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Per gli Stati Uniti il 2008 fu anno di elezioni presidenziali. Che cosa lasciava in eredità Bush per quanto riguarda la politica verso il Medio Oriente, in particolare l’Iran? Nonostante i successi diplomatici iniziali, come l’appoggio iraniano dopo l’11 settembre, che facevano ipotizzare un tanto atteso riavvicinamento tra i due paesi, con il passare del tempo, e soprattutto la presa di potere di Ahmadinejad, i rapporti si incrinarono di nuovo a causa dell’opposizione iraniana a qualsiasi richiesta internazionale. La questione nucleare era diventata il problema maggiore, non solo americano, ma di tutta la comunità internazionale. In aggiunta, il continuo supporto al terrorismo e le parole minacciose di Ahmadinejad contro Israele delineavano una politica aggressiva e diretta a prendere il controllo in Medio Oriente. E proprio la paura che l’Iran volesse

287 David Albright, Jacqueline Shire, Paul Brannan, “The IAEA report on Iran”, Insitute for Science and International Security, September 15, 2008, http://www.isis-

online.org/publications/iran/ISIS_Report_Iran_15September2008.pdf 288

Jason Starr, “The Iran Primer”, op.cit, p.121. ; UN official website,

133 diventare la nazione guida per i vicini arabi, costituiva un pericolo per gli Stati Uniti, soprattutto per gli interessi economici289. Fu per queste ragioni che negli ultimi anni di amministrazione Bush, la politica americana divenne meno conciliante e caratterizzata da sanzioni governative proprie e sanzioni internazionali attuate attraverso le Nazioni Unite. La volontà era quella di isolare Teheran politicamente, danneggiarlo economicamente e contemporaneamente finanziare i vicini arabi per mantenerli alla larga dall’influenza iraniana. Una nuova politica di contenimento quindi. Il costo di questo contenimento però stava diventando troppo alto e arrivati a questo punto c’era bisogno cambiare il sistema di sicurezza regionale in Medio Oriente290. Gli Stati Uniti dovevano incentivare l’Iran a rivalutare la sua strategia nei loro confronti.

L’occasione per migliorare le relazioni tra i due paesi si manifestò quando il 4 novembre 2008, Barack Obama, candidato democratico, vinse le elezioni presidenziali americane. L’elezione di Obama dette speranza a quanti avrebbero voluto un cambiamento di rotta nella politica estera americana nei confronti di Teheran.

Il 6 novembre il Presidente iraniano inviò una lettera al neo-presidente americano congratulandosi per la sua vittoria. Nella lettera Ahmadinejad, oltre a complimentarsi, spiegava come la politica degli Stati Uniti fino a quel momento fosse stata “propaganda di guerra”, occupazione, discriminazione e comportamento fazioso. Da ora in avanti però, poteva riaccendersi una speranza di pace e di giustizia291. Il 10 febbraio 2009 Ahmadinejad inoltre, in occasione del trentesimo anniversario della rivoluzione islamica, prometteva che se gli Stati Uniti erano veramente intenzionati a cambiare le relazioni tra i

289

Nasr Vali and Takeyh Ray, “The costs of containing Iran”, Foreign Affairs, Jan/Feb 2008, Vol.87, pp.85- 94

290 Ibid. 291

“ Ahmadinejad Congratulates Obama”, Worldnetdaily, November 6, 2008,

http://www.wnd.com/2008/11/80299/; Semira N. Nikou, “the Iran Primer”, op.cit., p.236; “Ahmadinjead Letter’s Congratulating”, November 10, 2008,

134 due paesi, dato che un serio cambiamento era fondamentale, Teheran sarebbe stata pronta a iniziare un riavvicinamento basato sul rispetto reciproco292.

“... There will be many issues to discuss between our two countries, and we are

willing to move forward without preconditions on the basis of mutual respect...”293

La frase è tratta dal celebre discorso “A New Beginning”, fatto all’Università Al- Azhar del Cairo da parte del Presidente Obama, 5 mesi dopo il suo insediamento alla Casa Bianca. Questo discorso poneva le basi per un nuovo corso della politica estera americana nei confronti del Medio Oriente, e onorava la promessa fatta durante la campagna elettorale294.

Ma qual’era il programma per l’Iran?

Obama non intendeva invertire completamente la politica estera portata avanti dal suo predecessore Bush nei suoi due mandati alla Casa Bianca, che aveva portato all’adozione di una serie di sanzioni, americane e internazionali, rivolte al regime iraniano. Obama, in verità, condivideva alcuni dei presupposti che avevano animato la politica dell’amministrazione repubblicana, soprattutto il tema del nucleare. Il neopresidente, infatti, era completamente contro ogni tipo di “militarizzazione” del programma nucleare iraniano e ribadì più volte che avrebbe fatto qualsiasi cosa in suo potere per impedire all’Iran di acquisire la bomba295.

