NEL MITO GRECO
2.6 Figure femminili nelle storie di fratelli e gemell
2.6.4 Biante e Melampo
La storia fratelli Biante e Melampo («colui che ha un piede nero»366) erano figli di Amitaone e di Idomenea (secondo altri, Aglea o Flodope, cf. Apollod. Bibl. 1.9.1; Diod.
Capps 1910, pp. 60 ss.); schol. ad Hom. Il.10.334; Eust. ad Hom. Od. 11.253, p. 1681. Secondo Eustazio e lo scoliasta di Hom. Od. 11.253, Pelia fu allattato da una cavalla e Neleo da una cagna. Cf. Ael. VH 12.42. Aristotele (Poet. 1454b 25) informa che nel dramma di Sofocle, intitolato Tyro, il riconoscimento dei bambini abbandonati avvenne grazie all'arca (skaphê) in cui furono trovati. Menandro sembra aver seguito una tradizione diversa, perché dice che i bambini sono stati trovati da un vecchio capraio, e che furono riconosciuti grazie ad un piccolo scrigno (pêridion). La leggenda dei gemelli riconosciuti, figli di padre divino e di madre umana, che erano allattati da animali, allevati da un contadino e destinati a litigare per un regno una volta divenuti adulti, presenta numerose analogie con la leggenda di Romolo e Remo; ed è stato anche ipotizzato che il dramma sofocleo abbia costituito la fonte ultima della leggenda romana, chiaramente attraverso l’interpretazione del primo storico romano Q. Fabio Pittore che, a sua volta, si era rifatto allo storico greco Diocle di Peparethus (sembra che Fabio Pittore si sia avvalso della testimonianza offerta da Diocle non solo relativamente a questa leggenda ma anche per molti altri punti della storia romana antica (Plut. Rom. 3)). La stessa parola skaphê che Sofocle sembra aver applicato all'arca in cui Pelia e Neleo erano esposti, viene applicata da Plut.
Rom. 3 all'arca in cui Romolo e Remo furono esposti. Ved. Trieber 1888, pp. 569-582.
363 Cf. Tzetzes, schol. ad Lycoph. 175, che sembra essersi rifatto sulla versione di Apollodoro.
364 Cf. Apollod. Bibl. 1.9.8: τελειωθέντες δὲ ἀνεγνώρισαν τὴν μητέρα, καὶ τὴν μητρυιὰν ἀπέκτειναν Σιδηρώ·
κακουμένην γὰρ γνόντες ὑπ᾽ αὐτῆς τὴν μητέρα ὥρμησαν ἐπ᾽ αὐτήν, ἡ δὲ φθάσασα εἰς τὸ τῆς Ἥρας τέμενος κατέφυγε, Πελίας δὲ ἐπ᾽ αὐτῶν τῶν βωμῶν αὐτὴν κατέσφαξε, καὶ καθόλου διετέλει τὴν Ἥραν ἀτιμάζων.
365 Infatti, dopo la morte di Creteo, Pelia si oppose a che il suo fratellastro Esone governasse il regno e, dopo aver
espulso anche il gemello Neleo, governò a Iolco (schol. ad Eur. Alc. 255; cf. Paus. 4.2.3), mentre secondo altri, non regnò a lolcus fino alla morte di Eeson, e nemmeno allora, essendo tutore di Giasone, figlio di Esone. (schol. ad Hom.
Od. 12.70.) Probabilmente, quando Esiodo lo definisce ὑβριστής allude alla sua condotta nei confronti dei propri fratelli
(Hes. Theog. 996). Pelia, secondo alcuni (Hyg. Fab. 14), Anassibia, figlia di Biante; secondo altri, Filomache, la figlia di Anfione, dalla quale ebbe Acasto, Peisidice, Pelopeia, Ippothoe e Alcesti. (Apollod. Bibl. 1.9.8.) Oltre a queste figlie di Pelia (Peliades), ne vengono menzionate diverse altre, come Medusa (Hyg. Fab. 24), Amphinome, Evadne (Diod. Sic. 4.53), Asteropaea e Antinoe (Paus. 8.11.2.) I Peliadi erano rappresentati sull’arca di Cipselo, dove tuttavia fu scritto il solo nome di Alcesti. (Paus. 5.17.4; cf. Hom. Il. 2.715; Ov. Tr. 5.5.55.). Cf, Smyth 1949, s.v. Neleus; Pelias.
366 Antico epiteto usato dagli Egizi, Apollod. Bibl. 2.1.4 (τὴν Μελαμπόδων χώραν: l’Egitto). Ved. LSJ, s.v. μ. Melampo
era considerato un profeta, un guaritore miracoloso e sacerdote dedito a sacrifici occulti e a pratiche espiatorie (Apollod.
