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Figure di dèi salvatori nella mitologia indiana e greca

NEL MITO GRECO

2.1 I gemelli divin

2.1.1 Figure di dèi salvatori nella mitologia indiana e greca

nell’ambito di un’impresa eroica di coppia entra in gioco una figura femminile la quale, sebbene spesso in modo indiretto, assume un ruolo determinante nella costruzione dell’azione stessa.

2.1 I gemelli divini

2.1.1 Figure di dèi salvatori nella mitologia indiana e greca

Figli gemelli di Leda e fratelli di Elena (e Clitemestra), nell’Iliade Castore, stimato ἱππόδαμος («domatore di cavalli»), e Polluce, πὺξ ἀγαθòς («abile pugile») assai temuto, figurano come eroi entrambi mortali nel discorso che Elena rivolge a Priamo mentre, da una torre delle mura di Troia, scruta in lontananza lo schieramento acheo (scena della

Teichoscopia, Hom. Il. 3.236-244)161:

δοιὼ δ᾽ οὐ δύναμαι ἰδέειν κοσμήτορε λαῶν, Κάστορά θ᾽ ἱππόδαμον καὶ πὺξ ἀγαθὸν Πολυδεύκεα, αὐτοκασιγνήτω, τώ μοι μία γείνατο μήτηρ. ἢ οὐχ ἑσπέσθην Λακεδαίμονος ἐξ ἐρατεινῆς, ἢ δεύρω μὲν ἕποντο νέεσσ᾽ ἔνι ποντοπόροισι, 240 νῦν αὖτ᾽ οὐκ ἐθέλουσι μάχην καταδύμεναι ἀνδρῶν, αἴσχεα δειδιότες καὶ ὀνείδεα πόλλ᾽ ἅ μοί ἐστιν. Ὣς φάτο, τοὺς δ᾽ ἤδη κάτεχεν φυσίζοος αἶα ἐν Λακεδαίμονι αὖθι, φίλῃ ἐν πατρίδι γαίῃ.

Il nesso formulare κοσμήτορε λαῶν, che indica la funzione di comando dei Dioscuri uniti, convive con i rispettivi epiteti formulari di cavaliere e di pugile (le forme duali κοσμήτορε, come ἡγήτορε, nell’Iliade sono riferiti esclusivamente ai Dioscuri, agli Atridi e agli Aiaci162). Ad un’assimilazione reciproca fondata sulla funzione di ordinatori di eserciti, si affianca, nel passo omerico, una caratterizzazione complementare dei Dioscuri, che trova un riscontro nelle pitture vascolari attiche del VI sec. a.C. Interessante,

161 Trad.: “ ‘…ma i due ordinatori di eserciti non riesco a vedere, | Castore domatore di cavalli e Polluce

forte nel pugno, | i miei fratelli carnali, che la mia stessa madre dette alla luce. | O non sono venuti con gli altri dall’amabile Sparta, | oppure son venuti fin qui sulle navi che solcano il mare, | ma non vogliono ora gettarsi nella mischia di uomini, | per paura della vergogna ch’è su di me, della grande ignominia’. | Così diceva, già invece li teneva sepolti la terra datrice di vita, | proprio laggiù a Sparta, nella loro terra nativa”.

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a tal proposito, citare un’hydra attica iscritta, a figure nere (secondo quarto del VI sec. a.C.), conservata a Bochum (fig.1).163 Secondo lo schema simmetrico ricorrente nelle rappresentazioni dei Dioscuri, i cavalli hanno le teste rivolte all’esterno, mentre i due cavalieri, Castore e Polluce, si guardano l’un l’altro.164 Essi assumono qui una

caratterizzazione complementare: Polluce è armato da oplita, con elmo e cnemidi, mentre Castore, barbuto e privo di armatura, assume il ruolo dello scudiero. Tale raffigurazione sembrerebbe dunque confermare una resilienza dell’antico schema miceneo. Nel tondo di una kylix a figure rosse del Pittore di Pentesilea (verso il 475-425 a.C. c.a.), i Dioscuri vengono raffigurati insieme, l’uno a cavallo l’altro a piedi (Fig.4)165. Come in altri esempi

figurativi su vasi attici, anche in questo caso Castore e Polluce sono rappresentati in posizione differente, in base ai loro ruoli: alla loro identificazione reciproca subentra il riferimento ad una complementarietà funzionale all’azione. Il loro aspetto divino è ricordato dalla raffigurazione di un altare, ma i connotati eroici permettono di distinguere Castore, il cavaliere, da Polluce, il pugile166.