Tuttavia, prima come candidato poi come presidente, Obama prese le distanze dal suo predecessore, e dallo sfidante in campagna elettorale McCain, sul metodo di perseguimento degli obiettivi di politica estera. Il neopresidente americano infatti, sottolineava l’importanza di intraprendere colloqui diretti con

292

Nazila Fathi, “Iran offers Dialogue with Respect with U.S.”, February 10, 2009, The New York Times, http://www.nytimes.com/2009/02/11/world/middleeast/11iran.html?pagewanted=all

293

The President’s Speech in Cairo: A New Beginning”, The White House, June 5, 2009,

http://www.whitehouse.gov/video/President-Obama-Speaks-to-the-Muslim-World-from-Cairo-Egypt/ 294

Ibid.

295 Claudia Castigioni,“Obama’s Policy Towards Iran: Comparing First and Second Term”, Istituto per gli Studi di Politica Internazionale, dicembre 2013,

135 la leadership di Teheran. In campagna elettorale parlava di “Aggressive

Personal Diplomacy”296.

Obama dichiarò a più riprese la sua volontà di effettuare un serio sforzo diplomatico in grado di cambiare l’opinione pubblica mondiale in merito all’approccio americano verso l’Iran e di rafforzare la posizione degli Stati Uniti e la sua credibilità nella regione. L’obiettivo finale era, da un lato, applicare al caso iraniano la logica della “Diplomacy First”, che aveva cercato di trasmettere durante la sua campagna elettorale come uno dei pilastri della nuova politica estera. Dall’altra parte, Obama voleva invertire la tendenza di rifiuto del dialogo come forma di punizione nei confronti dei regimi ostili attuata dalla precedente amministrazione, respingendo la linea dura di Bush di limitare i contatti con Teheran come forma di pressione sul regime iraniano. Alla combinazione di diplomazia e sanzioni, propria di Bush, Obama voleva porre maggiormente l’accento sulla prima297.

Tuttavia, al momento del discorso di Obama al Cairo, l’amministrazione aveva già dato segni di ciò che significava l’impegno per il cambiamento. Nel marzo 2009 in occasione delle celebrazioni di Nowruz, il capodanno persiano, Obama inviò un video messaggio alla popolazione iraniana nel quale offriva la promessa di un nuovo inizio. Il Presidente affermò con forza che gli Stati Uniti volevano che l’Iran prendesse il giusto posto nella comunità internazionale, un luogo che non poteva essere raggiunto con le armi o il terrore, ma piuttosto attraverso azioni pacifiche che avrebbero dimostrato la grandezza delle persone e della civiltà persiana298.

Pochi giorni dopo, per confermare il gesto del Presidente, il segretario di Stato Hillary Clinton invitò l’Iran alla conferenza all’Aia sull’Afghanistan. La scelta non fu casuale: fin dai primi anni del Duemila, l’Afghanistan aveva rappresentato

296

Michael R. Gordon, “Obama Pledges ‘Aggressive’ Iran Diplomacy”, The New York Times, November 2, 2007, http://www.nytimes.com/2007/11/02/us/politics/01cnd-obama.html

297

Claudia Castigioni,“Obama’s Policy Towards Iran”, op.cit.,

http://www.ispionline.it/sites/default/files/pubblicazioni/analysis_220_2013.pdf 298

“President Obama’s Nowruz Message”, The White House, March 20, 2011,

136 uno degli temi dove gli interessi americani e iraniani avevano converso maggiormente. Nonostante i cambiamenti avvenuti da allora, soprattutto per la nascita della controversia nucleare, il dossier afgano aveva continuato a costituire un buon quadro di riferimento per ogni tentativo di contatto tra Washington e Teheran. Ed è proprio in questo contesto che si colloca il discorso del Cairo e l’imponente campagna diplomatica di Obama in Medio Oriente. Proprio per il fatto che la questione nucleare aveva costituito il maggior ostacolo nelle relazioni tra i due paesi, ogni rivalutazione della politica estera dei due paesi doveva ripartire proprio da una risoluzione della controversia nucleare299.

Quando Obama entrò in carica, la crisi sul programma nucleare iraniano era entrata in una fase estremamente difficile. Dopo il rifiuto a negoziare dell’Iran ai colloqui internazionali di un anno prima a cui aveva partecipato anche l’America con William Burns, il Congresso iniziò a fare pressioni alla Casa Bianca nel tentativo di aumentare le sanzioni già esistenti contro Teheran. Dato questo contesto, gli sforzi di Obama si concentravano non solo sul coinvolgimento di Teheran, ma anche nel tentare di convincere il Congresso a non adottare ulteriori sanzioni prima che ogni sforzo diplomatico fallisse.

