A partire dal 20 gennaio 1989, divenne nuovo Presidente degli Stati Uniti George H. W. Bush, vicepresidente nell’era Reagan. Anche se l’Iran non fu totalmente assente dall’iniziale agenda estera del nuovo Presidente, in quel momento storico non era proprio la prima preoccupazione: nel novembre 1989 cadde il muro di Berlino e la guerra fredda evaporò con esso; nel 1990 Saddam Hussein invase il Kuwait in un disperato tentativo di risolvere i problemi economici del suo paese attraverso la conquista militare e il sogno di diventare la potenza dominante nel Golfo Persico; alla Guerra del Golfo seguì la riunificazione delle due Germanie, con il conseguente collasso dell’Unione Sovietica. Infine, la Conferenza di Madrid del 30 ottobre 1991 inaugurò il processo di pace nel Medio Oriente.
A questo punto gli obiettivi degli Stati Uniti erano chiari, e cioè: mantenere forte l’influenza e la stabilità nella regione; mantenere gli impegni nei confronti di Israele e portare avanti il processo di pace; mantenere le forniture di petrolio. Infine, alcuni dei funzionari dell’amministrazione Bush furono incaricati di occuparsi delle relazioni con l’Iran, in particolare cercando di capire se potessero essere aperti negoziati per migliorare i rapporti tra i due paesi. L’amministrazione fin da subito intraprese una serie di iniziative indirizzate in
130
http://servat.unibe.ch/icl/ir00000_.html
131 Hojjatoleslam, in Persiano Hojjatol-Eslam o hojjatol-eslam wa l-muslimin, è un titolo onorifico che significa “prova dell'Islam” o “autorità all'Islam”.
67 questo senso, come l’attenuazione di alcune sanzioni applicate durante la guerra con l’Iraq, e l’invito al governo iraniano di partecipare a una serie di incontri segreti in Europa132.
Gli sforzi messi in atto dal governo americano si rivelarono subito vani. L’amministrazione Bush riconobbe che esisteva una parte, all’interno del governo iraniano, compreso il Presidente Rafsanjani, favorevole a un riavvicinamento all’Occidente. Sebbene la retorica gli imponesse di fare ampio uso di sermoni per denunciare i “piani imperialistici statunitensi”, in realtà l’approccio di Rafsanjani alle relazioni internazionali fu segnato da una linea di riabilitazione del proprio paese nel suo ruolo di potenza regionale, nonché a una cauta politica di riavvicinamento all’Occidente, in primis all’Europa, dettata per lo più da motivazioni economiche. Venne istituito un Consiglio per la sicurezza nazionale (CSN), con l’obiettivo di condurre la politica estera in modo più formale e sistematico. Al contrario, la politica estera iraniana risultò ancora più policefala, gestita e divisa com’era tra ministro degli Esteri, presidente della Repubblica, Guida Suprema e ora CSN. Divenne fin da subito evidente la paralisi e la contraddittorietà a cui ciò avrebbe portato. Di conseguenza, Rafsanjani si trovò troppo spesso a essere bersaglio delle altre cariche istituzionali e a fare i conti con l’opposizione del clero radicale, soprattutto della Guida Suprema, Ali Khamenei, determinato a portare avanti il programma di Khoemeini. Quindi, nonostante il presidente della Repubblica Rafsanjani fosse disponibile a trattare per migliorare i rapporti, gli Stati Uniti non avrebbero potuto intraprendere iniziative solo con una parte133.
132
In un’intervista del 1991, il Presidente Bush, a proposito delle relazioni con l’Iran, disse: “ We have no
animosity [towards Iran]… I don’t think they should be treated forever as enemies by all the countries, (…), they are an important country and they have got a self-respect. And so, we’d like to find ways to recognize that.”, Donette Murray, “US Foreign Policy and Iran: American-Iranian relations since the Islamic revolution”, Routledge Edition, New York, 2010, p.80.
133
“ Anche se Rafsanjani e altri intorno a lui potevano essere interessati nell’avviare dialoghi con gli Stati
Uniti, non erano nella posizione di poterlo attuare in quanto minoritari rispetto alla maggioranza che rimaneva su posizioni radicali (…), Sin dai primi giorni della rivoluzione, Rafsanjani, esortò a un riavvicinamento con gli Stati Uniti, (…), in quanto il suo paese aveva bisogno di buone relazioni con il
68 Benché l’Iran abbia tentato un riavvicinamento con l’Occidente , la strategia in politica estera da parte di Teheran agli inizi degli anni Novanta, anche se caratterizzata più da pragmatismo politico che da attaccamento all’ideologia islamica come in precedenza134, si basò sulla ricomposizione delle linee di difesa del paese .