Tornando al passo dell’Iliade, il dubbio di Elena che i suoi fratelli siano già resi immortali da Zeus suggerisce lo statuto eccezionale di Castore e Polluce rispetto alle altre coppie di gemelli omerici167. Con i versi 243-44 Omero risolve l’incertezza espressa da Elena sulle ragioni dell’assenza dei due fratelli nella piana di Troia, affermando che essi erano già morti (e sepolti). In realtà, a seguito del fatale duello contro gli Afaretidi – di

163 Bochum, Kunstsammlung der Ruhr-Universität S1165; cf. Dasen 2005, fig. 54, p. 114.

164 La simmetria nella raffigurazione dei Dioscuri esprime la parità e reciprocità nel rapporto tra i due

gemelli. Si vedano a tal proposito anche due rilievi laconici del 560-550 a.C., conservati al Museo Archeologico di Sparta (per la prima stele, n. 5380, cf. Dasen 2005, fig. 49, p. 111; per la seconda, n. 575, cf. Dasen 2005, fig. 50, p. 111). Cf. anche LIMC III 1, s.v. Dioskouroi 58 e 59, p. 573 e III 2, p. 461. Su entrambe le steli (figg.2-3) le figure dei kouroi stanti si riflettono l’unna nell’altra; tale sorta di “rispecchiamento” può intendersi come una resa figurativa di quella tendenza all’unità originaria manifestata in vita dai gemelli (cf. Sforza 2007, p. 53). Per quanto concerne le caratteristiche formali dei due rilievi, l’inquadramento dei due kouroi rinvia ad un loro discusso simbolo di culto, i dokana, oggetto simbolico formato da sponde verticali e orizzontali, che ricorda i caratteri di unione e simmetria dei Dioscuri (Sparta, Museo Archeologico 588, da Riviotissa; cf. LIMC III 1, s.v. Dioskouroi 224, pp. 586-587). Sulle interpretazioni antiche dell’oggetto, cf. Plut. De frat. amor. 478A; Etymologicum Magnum, ac. di T. Gaisford, Oxford 1848, s.v. δόκανα. Ved. inoltre Guarducci 1984, p. 141-142; Chantraine 1968-1980 (tettativo di ricostruzione etimologica), s.v. δέχομαι.

165 Ferrara, Museo Nazionale 44885. Cf. LIMC VII 1, s.v. Theseus 44.

166 In questa raffigurazione il ricordo dell’immortalità condivisa concessa da Zeus (evocata dall’altare)

viene presentato assieme ad una suddivisione di ruoli bellici, che sembra dunque permanere oltre la morte dei due gemelli, cf. Sforza 2007, p. 154.

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cui si dirà più avanti – Castore e Polluce dividevano le loro giornate tra terra (o cielo) e sotterra168.

I versi 236-44 del terzo canto costituiscono la prima e unica menzione di Castore e Polluce nell’Iliade, ove si parla della sepoltura dei due eroi nella terra di Sparta, la loro patria, ma nulla viene riferito su chi sia loro padre; d’altra parte si potrebbe desumere che in un simile contesto – in cui entrambi i fratelli figurano mortali – il padre fosse Tindareo, re di Sparta169. Infatti, secondo la versione omerica e la tradizione più antica, Castore e

Polluce avevano per padre non Zeus – come Elena – bensì Tindareo, lo sposo mortale di Leda170; il nome di Tindaridi, con il quale i due gemelli venivano invocati fino alla tarda

antichità, deriva loro da questa tradizione epica171. Diversamente, nella tradizione mitica

spartana l’appellativo Diós Koúroi («i giovani uomini di Zeus») indicava i gemelli divini frutto dell’unione tra Leda e Zeus172.

168 Cf. Cypria (argum. 21-24 Bernabé: καὶ Κάστωρ μὲν ὐπὸ τοῦ Ἴδα ἀναιρεῖται, Λυγκεὺς δὲ καὶ Ἴδας ὐπὸ

Πολυδεύκους. καὶ Ζεὺς αὐτοῖς ἑτερήμερον νέμει τὴν ἀθανασίαν). Cf. anche Cingano 2011, p. 15: “Nell’epitome procliana il rarissimo aggettivo ἑτερήμερος, «a giorni alterni», va interpretato come citazione testuale dal poema: l’unica altra occorrenza prima dell’era cristiana – anch’essa riferita ai Dioscuri – è nella

Nekya omerica (Od. 11. 303), dove ἑτερήμερος caratterizza la loro condizione come τιμή concessa da Zeus”

(cf. infra, nota 7). In alcune fonti d’epoca cristiana (Ph. 2.189 e Jul.Or.4.147a) l’aggettivo mantiene il medesimo significato in relazione ai Dioscuri, cf. LSJ, s.v. ἑτερήμερος. Sull’espressione τοὺς ἄμφω ζωοὺς κατέχει φυσίζοος αἶα (Od. 11.301), cf. Heubeck 1983, p. 284.

