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CAPITOLO II: LA DETERMINAZIONE E LA CARATTERIZZAZIONE DELLA

8. L’introduzione di tributi specifici per affrontare le sfide dell’economia digitale:

8.2. Tra Bit e Hit tax: modelli impositivi nuovi per un’economia nuova

La cd. “bit tax” è una tipologia di imposizione sull’economia digitale, basata sui flussi informatici trasmessi per mezzo di Internet207.

In pratica, si tratterebbe di un sistema impositivo incentrato sulla quantità di trasmissioni avvenute nel mondo digitale. In concreto, la “bit tax” è commisurata al numero di bit trasmessi da Internet e ricevuti dall’utente e, dunque, al traffico digitale interattivo, basata sull'intensità della trasmissione a prescindere dal suo contenuto208, ossia alla natura economia del contatto. Più propriamente, in verità, dovrebbe considerarsi un’imposta su una forma di occupazione dell’etere209 da parte delle imprese digitali. Secondo alcuni210, si

potrebbe mettere in dubbio, infatti, se questo tributo sia davvero una imposta o, addirittura, una tassa basata sull'uso dell'infrastruttura digitale da parte dell'impresa.

Seppure oggetto di riflessioni dottrinali e non solo, la “bit tax”211, in realtà, non ha

mai veramente visto la luce in nessuno degli ordinamenti in cui è stata proposta212. L'unico

207 L’idea della bit tax è da attribuire a CORDELL, New taxes for a new company, in Government Information

in Canada/Information gouvernementale au Canada, 1996, Vol. 2, no. 4; si veda anche la versione proposta da ROSEMBUJ, El impuesto digital, in El Fisco, 2015.

208 ROCCATAGLIATA, VALENTE, Bit tax, ultima frontiera nella società dell'informazione?, in Fisco, 1999,

p. 5514.

209 GALLO, Tributi, Costituzione, crisi economica, in Rass. Trib., 2017, vol.1, p. 175; Per GIOVANNINI,

Ripensare la capacità contributiva, in Dir. e Prat. Trib., 2016, vol. 1, p. 10015, “un vero e proprio sfruttamento a fini commerciali delle «tracce» della navigazione, che potrebbe divenire autonomo presupposto di un'imposta di utilità”.

210 BLUM, Permanent Establishments and Action 1 on the Digital Economy of the OECD Base Erosion and

Profit Shifting Initiative – The Nexus Criterion Redefined?, in Bulletin for International Taxation, 2015, Vol. 69, No. 6/7.

211 Commissione Europea nel gennaio del 1996 (Building the economic information society for us all. First

reflections of the High-Level Group of Experts, DG V, Bruxelles, 1996).

212 In Ungheria, per esempio, si è proposta una forma di “bit tax”. Il governo di Viktor Orbán aveva annunciato

l'introduzione di una “bit tax”, per cui tutti i trasferimenti di dati attraverso un ISP dovevano essere tassati di 140 fiorini (più o meno, 50 centesimi di euro) per Gigabyte. Il tributo, poi, venne cancellato a causa delle proteste delle opposizioni al governo che temevano una censura su Internet. Successivamente, n Ungheria, con effetto dal 15 agosto 2014, una soprattassa (cioè imposta sulla pubblicità) è imposta al settore dei media (compresi i fornitori non residenti), per quanto riguarda le attività editoriali, nonché le attività pubblicitarie (ad es. Portali Internet). L'imposta è riscossa a tassi progressivi che vanno dallo 0% al 50% del fatturato netto. Se

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suggerimento dato in sede internazionale, considerando il parere negativo espresso dalla Commissione Europea213, è che dovrebbe essere introdotto un elemento di progressività e si applicherebbero diversi livelli di tassazione, a seconda delle dimensioni e del fatturato dell'impresa214. Un punto forte di questa proposta è la semplicità dell’accertamento e della riscossione di questo tipo di tributo, considerando la possibilità di individuare come soggetti obbligati al pagamento dell’imposta gli operatori telefonici. La critica principale, invece, mossa a questa tipologia di contribuzione è l’aggravio sul mezzo produttivo, Internet, e sugli utenti, indipendentemente dal valore economico del messaggio, in luogo di una vera imposizione sui grandi player dell’economia digitale. Peraltro, tecnicamente, questo tributo è anche soggetto al rischio che gli imponibili vengano facilmente trasferiti agli ISP in giurisdizioni che non lo applicano.

