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Il 22 settembre 1980 le truppe di Saddam Hussein invasero l’Iran. Le forze armate irachene penetrarono a Nord, nel Kurdistan, e nel Sud, nel Khuzestan arabo. L’obiettivo militare era la conquista di una vasta area nello Shatt el- Arab74, frontiera contesa fra i due paesi, che apriva le porte del Golfo e delle rotte del petrolio.

Da tempo l’Iraq reclamava uno sbocco al mare più vasto di quello previsto dagli ultimi Accordi Internazionali di Algeri del 1975, che avevano fissato confini ritenuti insoddisfacenti e del tutto provvisori da Baghdad. La questione territoriale, lamentata dal dittatore iracheno, ha una lunga storia e risale al periodo degli Imperi Ottomano e Persiano. Fin dal principio l’importanza dello Shatt el-Arab diventò un “barometro” delle relazioni tra Iran e Iraq75.

Dal tempo del Secondo Trattato di Erzerum del 1847 in avanti, lo Shatt el-Arab apparteneva all’Impero Ottomano, mentre alla Persia veniva garantita la libertà di navigazione e il diritto di ancoraggio. Tuttavia il risultato dell’accordo non fu soddisfacente per entrambe le parti e a seguito di numerose rivendicazioni sia da una parte che dall’altra, un accordo pianificato sulla linea di confine fu raggiunto nel 1913, attraverso la mediazione di Russia e Gran Bretagna. Tutto venne vanificato dallo scoppio della Prima Guerra Mondiale. Bisognerà

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Lo Shatt el-Arab è un fiume formato dalla confluenza del Tigri e dell’Eufrate presso la cittadina di Al- Qurna, nel Sud dell’Iraq. Il fiume è per un lungo tratto navigabile e ciò lo rende prezioso per il traffico di petroliere della regione

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“Un membro della Commissione Internazionale della Demarcazione territoriale del 1914 descrisse la

disputa territoriale tra i due i Stati come un “fenomeno di indugio senza pari nella storia della diplomazia orientale”, citato in C.J. Edmonds, “The Iraqi-Persian Frontier: 1639-1938”, Asian Affairs, Vol.62, Part 2

42 aspettare il 1937 per l’ennesimo accordo sui confini e anche questo Trattato riaffermava la sovranità irachena sullo Shatt el-Arab e stabiliva il confine lungo la linea di bassa marea sul lato orientale del fiume. All’Iran veniva garantita la sovranità sull’imbocco del Karun River e sulle acque di Abadan; gli veniva anche garantito il diritto di utilizzare il canale, a condizione che le navi issassero la bandiera irachena, il capitano fosse iracheno e pagassero un pedaggio76.

Le relazioni tra Iraq e Iran si deteriorarono bruscamente con l’avvento del regime rivoluzionario iracheno guidato dal Generale Qassem nel 1958 e lo Shatt el-Arab ancora una volta divenne fonte di forti tensioni, con l’Iraq sempre più reticente a una cooperazione per raggiungere accordi definitivi.

Alla fine degli anni Sessanta, tuttavia, l’equilibrio delle forze si spostò a favore dell’Iran e l'accresciuta potenza militare iraniana determinata dalla politica dello Shah Muhammad Reza Pahlavi, portò l'Iran ad assumere una posizione sempre più determinante nel Medio Oriente. Gli sforzi dello Shah nello sviluppare una Marina militare per un ruolo determinante nella zona mediorientale portarono il paese ad acquisire una sicurezza tale da rinunciare al quadro normativo esistente e imporre il diritto alle sue navi di navigare lo Shatt el-Arab sotto le bandiere della propria nazione. La situazione si fece sempre più difficile e, malgrado un tentativo di accordo nel 1972, le relazioni sostanzialmente non migliorarono affatto. Inoltre, il supporto militare iraniano all’insurrezione curda nel Nord dell’Iraq costrinse Saddam Hussein a firmare il 6 Marzo 1975 gli Accordi di Algeri, con i quali l’Iran si sarebbe impegnato a tagliare gli aiuti economico-militari ai ribelli curdi in cambio di una rivisitazione della frontiera lungo lo Shatt el-Arab. Nello specifico l’accordo stabiliva che la frontiera dovesse essere collocata lungo la linea di massima profondità del fiume, come nel resto del mondo. L’Iraq non poté fare altro che riconoscere il confine data l’inferiorità militare nei confronti dell’avversario, anche perché consapevole che il problema curdo potesse acutizzarsi sempre più77.