Bibl. 1.9.11; Diod. Sic. 4.68; Egli era altresì ritenuto il fondatore del culto di Dioniso in Grecia (Hdt. 2.48 s., Apollod. Bibl. 2.2.2). Cf. Smith 1849, s.v. Melampous; Simon 1992, s.v. M., LIMC 6.1, pp. 405-10; Gantz 1993, vol. 2, pp. 185-
88, 312 s. Nel Canto XI dell’Odissea le vicende del vate Melampo presentano vocaboli di origine micenea (cf. Webster 1958, p. 119; Heubeck 1983, pp. 283-284). All’indovino guaritore è inoltre dedicato un lungo excursus nel Canto XV dell’Odissea (225-255), per cui ved. Pellizer 2002, pp. 191-198.
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Sic. 4.68; schol. ad Theoc. 3.43), figlia di Fere (Apolld. Bibl. 1.9.11). Biante si innamorò della cugina Pero, figlia di Neleo, e riuscì a sposarla solo grazie all’aiuto del fratello. Infatti, i due organizzarono il furto della mandria di Ificlo367, la cui consegna era stata posta da Neleo come condizione per scegliere, tra i pretendenti alla mano della figlia, colui al quale l’avrebbe concessa in sposa.368 Fu Melampo a compiere l’azione, per conto
di Biante (Hom. Od. 11.287-97, 15.225-40; Apollod. Bibl. 1.9.12, 2.25ss.). In entrambe le occasioni, Omero riporta una versione concisa dell’episodio, priva dell’elemento prodigioso (così anche Pausania, 4.36.3) e sottolinea il sacrificio di Melampo che fu imprigionato (δεσμοί τ᾽ ἀργαλέοι, 11.293; ἐνὶ μεγάροις Φυλάκοιο | δεσμῷ ἐν ἀργαλέῳ, 15.231-32) costretto a patire (κρατέρ᾽ ἄλγεα, 15.232) per portare a termine l’impresa (15.235-38):369
ἀλλ᾽ ὁ μὲν ἔκφυγε κῆρα καὶ ἤλασε βοῦς ἐριμύκους ἐς Πύλον ἐκ Φυλάκης καὶ ἐτίσατο ἔργον ἀεικὲς ἀντίθεον Νηλῆα, κασιγνήτῳ δὲ γυναῖκα
ἠγάγετο πρὸς δώμαθ᾽.
Stando alla versione di Apollodoro, la mandria di buoi si trovava a Filace, in Tessaglia, ed era sorvegliata da un cane feroce e inavvicinabile. Biante chiede l’aiuto del fratello Melampo che accetta, pur consapevole – grazie alle proprie doti di veggente – che sarebbe stato scoperto nell’atto di sottrare i buoi e dunque imprigionato per un anno. Dopo essere stato liberato, Melampo guarisce dall’impotenza il figlio di Filaco, Ificlo (cf. Apolld. Epit. 3.20), ottiene in cambio la mandria e la riporta a Pilo; consegnata Pero al fratello Biante, Melampo rimane in Messenia (Apolld. Bibl. 1.9.12, cf. Paus 4.36.2, schol.
367 Si tratta di un altro caso di cattle raiding perpetrato da Ificlo ai danni della moglie di Neleo, Cloris, alla quale
apparteneva la mandria di buoi.
368 L’episodio del corteggiamento di Pero è riportato anche in schol. ad Hom. Od. 11.287 e, sostanzialmente, la stessa
versione è presente in Eust. ad Hom. Od. 11.292, p. 1685. Cf. schol. Theoc. 3.43; schol. ad Ap. Rhod., Argon. 1.118; Prop. 2.3.51 ss. Ved. l'appendice di Frazer ad Apollodoro, "Melampus e il kine di Phylacus", IX, pp. 11-13 in Frazer 1921.
369 Hom Od. 235-38: “Ma egli eluse la morte e guidò le vacche nugghianti | da Filaca a Pilo e fece pagare il suo turpe
misfatto | a Neleo pari a un dio, e portò a casa al fratello | una donna”. Cf. Od. 11.291-97: τὰς δ᾽ οἶος ὑπέσχετο μάντις ἀμύμων | ἐξελάαν· χαλεπὴ δὲ θεοῦ κατὰ μοῖρα πέδησε, | δεσμοί τ᾽ ἀργαλέοι καὶ βουκόλοι ἀγροιῶται. | ἀλλ᾽ ὅτε δὴ μῆνές τε καὶ ἡμέραι ἐξετελεῦντο | ἂψ περιτελλομένου ἔτεος καὶ ἐπήλυθον ὧραι, | καὶ τότε δή μιν ἔλυσε βίη Ἰφικληείη, θέσφατα πάντ᾽ εἰπόντα· Διὸς δ᾽ ἐτελείετο βουλή. Trad.: “Soltanto il nobile vate promise | di riportarle: ma lo fermò il duro destino di un dio, | le catene difficili e i bovari dei campi. | Ma quando compirono i mesi e i giorni | dell’anno che di nuovo volgeva, e le stagioni tornarono, | allora la forza di Ificlo lo sciolse dopo che egli | gli disse tutti i responsi: si compiva il volere di Zeus”. Cf. anche schol. Ap. Rhod. 1.118; Eust. ad Hom. Od. 11.292, p. 1685; Plin. HN 10.137. Per maggiori dettaglio sull’episodio, ved. anche Löffler 1963, pp. 30-39.