La centralità della questione nucleare nell’azione diplomatica ingaggiata dagli Stati Uniti fu confermata nella revisione della politica estera effettuata dal Dipartimento di Stato nell’aprile 2009 sotto la direzione di Dennis Ross, inviato speciale di Hillary Clinton per il Medio Oriente. La revisione venne effettuata su iniziativa di Obama al fine di elaborare la strategia migliore per attuare la sua promessa di diplomazia riguardo l’Iran. Venne ratificata alla fine una strategia chiamata “Hybrid Option” , basata sulla combinazione di un pacchetto di sanzioni, compresi incentivi per Russia e Cina a sostenerle, a fianco dell’obiettivo primario di risolvere la controversia diplomaticamente300.

Purtroppo fin da subito si rivelò un piano non facile da seguire, non solo per le difficoltà nazionali e internazionali, ma anche per il cattivo tempismo. Infatti,

299 Claudia Castigioni,“Obama’s Policy Towards Iran”, op.cit.,

http://www.ispionline.it/sites/default/files/pubblicazioni/analysis_220_2013.pdf 300

137 meno di una settimana dopo il discorso di Obama al Cairo, si svolgevano in Iran le elezioni presidenziali. La schiacciante vittoria del Presidente in carica, l’ultra- conservatore Mahmud Ahmadinejad, e le diffuse accuse di irregolarità del voto portarono allo scoppio di una protesta popolare in tutto il paese, violentemente repressa dalla polizia. L’emergente Iranian Green Movement e la richiesta della popolazione di più diritti e democrazia, costringevano Washington a prendere una posizione riguardo una situazione delicata. Nonostante la decisione iniziale dell’amministrazione di trattenersi da qualsiasi commento per evitare eventuali accuse di influenza straniera sulle forze filo democratiche iraniane Obama, a causa del peggiorare della situazione, infine denunciò la dura repressione e la violazione dei diritti umani301.

Tuttavia la priorità data ai negoziati per risolvere la controversia nucleare, limitò i toni della denuncia da parte di Obama.

Sul fronte interno americano la vicenda elettorale iraniana e il contesto che si creò dette agio agli oppositori politici del Presidente di sottolineare i limiti della sua strategia e fornirono un notevole impulso per rivedere la possibilità di eventuali sanzioni da parte del Congresso nei confronti di Teheran302.

I limiti della strategia americana divennero chiari quando l’amministrazione cercò di mettere in pratica uno dei punti chiave della sua strategia, e cioè “Diplomacy without Preconditions”. Nell’ottobre 2009 ebbe luogo a Ginevra un nuovo round di negoziati, il primo da quando era in carica Obama. I colloqui portarono a un accordo preliminare nel quale l’Iran si impegnava ad aprire all’ispezione internazionale il nuovo impianto di arricchimento dell’uranio di Qom303 e a inviare la maggior parte dell’uranio arricchito dichiarato in Russia, in 301 Ibid. 302 Ibid. 303

Il 25 settembre 2009, Obama, Sarkozy e Gordon Brown nella conferenza stampa durante il summit G20 a Pittsburgh, rivelarono che l’Iran aveva tenuto nascosto un nuovo impianto vicino Qom.

Ahmadinejad si difese dicendo che aveva avvertito del nuovo impianto il presidente della IAEA 4 giorni prima attraverso una lettera; Semira N.Nikou, Timeline of Iran’s Nuclear Activities, “The Iran Primer”,

op.cit., p.247; Karen de Young, Michael D. Shear, “U.S., Allies says that Iran has secret Nuclear Facility”,

The Washington Post, September 25, 2009, http://www.washingtonpost.com/wp- dyn/content/article/2009/09/25/AR2009092500289.html;

138 cambio di una fornitura per il reattore di ricerca di Teheran. L’amministrazione statunitense considerò i colloqui “costruttivi” e le parti in gioco convennero di riunirsi due settimane dopo a Vienna per formalizzare l’accordo304.

