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La caratterizzazione dei Dioscuri rispetto agli Afaretid

NEL MITO GRECO

2.4 Il ratto delle Leucippid

2.4.3 La caratterizzazione dei Dioscuri rispetto agli Afaretid

L’idillio XXII di Teocrito si propone di glorificare i Dioscuri; tuttavia, non risulta chiaro il motivo per cui il poeta abbia scelto l’episodio della lotta contro gli Afaretidi per ricordare Castore. La scelta di celebrare singolarmente quelle che sono a tutti gli effetti due figure inseparabili nell’immaginario mitico, comporta, nel caso di Castore, la difficoltà di selezionare un’impresa da lui compiuta tale che possa essere equiparata al ruolo da solista giocato da Polluce nell’episodio dello scontro con Amico. Di conseguenza, l’idillio rappresenta il tentativo di esaltare al meglio il ruolo di Castore nella vicenda più significativa da questo punto di vista ovvero quella della lotta con i cugini, sebbene, come s’è visto, il mito sia variamente raccontato; di qui, come è ragionevole supporre, la proposta di Teocrito di narrare un duello tra Castore e Linceo, che non viene menzionato da altre fonti.

fa seguire una retorica ammissione della sua incapacità di «scorrere tutte le glorie | che il sacro recinto di Argo…rinserra» e passa direttamente alle lodi di Teeo, vincitore delle gare in onore di Era, ma tale da poter vantare splendidi successi anche in altri giochi, come quelli pitici ed istmici. Le vittorie di Teeo continuano una tradizione che risale ai suoi antenati, tra i quali c’è Panfae: costui ebbe il privilegio di ospitare Castore e Polluce, simboli delle virtù agonali e nati entrambi da una donna argiva, Leda. Attraverso questa connessione, al v. 80 viene introdotto il mito dei Dioscuri, che occupa tutto il resto dell’epinicio.

328 Tutto l’epinicio si presenta come una celebrazione del passato mitico di Argo e dei suoi culti (vv. 1-5:

“Cantate nell’inno voi, Grazie, la rocca di Danao | e delle cinquanta sue figlie dai fulgidi troni, | Argo, la sede divina | di Era, che splende di mille | virtù di imprese animose…”). Cf. Sbardella 2003, p. 149.

329 La reticenza di Pindaro in merito alla questione del matrimonio si spiega bene anche in considerazione

del fatto che nei Canti ciprii era già presente il particolare della promessa di matrimonio fatta da Leucippo agli Afaretidi, cf. Sbardella 2003, p. 149.

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Tuttavia, come sostiene Gow, la versione del duello appare assai distante rispetto a tutte le altre versioni del mito, - fatta eccezione per quella di Igino (Fab. 80.2.3) in cui Castore viene ucciso - un fatto che il pubblico di Teocrito, che sicuramente aveva familiarità con i testi dei Cypria e di Pindaro, avrebbe notato; pertanto sembra che Teocrito abbia risolto tale incongruenza gettando cattiva luce sulle figure di Castore e Polluce330. Egli evidenzia il fatto che erano cugini degli Afaretidi (vv. 170, 200);

attribuisce alle Leucippidi il ruolo di oggetto della contesa e quindi di fattore scatenante della stessa, in modo tale che i Dioscuri appaiano in veste di aggressori (mentre nel caso di una disputa per cattle raiding sarebbe stato più agevole diminuire le loro responsabilità di offensori)331; infatti, Teocrito sottolinea come Febe e Ilaira fossero già state promesse

in spose agli Afaretidi e la tradizione di un precedente fidanzamento tra Leucippidi e Afaretidi è presente anche in Ovidio (Fast. 6.693) e in Igino (Fab. 80; cf. anche schol. ad Pind. Nem. 10.112); tuttavia, queste versioni si differenziano da quella teocritea e sembrano pertanto non dipendere da essa.

Teocrito è la prima fonte letteraria a tramandare questa variante del racconto e, come sostiene Gow, non è possibile dimostrare che non sia frutto dell’invenzione del poeta; tuttavia, è più probabile che d’invenzione non si tratti, poiché l’allusività insita nel racconto induce a ipotizzare che Teocrito si aspettasse che il suo pubblico fosse a conoscenza di determinati elementi della vicenda332.

Altro dato rilevante: Teocrito afferma chiaramente – come nessun’altra fonte letteraria sulla vicenda –, che nel compiere il rapimento delle fanciulle i Dioscuri si sono avvalsi non solo della violenza ma anche dell’inganno.

