei diritti all'estero, risolvendosi anche questa condizione in una qualificazione normativa consistente nella selezione di una fra le molteplici possibili relazioni fra un soggetto (e/o un diritto) ed un territorio: il soggetto potrebbe essere “estero” perché ivi domiciliato o residente o deceduto, ecc.; così come i diritti reali potrebbero essere considerati “esteri” perché relativi a beni ivi “situati” (ed anche tale nozione, specie ove riferita a beni mobili è l'effetto di una qualificazione normativa), ovvero perché il dante causa era, a sua volta, “estero” secondo uno dei molteplici criteri prima indicati, ovvero ancora perché il titolo d'acquisto è regolato dalla legge estera, ecc. Per i diritti di credito, poi, i criteri di “localizzazione” appaiono essere ancora maggiori.».

deve determinare la qualificazione di un fatto come estraneo. Così argomentando risulta logicamente impossibile attribuire alla fattispecie la natura di limite rispetto a quanto ne costituisce in realtà l'antecedente.371

Nonostante la teoria in analisi possa dirsi più aderente a un moderno concetto di intendere la territorialità in campo tributario e benché essa si adegui meglio delle precedenti al concetto di autonomia degli enti sub-statali, non è possibile sposare totalmente le posizioni che emergono. Da un lato infatti le critiche citate mettono in evidenza molteplici aspetti problematici. Dall'altro lato, sebbene il legame tra presupposto impositivo e territorio dell'ente possa essere un dato significativo nella valutazione dell'autonomia degli enti sub-statali, si deve riconoscere che detta teoria tralascia di prendere in debita considerazione la funzione del tributo quale obbligo di riparto.

L'interpretazione del principio di territorialità da un punto di vista materiale deve così cercare altri contenuti, quali l'individuazione dei criteri per la selezione delle norme che, anche se sono in teoria passibili di interferire con altri ordinamenti, sono rivolte alla realizzazione di interessi correlati all'ordinamento cui si riferiscono; per quanto riguarda in particolare il diritto tributario, la specificazione del limite deve assumere quale punto di partenza il complesso dei valori e dei principi propri dell'ordinamento interno. Ci si deve così chiedere qual è l'interesse alla cui realizzazione è funzionalmente orientata la norma tributaria, in generale, nell'ordinamento di appartenenza, per poi comprendere quali sono i limiti interni relativi alla soddisfazione dell'interesse medesimo.372 In tal senso assume particolare rilevanza

quell'interpretazione del principio di territorialità, di seguito esposta, che individua il limite nell'individuazione dei soggetti obbligati alla contribuzione in virtù del finanziamento delle spese pubbliche, così come genericamente richiesto dall'ordinamento interno e dalla Costituzione italiana.