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CAPITOLO II: LA DETERMINAZIONE E LA CARATTERIZZAZIONE DELLA

4. La tassazione diretta delle imprese digitali: l’esempio italiano dell’IRES e la

In molti ordinamenti, la tassazione diretta delle imprese digitali è, dunque, tendenzialmente affidata alle imposte sui redditi delle società, mancando, come nel caso italiano, una imposizione patrimoniale generale, limitata, invece, a singoli cespiti, come, ad esempio, i beni immobiliari o finanziari.

Come è noto, la tassazione reddituale societaria si cura di sottoporre a imposizione i redditi derivanti da attività d’impresa e da altre fonti produttive non direttamente afferenti all’attività economica del soggetto, come i redditi immobiliari, i dividendi, gli interessi, i canoni e, in genere, gli utili derivanti dallo sfruttamento del capitale. Il principio di attrazione del reddito d’impresa, però, fa sì che gli altri tipi di redditi vengano attratti nella prima categoria, qualora l’attività del soggetto sia da considerare oggettivamente d’impresa. Tuttavia, al fine di evitare chiari arbitraggi fiscali, le convenzioni contro le doppie imposizioni regolano diversamente l’imposizione a seconda della qualificazione del reddito acquisito, valorizzando la diversa fonte del reddito. Secondo l’OCSE190, il reddito d’impresa dovrebbe comunque essere inteso in un significato omnicomprensivo di tutti i redditi comunque prodotti dall’operatore economico. Un significato così ampio dovrebbe

189 BORIA, voce Sistema tributario, Digesto, 1997

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corrispondere all'uso del termine nelle leggi fiscali della maggior parte degli Stati. Tuttavia, l’interpretazione estensiva del termine convenzionale "profitto d’impresa" potrebbe dare adito, comunque, ad alcune incertezze in ordine all’applicazione della Convenzione. Se gli utili di un'impresa comprendono categorie di reddito che sono trattate separatamente in altri articoli della Convenzione, ad es. dividendi, potrebbe sorgere la questione di quale articolo applicare. La mancata inclusione di una definizione di reddito d’impresa, declinato nel senso di profitto, è congeniale anche al principio per cui lex specialis derogat legi generali, in quanto le altre tipologie di reddito verranno applicate qualora ne ricorrano i presupposti convenzionali, lasciando, comunque, un ampio margine di apprezzamento ai singoli ordinamenti circa il significato effettivo da attribuire alla nozione191. Vi è, dunque, uno

scollamento tra la assimilazione ai redditi d’impresa tipica degli ordinamenti internazionali e la prevalenza della fonte produttiva delle Convenzioni. Per tale ragione, il reddito d’impresa così come concepito a livello internazionale dovrebbe risultare come categoria residuale dei redditi prodotti dalle imprese. In altre parole, se il profitto percepito non rientra in nessuna delle categorie specifiche previste dalla convenzione, questo sarà assimilabile a un reddito d’impresa.

Dunque, analizzando i singoli redditi previsti nelle convenzioni internazionali, con il termine "dividendo" si intende generalmente la distribuzione dei profitti agli azionisti da società di capitali, ovverossia in tutti quelle ipotesi in cui queste società siano entità legali, aventi separata personalità giuridica, distinta da tutti i relativi azionisti. La posizione è diversa per l'azionista; lui non è un trader e i profitti dell'azienda non sono suoi; quindi non possono essere attribuiti a lui. È tassabile personalmente solo su tali profitti che sono distribuiti dalla società (a parte le disposizioni in le leggi di alcuni paesi relative alla tassazione degli utili non distribuiti in speciali casi). Con il termine "interesse" generalmente si intende la remunerazione sul denaro prestato ovvero utilizzando una locuzione francese "redditi da capitale mobile" (revenus de capitaux mobiliers). A differenza dei dividendi, l'interesse non dovrebbe subire una doppia imposizione economica, ma il pagamento dell'imposta dovrebbe essere a cura del mutuante. Nell’ipotesi in cui, però, il debitore si

191 Si pensi alla controversia decisa dalla Corte di Giustizia nella sentenza, C-648/15, Austria v Germania,

ECLI:EU:C:2017:664 con nota di LUTS, KEMPENEERS, 'Case C-648/15 Austria v. Germany: Jurisdiction and Powers of the CJ to Settle Tax Treaty Disputes Under Article 273 TFEU Article, in Intertax, 2018, vol. 1.

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impegni a sopportare il peso fiscale, si considera che il mutuatario abbia accettato di pagare al suo creditore un interesse addizionale corrispondente a tale imposta. In linea di principio, infine, i canoni relativi alle licenze di utilizzare brevetti e proprietà simili e pagamenti simili sono redditi per il percipiente. La locazione potrebbe essere concessa in relazione a un'impresa o piuttosto indipendentemente da qualsiasi attività del concedente. Come visto, dunque, i primi due tipi di reddito appartengono a quella categoria di redditi derivante dallo sfruttamento del capitale, la terza tipologia di reddito, invece, è probabilmente quella al confine con il reddito d’impresa classico, variando molto rispetto al reddito d’impresa da un punto di vista sistematico, poco, da un punto di vista fenomenologico. Per tale ragione, quando si considerano le questioni circa la caratterizzazione del reddito da questi nuovi modelli di business, potrebbe essere necessario esaminare la ratio eventualmente esistente dietro le regole, per determinare se queste norme producono risultati appropriati nella digital

economy e se le differenze di trattamento tra operazioni similari sono giustificate.

