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NEL MITO GRECO

2.2 Imprese panelleniche

2.2.1 La spedizione degli Argonauti e la caccia al cinghiale di Calidone

Nonostante fossero fratelli di Elena, i Dioscuri erano considerati appartenenti ad una generazione anteriore rispetto a quella che aveva combattuto a Troia196.

Ciò nonostante, essi presero parte a due importanti imprese panelleniche: il viaggio degli Argonauti e la caccia al cinghiale di Calidone197.

Sebbene fossero ancora menzionati con il nome di Tindaridi, anche nella saga degli Argonauti i due eroi figli di Leda erano ormai identificati con i Dioscuri (cf. Hymn.

Hom. 33). Si ritiene tuttavia che la particolare rilevanza assunta nell’avventura

argonautica derivasse loro non tanto dalla paternità di Zeus – peraltro non inconsueta nelle mitiche storie eroiche elleniche – quanto dalla loro duplice qualità di eroici guerrieri invincibili e di salvatori.

L’uno prode cavaliere, l’altro pugile imbattibile, i due fratelli approdavano alla saga argonautica aventi alle spalle una tradizione mitica già antica e consolidata che li dipingeva come valorosi combattenti provati in cruente mischie (Ap. Rhod. Argon. 3. 146-50)198:

καὶ μὴν Αἰτωλὶς κρατερὸν Πολυδεύκεα Λήδη Κάστορά τ᾽ ὠκυπόδων ὦρσεν δεδαημένον ἵππων

e oltre, i Dioscuri sono raffigurati come snelle e agili figure giovanili di guerrieri in sella ai loro cavalli o a piedi con l’asta in pugno. In un gruppo marmoreo di Locri risalente al 420 a.C. (conservato nel Museo Nazionale di Napoli) i Dioscuri sono rappresentati come due giovani eroi, trasportati da demoni marini in groppa a cavalli al galoppo.

196 Cf. Walker 2015, p. 177.

197 Il Tesoro dei Sicioni a Delfi (570-550 a.C.) costituisce una testimonianza utile per ricostruire le figure

dei Dioscuri nell’immaginario greco. Essi vengono rappresentati davanti alla nave Argo, in groppa ai loro cavalli, nonostante il viaggio fosse per mare; le pitture vascolari confermano il ruolo minore (di supporto) esercitato dai Dioscuri nella saga argonautica; tra le scene più ricorrenti: i due aiutano Medea ad uccidere il gigante Talōs; durante giochi funebri in onore del re Pelia, Castore arriva secondo nella corsa coi carri (questo è quanto emerge dalla raffigurazione su di un vaso di Corinto poiché nell’Arca di Cipselo a Olimpia è Polluce a gareggiare, Paus. 5. 17. 9); Polluce sconfigge il barbaro Amico, re dei Bebrici, in una gara di pugilato (Ap. Rhod. Argon. 2. 35-97). Tuttavia, la tradizione sulla partecipazione di Castore e Polluce all’impresa argonautica è ben consolidata in quanto gli Spartani credevano che partecipando al viaggio essi avessero recuperato dalla Colchide la statua di Arēs Thēritas (è stata proposta un’identificazione con la statua di Ares Enualios nel santuario dei Dioscuri a Terapne, cf. Walker 2015, pp. 129-30). Cf. op.cit. pp. 177-78.

198 Trad. ac. di Paduano 1986: “L’Etolide Leda mandò da Sparta il valoroso Polluce | e Castore, esperto di

cavalli dalle zampe veloci: | li generò in una doglia sola dentro la casa di Tindareo, | e li ebbe carissimi, e non | rimase sorda alle loro preghiere: | pensava ad un destino degno dell’amore che ebbe con Zeus”.

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Σπάρτηθεν· τοὺς δ᾽ ἥγε δόμοις ἔνι Τυνδαρέοιο τηλυγέτους ὠδῖνι μιῇ τέκεν· οὐδ᾽ ἀπίθησεν

νισσομένοις· Ζηνὸς γὰρ ἐπάξια μήδετο λέκτρων199.

