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Sul fronte terrestre l’iniziativa restava all’Iran che, nei primi mesi del 1984, avviò l’Operazione Alba, destinata nelle intenzioni dei comandi di Teheran a distruggere le difese irachene nei dintorni di Bassora. Oltre mezzo milione di uomini, in prevalenza Pasdaran e Basij, furono impiegati nell’attacco e costò a entrambe le parti gravi perdite. Alla fine del 1984 la guerra aveva già provocato, tra morti e feriti, trecentomila vittime tra gli iraniani e duecentocinquantamila tra gli iracheni.

Nel 1985 la guerra assunse una dimensione aerea. L’aviazione di Saddam bombardò centri industriali e siti nucleari come Bushehr , colpito più volte tra il 1984 e il 1988; ma anche le città, a partire da Teheran, diventarono un bersaglio. Il conflitto non riguardava più solo gli eserciti al fronte ma investiva direttamente la popolazione civile. L’Iran rispose agli attacchi dall’aria con raid aerei e lanci di missili su Baghdad e altre città irachene, non trascurando comunque il teatro terrestre. Nella primavera 1985 i comandi iraniani lanciarono l’ennesima offensiva sul fronte di Bassora. Nell’attacco furono impegnati sessantamila uomini; ancora una volta gli assalti si infransero sulle linee di difesa irachena e le perdite furono pesanti. Teheran, inoltre, respinse la proposta di mediazione del Segretario Generale delle Nazioni Unite Pérez de Cuellar e insistette nel porre condizioni per cessare il conflitto, irricevibili per Baghdad: la condanna internazionale dell’Iraq come aggressore, il pagamento

97 “ Per evitare qualsiasi misunderstanding, saremo responsabili di fronte alla minaccie dell’Iran o di

chiunque altro. Se li lasciassimo agire daremmo la possibilità ai sovietici di controllare la ricchezza petrolifera del mondo libero; in una parola, se non lo facciamo noi questo lavoro, lo faranno i russi.”,

Ronald Reagan, “Discorso alla Nazione”, aprile 1984, http://www.reagan.utexas.edu/archives/speeches/1984/42684a.htm

54 dei danni di guerra ma, soprattutto, l’allontanamento dal potere di Saddam Hussein98.

Nel 1986 l’Iran dette il via all’offensiva Val Fajr-8 che travolse le difese irachene e condusse al controllo al porto di Al-Faw. Le successive operazioni, chiamate in codice Karbala, portarono le truppe iraniane nella zona di Bassora e nell’area di Qasr-e Shirin. L’anno trascorse senza altri mutamenti rilevanti nei fronti. Nel frattempo gli iracheni lanciarono i loro aerei contro le fortificazioni delle isole del Golfo, spesso usando le basi saudite come appoggio, segno dell’isolamento politico dell’Iran e del sostegno offerto dai regimi arabi filo-occidentali a quello di Saddam Hussein.

Nel gennaio 1987 le truppe iraniane puntarono ancora una volta su Bassora. L’iniziale sfondamento portò alla conquista della città di Duayji, ma il tentativo di penetrazione si spense a fine febbraio. Nonostante avessero rotto in qualche modo la linea difensiva irachena, l’ennesimo insuccesso militare rivelava che gli iraniani non avevano più la forza per conquistare la grande città petrolifera irachena. Fu un punto di svolta decisivo in questa guerra, caratterizzata da rovesciamenti psicologici, oltre che di fronti. Ora era il regime iracheno ad avvertire che il pericolo si stava allontanando.

Il 20 luglio 1987 le Nazioni Unite votarono una risoluzione che decretava il cessate il fuoco e l’apertura dei negoziati99. Questa fu accettata dall’Iraq ma respinta dall’Iran, che per cessare le ostilità poneva le consuete condizioni. Nel 1988 gli scontri più importanti avvennero sul fronte Nord. A Sud, gli irananiani, immobilizzati davanti a Bassora, lanciarono, senza successo, l’Operazione Karbala 10, che mirava a saldare le forze iraniane con i curdi iracheni ostili a Saddam. L’operazione fallì e il fallimento anche delle ultime grandi offensive iraniane indusse l’Iraq a cambiare strategia militare: dopo a essersi a lungo difese, le truppe irachene passarono al contrattacco e le esauste forze iraniane non riuscirono a opporsi all’offensiva.

98 http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1985/04/09/per-perez-de-cuellar- missione-impossibile-nel.html

99

55 Il 1988 è anche l’anno in cui la “guerra delle città” raggiunse la sua massima intensità. Agli attacchi missilistici contro Baghdad, gli iracheni risposero lanciando a loro volta , per un mese e mezzo, centinaia di missili contro le città iraniane. Teheran a questo punto temeva che il regime di Baghdad potesse lanciare sulle città ordigni chimici come già aveva fatto nei combattimenti di Al- Faw. La consapevolezza di questa minaccia estrema indusse l’Iran a prendere in considerazione l’ipotesi di porre fine alle ostilità.