76 Efraim Karsh, “The Iran-Iraq War 1980-1988”, Osprey, London, 2002, p.8 77

Ralph King, “The Iran-Iraq War, The Political Implication”, The International Institute for Strategic Studies, London, 1987, pp 8-9

43 Quando le truppe irachene attaccarono, l’obiettivo militare era quindi la conquista di una vasta area nello Shatt el-Arab ma l’obiettivo politico era assai più ambizioso. L’Iraq mirava al ruolo di potenza regionale egemone e riteneva che il recente mutamento di regime a Teheran potesse avvicinare questa prospettiva. Trasformato da Saddam Hussein in proprio strumento personale, il Baath78 iracheno condivideva con la Repubblica islamica iraniana l’ostilità verso Israele, un’ideologia antimperialista e l’interesse a tenere alto il prezzo del greggio. Ma queste assonanze, anziché favorire i rapporti tra i due regimi, produssero una decisa competizione strategica e Saddam Hussein riteneva che in Medio Oriente c’era spazio solo per una potenza regionale.

La reciproca ostilità era alimentata anche da altri fattori, come la diffidenza maturata da Khoemeini nei confronti del laico e “pagano” regime Baath durante il lungo esilio a Najaf, durato 15 anni e conclusosi nel 1978, dopo che Baghdad accolse la richiesta di Teheran di espellere l’Ayatollah iraniano verso la Francia. Furono anni in cui Khoemeini assistette alla dura repressione degli sciiti iracheni da parte di Saddam. La contrapposizione si nutriva di motivi diversi, non ultimi gli antagonismi di tipo etnoreligioso che caratterizzavano storicamente i rapporti tra arabi sunniti al potere a Baghdad e gli sciiti al potere a Teheran. La prospettiva che i “persiani” dominassero la regione era rifiutata dal cultore del nazionalismo arabo, Saddam Hussein. L’Iran sciita era inoltre accusato dall’allora Rais iracheno di complottare con i correligionari iracheni per rovesciare il suo regime e dividere il paese79.

Saddam Hussein inoltre contava sul fatto che un possibile attacco all’Iran potesse ottenere, se non l’approvazione, almeno la “non ostilità” della comunità internazionale. In particolare dagli Stati Uniti, con i quali Baghdad avviò relazioni non ufficiali alla vigilia del conflitto. Gli Stati Uniti, infatti, erano preoccupati dal possibile diffondersi della rivoluzione islamica ed erano decisi a infliggere un duro colpo all’Iran, con cui i rapporti si erano sgretolati dopo la caduta dello Shah e la presa degli ostaggi dell’Ambasciata. Ma il leader

78 Il Partito Ba’th Arabo Socialista o più giornalisticamente Baath, è un partito politico siriano costituito nel secondo dopoguerra

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44 iracheno contava anche sull’Unione Sovietica, con la quale l’Iraq firmò, nel 1972, un trattato di cooperazione militare, dato che Mosca temeva un possibile contagio “verde” nelle Repubbliche musulmane dell’Asia centrale Sovietica. L’Iraq intendeva sfruttare per di più la profonda crisi in cui versavano, in pieno clima rivoluzionario, quelle che fino a qualche anno prima erano le forze armate più forti della regione. Nel settembre 1980 le forze armate iraniane infatti erano in grande difficoltà per l’epurazione messa in atto da Khoemeini, per il crescente ruolo assunto in campo militare dai Pasdaran e infine per la mancanza di ricambi negli armamenti, fino a quel momento forniti in gran parte dagli Stati Uniti.

Al momento dello scoppio della guerra gli Stati Uniti non avevano buone relazioni diplomatiche con nessuno dei due belligeranti; l’Iraq era apertamente diffidente riguardo il ruolo americano nel Golfo Persico, mentre l’Iran era profondamente ostile nei confronti dell’alleato oltreoceano dello Shah. La situazione in seguito fu ulteriormente complicata dall’occupazione dell’ambasciata americana a Teheran.

