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BOITO E SELVATICO A PADOVA

Nel documento Il palinsesto antoniano, 1830-1940 (pagine 102-104)

4. IL DIBATTITO SUL RESTAURO

4.1 BOITO E SELVATICO A PADOVA

Non fu solo Valentino Schmidt a preparare la basilica, e i suoi amministratori all’arrivo di Camillo Boito. Lui stesso, con l’aiuto del maestro Selvatico si preparò la strada grazie ad alcuni, e già noti, lavori che realizzò a Padova1.

Non va dimenticato, infatti, che nel 1867 l’architetto e il suo maestro Selvatico erano tornati a Padova.

Quello stesso anno il marchese aveva fondato a Padova la “Scuola di disegno pratico, modellazione e d’intaglio”, una “scuola-bottega” nella quale una “opportuna istruzione nel disegno, nella modellazione in creta e nell’intaglio del legno”2 potesse vantare un profitto non solo agli artigiani, alla ricerca di imparare un mestiere, ma anche delle industrie. Non solo, si era fatto anche promotore della nascita di una nuova Commissione Conservatrice per i monumenti3.

Dopo un probabile allontanamento dei due per la questione “tricuspidale” della facciata di santa Maria del Fiore a Firenze, i due si ritrovano a lavorare insieme4; Selvatico dietro le quinte, Boito in prima fila5.

1 Per quanto riguarda l’attività di Boito a Padova città si consideri:

MARCELLO SALVATORI, Camillo Boito e le sue opere in Padova, pp. 835- 846, GUIDO ZUCCONI, L'invenzione del

passato, pp. 171- 177, GUIDO ZUCCONI, Camillo Boito un’archeologia per il futuro, pp. 3-8, TIZIANA SERENA, Il

palazzo delle debite, pp. 84- 89, TIZIANA SERENA, Il museo al Santo, pp. 90- 97, TIZIANA SERENA, Scuole elementari

alla Reggia Carrarese, pp. 98- 105, DONATELLA CALABI, L’urbanistica di fine ottocento in un ventennio di attività della

giunta municipale, in Camillo Boito un’architettura per l’Italia unita, a cura di FRANCESCA CASTELLANI -GUIDO

ZUCCONI, catalogo della mostra, (Padova, Museo Civico al Santo, 1 aprile-2 luglio 2000), Venezia, Marsilio,

2000, pp. 35- 39, TIZIANA SERENA, Boito e Selvatico, pp. 69- 90, DAVIDE BANZATO, Boito a Padova, pp. 103-

110, FRANCESCA CASTELLANI, Fatti della pittura decorativa in Veneto 1893-1943, pp. 430-431, GUIDO ZUCCONI,

Per una scienza dei monumenti architettonici, in Pietro Selvatico e il rinnovamento delle arti nell’Italia dell’Ottocento, Atti del

convegno (Venezia 22- 23 ottobre 2013), a cura di ALEXANDER AUF DER HEYDE, MARTINA VISENTIN,

FRANCESCA CASTELLANI, Pisa, Edizioni della Normale, 2016, pp. 281- 296.

DOMENICO CHIZZONITI, Il caso di Padova e le scuole elementari alla Reggia Carrarese, in Camillo Boito moderno, atti

del convegno (Brera, Politecnico, 3-4 dicembre 2014), a cura di SANDRO SCARROCCHIA, Milano- Udine,

Mimesis, 2018, pp. 513- 526, GUIDO ZUCCONI, Da Selvatico a Boito, i fili visibili e invisibili di una forte continuità, in

Camillo Boito moderno, atti del convegno (Brera, Politecnico, 3-4 dicembre 2014), a cura di SANDRO

SCARROCCHIA, Milano- Udine, Mimesis, 2018, pp. 565- 578.

2 PIETRO SELVATICO, Nell’apertura della nuova scuola di disegno pratico di modellazione e d’intaglio pegli artigiani istituita

dal comune di Padova. Discorso di Pietro Selvatico presidente del Comitato de’ Patroni di detta scuola (24 novembre 1867),

Padova, Sacchetto, 1867 cit. in ALEXANDER AUF DER HEYDE,Per l’«avvenire dell’arte in Italia», pp. 269- 279 ed

anche GUIDO ZUCCONI, L’invenzione del passato, p. 171.