169 Cf. Gantz 1993, p. 323.

170 Hom. Od. 11.298-304: καὶ Λήδην εἶδον, τὴν Τυνδαρέου παράκοιτιν, | ἥ ῥ᾽ ὑπὸ Τυνδαρέῳ κρατερόφρονε

γείνατο παῖδε, | Κάστορά θ᾽ ἱππόδαμον καὶ πὺξ ἀγαθὸν Πολυδεύκεα, | τοὺς ἄμφω ζωοὺς κατέχει φυσίζοος αἶα· | οἳ καὶ νέρθεν γῆς τιμὴν πρὸς Ζηνὸς ἔχοντες | ἄλλοτε μὲν ζώουσ᾽ ἑτερήμεροι, ἄλλοτε δ᾽ αὖτε | τεθνᾶσιν· τιμὴν δὲ λελόγχασιν ἶσα θεοῖσι. Castore e Polluce vengono qui inseriti nella Nekyia; i nomi e gli epiteti che li accompagnano sono gli stessi presenti nell’Iliade ma, a differenza di quest’ultima, qui la paternità dei due eroi viene esplicitamente attribuita a Tindareo. Tuttavia, ai vv. 301-304 si dice che Castore e Polluce, per onore ricevuto da Zeus, anche sotterra alternano un giorno in cui sono vivi e un giorno in cui sono morti (“di sotterra, per privilegio concesso loro da Zeus, | in vece alterna tornano vivi un giorno | ed il giorno dopo | son morti, e ricevono onori pari agli dei immortali”). Dunque quest’ultimi versi – presumibilmente frutto di un’interpolazione – si comprenderebbero meglio in un contesto in cui il padre dei due gemelli fosse inteso Zeus e non Tindareo. Cf. Gantz 1993, p 323.

171 Ad essa si ricollegano le testimonianze iconografiche su alcuni vasi attici di epoca classica in cui i due

eroi giovinetti sono raffigurati, a fianco dei genitori Leda e Tindareo, mentre assistono alla scoperta dell’uovo di Elena. Si diceva anche che i figli di Leda fossero nati tutti da un uovo (da ella partorito), che custodito nel tempio delle Leucippidi a Sparta (Paus. 3.16.1), cf. Guidorizzi 2009, p. 643. L’uovo esra spesso associato alla nascita di gemelli, come testimonia un frammento di Ibico relativo ai Molioni (285

PMGF). Cf. anche Sforza 2002, p. 304

172 Di fatto, sulla paternità attribuita a Castore e Polluce non v’è pieno accordo tra le fonti poetiche e

mitografiche né tra le diverse tradizioni cultuali. A differenza di quanto riportato nei già citati passi dell’Iliade e dell’Odissea, negli autori successivi e in particolare in un frammento pseudo-esiodeo delle

Ehoiai (Hes. fr 24 M.-W.) – di cui dà testimonianza lo scolio a Pindaro, Nem. 10.150a (III, p. 182, ll. 18-

21 Drach.) – così come in un carme di Alceo (fr. 34a L.-P- = 34 V.) e nell’Inno omerico XVII (v. 2 Τυνδαρίδας οἳ Ζηνòς Ὀλυμπίου ἐξεγένοντο) viene confermata la paternità di Zeus per entrambi i figli di Leda, in accordo con la definizione di «Dioscuri» (cf. Hymn. Hom. XXXIII, vv. 1 e 9). Tuttavia inHymn.