Nel frattempo le pressioni per mettere fine al conflitto aumentarono. L’interesse internazionale al riguardo si riaccese quando le ostilità iniziarono a minacciare seriamente la circolazione navale nel Golfo. Gli scontri aerei e navali che si svolsero nei suoi cieli e nelle sue acque provocarono frequenti incidenti. Dal febbraio 1984 la “guerra delle petroliere” aveva già coinvolto 230 navi; il Kuwait, bersaglio prevalente degli attacchi aeronavali di Teheran, a causa dell’appoggio che l’emirato fornì all’Iraq, chiese protezione agli Stati Uniti e ad altri paesi occidentali, tra cui l’Italia. Le flotte di questi paesi giunsero nell’area per difendere le petroliere che caricavano il greggio ai terminali dell’Arabia Saudita e dei vari emirati. L’intervento internazionale, formalmente neutrale, si rivelò un utile sostegno a Baghdad100.

Constatata l’impossibilità che il conflitto si chiudesse con un vincitore, le pressioni internazionali perché si giungesse a una soluzione aumentarono. Le quattro vittoriose offensive lanciate dagli iracheni tra primavera e estate del 1988 lasciarono il segno. Le forze di Saddam penetrarono in profondità, dopo anni, in territorio iraniano, sbaragliando truppe corazzate e artiglierie nemiche. Queste furono sconfitte pesanti anche dal punto di vista psicologico e costrinsero Teheran ad adottare posizioni più flessibili.

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“Durante tutto l’ottobre 1987 e nell’aprile 1988 le forze americane nel Golfo attaccarono navi e

piattaforme petrolifere iraniane. Sempre nel 1988 l’incrociatore americano Vincennes abbatté un aereo di linea iraniano, provocando la morte di 290 persone. Incidente che, nonostante la gravità, ebbe scarsa eco: ulteriore segno dell’isolamento politico dell’Iran”, Renzo Guolo, op.cit., p.51, http://archiviostorico.corriere.it/2010/gennaio/06/1988_MISSILE_AMERICANO_ABBATTE_AIRBUS_co_9 _100106035.shtml

56 Nel vertice iraniano fu Ali Rafsanjani, nominato nel 1988 da Khoemeini comandante delle forze armate, consapevole della crisi che attanagliava il paese, a premere per porre fine alla guerra.

A luglio dello stesso anno la Guida Suprema annunciò di accettare la risoluzione 598, precedentemente rifiutata, per “salvare la Rivoluzione” e ammise che prendere quella decisione fu “più mortale che prendere del veleno101”.

Il 9 di agosto il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite decise, con la Risoluzione 619102, l’invio nella regione di una missione con il mandato di creare le condizioni per una tregua duratura tra i due paesi, fare da “zona cuscinetto” al confine delle due nazioni, verificare il rispetto del cessate il fuoco tra le parti, agevolare il ritorno delle truppe nel proprio territorio, far rispettare la linea di confine pre-bellica tra i due Stati, aprire i negoziati per lo scambio di prigionieri103.

Il 20 agosto la lunga guerra finì ma nessuno dei due contendenti poté dirsi vincitore. Una situazione che faceva comodo a molti, Stati Uniti in primo luogo. Nell’equilibrio precario tra i due paesi

101

Geoffrey Kemp, “Middle East Opportunities”, Foreign Affairs, America and the World 1988 Issue, http://www.foreignaffairs.com/articles/44005/geoffrey-kemp/middle-east-opportunities

102

http://www.un.org/es/comun/docs/?symbol=S/RES/619%20%281988%29 103

Il contingente era composto da circa 400 militari e il numero rimase poi pressoché immutato per tutta la durata della missione. La missione si concluse nel febbraio 1991 con il raggiungimento di tutti gli obiettivi eccetto il negoziato per lo scambio di prigionieri che fallì.

Geoffrey Kemp, “Middle East..”, op.cit., http://www.foreignaffairs.com/articles/44005/geoffrey- kemp/middle-east-opportunities; http://www.un.org/en/peacekeeping/missions/past/uniimog.htm; Efraim Karsh, “The Iran-Iraq War”, op.cit., p.79.

Figura 2.1 “The Iran-Iraq War”, Fonte: http://fanack.com/countries/iraq/history/iraq- iran-war/war-of-attrition/

57 provati dal conflitto Washington vide la migliore forma di contenimento di due regimi che costituivano una minaccia anche per l’alleato Israele.