3 VINCENZA CINZIA DONVITO, La Commissione Conservatrice dei monumenti, pp. 62- 64. 4 TIZIANA SERENA, Boito e Selvatico, pp. 69- 90.

5 GUIDO ZUCCONI, Pietro Selvatico e Camillo Boito fra Padova e Venezia, in Medioevo fantastico. L’invenzione di uno stile

nell’architettura tra fino ‘800 e inizio ‘900, a cura di ALEXANDRA CHAVARRIA E GUIDO ZUCCONI, Atti dei

La città di Padova, in questi anni, impegnata a definire il suo nuovo volto, dopo l’annessione al regno di Italia, aveva cominciato un percorso di trasformazione urbanistica, ma anche di affrancamento da città periferica e provinciale a vero e proprio centro culturale. Padova, infatti, in quanto sede di una prestigiosa Università e meta di continui pellegrinaggi al santuario antoniano da ogni parte del mondo, aspirava a diventare luogo di aggregazione e di confronto di livello internazionale fra artisti contemporanei, come già lo era Venezia6.

Fu così che l’amministrazione padovana mise in atto una serie di interventi,a scala urbana, finalizzati proprio al miglioramento delle vie di comunicazione e alla modernizzazione della città, all’applicazione di criteri sanitari.

I primi lavori coinvolsero prima di tutto gli assi viari; le strade furono allargate, dotate di una nuova illuminazione, e di più ampi marciapiedi, in alcuni casi ne fu corretta la pendenza e sostituito l’acciottolato. Si avviò anche lo studio del piano regolatore edilizio7.

La sistemazione riguardava soprattutto il centro escludendo completamente da questa revisione le zone marginali della città. Il piano regolatore prevedeva una sistemazione della pianta allargando le strade per consentire una maggiore comunicazione fra i principali centri del nucleo urbano. Non prevedeva alcuna espansione né tantomeno alterazioni sostanziali della struttura cittadina8.

L’idea principale era quella di porre in maggior rilievo alcuni monumenti, particolarmente simbolici, inserendoli in un piano di tutela e di modernizzazione della città, fortemente voluta dal sindaco Francesco Piccoli.

A questo scopo vennero coinvolti alcuni progettisti, fra i quali Eugenio Maestri, Enrico Holzner, Andrea Scala, Gabriele Benvenisti9 che, come già evidenziato dalla bibliografia precedente, erano già legati più o meno direttamente al maestro Selvatico10. Tutti coetanei di Boito e diplomati all’Accademia di belle Arti di Venezia, i progettisti operarono a Padova secondo uno stesso modello, quello

6 Ibidem, si consideri ancora una volta DONATELLA CALABI, L’urbanistica di fine ottocento, pp. 35- 39.

7 Ibidem.

8 Ibidem.

9 Maestri e Benvenisti fecero parte della commissione incaricata di redigere il piano regolatore.

10 GUIDO ZUCCONI, L’invenzione del passato, pp. 171- 176, GUIDO ZUCCONI, Camillo Boito, un’archeologia per il

selvatichiano. Secondo questo modello, che mirava ad evocare un lungo medioevo11, a confrontarsi con il passato per la definizione di un’identità storica, progetto e restauro dovevano essere integrati fra loro.

Selvatico aveva già richiamato l’attenzione sull’opportunità dello stile medievale cristiano italiano nelle sue implicazioni con la ricerca di un’identità storica12.

Padova, per parte sua, si dimostrò profondamente sensibile e ricettiva alle questioni avanzate da Selvatico e trasmesse dai suoi allievi e sostenitori.

Se da un lato il Santo, e la sua amministrazione, limitarono l’azione di Selvatico, dall’altra la città di Padova gli offrì molte occasioni, prima di tutte quella di riuscire ad introdurre il suo allievo Boito.

Boito, a Padova, si trovò ad operare in contesti piuttosto diversi ma localizzati nei punti nodali della città13.

In questi luoghi egli riuscì ad operare grazie a Selvatico, il quale procurò gli incarichi all’allievo, preparando il terreno come membro della Commissione Conservatrice e direttore dell’Istituto d’arte14 da lui fondato.

Il ruolo rivestito da Selvatico, in questi anni, a Padova, gli consentì in più di un’occasione di avere carta bianca per quanto riguarda le commesse a Boito.

Nel documento Il palinsesto antoniano, 1830-1940 (pagine 102-104)