Lo statuto fiscale dell’impresa digitale tiene conto di tutti questi elementi reddituali, considerando che, talvolta, alcune operazioni tese a limitare l’impatto quantitativo delle imposte, si fondano su sofisticate operazioni dal punto di vista qualitativo in cui l’utilizzo di strumenti contrattuali e di strutture societarie consente di sfruttare lecitamente gli spazi offerti dalle asimmetrie delle convenzioni contro le doppie imposizioni. L’imposizione personale o, meglio, societaria reddituale è nata, anch’essa, in un’epoca industriale in cui la fisicità dei traffici commerciali rendeva sicuro il loro collegamento con il territorio di riferimento. Questa forma di imposizione, poi, collegata alla capacità contributiva e, dunque, al sacrificio economico che il consociato avrebbe dovuto sopportare per partecipare alle pubbliche spese nel territorio, era forse la più adatta a raggiungere questo scopo rispetto all’imposizione patrimoniale, la quale, peraltro, non era espressione di una ricchezza novella.

La tassazione reddituale, però, rispetto all’avanzare delle nuove tecnologie che consentono un’ampia dematerializzazione anche del reddito stesso, sembra essere non perfettamente adeguata. Insomma, il reddito, inteso come accrescimento patrimoniale in un dato periodo, necessita di un riferimento soggettivo, territoriale e causale, declinato in termini di reddito-prodotto. Considerata la struttura stessa dell’imposizione reddituale e dei modelli d’impresa digitali multinazionali, appare difficile conciliare il tentativo di sottoporre

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a imposizione nazionale reddituale soggetti che, naturalmente, possono essere liberi da una localizzazione ben individuata e possono variamente determinare i redditi prodotti.

I vincoli europei, poi, paradossalmente, consentono alle imprese digitali di assumere forme e strutture giuridiche che permettono una facile ottimizzazione fiscale. Pur nella varietà dei sistemi impositivi, considerando la mancanza di armonizzazione a livello eurounitario, è interessante considerare che, escludendo il tema della territorialità di cui al cap. III, alcune problematiche sono comuni nelle diverse giurisdizioni, ossia il valore dei dati e la qualificazione dei redditi derivanti da attività digitali.

Ovviamente, la tassazione diretta è demandata ai singoli ordinamenti, i quali hanno ampia facoltà di tassare il reddito delle società aventi un collegamento con il proprio ordinamento, salvo i limiti di cui ai Trattati internazionali contro le doppie imposizioni sottoscritti dall’ordinamento di riferimento e dalle libertà fondamentali dell’Unione Europea. Secondo l’OCSE, uno dei principali problemi in merito alla determinazione degli imponibili riguarda la problematica dell’utilizzo dei dati.

In sostanza, il valore del dato e le difficoltà associate con la determinazione dello stesso impattano sulla determinazione degli imponibili delle imprese che operano secondo taluni modelli di business. Il valore attribuito al dato, infatti, risulta fondamentale poi nella determinazione del reddito, oltre che da un punto di vista territoriale, ossia se la raccolta del dato sia da attribuire alla stabile organizzazione o direttamente alla casa madre. L’esempio del dato fa emergere le problematiche che le attuali regole fiscali incontrano in relazione alle funzioni svolte, agli strumenti utilizzati e ai rischi assunti. Le domande che emergono in relazione ad alcuni modelli di business coinvolgono sicuramente il luogo della catena in cui si crea il valore e se questo potrebbe essere allocato nel luogo dei consumatori. Dunque, tale problematica coinvolge anche uno schema di individuazione del luogo effettivo in cui si crea la catena del valore.

Oltre alla corretta attribuzione del reddito in base all’effettivo luogo di creazione del valore, in aggiunta, si deve considerare vera problematica della determinazione degli imponibili, ossia della corretta determinazione della ricchezza da parte degli Uffici finanziari, e, quindi, bisogna riferirsi alle problematiche circa l’identificazione degli operatori digitali, della determinazione dell’ammontare delle attività da essi svolte, della

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possibilità di svolgere verifiche anche su soggetti non presenti nel proprio territorio e di identificare i consumatori.

Queste sono le sfide “più dirette” per l’Amministrazione, ma altrettanto problematica risulta la questione sulla caratterizzazione del reddito derivante dai nuovi modelli di business. In sostanza, la domanda fondamentale a cui bisogna rispondere è sulla corretta individuazione e sul corretto trattamento del reddito derivante da attività digitali.

La questione, infatti, riguarda il trattamento da riservare a certi pagamenti, ossia se questi debbano essere trattati come royalties, compensi per servizi tecnici o redditi d’impresa.

In base a molti trattati fiscali, i redditi d’impresa sono tassati nello stato non di residenza solo se questi sono attribuibili a una stabile organizzazione localizzata lì. Altre tipologie di entrate, come le royalties, invece sono tassate nello Stato della fonte anche senza la presenza di una stabile organizzazione, mediante una ritenuta alla fonte nello Stato del soggetto che eroga il reddito. Se il reddito, infatti, è considerate in un modo o nell’altro potrebbe cambiare il suo regime fiscale. Pertanto, è necessario individuare quale trattamento bisogna riservare ai redditi derivanti da alcuni modelli di business. Oltre ai dati, in ogni caso, ciò che l’imposizione diretta attuale, principalmente demandata alle income taxes, non riesce a cogliere è che le imprese digitali acquistano un valore nuovo e diverso principalmente perché sono inserite in un contesto produttivo nuovo e uno degli indici economici più forti è proprio fornito dal valore dell’economia stessa.

È innegabile che ridurre la ricchezza di un’impresa digitale al solo indice di redditività dell’impresa stessa appare non propriamente soddisfacente, in quanto non comprendente il valore derivante dall’appartenenza a questo contesto economico.

5. L’imposizione indiretta o la tassazione attraverso il consumo: il modello

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