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ad Theoc. 3.43), fino a quando non si stabilisce ad Argo assieme a Biante (Apolld. Bibl.
2.2.2; Diod. Sic. 2.68.4; Paus. 2.18.4).
Infatti, in altra impresa che li vide protagonisti, Biante e Melampo organizzarono la cattura di un gruppo di fanciulle – tra cui le Pretidi370 – che erano impazzite (per volere di Dioniso: Hes. fr. 131 M.-W.; di Era: Acus. FGrH 2 F 28) e quest’ultimo le fece rinsavire. Tuttavia, due sono le versioni dell’episodio. Diodoro Siculo racconta che, come ricompensa per aver guarito le donne di Argo dalla follia che l'ira di Dioniso aveva portato su di loro, Melampo ricevette dal re degli Argivi, Anassagora figlio di Megapente, due terzi del regno di Argo, e decise di condividere tale privilegio concedendo l’altro terzo al fratello (4.68.4, cf. Paus. 2.18.4), futuro progenitore della stirpe dei Biantidi (cf. Hes. fr. 37, 5-9 M.-W.; Hdt. 9.34; Apollod. Bibl. 1.9.13; Paus. 2.18.4).371 Secondo altre fonti, le figlie di Proteo, Ifinoe, Lysippe e Ifianassa furono colte da pazzia, per essersi opposte al culto di Dioniso (Diod. loc. cit.; Apollod. Bibl. 1.9.12) e per essersi vantate di eguagliare Era in bellezza o, ancora, per aver rubato l'oro dalla statua della dea (Serv. ad Verg. Ecl. 6.48). Melampo promette di curare le donne, a patto che il re Preto gli conceda un terzo del suo territorio e una delle sue figlie in sposa. Preto dapprima rifiuta la proposta, ma quando la pazzia si impadronisce anche delle altre donne Argive, dei messaggeri chiedono l’aiuto di Melampo; costui rinnova la proposta chiedendo un terzo di terra in più, per suo fratello. Avvenuta la guarigione delle donne, Melampo e Biante sposarono le due figlie di Preto (Apolld. Bibl. 2.2.2, Strabo. 8; Ov. Met. 15.322; Paus. 2.7.8, 8.18; Hdt. 9.34;
schol. ad Pind. Nem. 9.30).372
370 Erano le figlie del re di Tirinto, Preto. Sull’episodio che le riguarda cf. anche Diod. Sic. 4.68; Paus. 2.18.4; Pherec.
FGrH 3 F 114; Bacchyl. 11; Pind. Pae. 4.28-30. Alcuni autori sostengono che non soltanto le Pretidi furono colte da
follia ma anche molte donne argive. Erodoto non nomina Preto né le figlie, ma parla di donne in generale (9.34); così anche Pausania, che tuttavia riporta due versioni dell'episodio: nella prima, sarebbe avvenuto sotto il regno di Anassagora (2.18.4); nella seconda, sotto il regno di Preto (8.18.7).
371 Cf. Hes. fr. 37, 10-15 M.-W. In cui si dice che fu Preto a spartire il regno fra sé, Biante e Melampo. Il frammento
esiodeo succitato ricorda il matrimonio di Biante con Pero e la nascita di Talao ma non prosegue con la progenie di quest’ultimo, la quale, probabilmente era sviluppata in un’altra sezione del Catalogo, come altrove era trattata la stirpe di Melampo (Hes. fr. 136 M.-W.; ved. anche Hom. Od. 15.225; Paus. 6.17.4), oppure nella Melampodia (poema attribuito da più fonti allo stesso Esiodo, frr. 270-279 M.-W.) Biante sposò prima Pero e poi Lysippe, figlia di Preto (cf. Apolld. Bibl. 2.2.2.1-2 (= Hes. fr. 131 M.-W.) e le relative analogie con Hes. fr. 129, 1-24 M.-W. e con Apollod.
Bibl. 1.9.12.8); Melampo sposò Ifianassa (ApB. loc. cit.; secondo altriIphianeira o Cyrianassa, Diod. 4.68.5; Serv. ad Verg. Eclog. 6.48). Ved. Cingano 1989 (nn.15-16), p. 30, con relativa bibliografia. Sui figli di Biante ved. anche op.
cit., n. 12 p. 29.
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