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Obiettivi della politica estera iraniana agli inizi degli anni Novanta: un quadro generale

L’elemento essenziale della nuova politica estera iraniana era la dimensione militare, soprattutto ciò che riguardasse la difesa del paese. A partire dal 1989, dopo una guerra durata 8 anni che aveva pesato gravemente sul paese, sia economicamente che militarmente, l’Iran iniziò una ricostruzione della forza militare intesa a riorganizzare, espandere e modernizzare il suo assetto militare devastato dalla guerra, in modo tale da trasformarsi nella potenza regionale egemone.

Le intenzioni dell’Iran erano volte a indebolire il processo di pace tra Israele e Palestina e appoggiare i movimenti fondamentalisti islamici in Medio Oriente attraverso il rafforzamento delle forze militari, aeree e navali, e la ricerca di armi nucleari.

Tutto questo era molto difficile da compiere a causa delle difficoltà economiche in cui versava il paese in quel momento. Le sanzioni americane, la diminuzione delle entrate dovute alla vendita del petrolio a causa dell’abbassamento dei prezzi, i costi della guerra contro l’Iraq, l’aumento del debito pubblico e la cattiva gestione dell’economia da parte del governo, rallentavano il processo di rinvigorimento delle forze armate140.

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“ …Iran was not expected to abandon the basic values of the revolution but would bear witness to the

re-emergence of traditional patterns of Iranian behavior and the re-definition of revolutionary values into a more elastic policy framework.”, Donette Murray, “U.S. Foreign Policy and Iran…”, op.cit., p.84

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“Nonostante questo, agli inizi degli anni Novanta, il governo iraniano approfittò della caduta dei

prezzi dell’attrezzatura militare sovietica, a causa del collasso dell’Unione Sovietica e la fine della Guerra Fredda, e fece scorta di una grossa quantità di armamenti provenienti dalla Russia, dalle ex repubbliche sovietiche, ma anche dalla Cina e Corea del Nord “Tra il 1991 e il 1997, l’Iran comprò attrezzatura militare, dalla Russia e alcune ex repubbliche sovietiche, per un valore di 1 miliardo e mezzo di dollari: sottomarini kilo-class, aerei da combattimento SU-24, cacciabombardieri MiG-29, navi da guerra. Nello stesso periodo Teheran spese circa 1 miliardo e 300 milioni di dollari per comprare dalla Cina missili anti-

71 Le motivazioni iraniane, però, erano molto forti. Nel tentativo di ricostruire il proprio esercito, l’Iran era motivato dal desiderio di conquistare potere, prestigio e influenza attraverso il raggiungimento di un livello di autosufficienza militare tale da essere un deterrente nei confronti degli altri paesi. Più specificatamente Teheran intendeva raggiungere i seguenti obiettivi141:

• Ricostituire le forze armate distrutte o danneggiate durante la guerra contro l’Iraq

• Consentire all’Iran di dominare la regione del Golfo Persico

• Permettere al paese di intimorire i suoi vicini arabi in modo tale da influenzare la produzione di petrolio e la decisione sui prezzi e di soffocare ogni pretesa territoriale da parte degli altri paesi

• Chiudere lo stretto di Hormuz così da controllare il flusso del movimento del petrolio proveniente dal Golfo (il 20% del petrolio mondiale) e quindi ingrandire il suo potere