L’ottimismo sollevato dai colloqui di Ginevra fu di breve durata. In occasione dell’incontro di due settimane dopo a Vienna, con la presenza anche di rappresentanti della IAEA, Francia, Stati Uniti e Russia, firmarono la bozza del documento. Gli iraniani però, misero in discussione la proposta, lamentando una carenza di garanzie da parte del P5+1305. La verità era che il fronte interno iraniano era contro la decisione di un accordo di questo tipo. Sul fronte interno americano, invece, questa fu l’occasione per coloro che erano schierati contro la strategia di Obama, che iniziarono a fare pressioni per intraprendere la strada delle sanzioni. Washington, infatti, dette un ultimatum a Teheran, che provocò un’accelerazione del collasso dei negoziati.

Nel febbraio 2010 il Presidente Ahmadinejad annunciò che l’Iran aveva prodotto il 20% di uranio arricchito. Questa notizia segnò la fine dei negoziati e spianò la strada alla Risoluzione 1929 del Consiglio di Sicurezza dell’Onu che impose il quarto round di sanzioni finanziarie ed economiche e l’embargo sulla vendita delle armi all’Iran306. La Risoluzione segnò il punto di cambiamento dell’attitudine americana nei confronti dell’Iran. Di qui a poco ulteriori sanzioni

304

Steven Erlanger, “Iran Agrees to Send Enriched Uranium to Russia”, The New York Times, October 1, 2009, http://www.nytimes.com/2009/10/02/world/middleeast/02nuke.html?pagewanted=all&_r=0; Semira N.Nikou, Timeline of Iran’s Nuclear Activities, “The Iran Primer”, op.cit., p.248

305

David E. Sanger, “Iran Threatens to Back Out of a Deal on Nuclear Fuel”, The New York Times, October 19, 2009, http://www.nytimes.com/2009/10/20/world/middleeast/20nuke.html?_r=0; “Iran

nuclear talks reach draft deal to export enriched uranium”, The Guardian, October 21, 2009,

http://www.theguardian.com/world/2009/oct/21/iran-nuclear-talks-vienna; Semira N.Nikou, Timeline of Iran’s Nuclear Activities, “The Iran Primer”, op.cit., p.247

306 UN official website,

http://www.un.org/en/ga/search/view_doc.asp?symbol=S/RES/1929%282010%29; Jason Starr, The U.N. Resolutions, “The Iran Primer”, op.cit., p.121

sarebbero state intraprese. La politica della “ punto, non aveva raggiunto i risultati sperati

Box 1: Come Funziona un Programma Nucleare? A che punto è in

di produrre un ordigno atomico. Questo processo ha diverse fasi; se ci si ferma a uno stadio iniziale, l’uranio può servire per produrre energia o per scopi medici. Proseguendo l’arricchimento, si ottiene materiale per una testata nucleare.

“Arricchimento” è un termine fuorviante. All’uranio non si aggiunge nulla ma si separano le particelle inutili da quelle preziose. Dalle miniere esce uranio che viene lavorato e trasformato in un gas, l'esafluoruro di uranio (UF6). Il quale contiene semplificare - due tipi di isotopi: l’inutile U

particella che bisogna prediligere per ottenere energia o bombe. Solo che l’U rappresenta solo lo 0,7% del gas,

Dopodiché l’uranio viene fatto turbinare nelle centrifughe. L’arricchimento fino al 20% è utilizzato per scopi di ricerca, soprattutto medici. Se si procede oltr

è detto che l’intento sia produrre un ordigno. Una volta arrivati al 90% però non ci sono dubbi che l’obiettivo sia la bomba

I siti più importanti sono: Natanz, Fordow, Bushehr, Gachin, Esfahan, Parchin e Arak. Natanz è il principale centro di arricchimento e attualmente con la tecnologia che utilizza può arricchire uranio ben al di sopra del 20%, vicino alla soglia militare. Anche Fordow, situato vicino alla città di Qom, è un importante centro e nel 2012 è iniziato

307

Claudia Castiglioni, “Obama’s

http://www.ispionline.it/sites/default/files/pubblicazioni/analysis_220_2013.pdf

sarebbero state intraprese. La politica della “diplomazia prima”, arrivati a questo punto, non aveva raggiunto i risultati sperati307.

Box 1: Come Funziona un Programma Nucleare? A che punto è in

Le preoccupazioni

programma ruotano

lavorazione di uno dei minerali con cui si può

costruire la Bomba:

l’uranio. La grande

ambiguità si gioca sul fatto

che l’arricchimento di

questo materiale non

prevede per forza

di produrre un ordigno atomico. Questo processo ha diverse fasi; se ci si ferma a uno stadio iniziale, l’uranio può servire per produrre energia o per scopi medici. Proseguendo l’arricchimento, si ottiene materiale per una testata nucleare.

cchimento” è un termine fuorviante. All’uranio non si aggiunge nulla ma si separano le particelle inutili da quelle preziose. Dalle miniere esce uranio che viene lavorato e trasformato in un gas, l'esafluoruro di uranio (UF6). Il quale contiene

due tipi di isotopi: l’inutile U-238 e il prezioso U-235. È la seconda particella che bisogna prediligere per ottenere energia o bombe. Solo che l’U rappresenta solo lo 0,7% del gas, 7 ogni 1000 atomi di uranio.