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Elena definisce i propri fratelli αὐτοκασιγνήτω, per indicare che sono generati dalla stessa madre, Leda (Il. 3.238). Il composto αὐτοκασίγνητος ricorre nell’Iliade per una serie di personaggi.173 Tuttavia, in questo caso, la compresenza del prefisso e del duale nell’hapax riferito ai Dioscuri è del tutto eccezionale: αὐτο non assume valore riflessivo nel composto, bensì va a rafforzare il concetto espresso da κασιγνήτω, al punto che la traduzione migliore potrebbe essere la seguente, “proprio fratelli”, ad indicare non solo la gemellarità dei Dioscuri, ma anche lo stretto legame con la sorella.174

Nell’immaginario mitico greco, già in epoca arcaica i gemelli di Zeus e di Leda vennero assimilati ad un’altra coppia divina di gemelli, molto simile a quella costituita dai signori Asvini (Ashvini) dei miti vedici, la cui leggenda si ritiene fosse giunta fino in Grecia con la diffusione di antichi miti indoeuropei175. Infatti anticamente in Grecia l’appellativo di Dioscuri era usato per riferirsi alle divinità gemelle a cavallo. Esse erano

Hom. XVII, v. 2 i due eroi, in virtù del loro padre putativo, vengono anche chiamati «Tindaridi».

Diversamente, nei Cypria (fr 8 PEG = 8 Bernabé = 6 Davies) l’unico dei due gemelli a figurare immortale è Polluce, figlio di Zeus, mentre Castore è detto figlio di Tindareo (Κάστορ μὲν θνητός, θανάτου δέ οἱ αἶσα πέπρωται, |αὐτὰρ ὅ γ’ ἀθάνατος Πολυδεύκης, ὄζος Ἄρηος). Cf. anche fr. 9 Bernabé = 7 Davies, da cui si evince che Zeus, al quale si attribuisce la paternità di Elena (nata dall’unione fra il dio e Nemesi), è lo stesso padre divino al quale si fa riferimento per Polluce nel frammento precedente. Cf. Gantz 1993, p. 323, Sbardella 2003, p. 134. Anche per quanto concerne le testimonianze più tarde, almeno due sono le versioni mitiche relative all’origine della coppia di eroi: o entrambi figli di Zeus, che avrebbe sedotto la regina di Sparta (figlia di Testio), Leda, assumendo le sembianze di un cigno, o concepiti nella stessa notte, Castore con lo sposo Tindareo, e Polluce con Zeus in forma di cigno. Per quest’ultima versione, cf. Apollod. Bibl. 3. 10. 7: “Zeus, sotto forma di cigno, si unì a Leda e, nella stessa notte, si unì a lei anche Tindareo: da Zeus nacquero Zeus e Polluce, da Tindareo Castore [e Clitemestra]. Alcuni dicono però che Elena fosse figlia di Zeus e di Nemesi. (…) Dall’unione Nemesi partorì un uovo…Leda lo custodì...e, a tempo debito, nacque Elena che ella allevò come una figlia” (cf. anche Hyg. Poet. Astr. 2.8).

173 Cf. Hom. Il. 2.706; 11.427; 13.534; 14.156; 16.718. Si ritiene che αὐτοκασίγνητος sia una variante

metrica di κασίγνητος; quant’ultimo è un termine di parentela molto frequente in Omero e, secondo un’ipotessi etimologica di Lejeune 1960 (pp.20-26), viene fatto risalire ad un sostrato non ionico della lingua epica, con il significato originale di «nato insieme» (sul termine ved. anche Chantraine 1960; Benveniste 1969, pp. 220-222; Gates 1971, pp. 54-61; Gernet 1983 e 1997; Di Donato 1990, pp. 59-61; Grimaudo 1996, pp. 348-358; Di Donato 2006, pp. 65-77). Il sostantivo κασίγνητος in Omero si riferisce, com’è noto, non solo ai fratelli ma anche ai cugini da parte di padre. Sull’intercambiabilità tra κασίγνητος e ἀδελφός in Omero, cf. Gernet 1997, pp. 34-41.

174 Cf. Sforza 2007, p. 136. Per i gemelli nati da un dio e da una donna mortale, celebrati nel Catalogo delle

eroine (Odissea, canto XI), cf. op.cit., pp. 47-54.

175 Sul mito e sul culto dei Dioscuri nel mondo antico, cf. Achillea Stella 1956, pp. 593-608; Gantz 1993,

pp. 323-28; Tetamo 1997, pp. 301-303. In particolare, per un confronto con la mitologia indoeuropea cf. Puhvel 1989, pp. 59-64, 83-84, 104-123, 141-42, 146-62, 209-10, 236, 284-90; Nagy 1990, pp. 4, 93, 218, 255-58; Stewart 2001, pp. 8-9; Burkert 2003, pp. 82-3, Walker 2015, pp. 126-180. Gli Ashvini sono i gemelli divini dei Rigveda (57 gli inni loro dedicati), figli della dea delle nubi, Saraṇyū, e di Surya, la principale divinità solare (talvolta identificato con Mitra). Essi facevano la loro comparsa su di un carro che si levava nel cielo all’alba e al tramonto. Spesso definiti Ashvini Kumaras, venivano a volte rappresentati con la testa di cavallo; come i Dioscuri, anche gli Ashvini – nell’astronomia indiana – erano identificati con una costellazione, quella dell’Ariete.

