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I lavori per il nucleare risalivano già all’era dello Shah, il quale istituì importanti programmi sia per l’uso civile che militare.

Il programma per l’energia nucleare a uso civile comportava la costruzione di 23 stabilimenti, che iniziarono a essere costruiti durante la rivoluzione islamica. Il programma militare, invece, non andò oltre la ricerca di base sulle conoscenze riguardanti l’arricchimento dell’uranio e la produzione del plutonio. Entrambi i programmi furono abbandonati dopo il rovesciamento del governo dello Shah e furono ripresi solo a partire dal 1987152.

La conoscenza della tecnologia atomica, agli inizi degli anni Novanta, si presentava piuttosto scarsa, nonostante il paese aveva ripreso a costruire tutte

152

“Iran’s Nuclear Program: Building a Weapon Capability”,

78 le infrastrutture necessarie che avrebbero dovuto fungere da basi per la costruzione dell’arma atomica.

Il più grande reattore nucleare di quel periodo era il “ 5MWt”, costruito a Teheran dagli Stati Uniti nel 1967. Teheran era anche il luogo della piccola struttura denominata “cellula calda”, capace di separare piccoli grammi di plutonio da un reattore di materiale fissile, e la base di una struttura dove veniva concentrata la quantità di uranio reperita. Il reattore e gli altri impianti associati erano considerati troppo piccoli per supportare un possibile programma nucleare a sfondo militare153.

Altre strutture inerenti alla produzione di energia nucleare erano154:

Luogo

Attività

Bonab Centro di ricerca nucleare

Bushehr Impianto per l’energia nucleare rimasto incompiuto ( due reattori da 1300 MWe); fu costruito dalla Germania e preso in consegna dalla Russia per il suo completamento

Darkhovin Impianto nucleare incompiuto (un reattore da 935 MWe) che doveva essere costruito dalla Francia (fu solo compiuta l’ispezione del sito)

Esfahan Centro di ricerca nucleare. Piccolo reattore da 27 KWe fornito dalla Cina

Karaj Centro di ricerca agraria e nucleare

Ma’allem Kaleyah

Reattore di ricerca fornito dall’India

Saghand Area pianificata per l’estrazione di Uranio

Teheran Centro di ricerca nucleare, Università di Teheran.

Yazd Dipartimento dell’Università di geologia; ricerca relativa all’estrazione e allo sfruttamento dell’uranio

Sin dal 1982, la Cina era la maggior fornitrice di tecnologie relative allo sviluppo dell’energia nucleare e nel 1992 le due nazioni firmarono un accordo che prevedeva una fornitura cinese all’Iran di reattori ad “acqua leggera” da 300 megawatt. La Cina aiutò inoltre Teheran a creare impianti che servivano per l’estrazione e la purificazione dell’uranio, produzione di combustibile, produzione di condutture zirconio. L’aiuto cinese però non avrebbe potuto

153

David Albright, “An Iranian Bomb?”, Bullettin of Atomic Scientist, July-August 1995, p.25

http://books.google.ca/books?id=VQwAAAAAMBAJ&printsec=frontcover&hl=it&source=gbs_ge_summa ry_r&cad=0#v=onepage&q&f=false

154

79 creare le basi necessarie per costruire l’arma atomica. Oltretutto tutta la strumentazione fornita era sotto lo stretto controllo dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica155.

Oltre alla Cina, in

questo stesso

periodo l’Iran ebbe

scambi di

informazioni con imprese di più di 25 paesi, con l’intento di acquisire il maggior numero di conoscenze riguardo la tecnologia nucleare156, il materiale nucleare e le capacità necessarie per svilupparlo. Per esempio paesi come Argentina, Pakistan ( e forse la Corea del Nord), fornivano aiuto già da qualche anno157.