Dopodiché l’uranio viene fatto turbinare nelle centrifughe. L’arricchimento fino al 20% è utilizzato per scopi di ricerca, soprattutto medici. Se si procede oltre questa so

produrre un ordigno. Una volta arrivati al 90% però non ci sono dubbi che l’obiettivo sia la bomba.

I siti più importanti sono: Natanz, Fordow, Bushehr, Gachin, Esfahan, Parchin e Arak. entro di arricchimento e attualmente con la tecnologia che utilizza può arricchire uranio ben al di sopra del 20%, vicino alla soglia militare. Anche Fordow, situato vicino alla città di Qom, è un importante centro e nel 2012 è iniziato

, “Obama’s Policy Towards Iran”, op.cit.,

http://www.ispionline.it/sites/default/files/pubblicazioni/analysis_220_2013.pdf 139 ”, arrivati a questo Iran? preoccupazioni sul programma iraniano attorno alla

lavorazione di uno dei minerali con cui si può

costruire la Bomba:

l’uranio. La grande

ambiguità si gioca sul fatto

che l’arricchimento di

questo materiale non

prevede per forza l’intento di produrre un ordigno atomico. Questo processo ha diverse fasi; se ci si ferma a uno stadio iniziale, l’uranio può servire per produrre energia o per scopi medici. Proseguendo l’arricchimento, si ottiene materiale per una testata nucleare.

cchimento” è un termine fuorviante. All’uranio non si aggiunge nulla ma si separano le particelle inutili da quelle preziose. Dalle miniere esce uranio che viene lavorato e trasformato in un gas, l'esafluoruro di uranio (UF6). Il quale contiene - per 235. È la seconda particella che bisogna prediligere per ottenere energia o bombe. Solo che l’U-235

Dopodiché l’uranio viene fatto turbinare nelle centrifughe. L’arricchimento fino al 20% è e questa soglia non produrre un ordigno. Una volta arrivati al 90% però non ci sono

I siti più importanti sono: Natanz, Fordow, Bushehr, Gachin, Esfahan, Parchin e Arak. entro di arricchimento e attualmente con la tecnologia che utilizza può arricchire uranio ben al di sopra del 20%, vicino alla soglia militare. Anche Fordow, situato vicino alla città di Qom, è un importante centro e nel 2012 è iniziato

IAEA del 2013.

Un indicatore chiave è quello delle centrifughe. L’Iran ne sta aumentando il numero e la qualità. Basti pensare che Natanz dovrebbe nel futuro prossimo arrivare a contenere 25.000 centrifughe, 4.000 in più di quelle attuali.

L’altro indicatore è l’uranio arricchito: già nel 2009, secondo l’esperto David Albright, l’Iran produceva 2,77 chili di uranio arricchito al giorno. Cifre che poi sono state confermate dalla IAEA. Fino ad oggi Teheran av

arricchito al 20%, di cui solo 187 Kg è rimasto in questo stato; il resto è convertito per produrre energia.

Quanto alle tempistiche, l’Iran viene dipinto sull’orlo di dotarsi dell’arma nucleare, ma attualmente non è del tutto vero. Sappiamo solo che per costruire un’arma servono 250kg di uranio arricchito al 20% dal quale si ricavano 25 Kg di uranio arricchito al 90%. In ogni caso, l’Iran non è troppo lontano da questo obiettivo

l’arricchimento al

Arak invece è

importante perché lì si

produce plutonio,

componente essenziale per una bomba.

Il timore della comunità internazionale e della IAEA, come abbiamo visto, è che l’Iran stia arricchendo uranio in

quantità superiori a

quanto possa servire per scopi civili, come dimostra il rapporto della

Un indicatore chiave è quello delle centrifughe. L’Iran ne sta aumentando il numero e la qualità. Basti pensare che Natanz dovrebbe nel futuro prossimo arrivare a contenere

, 4.000 in più di quelle attuali.

L’altro indicatore è l’uranio arricchito: già nel 2009, secondo l’esperto David Albright, l’Iran produceva 2,77 chili di uranio arricchito al giorno. Cifre che poi sono state confermate dalla IAEA. Fino ad oggi Teheran avrebbe accumulato 375 Kg di uranio arricchito al 20%, di cui solo 187 Kg è rimasto in questo stato; il resto è convertito per