Oltre alla “bit tax”, probabilmente la più celebre, diverse altre proposte di tassazione dell’economia digitale, basate su indici diversi da quelli canonici, sono state avanzate nella letteratura scientifica, tra le principali si ricordano il tributo sulla registrazione dei domini, la tassa di concessione degli indirizzi IP, il tributo sulla pubblicità on line e la hit tax215.

il contribuente è una persona che ordina la pubblicazione di annunci pubblicitari, l'aliquota d'imposta è applicata al 20% su qualsiasi spesa pubblicitaria mensile superiore a 2,5 milioni di HUF. A seguito di un'indagine approfondita della Commissione europea sulla compatibilità della tassa pubblicitaria con le norme dell'UE in materia di aiuti di Stato, una proposta è stata presentata al Parlamento nel maggio 2015 per modificare la tassa pubblicitaria ad un'aliquota fissa del 5,3% basi imponibili superiori a 100 milioni di HUF e 5% per i contribuenti che ordinano la pubblicazione di annunci pubblicitari. L'Ungheria riscuote inoltre una tassa sui fornitori di servizi di telecomunicazione per quanto riguarda la fornitura di servizi pubblici di telecomunicazione tramite reti di telecomunicazione elettroniche situate in Ungheria. L'imposta viene addebitata a un importo fisso in base ai minuti pronunciati e al numero di messaggi. Le imposte di cui sopra in Ungheria interessano diversi settori dell'economia digitale (i settori della pubblicità e delle telecomunicazioni), creando un onere maggiore per le imprese che operano in questi settori. Mentre le tasse non affrontano l'erosione della base e lo spostamento dei profitti, tendono a creare condizioni di disparità per le aziende con tali attività. Tassare le imprese digitali non dovrebbe creare svantaggi. In quanto tale, i passi dell'Ungheria potrebbero essere riconsiderati in futuro. Cfr. POPA, Taxation of the Digital Economy in Selected Countries – Early Echoes of BEPS and EU Initiatives, in European Taxation, 2016, Vol. 55, No. 1.

213 FERNANDEZ, HEIJ, POPE, Tax Policy and Electronic Commerce, in Bulletin for International Taxation,

2002, Vol. 56, No. 1.

214 OECD, supra n. 3, a p. 146 ss.

215 Per quanto riguarda la tassa per la concessione degli indirizzi ip, dovuta da coloro i quali vogliono utilizzare

il mezzo tecnologico al fine di carpire dati e informazioni, questo tributo si configura come una tassa annuale di concessione. Similmente, il tributo sulla registrazione dei domini si qualifica come tassa, dovuta in ragione del servizio pubblico fornito dalla concessione del dominio. Diversamente, la tassazione della pubblicità online, nella prospettiva di parte della dottrina, si dovrebbe presentare come uno sviluppo della imposta (comunale) sulla pubblicità. Su queste proposte si rinvia principalmente a un autore e ai suoi scritti URICCHIO, Le frontiere dell’imposizione tra evoluzione tecnologica e nuovi assetti istituzionali, Cacucci, Bari, 2010; URICCHIO, Some thoughts for e-reforming the tax system: beyond the bit tax, in Intertax, 2006, vol. 12, p.

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Partendo da quest’ultima, si deve considerare che la premessa da cui si muove è che i siti web sono diventati un importante fattore produttivo per la maggior parte delle attività commerciali, rendendo irrilevante talvolta il ruolo degli intermediari (per una critica a tale impostazione si rinvia a quanto scritto nel Cap I). Il numero di accessi al sito Web, pertanto, potrebbe essere utilizzato come strumento per rilevare indirettamente la ricchezza di tali attività commerciali, basandosi sul ragionamento per cui più accessi sono registrati in un determinato sito web, più quest’ultimo rileva come fattore produttivo tassabile. La tassa sugli accessi a un sito Web, o Hit Tax, tecnicamente, potrebbe essere prelevata dalla persona che lo ha registrato con un livello di aliquote assolutamente ridotto variabili in base al numero di volte al numero di accessi. Secondo i fautori della proposta, tale tributo avrebbe unirebbe l’efficienza e la semplicità anche in termini di accertamento e riscossione.

Trascendo, per il momento, da valutazioni circa la giustificazione teorica e l’applicabilità pratica del tributo, si rileva che, in ogni caso, la localizzazione territoriale potrebbe essere, in qualche modo, più complicata di quanto affermino i sostenitori del tributo, considerando la facilità con cui si potrebbe posizionare il sito-web nei diversi ordinamenti.

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