155

David Albright, “An Iranian Bomb?”, op.cit, p.26

http://books.google.ca/books?id=VQwAAAAAMBAJ&printsec=frontcover&hl=it&source=gbs_ge_summa ry_r&cad=0#v=onepage&q&f=false

156

“L’Iran acquisì il know-how sullo sviluppo dell’energia nucleare grazie anche alla partecipazione nel

1991 a un incontro tenutosi tra centinaia di fisici nucleari provenienti da tutto il mondo, a Trieste, all’International Centre of Theoretical Physics”, Michael Eisenstadt, “Iranian Military Power”, op.cit.,

p.12

157 A partire dagli ultimi anni Ottanta, l’Iran si avvalse dell’aiuto e della capacità del Dr. A.Q.Khan, il “padre” del programma nucleare pakistano, e di altri membri del governo pakistano. I rapporti tra Pakistan e Iran erano molto buoni, infatti, l’Iran vedeva il Pakistan come un alleato utile nella regione del Golfo, mentre il Pakistan guardava all’Iran come la potenza musulmana che potesse aiutarla nel

contrastare le pressioni indiane. Oltre che agli scambi in campo militare, buone erano anche le relazioni

Figura 3.1 “I siti nucleari iraniani”, Fonte: Fonte: Rivista Italiana di Geopolitica Limes

http://www.repubblica.it/esteri/2013/11/24/foto/la_mappa_dei_siti_nucleari_iran iani-71791631/1/

80 3.6 “Dual Containment” di Iran e Iraq

Quando l’amministrazione Clinton si insediò al potere nel gennaio 1993, l’Iran aveva già adottato la sua nuova politica estera caratterizzata da una linea molto dura e soprattutto dal perseguimento della capacità nucleare. Nonostante non si fosse ancora manifestata apertamente, i suoi contorni erano piuttosto chiari. La nuova politica estera di Clinton voleva essere differente rispetto a quella del predecessore Bush, e a tutte le politiche estere delle amministrazioni recenti nei confronti dell’Iran. Il Consigliere per la Sicurezza Nazionale, Anthony Lake, mise subito in guardia il neopresidente Clinton, dal non farsi abbindolare da Teheran, che aveva cercato spesso di riavvicinarsi all’Occidente, ma solo per riacquisire credibilità internazionale, in modo da poter portare avanti i suoi veri programmi.

Un elemento molto critico cui l’amministrazione dovette subito fare i conti era il processo di pace messo in atto in Medio Oriente tra Israele e Palestina. Clinton si mostrò fin da subito molto sensibile al tema e non aveva intenzione di fermare il processo di pace, che sembrava ben avviato. Molti dei componenti della nuova amministrazione pensavano però che, proprio questa, era la maggiore causa dell’instabilità in Medio Oriente. Per poter ovviare al crearsi di una situazione difficile da sostenere, gli Stati Uniti dovevano decidere subito una strategia nei confronti di Iraq e Iran, le due potenze maggiormente contrarie al processo di pace e le più ostili nei confronti di Israele158. Entrambe, inoltre, erano intenzionate a supportare militarmente e attraverso operazioni

commerciali tra i due paesi. http://www.globalsecurity.org/wmd/world/iran/khan-iran.htm

http://www.telegraph.co.uk/news/worldnews/asia/pakistan/6170145/A.Q.-Khan-boasts-of-helping- Irans-nuclear-programme.html

http://www.foia.cia.gov/sites/default/files/document_conversions/89801/DOC_0000602664.pdf 158

“Tehran reacted furiously to the Arab-Israeli peace process. Its 1992/93 budget formally allots $20

million for Palestinian rejectionists, and Hamas, the fundamentalist Palestinian group, has opened an "embassy" in Tehran. Hamas received new weapons from Iran for attacking Israel, and within a week Katyushas went off from Lebanon, threatening to disrupt the peace negotiations.” Pipes Daniel

Clawson Patrick, “Ambitious Iran, Troubled Neighbors”, Foreign Affairs, January 1993, Vol. 72 Issue 1, p.126.

81 terroristiche i ribelli palestinesi e libanesi attraverso anche lo sviluppo di armi non convenzionali, così da minacciare Israele più da vicino159 e infondere timore agli Stati Uniti, come esaminato in precedenza.

Durante l’amministrazione Clinton, soprattutto agli inizi, era la preoccupazione per la sicurezza di Israele che influenzava molto le azioni da intraprendere nei confronti delle minacce provenienti dall’Iran. Israele infatti, era disponibile ad andare avanti nel processo di pace con i gli arabi palestinesi, solo se protetto a dovere. Il supporto iraniano agli attacchi terroristici e il suo lento, ma saldo perseguimento, della capacità nucleare, spaventarono molto Israele. Di conseguenza, il governo israeliano chiedeva agli Stati Uniti di limitare la capacità iraniana di attaccare il loro paese, dato che Israele, come disse Clinton, avrebbe dovuto “ correre rischi per la pace”.