La sconfitta irachena nella guerra del Golfo e la caduta dell’Unione Sovietica, crearono timori per quanto riguardava la difesa del paese. La sconfitta di Saddam mise in guardia Teheran da una possibile offensiva americana per ristabilire la sua influenza nella regione. La potenza militare statunitense dimostrata in Kuwait aveva allarmato la dirigenza iraniana.
Il collasso della potenza russa, invece, aveva rimosso la minaccia proveniente dal Nord, e dava la possibilità all’Iran di instaurare politiche di alleanza con i nuovi paesi islamici dell’Asia centrale, nonostante questi, secondo i documenti rivelati dalla Cia, fossero più attratti dalla Turchia135. Per di più tra la fine degli anni’80 e gli inizi degli anni ’90 ci fu una notevole ascesa dei movimenti islamici anche in altre parti del mondo, come per esempio in Algeria, in Libano con Hezbollah, Hamas in Palestina, Giordania ed Egitto. Questi nuovi paesi si proponevano come naturali alleati dell’Iran, e molti di loro vedevano l’Iran come un modello da seguire. Di conseguenza, Teheran volle cavalcare l’onda del successo islamico e proporsi come leader di questa naturale alleanza.
Il processo di pace in Medio Oriente messo in atto dall’Occidente a Madrid nel 1991, invece, rappresentava una minaccia per i propositi iraniani. A Teheran la prima preoccupazione era che gli Stati Uniti stessero cercando di indebolire resto del mondo, soprattutto con l’America .” Kenneth M. Pollack, “The Persian Puzzle”, op.cit, pp 246-
249 134
“Iran under Rafsanjani: seeking a New Role in the World Community”,
http://www.foia.cia.gov/sites/default/files/document_conversions/89801/DOC_0000602664.pdf 135
“Iran will try to extend its influence among muslims in the USSR, but we believe that Iran is
disadvantaged in this effort as compared with Turkey and Saudi Arabia. Modern nationalist in the Soviet Muslim republics are likely to be more attracted to Turkey’s secular, democratic system, while most traditional Sunny Muslim, probably will look more favorably on the more orthodox, and wealthier, Saudis.”, “Iran under Rafsanjani”, op.cit.,
69 l’Iran per impedirgli di giocare il suo ruolo naturale come paese leader nella regione del Golfo Persico e stessero creando le basi per poter intraprendere un’azione militare contro l’Iran, come avevano fatto nei confronti dell’Iraq136. Da questo momento in poi Teheran si è impegnata per costruire un’alleanza che doveva fungere da contrappeso ai paesi alleati degli Stati Uniti, quali Egitto, Israele, Arabia Saudita e Turchia attraverso anche l’appoggio ai diversi movimenti di resistenza (incluso il supporto a operazioni terroristiche), con l’obiettivo ultimo di allontanare gli americani dalla regione137.
Un primo risultato di questa azione volta a ostacolare il processo di pace in Medio Oriente, fu l’organizzazione di una conferenza a Teheran in opposizione a quella di Madrid. Parteciparono delegazioni provenienti dai movimenti di resistenza di diversi paesi e insieme avviarono un’ azione volta a coinvolgere nell’alleanza anti-americana anche i paesi dell’Asia Centrale e a ottenere il supporto ai movimenti ai gruppi islamici di diversi paesi che stavano combattendo per l’autodeterminazione, come la Bosnia138.
E’ proprio in quest’ottica che da questo momento in poi l’Iran intraprenderà una politica estera volta soprattutto a riorganizzare la propria forza di difesa militare, con l’obiettivo di diventare la potenza egemone della regione e ostacolare l’influenza politica e militare degli Stati Uniti.
Gli obiettivi di Teheran in politica estera si mostravano ambiziosi e puntavano a non abbandonare i valori originali della rivoluzione, ma a far riemergere questi
136
“La Guerra del Golfo aveva iniettato un nuovo elemento nel pensiero iraniano: cautela. In solo 43
giorni gli Stati Uniti polverizzarono l’esercito iracheno. Questo sembrò aver convinto anche i più radicali a Teheran che gli americani negi anni Ottanta non intrapresero azioni militari contro l’Iran, non per mancanza di potere, ma solo per mancanza di volontà.” Kenneth M. Pollack, “The Persian Puzzle”, op.cit., p.255
137
“Iran under Rafsanjani”, op.cit, ,
http://www.foia.cia.gov/sites/default/files/document_conversions/89801/DOC_0000602664.pdf, pp. 19-21
138 Teheran, inoltre, intensificò moltissimo i suoi rapporti con il Sudan con il quale firmò accordi commerciali e una cooperazione militare; “Is Sudan Terrorism New Mecca?”,
70 principi all’interno di una logica politica più elastica, votata più al pragmatismo, che all’ideologia139.
3.3 Obiettivi della politica estera iraniana agli inizi degli anni Novanta: un