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due figure divine giovanili (kouroi), come gli Aśvins («cavalieri» o «domatori di cavalli») della mitologia indiana (detti anche yuvānā, «ragazzi»), ma a differenza di quest’ultimi i Dioscuri mantenevano una propria individualità poiché oltre al nome che li identificava in quanto coppia, essi erano ricordati anche singolarmente con i rispettivi nomi di Castore e Polluce176. Identità del singolo e complementarietà a livello di azione coesistono nel rapporto che unisce i Dioscuri, a riprova di come spesso nel mito le figure di gemelli oscillino tra opposizione e assimilazione.177

Altro elemento interessante, che accomuna i Dioscuri anche ad altre figure della mitologia greca (tra cui la stessa Elena o Eracle), è insito nel fatto che essi un tempo vissero come uomini sulla terra, prima di assurgere al rango degli dèi. Pertanto, se l’ambiguità insita nella leggenda sulla loro origine ha fatto sì che gli Aśvins fossero spesso associati a degli esseri mortali e di conseguenza considerati impuri rispetto alle altre divinità (al punto da essere ritenuti indegni di ricevere sacrifici), lo status riconosciuto ai Dioscuri può essere ritenuto ancor più particole e persino “inferiore”. Essi infatti non solo sono stati associati ad esseri mortali, ma hanno vissuto realmente come uomini e, in quanto tali, hanno fatto esperienza della morte.

Ma tale particolarità insita nella loro natura semidivina li predisponeva nel ruolo di protettori (patroni) di giovani uomini e di soccorritori di naviganti in pericolo178. Ed è

176 Sulla famiglia degli Aśvins, cf. Walker 2015, pp. 32-58 e 59-85. La divina coppia a cavallo compare per

la prima volta nella più antica opera in sanscrito conosciuta, gli Inni dei Ṛgveda (1500-1200 a.C. circa). Secondo una versione del mito sulla nascita dei due fratelli (RV 10: 17, 1-2), focalizzata sulla loro natura semidivina, si narra che la dea Saraṇyū sposò il mortale Vivasvant, unendosi al quale dette alla luce Yama e sua sorella gemella, Yamī, i primi esseri mortali sulla terra. Dopo la nascita dei gemelli, Saraṇyū scomparve per volontà delle altre divinità che, riconoscendola come una di loro, decisero di nasconderla dal marito e dai figli – essendo essi mortali –, riscattandola così da un matrimonio inadeguato e ingiusto. Per compensare Vivasvant di tale perdita, gli dèi gli offrirono in cambio un’altra donna, di nome Savarṇā, in tutto simile alla prima moglie, tranne per il fatto di essere di condizione mortale. Al momento dell’abbandono dei primi due gemelli, Saraṇyū portava in grembo un’altra coppia di gemelli, gli Aśvins, che sarebbero nati presso gli dèi, ragion per cui, nonostante vi fosse chi li riteneva esseri mortali, generalmente lo statuto loro riconosciuto è quello divino.

177 Cf. Sforza 2007, p. 69.

178 In quanto nativi di Sparta, i Dioscuri erano preposti alla tutela di due importantissime istituzioni della

città (e del mondo greco in generale): l’esercito e il commercio. Essi pertanto si occupavano dell’addestramento militare di giovani uomini destinati a formare l’esercito spartano (il più forte nella Grecia arcaica) e del salvataggio delle navi mercantili in caso di tempeste e naufragi. Inizialmente i due giovani eroi vennero identificati con due figure locali chiamate «Tindaridi» (denominazione, probabilmente di origine pre-greca, che li configurava quindi quali del mitico re di Sparta). Solo in seguito la città gli riconobbe lo statuto divino e «i due dèi», (tō siō) – così venivano definiti – divennero divini patroni e modelli di comportamento per la gioventù maschile locale durante tutte le fasi dell’addestramento militare. Nacque pertanto un vero e proprio culto dei Dioscuri, testimoniato dai monumenti innalzati in loro onore e

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interessante notare come anche i gemelli Aśvins condividessero con i Dioscuri la funzione di soccorritori nelle difficoltà; essi infatti venivano chiamati anche Nāsatyas, «salvatori», poiché avevano il compito di proteggere i viaggiatori o i guerrieri garantendo il loro ritorno in patria179.