La risposta dell’amministrazione Clinton fu una politica conosciuta con il nome di “Dual Containment ”, vale a dire Doppio Controllo dell’Iraq e dell’Iran, ideata dal Direttore degli Affari del Vicino Oriente e Asia Meridionale, Martin Indyk. In un discorso all’organizzazione da lui fondata, il Washington Institute for Near

East Policy, Indyk delineò la politica del “Dual Containment”:

“The Clinton administration's policy of "dual containment" of Iraq and Iran

derives in the first instance from an assessment that the current Iraqi and Iranian regimes are both hostile to American interests in the region. Accordingly, we do not accept the argument that we should continue the old balance of power game, building up one to balance the other. We reject that approach not only because its bankruptcy was demonstrated in Iraq's invasion of Kuwait. We reject it because of a clear-headed assessment of the antagonism that both regimes harbor towards the United States and its allies in the region. And we reject it because we don't need to rely on one to balance the other.”160

159 Martyn Indyk, “Back to Bazaar”, Foreign Affairs, N.1, January-February 2002, pp.76-77 160

Martin Indyk, “ The Clinton Administration’s Approach to the Middle East”, discorso al “Soref Symposium” del “Washington Institute for Near East Policy”, 18 maggio 1993; tutto il discorso disponibile alla pagina web http://www.washingtoninstitute.org/policy-analysis/view/the-clinton- administrations-approach-to-the-middle-east

82 In altre parole, non ci sarebbero più stati né “Twin Pillars”, né “Tilt Toward Iraq”. Entrambe si erano mostrate delle politiche fallimentari. Indyk aggiunse inoltre che, anche se il nome implicava una politica di contenimento alla stessa maniera per Iran e Iraq, l’approccio e gli obiettivi americani nei confronti dei due paesi sarebbero stati differenti. Nel caso dell’Iraq, infatti, l’amministrazione avrebbe perseguito una forma più aggressiva di contenimento, con l’obiettivo di indebolire il paese costringendolo ad adempire a tutti i suoi obblighi nei confronti delle Nazioni Unite e supportando anche i gruppi di opposizione al regime Saddam.

Per quanto riguardava l’Iran invece, l’approccio sarebbe stato molto diverso. Gli Stati Uniti non erano contro la natura o la composizione di un regime islamico in Iran, anche perché già avevano rapporti politico-economici con paesi islamici; era il comportamento tenuto dal governo iraniano rispetto a temi fondamentali come il rispetto dei diritti umani, supporto a gruppi terroristici, perseguimento dell’arma atomica, opposizione al processo di pace, che gli Stati Uniti non accettavano. Per di più, il governo americano avrebbe tentato di dissuadere le altre potenze mondiali dal vendere armi a Teheran e limitare anche le relazioni economiche con esso. Sempre Indyk a proposito dell’approccio americano nei confronti dell’Iran, disse :

“I should emphasize that the Clinton administration is not opposed to Islamic government in Iran. Indeed we have excellent relations with a number of Islamic governments. Rather, we are firmly opposed to these specific aspects of the Iranian regime's behavior, as well as its abuse of the human rights of the Iranian people. We do not seek a confrontation but we will not normalize relations with Iran until and unless Iran's policies change, across the board. We are willing to listen to what Iran has to say, provided that this comes through authoritative channels. However, in the absence of dramatic changes in Iran's behavior, we will work energetically to persuade our European and Japanese allies, as well as Russia and China, that it is not in their interests to assist Iran to acquire nuclear weapons or the conventional means to pose a regional threat. Nor do we believe it is in their interests to ease Iran's economic situation so that it can pursue normal commercial relations on one level while threatening our common

83

interests on another level. We will pursue this effort of active containment unilaterally, maintaining the counterterrorism sanctions and other measures enacted by previous administrations to encourage a change in Iranian behavior. However, we recognize that success will require multilateral efforts since much of what Iran seeks in order to build up its military power is obtainable elsewhere. In this regard, we will seek to impress upon our allies the necessity for responding to the Iranian threat and the opportunity now presented by Iran's current circumstances.”161

Gli Stati Uniti, tuttavia, non avevano nessuna intenzione di rovesciare il regime iraniano, anche se Teheran rimaneva nell’annuale “lista del terrorismo” , redatta ogni anno dal governo statunitense162.