Secondo la tarda rielaborazione di Apollonio Rodio, all’arrivo in Colchide sono i Dioscuri i primi a sbarcare e ad addentrarsi sulla terraferma in avanscoperta, spronando sul lido ignoto i loro destrieri200; essi inoltre, nel momento più cruciale dell’impresa, proprio a seguito di quello sbarco, aiutano Giasone ad affrontare i tori spiranti di fiamme, porgendogli il giogo per domarli (Argon. 3. 1311-16)201:

Εὐρὺ δ᾽ ἀποπροβαλὼν χαμάδις σάκος, ἔνθα καὶ ἔνθα τῇ καὶ τῇ βεβαὼς ἄμφω ἔχε πεπτηῶτας γούνασιν ἐν προτέροισι, διὰ φλογὸς εἶθαρ ἐλυσθείς. θαύμασε δ᾽ Αἰήτης σθένος ἀνέρος. οἱ δ᾽ ἄρα τείως Τυνδαρίδαι--δὴ γάρ σφι πάλαι προπεφραδμένον ἦεν-- ἀγχίμολον ζυγά οἱ πεδόθεν δόσαν ἀμφιβαλέσθαι

Non sono, tuttavia, tra gli eroi uccisori di mostri; per esempio, quando Giasone muove ad uccidere il drago, le figure dei due fratelli si adombrano nuovamente. Intervengono altresì, con una forza misteriosa infusa loro da Zeus, durante una tempesta per salvare la nave Argo in pericolo durante il viaggio di ritorno (Apoll. Rhod. Arg. 4. 585-595)202:

199 Dall’Argolide si passa in Laconia e compaiono i Dioscuri; Apollonio, seguendo la tradizione esiodea, li

considera entrambi figli di Zeus. Cf. Paduano 1986, pp. 100-101. La divinizzazione dei gemelli viene narrata in 4. 650-53 (cfr. anche 2. 806-10). È stato ipotizzato che in un’anfora attica a figure nere (530 a.C.) conservata a Roma nei Musei Vaticani e attribuita ad Exechias fosse rappresentata proprio la partenza dei Dioscuri per la Colchide, nella atto di prendere congedo dai genitori Tindareo e Leda. Alla spedizione degli Argonauti presero parte anche gli Afaretidi (1. 151-55): οἵ τ᾽ Ἀφαρητιάδαι Λυγκεὺς καὶ ὑπέρβιος Ἴδας | Ἀρήνηθεν ἔβαν, μεγάλῃ περιθαρσέες ἀλκῇ | ἀμφότεροι· Λυγκεὺς δὲ καὶ ὀξυτάτοις ἐκέκαστο | ὄμμασιν, εἰ ἐτεόν γε πέλει κλέος, ἀνέρα κεῖνον | ῥηιδίως καὶ νέρθε κατὰ χθονὸς αὐγάζεσθαι. Trad.: “I figli di Afareo, il tracotante Ida e Linceo, | giunsero dalla terra di Arena, entrambi superbi del loro immenso vigore, ma Linceo si distingueva | per la vista acutissima, se si può prestar fede alla fama | che egli vedeva facilmente sotterra…”. Nel racconto di Apollonio Rodio, Ida viene raffigurato come esempio di eroismo bellico, per certi aspetti tendente al grottesco e caricaturale (cf. in particolare 3. 1252-55).

200 Così sono raffigurati sopra una metope del Tesoro delfico dei Sicioni (560 a.C.), conservata nel Museo

di Delfi.

201 Trad. ac. di Paduano 1986: “Depose a terra, lontano, il vasto scudo e, ben piantato | sulle gambe, ambedue

li tenne piegati [i tori] | sui ginocchi anteriori e intanto le fiamme lo circondavano. | Eeta stupì della forza di Giasone. Ed ecco | i due figli di Tindareo – com’era stato deciso con loro – | gli si appressarono per porgergli il giogo caduto al suolo”.

202 Trad. ac. di Paduano 1986: “…la voce diceva | che non sarebbero mai sfuggiti alle pene | del mare

78 οὐ γὰρ ἀλύξειν ἔννεπεν οὔτε πόρους δολιχῆς ἁλός, οὔτε θυέλλας ἀργαλέας, ὅτε μὴ Κίρκη φόνον Ἀψύρτοιο νηλέα νίψειεν· Πολυδεύκεα δ᾽ εὐχετάασθαι Κάστορά τ᾽ ἀθανάτοισι θεοῖς ἤνωγε κελεύθους Αὐσονίης ἔμπροσθε πορεῖν ἁλός, ᾗ ἔνι Κίρκην 595 δήουσιν, Πέρσης τε καὶ Ἠελίοιο θύγατρα. ὧς Ἀργὼ ἰάχησεν ὑπὸ κνέφας· οἱ δ᾽ ἀνόρουσαν Τυνδαρίδαι, καὶ χεῖρας ἀνέσχεθον ἀθανάτοισιν εὐχόμενοι τὰ ἕκαστα· κατηφείη δ᾽ ἔχεν ἄλλους ἥρωας Μινύας203 .

