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L’esistenza di indici economici diversi da quelli classici: tra hortus conclusus e indic

CAPITOLO II: LA DETERMINAZIONE E LA CARATTERIZZAZIONE DELLA

7. L’esistenza di indici economici diversi da quelli classici: tra hortus conclusus e indic

Individuati gli elementi base dell’imposizione tradizionale resta da considerare, se, rispetto a quelli enumerati sopra, vi siano ulteriori indici di capacità contributiva idonei a giustificare la contribuzione del contribuente alle pubbliche spese. Secondo la giurisprudenza della Corte Costituzionale, la determinazione dei singoli fatti espressivi della capacità contributiva che, quale idoneità del soggetto all’obbligazione di imposta, può essere desunta da qualsiasi indice che sia rivelatore di ricchezza e non solamente dal reddito individuale.

Uno degli esempi, spesso, riportato di tassazione slegata da indici tradizionali è il caso dell’Imposta Regionale sulle Attività Produttive198. Questo tributo, in linea teorica,

avrebbe individuato quale nuovo indice di capacità contributiva, diverso da quelli utilizzati ai fini di ogni altra imposta, il valore aggiunto prodotto dalle attività autonomamente organizzate. Il valore aggiunto prodotto altro non è che la nuova ricchezza creata dalla singola unità produttiva, che viene, mediante l’Irap, assoggettata ad imposizione ancor prima che sia distribuita al fine di remunerare i diversi fattori della produzione, trasformandosi in reddito per l’organizzatore dell’attività, i suoi finanziatori, i suoi dipendenti e collaboratori. L’imposta colpisce perciò, con carattere di realità, un fatto economico, diverso dal reddito, comunque espressivo di capacità di contribuzione in capo a chi, in quanto organizzatore dell’attività, è autore delle scelte dalle quali deriva la ripartizione della ricchezza prodotta tra i diversi soggetti che, in varia misura, concorrono alla sua creazione. Come si verifica per qualsiasi altro costo (anche di carattere fiscale) gravante sulla produzione, l’onere economico dell’imposta potrà essere infatti trasferito sul prezzo dei beni o servizi prodotti, secondo le leggi del mercato, o essere totalmente o parzialmente recuperato attraverso opportune scelte organizzative. L’esempio di questo tributo, così particolare, ma comunque presente pur con significative variazioni in altri ordinamenti europei (si pensi alla taxe professionelle in Francia ovvero Gewerbersteuer in Germania o, ancora, l’impuesto sobre las actividades economicas in Spagna) dovrebbe comunque

198 Per una riflessione generale sull’Irap si veda il contributo fondamentale di SCHIAVOLIN, L’imposta

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imporre una riflessione sulla possibilità di distaccarsi dai dogmi classici dell’imposizione tradizionale reddituale.

La capacità contributiva impone che il fondamento dei tributi (rectius della fattispecie impositiva) sia da rinvenire nella sussistenza di eventi suscettibili di esprimere “forza economica”. Pertanto, gli indici della capacità contributiva devono essere rinvenuti in fatti o situazioni economicamente rilevanti, che siano idonei cioè ad esprimere una potenzialità economica.

A tal proposito l’impostazione tradizionale prevede che la misurazione del concorso alle spese pubbliche sia effettuata in ragione delle posizioni economiche dei singoli consociati, quantificate in termini di denaro (quale usuale mezzo di scambio adottato nel contesto sociale e produttivistico). Ne deriva l’inclusione nel presupposto dei tributi di elementi idonei ad indicare componenti patrimoniali, intese sia come flusso (e dunque come reddito) sia come consistenza statica (e cioè come patrimonio) sia infine come oggetto di scambio (e pertanto come consumo o come spesa o come produzione). Più di recente, si è andata diffondendo una impostazione teorica che ricomprende nel concetto di potenzialità economica, assunto a fondamento del principio di capacità contributiva, anche situazioni (o “posizioni di mercato”) che esprimono una idoneità ad influire sull’acquisto o sullo scambio di beni o servizi o comunque una “capacità di comando” dei fattori produttivi e che appaiono dunque qualificabili come assetti funzionali a realizzare interessi economici e a soddisfare esigenze ed obiettivi valutabili in termini economici199. Evidentemente, seguendo tale recente impostazione il presupposto dei tributi può essere esteso anche a fattispecie che non prevedono elementi patrimoniali (come, ad esempio, nell’Irap o nei tributi ecologici)200.

Il criterio distributivo dei carichi fiscali viene così riportato ad un ambito concettuale intriso del valore dell’eguaglianza sostanziale: la capacità di concorrere alle spese pubbliche non è individuata secondo criteri meramente formali (la consistenza numerica del patrimonio), ma è ricostruita in relazione ad aspetti sostanziali del circuito economico, venendo attribuito rilievo ad elementi di fatto apparentemente intangibili (il dominio dei fattori produttivi o il condizionamento della domanda), che però esprimono la “forza”

199 FEDELE., Appunti dalle lezioni di diritto tributario, Torino, Giappichelli, 2005, cit. p. 22;

200 Segue tale impostazione la Corte costituzionale con la fondamentale sentenza n. 156/2001 in tema di

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effettiva di un soggetto sul mercato201. È appena il caso di osservare che tale impostazione teorica, ed il conseguente ampliamento della nozione di capacità contributiva, appare coerente con il processo evolutivo della comunità, sempre più ispirato al perseguimento di obiettivi di giustizia sociale202.