• Difendersi da un nuovo attacco da parte dell’Iraq

• Indebolire l’influenza americana nella regione

• Impedire agli Stati Uniti e a Israele di distruggere le sue infrastrutture nucleari Tutte queste motivazioni e obiettivi derivavano dal fatto che soprattutto il clero radicale, ma anche buona parte della politica iraniana, credeva che la Repubblica Islamica giocasse un ruolo chiave nelle relazioni internazionali, essendo il portabandiera dell’Islam rivoluzionario e il protettore dei musulmani di tutto il mondo. Di conseguenza, credevano che il destino della comunità islamica dipendesse dalla capacità dell’Iran di convertirsi nella potenza militare egemone, e che potesse difendere gli interessi di questa comunità. La classe dirigente iraniana credeva, inoltre, che l’Iran fosse la potenza regionale d’eccezione, data anche la sua conformazione geografica che la rendeva il paese più grande per estensione e popolazione. Tutte queste motivazioni nave, missili per navi guardacoste, missili terra-aria. “ , Anthony Cordesman, “The Military Balance in the Middle East”, Center for Strategic and International Studies (CSIS), Greenwood Publishing Group,

January, 2004, pp. 11-19 141

Michael Eisenstadt, “Iranian Military Power: Capabilities and Intentions”, Washington Institute for Near East Policy, 1997, Washington D.C., pp. 2-3

72 implicavano, secondo Teheran, l’obbligo a essere la guida della regione. Fino a quel momento però l’immagine dell’Iran leader non corrispondeva alla potenza militare che avrebbe dovuto possedere. Ed è proprio questo gap che il governo intendeva colmare142.

Altre motivazioni erano indotte dall’isolamento internazionale in cui versava il paese dal 1979, aumentato dopo la guerra con l’Iraq. Questo senso di isolamento crebbe particolarmente quando la comunità internazionale non condannò l’uso di armi chimiche da parte dell’Iraq. Per di più, l’embargo sulla vendita di armi voluto dagli Stati Uniti143, complicò ulteriormente la situazione. Il risultato dell’esclusione dell’Iran dalla scena internazionale portò Teheran alla decisione di sviluppare il settore militare in maniera tale da ridurre la dipendenza da fornitori stranieri, così da diminuire l’impatto di un nuovo possibile embargo.

L’Iran “build-up” era inoltre spinto dalla volontà di accrescere il suo potenziale deterrente. Da sempre l’Iran guardava agli Stati Uniti, Russia, Israele e Iraq come minacce alla propria sicurezza. Sebbene la disintegrazione dell’Unione Sovietica e la Guerra del Golfo avessero migliorato le condizioni di sicurezza del paese nel breve periodo, Teheran credeva che nel lungo periodo avrebbe dovuto affrontare minacce provenienti dai paesi nemici.

Di particolare importanza per la classe dirigente iraniana era il ricordo dell’operazione aerea israeliana nel giugno 1981, che aveva distrutto il reattore nucleare iracheno a Osiraq. Secondo gli alti ufficiali iraniani, Israele, con questa operazione, aveva dato un chiaro segnale all’Iran che, se avesse scovato basi nucleari sul suolo iraniano, le avrebbe distrutte come in Iraq144.

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Donette Murray, “U.S. Foreign Policy and Iran…”, op.cit., p.84 143

“Operation Staunch'' è stato il nome dato dall’amministrazione Reagan all’operazione di embargo

lanciata tra il 1983 e il 1986, volta a negare la vendita di armi all’Iran. Staunch è un verbo che significa “fermare il flusso”. New York Times, November 30, 1986.

http://www.nytimes.com/1986/11/30/magazine/on-language-operation-not-so-staunch.html 144

“In un intervista del giugno 1992 il comandante del Israeli Air Force (IAF), Herzl Bodinger, avvertì che

se Israele avesse ricevuto notizie che qualche paese della regione stesse avvicinandosi a possedere capacità nucleari, laddove fallisse la mediazione politica, ci sarebbe stata subito un’alternativa militare, e cioè un attacco alle strutture nucleari.” Michael Eisenstadt, “Iranian Military Power”, op.cit., p.5

73 L’Iran in ogni modo non era propenso a schierarsi in prima linea e attuare operazioni d’attacco verso qualcuno. A Teheran erano avversi al rischio e preferivano agire generalmente attraverso l’appoggio a operazioni segrete e terroristiche, determinati a evitare ogni tipo di confronto con gli Stati Uniti.