Il colorito fortemente arcaico dell’unico episodio guerriero ove i Dioscuri figurano protagonisti nelle Argonautiche è la prova di come il mito dei due gemelli sia confluito presto nella suddetta saga. L’episodio è quello della singolar tenzone tra Polluce e Amico, re dei Bebrici. Attenendosi alla tradizione che celebrava Polluce come esperto pugilatore, Teocrito rappresenta questa tenzone come una gara di pugilato fra il cavalleresco e scattante figlio di Zeus e il brutale e corpulento figlio di Poseidone (Teocr. Id. 22. 27 e ss.)204.

e a Polluce ordinava di supplicare gli dèi immortali | che aprissero loro la strada del mare Ausonio, dove dovevano | trovare la maga Circe, figlia di Perse e del Sole. | Così gridò Argo al calar della sera, i Tindaridi | si alzarono in piedi e stendendo le mani agli dei immortali, | pronunciarono la preghiera punto per punto, ma lo sconforto | aveva invaso gli altri eroi Minii”.

203 Nel racconto mitico di Apollonio Rodio risalerebbe a questo intervento salvatore il loro attributo di

«Salvatori dalla tempesta»: μεσσότατον δ᾽ ἄρα τοίγε διὰ στόμα νηὶ βαλόντες | Στοιχάδας εἰσαπέβαν νήσους σόοι εἵνεκα κούρων | Ζηνός· ὃ δὴ βωμοί τε καὶ ἱερὰ τοῖσι τέτυκται | ἔμπεδον· οὐδ᾽ οἶον κείνης ἐπίκουροι ἕποντο | ναυτιλίης· Ζεὺς δέ σφι καὶ ὀψιγόνων πόρε νῆας. Trad. ac. di Paduano 1986: “Passarono l’estuario nel mezzo con la loro nave | e approdarono alle isole Stoicadi, salvi mercé dei gemelli | figli di Zeus; per questo si compiono riti ed altari | si levano in loro onore; perché non quella volta sola | vennero in soccorso ad imprese di mare: un uguale potere | concesse loro Zeus per le navi che vennero poi” (cf. 4. 649 ss.). Questo episodio viene da un più antico racconto mitico argonautico, dove i Dioscuri avevano un ruolo preminente. Callimaco ne trasse il soggetto per uno dei suoi eruditi racconti mitici in versi, di cui restano solo scarsi frammenti: “…i Tindaridi |…prima a Zeus levarono preghiera | e supplicavano poi tutti gli altri Numi immortali…” (Call. [cfr. Pfeiffer, I, fr. 18, vv. 1 ss.]).

204 Si narra il passaggio della nave Argo nel Bosforo attraverso le Simplegadi, dunque l’approdo sulla costa

del Mar Nero. In questi versi il poeta rielabora l’inizio dell’avventura di Odisseo nella terra dei Ciclopi (Od. 11. 117 ss.; 185 ss.), cf. Vox 1997, p 299. Ai tempi di Teocrito questa singolar tenzone – ambientata in un luogo e in un tempo primordiali rispetto a quelli ove furono immaginati i grandi duelli eroici dell’epica – si inquadra in una vasta tradizione poetica figurativa, con un certo riflesso del realismo alessandrino. La descrizione dell’incontro di pugilato riprende quelle omeriche della lotta fra Epeo ed Eurialo (Il. 23. 664 ss.) e, in versione serio-comica, fra Odisseo e Iro (Od. 11. 576 ss.). L’episodio di Amico è in parte raffigurato in alcuni frammenti di un cratere a volute attico a figure rosse (440-430 a.C., Ferrara, Museo di Spina) e in una Cista prenestina d’ispirazione greca, detta Cista Ficoroni (I metà del IV sec. a.C., Roma, Museo di Villa Giulia).

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Nel canto degli antichi cantori epici la storia di Giasone si concludeva con la serena visione dei giochi funebri in onore di Pelia, ucciso da Medea205. Fra i protagonisti di questo mitico agone erano in primo piano i Dioscuri, nel loro aspetto di prodi cavalieri. In età arcaica tale cerimonia espiatoria e propiziatrice dell’ucciso costituiva un momento molto importante del più antico mito argonautico, tanto che Stesicoro ne fece soggetto di un suo componimento. Infatti, per ricondurre nella sfera dei mito greco i due inconsueti cavalieri divini, egli raccontava che erano state due divinità olimpie a donar loro, affinché vincessero ai giochi, dei prodigiosi destrieri; le divinità erano Era, protettrice degli Argonauti, ed Ermes, benigno amico dei due eroi206.