L’obiettivo centrale della politica americana del “Dual Containment” rivolta verso l’Iran era di ostacolare il paese dal creare disordini nella regione, attraverso una serie di misure restrittive, molte delle quali già in atto, con la speranza che il comportamento di Teheran cambiasse163. Questo era decisamente improbabile; per quanto riguarda l’Iran, possiamo dire quindi, che la politica del Doppio Controllo fosse principalmente una strategia di difesa più che d’attacco. Infatti, almeno all’inizio, la politica di contenimento rivolta verso l’Iran si dimostrò più “declaratoria” che operativa. Il contenimento, infatti, non deve essere per forza aggressivo, ma può rimanere a un livello più dichiarativo, e cioè niente più che un elemento di dissuasione. L’obiettivo principale in quel momento era assicurare Israele che gli Stati Uniti avrebbero tenuto l’Iran sotto controllo, mentre Gerusalemme intraprendeva il processo di pacificazione.

Gli Stati Uniti inoltre, avevano intenzione di esercitare una forte pressione per persuadere alleati come il Giappone, ma soprattutto i paesi alleati europei, a

161

Martin Indyk, “ the Clinton Administration’s Approach to the Middle East”,

http://www.washingtoninstitute.org/policy-analysis/view/the-clinton-administrations-approach-to-the- middle-east

162

http://www.state.gov/j/ct/list/c14151.htm

163 “Containment will not be easy to sustain. It takes years or even decades to work, and so requires a

broad consensus of support within the United States”, Pipes Daniel

84 diminuire il loro commercio con l’Iran. Ma proprio da parte dell’Europa, già da prima dell’insediamento di Clinton alla Casa Bianca, non arrivavano segnali incoraggianti. In occasione del Consiglio Europeo dell’11-12 dicembre 1992 a Edimburgo, i paesi europei annunciarono che “Data l’importanza dell’Iran nella

regione, il Consiglio Europeo riafferma la sua convinzione che un dialogo con il governo iraniano va mantenuto”164.

L’approccio americano e quello europeo erano lontani dal convergere. La strategia americana, seppur difensiva, puntava a far capire all’Iran che se avesse proseguito con quel tipo di comportamento sarebbe andato incontro a pesanti conseguenze; quella europea, invece, faceva intendere che se l’Iran si fosse comportato come un buon “cittadino” del mondo avrebbe ricevuto delle ricompense165.

La politica del “Dual Containment” fallì nel tentativo di cambiare l’atteggiamento iraniano perché era una politica “ferma”, con poca iniziativa e troppo di stampo difensivo, anche se non si mostrò mai accomodante nei confronti di Teheran. Alla stessa maniera anche la politica di dialogo europea fallì, colpevole di aver usato troppo la “carota”, e quasi niente il “bastone”, nei confronti di un Iran che, non aveva nessuna intenzione di andare incontro alle esigenze mondiali, soprattutto per quanto riguardava i diritti umani e le condizioni sociali della popolazione iraniana.

Non sorprende infatti che all’Iran non dispiacesse la politica europea ma in cambio non sopportasse l’atteggiamento americano. Anche se gli Stati Uniti non misero in atto significanti azioni volte a stravolgere lo status quo iraniano, Teheran non prese bene i toni e gli appellativi usati, le frasi e gli atteggiamenti dei funzionari politici americani, accusati dal regime islamico di utilizzare toni aggressivi e di minaccia166.

164

http://www.europarl.europa.eu/summits/edinburgh/d0_en.pdf 165 Kenneth M. Pollack, “The Persian Puzzle”, op.cit., p.264

166

Due esempi: Anthony Lake chiamò l’Iran uno stato “furfante”, mentre il segretario di Stato Warren

Christopher disse in un discorso alla Georgetown University nel 1995 che l’Iran è “il più rilevante paese sponsor del terrorismo e il più ardito oppositore del processo di pace in Medio Oriente”. Shireen Hunter,

85 Invece di riconoscere che la politica del “Containment” era una politica di difesa in reazione alla loro politica “offensiva” , il regime di Teheran vide in questa politica americana l’ennesima provocazione ai suoi danni.