L’Inno ai Dioscuri rappresenta dunque la versione in stile alessandrino dell’Inno

omerico XXXIII; si compone di quattro parti, che devono essere considerate

330 Cf. Gow 1965, p. 384.

331 Diversamente, secondo la versione tradizionale della vicenda – narrata nei Cypria e in Pindaro – gli

Afaretidi rinfacciano ai Dioscuri di non aver offerto a Leucippo i doni di rito per le loro spose, Febe e Ilaira; in tutta risposta, Castore e Polluce fanno razzia del bestiame dei cugini per farne dono al suocero; scoppia la lotta tra le due coppie di cugini: Ida uccide Castore (al quale Polluce concederà una parte della sua immortalità), Polluce uccide Linceo, e Zeus fulmina Ida. È importante osservare che in questa versione del mito le Leucippidi non figurano necessariamente come le promesse spose degli Afaretidi, poiché il vero

casus belli è rappresentato dal furto dei buoi. Allo stesso modo, nella versione di Apollodoro (3.11.2) le

Leucippidi non figurano affatto dal momento che la causa della contesa è l’iniqua spartizione del bestiame razziato in Arcadia; anche in Apollodoro Castore viene ucciso, cf. Gow 1965, pp. 383-84.

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separatamente; Secondo Gow, l’idillio ha una struttura composita: la prima parte (vv. 1- 26, una sorta di preludio ai Dioscuri) in origine costituiva un poema indipendente al quale in seguito il poeta avrebbe apportato alcune lievi modifiche; nella fattispecie, gli ultimi due versi sarebbero stati sostituiti con altri due costruiti nello stile di quelli conclusivi dell’Inno omerico XXXIII, dal quale Teocrito trae ispirazione, in parte rimaneggiandolo. La seconda sezione (vv. 27-134, incentrata sull’incontro di pugilato tra Polluce e Amico) sembra contenere una critica ad Apollonio Rodio, per quanto attenuata dal fatto di essere stata incorporata alla prima parte333. L’accorpamento tra queste due sezioni potrebbe spiegare la ragione per cui Teocrito ha scelto di celebrare singolarmente e separatamente le figure di Castore e Polluce. La terza parte (vv. 137-211, dedicata al duello tra Castore e Linceo) presenta alcune particolarità. Gow ritiene improbabile il fatto che sia stata composta originariamente e in toto con lo scopo di essere collocata in questa posizione all’interno dell’idillio. Lo studioso considera più verosimile l’ipotesi secondo cui i versi iniziali di questa sezione sarebbero stati composti precedentemente come poema dedicato a Dioscuri e Afaretidi; solo in un secondo momento, dunque, Teocrito avrebbe aggiunto il discorso di Castore e il duello con Linceo (quest’ultimo scritto secondo gli stilemi epici); infine avrebbe accorpato il tutto in un unico poema, aggiungendovi un breve epilogo (vv. 212-223). A dispetto della seconda parte dell’idillio, quest’ultima non presenta particolari dettagli di carattere descrittivo. I discorsi pronunciati dai due personaggi – Linceo e Castore – risultano alquanto efficaci (in particolare, il discorso di Linceo è fin troppo esplicito nel dipingere i Dioscuri come figure manifestatamente aggressive) e l’episodio del duello serve al medesimo scopo di caratterizzazione dei personaggi, nella fattispecie di Castore334.

L’epilogo, modellato sulla chiusa dell’Inno omerico XXXIII, ribadisce che non è opportuno contendere con i potenti e quindi con i Dioscuri.

333 In Teocrito, la cornice narrativa in cui viene ad inserirsi l’episodio dello scontro tra Polluce e Amico

risulta stilisticamente superiore rispetto al testo di Apollonio (2.1-97), cui si ricollega per alcune somiglianze (ciò avviene anche nel caso dell’Idillio XIII sul rapimento di Ila). Teocrito non si limita a curare la descrizione dello scenario naturalistico; egli insiste sul contrasto tra le figure dei due protagonisti, il valente Polluce e il rude Amico: l’agilità e la destrezza del primo hanno la meglio sulla forza bruta del secondo. Cf. Gow 1965, p. 382-83.

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L’impressione finale è quella di un componimento nel complesso disarmonico dal momento che alle prime due sezioni qualitativamente più elevate, fa da contraltare una terza sezione stilisticamente inferiore335. Pur in assenza di indicazioni precise, è probabile che, come nel caso dell’Idillio XVIII, anche l’Idillio XXII sia stato composto ad Alessandria, anche in considerazione del fatto che i Dioscuri erano venerati anche in Egitto336.