Ma l’importanza del Golfo Persico per gli Stati Uniti, data la rilevanza geopolitica e petrolifera, fu ribadita dal Presidente Carter già nel gennaio 1980, con la dichiarazione che “ogni tentativo da parte di forze esterne di ottenere il controllo

della regione del Golfo Persico, verrà respinta con ogni strumento, anche militare”80. Gli interessi americani erano centrati soprattutto nella prevenzione di qualsiasi tipo di interruzione nell’esportazione di petrolio dal Golfo, che sarebbe potuta derivare da un’azione singolarmente presa da uno o l’altro Stato belligerante, o da una incontrollata estensione del conflitto.

Inoltre, concentrato nel risolvere i nodi cruciali nel rapporto con l’Unione Sovietica, la principale preoccupazione di Reagan era che l’Iran potesse entrare nella sfera d’influenza russa e visto che in quel momento ogni sforzo americano poteva essere deleterio, inizialmente il Presidente adottò una politica attendista che non provocasse nessun danno. In poco tempo però gli Stati Uniti sarebbero stati turbati dal comportamento iraniano per le vittorie in battaglia,

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45 per il confronto violento con Israele, per il supporto al terrorismo e per i ripetuti attacchi diplomatici agli americani.

Oltre alle preoccupazioni verso l’Iran, l’amministrazione Reagan nutriva molti dubbi anche riguardo Saddam, non perché fosse un detestabile tiranno, ma perché non fosse un “suo” tiranno. Agli inizi degli anni Ottanta il mondo era ancora diviso tra blocco comunista e blocco occidentale e gli Stati Uniti pensavano che l’Iraq facesse parte del primo. Le ragioni non erano infondate, infatti l’Iraq riceveva armamenti dall’Unione Sovietica sin dal 1958, aveva firmato un Trattato di Amicizia con i sovietici nel 1972, era uno dei paesi più radicali nell’opposizione a Israele e guardava ai russi come la superpotenza protettrice.

Per gli Stati Uniti pertanto, da quando l’amministrazione Reagan prese il comando, data l’incertezza della situazione, la iniziale reazione nei confronti della guerra, fu di starne momentaneamente alla larga81.

Ma di lì a poco, la percezione che l’Iran fosse una seria minaccia per gli interessi fondamentali dell’America, fu rinforzata dagli sforzi iraniani di esportare la rivoluzione anche agli altri paesi, come il Kuwait e il Bahrain82. Questo, in aggiunta al fatto che l’Iran stava cominciando a recuperare terreno, preoccupò sempre più gli Stati Uniti che videro un riluttante Reagan iniziare a pensare di

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Anche se gli Stati Uniti non ebbero nessuna soffiata riguardo la decisione di Saddam di invadere l’Iran,

molti a Washington accolsero la notizia con un pizzico di soddisfazione come una specie di “vendetta” nei confronti dell’Iran. Teorici della cospirazione hanno sostenuto a lungo che gli Stati Uniti fossero collusi con l’Iraq al momento dell’attacco e che Brzezinski, decimo consigliere per la sicurezza nazionale dalla nascita degli Stati Uniti, si diresse a Baghdad nel settembre 1980 per dare a Saddam “the green light”, ma questo è completamente falso. In una lettera al The Wall Street Journal datata 18 giugno 1991, Brzezinski, scrisse “ è falso ipotizzare che l’amministrazione Carter, direttamente o indirettamente, abbia incoraggiato l’Iraq a intraprendere un’azione militare nei confronti dell’Iran”. Inoltre, Gary Sick, ha ribadito in una corrispondenza via e-mail con Kenneth Pollack il 12 luglio del 2004, “Sono stato con Zbig quasi costantemente nelle ore subito dopo l’attacco iracheno e ti posso assicurare che fu del tutto sorpreso e cercò di capire le cause del conflitto. Certamente non nascose che potesse essere positivo per quanto riguarda il rilascio degli ostaggi da parte dell’Iran.” Kenneth Pollack, “The Persian Puzzle”, op.cit.,

p.466. 82

46 dover prendere parte alla guerra tra Iran e Iraq sapendo che poteva risultare determinante per le sorti dei due paesi avversari83. La strategia statunitense si sarebbe basata principalmente nel far ritornare accessibile alla navigazione lo Shatt el-Arab, garantire la sicurezza agli alleati della zona mediorientale e mantenere l’equilibrio di potere nella regione.