L’Iran, di conseguenza, iniziò ad agire secondo una strategia ben precisa: allontanare gli Stati Uniti dalla regione, espandere la sua influenza nel Golfo e ostacolare il processo di pace. Teheran continuò ancor più energicamente a supportare organizzazioni terroristiche come Hezbollah e Hamas167, tanto che durante il 1993, l’annuale Patterns of Global Terrorism del Dipartimento di Stato americano, descrisse l’Iran come il “più pericoloso Stato sponsor del

terrorismo”168. E non solo continuò nell’obiettivo nascosto, ma neanche troppo, di accaparrarsi delle conoscenze necessarie per costruire l’arma atomica. Il “Dual Containment” aprì anche un nuovo andamento per quanto riguarda la parte diplomatica della strategia di politica estera iraniana. Da quando l’Iran stava lavorando per creare un alleanza tra i vari paesi del Medio Oriente e i gruppi terroristici e di opposizione, qualcuno a Teheran iniziava a pensare che anche l’Iraq, seppur nemico fino a qualche anno prima, potesse essere un buon candidato da essere coinvolto in questa strategia d’opposizione agli Stati Uniti e Israele. Così, nell’ottobre 1993, il ministro degli Esteri iraniano Mohammad Javad Zarif, si recò a Baghdad per vedere se gli iracheni fossero interessati. Anche se questo primo colloquio fallì, l’Iran riprovò anche in seguito a dialogare con Baghdad, soprattutto verso la fine del decennio, anche se gli iracheni costantemente rifiutarono.

Barbara, California, 2010, p.51, http://www.foreignaffairs.com/articles/49685/anthony- lake/confronting-backlash-states

167

Riguardo il supporto iraniano al terrorismo Rafsanjani disse, “ We spend some money in Lebanon. I

would like to ask whether the struggle of those people in Lebanon whose land has been occupied by the Israelis is really terrorism. Is that your definition of terrorism? We help them to push the Israelis back from their land. We also help some indigent people in southern Lebanon, some in the Shiite community who are the victims of aggression and occupation. There is no other instance in which we pay money, anywhere else.”, Milton Viorst, “The Limits of the Revolution”, Foreign Affairs, Nov/Dic 1995, Vol.74

Issue 6, p75 168

86 Dal 1995, l’aggressiva politica estera iraniana si intensificò ancora. Nel gennaio 1995, Teheran concluse un accordo con Mosca che prevedeva la costruzione a Bushehr del reattore nucleare iniziato dalla Germania durante il periodo dello Shah. Anche se il reattore era apparentemente adibito a propositi di ricerca energetica alternativa, molti pensavano che l’Iran potesse utilizzarlo come una copertura per poi in seguito convertirlo in un programma di ricerca dell’arma atomica. Anche la Cina già dalla fine degli anni Ottanta finanziava lo sviluppo di impianti nucleari e vendeva armi all’Iran. Gli Stati Uniti cercarono di bloccare la vendita di armamenti (missili e nucleare) da parte di Russia e Cina, ma gli sforzi si rivelarono vani. Cinesi e russi negarono più volte che l’Iran fosse una minaccia e che avesse intenzione di costruire ordigni nucleari, Rafsanjani dal canto suo insisteva nell’affermare che l’Iran avrebbe usato l’energia nucleare solo a scopi pacifici169.

In più, sempre nel 1994, i repubblicani vinsero le elezioni di Mid-Term e presero il controllo del Congresso. Adesso, non c’era proprio più nessun appoggio politico per l’Iran in America. Teheran dal canto suo non stava assolutamente moderando il suo comportamento e la politica del “Dual Containment”, aveva fatto poco o nulla per cambiarlo. Ma la cosa più imbarazzante era che gli Stati Uniti fossero il terzo paese con il quale l’Iran aveva più scambi commerciali, il sesto per esportazioni, e il più grande acquirente di petrolio170. Questo aspetto paralizzava sempre più la politica del “Dual Containment”, che in ambito economico richiedeva sanzioni e restrizioni commerciali nei confronti dell’Iran, soprattutto da parte degli altri paesi. Questi vedevano gli americani che