L’altra avventura panellenica cui i Dioscuri presero parte fu la caccia al cinghiale di Calidone, episodio molto presente nelle testimonianze iconografiche greche. Anche in questo caso risulta difficile distinguere Castore e Polluce dalla massa degli altri eroi. Il cinghiale calidonio figura in diversi racconti mitici quale bestia caratterizzata da straordinaria possanza e antagonista di grandi eroi. Nell’ambito dell’episodio della caccia calidonia, il cinghiale era stato inviato da Artemide per distruggere i campi di Calidone, punendo così il re della città, Oineo, il quale era venuto meno alle offerte votive nei confronti della dea, pur avendogli ella garantito un eccellente raccolto. Per liberarsi della terribile belva, Oineo organizzò una battuta di caccia, chiedendo la partecipazione di numerosi eroi del mito greco, tra i quali anche i Dioscuri e gli Afaretidi207.

In veste di Tindaridi, Castore e Polluce giocarono un ruolo importante anche nell’ambito della storia di Sparta. Infatti, quando il loro zio Ippocoonte usurpò il trono di Tindareo, con l’aiuto di Eracle i due fratelli intervennero per ristabilire la sovranità del padre208. Interessante, al riguardo, un frammento di Alcmane (fr. 3 Calame), il più ampio

205 L’episodio è raffigurato in un particolare di un cratere corinzio (575 a.C., Berlino, Antiquarium). 206 Stesicoro [178 Davies] «…Donò loro Ermes | Arpago e Flogeo, veloci cavalli figli di Podarge, | ed Era

Xanto ed Cillaro». Secondo la tradizione che li vuole dono di Ermes, Arpago e Flogeo erano figli anche del vento Zefiro, come Xanto e Balio, i cavalli di Achille, cf. Aloni in Guidorizzi 2007, p. 625 e 684.

207 Hom. Il. 9. 543-546: τὸν δ᾽ υἱὸς Οἰνῆος ἀπέκτεινεν Μελέαγρος | πολλέων ἐκ πολίων θηρήτορας ἄνδρας

ἀγείραςκαὶ κύνας: οὐ μὲν γάρ κε δάμη παύροισι βροτοῖσι·τόσσος ἔην, πολλοὺς δὲ πυρῆς ἐπέβησ᾽ ἀλεγεινῆς. Trad.: “Meleagro, il figlio di Oineo, lo uccise (il cinghiale) | da molte città facendo venire alla caccia | uomini e cani; non l’avrebbero ucciso in pochi, | tanto era grande, molti mandò sulla pira di morte…”. Tra le fonti relative agli eroi che parteciparono alla caccia: Hyg. Fab. 173; Paus. 8. 46. 1 (tempio di Atena Alea a Tegea); Ov. Met. 8. 301-17.

208 La battaglia è raffigurata in alcuni vasi ateniesi di V secolo a.C. Secondo un’altra versione del mito,

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e meglio conservato; il papiro (Pap. Louvre E 3320), scritto probabilmente nel I d.C., tramanda, in diverso stato di leggibilità, otto strofe di quattordici versi ciascuna di un partenio – il Partenio di Arteminusa – che contava in tutto tra i 112 e i 140 versi. Nelle parti conservate si alternano un racconto mitico e una sezione dedicata all’attualità della

performance in atto209. Nella prima parte del frammento (vv. 1-12) era narrata una

versione particolare della storia relativa alla lotta fra Eracle e gli Ippocoontidi, secondo questo mito, variamente riportato da diverse fonti, Eracle mosse guerra contro Ippocoonte, fratellastro di Tindareo, e i suoi dodici figli che si erano impadroniti del potere a Sparta. Dopo aver ucciso tutti gli avversari, Eracle restituì il trono a Tindareo. Nella particolare versione narrata da Alcmane, un ruolo importante doveva essere svolto anche dai Dioscuri che, in un altro frammento (fr. 2 Calame = 2 Davies), Alcmane definisce ἱππόται σοφοὶ210.

Ma Tindareo non fu l’unico sovrano cui essi portarono il loro aiuto. Quando invasero l’Attica, giunti ad Atene punirono Teseo per aver rapito Elena; pertanto lo deposero dal trono ed nominarono nuovo sovrano Menesteo211.

I suddetti episodi raccontano un altro aspetto importante nella rappresentazione dei Dioscuri: in entrambi i casi infatti i due eroi appaiono per lo più impegnati in azioni di soccorso e sostegno a sovrani legittimi piuttosto che in azioni volte a procurare fama e potere a se stessi. Anche i tratti che con maggior frequenza emergono nella caratterizzazione dei due fratelli, ovvero la giovinezza e le straordinarie doti guerriere, ammantate dell’elemento divino, contribuiscono certamente a delineare tale immagine di difensori.