In ogni caso, su questa problematica della determinazione della ricchezza si gioca la partita più importante in riferimento alla tassazione dell’economia digitale, anche più del profilo della territorialità dell’imposizione. I due aspetti dell’economia digitale, sopra visti, ossia del modello di business e del mercato digitale sono strettamente correlati alle due problematiche della determinazione della ricchezza e della territorialità dell’imposizione. Sul punto si insiste che l’analisi dei modelli di impresa costringono a un ripensamento del concetto stesso di ricchezza, economicamente rilevante ai fini dell’imposizione e la “posizione di comando” nell’economia digitale impone una ponderazione degli interessi in gioco. È necessario, però, in primo luogo, verificare come la spiccata funzione redistributiva del tributo e la più volte sottolineata scindibilità della persona del contribuente dai suoi diritti proprietari si riflettano sulla nozione di capacità contributiva come mero criterio di riparto; su una nozione, cioè, fondata sul principio di uguaglianza distributiva e sganciata dal riferimento, quale oggetto del tributo, alla necessaria esistenza di una ricchezza della persona-contribuente di contenuto esclusivamente materiale e patrimoniale. Quella dell’identificazione del carattere personale della capacità contributiva in funzione della “situazione proprietaria” del soggetto passivo del tributo è, in effetti, una delle questioni che ha fatto e fa tuttora discutere i cultori del diritto tributario italiano. Questi, infatti, sono stati sempre combattuti nell’interpretazione di detto art. 53 tra il potenziamento delle garanzie costituzionali del contribuente — che presuppone una forte limitazione della discrezionalità del legislatore tributario e un accentuata valorizzazione della persona e della proprietà che con essa si dovrebbe identificare — e l’affidarsi, invece, ai soli principi di ragionevolezza, coerenza e congruità del sistema tributario, senza porre limiti concreti di altro genere allo

201 FEDELE., Prime osservazioni in tema di Irap, in Riv. dir. tributario, 1998, vol. I, pp. 453 ss.; GALLO,

Ratio e struttura dell’Irap, in Rass. trib., 1998, pp. 627 ss.; GALLO, Imposta regionale sulle attività produttive (IRAP), in Enc. Dir., App., V, 2001, pp. 657 ss. Cfr. altresì BATISTONI FERRARA, Prime riflessioni sul salvataggio dell’Irap, in Rass. trib., 2001, p. 833 ss.; BASILAVECCHIA, Sulla costituzionalità dell’Irap: un’occasione non del tutto perduta, in Rass. trib., 2002, p. 92 ss.

202 In tal senso cfr. GALLO, Le ragioni del fisco, cit. Cfr. altresì FEDELE, La funzione fiscale e la capacità

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stesso legislatore che non siano quelli derivanti dalla misurabilità economica della situazione oggetto dell’imposizione.

È evidente che chi ragiona nel primo senso riduce i tributi203 istituibili solo a quelli il cui presupposto esprima una capacità contributiva qualificata (e cioè, nella sostanza, il reddito, il patrimonio e il consumo). Enfatizza in particolare, attraverso il riferimento alla necessaria esistenza di elementi patrimoniali attivi, il criterio di appartenenza proprietaria e presuppone, culturalmente e moralmente, ciò che finora si è negato, e cioè la inscindibilità tra la persona del contribuente e i suoi diritti proprietari e la natura pre-istituzionale degli stessi. Fonda, infatti, l’interpretazione dell’art. 53, comma 1, sul dogma della giuridica necessità che la tassazione avvenga con riferimento a situazioni ed eventi che siano “contenitori” di elementi patrimoniali e fattori di arricchimento materiale del contribuente, fino al punto di ritenere costituzionalmente illegittime quelle forme di tassazione che tali elementi trascurano.

Chi, invece, interpreta il riferimento alla capacità come fissazione di un mero criterio distributivo acconsente a che la ripartizione del carico pubblico avvenga, per la soddisfazione dell’interesse generale, in base a scelte di origine sociale fatte dal legislatore nella sua discrezionalità, e cioè scelte che possono anche escludere il riferimento a una “ricchezza” del contribuente avente contenuto patrimoniale (che è come dire la necessaria titolarità, da parte di questi, di un diritto soggettivo di proprietà).

Definendo la funzione fiscale come una funzione di riparto del carico pubblico tra i consociati, si scinde la persona del contribuente dalla sua proprietà e si consente al legislatore ordinario di assumere, quali soggetti passivi d’imposta idonei a concorrere alle pubbliche spese, anche coloro che pongono in essere presupposti, socialmente rilevanti, risolventisi nella sola valutazione economica delle diverse possibilità di soddisfare esigenze e bisogni dei soggetti passivi medesimi e di realizzare i loro interessi. È evidente che chi si muove nell’indicata ottica di equità distributiva e di non identificazione del contribuente con i suoi diritti proprietari non può che ragionare in questo secondo senso.

203 GAFFURI, La compatibilità dell’imposta regionale sulle attività produttive con i precetti fondamentali

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Sulla base di questo ragionamento, vi è chi ha immaginato il modellamento di nuove tipologie di tributi, sganciate dagli indici di capacità contributiva tradizionali, ma con riferimenti sempre più tangibili a nuovi modelli. Declinando questo ragionamento sul tema della ricchezza digitale, la forza di comando detenuta dai grandi player internazionali sembra basarsi principalmente su nuovi modelli di business in cui il dato è l’elemento principale dell’architettura imprenditoriale.

Su questa premessa, in particolare, la dottrina ha immaginato la creazione di tributi

ad hoc, comunque, complementari alla tassazione reddituale societaria. In riferimento a

questo e agli altri temi conseguenti, è bene, dunque, analizzare quali e quante sono state le proposte normative che hanno immaginato l’istituzione di tributi sensibilmente diversi da quelli attuali.

8. L’introduzione di tributi specifici per affrontare le sfide dell’economia

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