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LE RELAZIONI DI FEDERICO BERCHET

Nel documento Il palinsesto antoniano, 1830-1940 (pagine 158-168)

5. ALLA VIGILIA DEL CENTENARIO: FRA “RICOMPOSIZIONI” E NUOVI INTERVENT

5.4. LE RELAZIONI DI FEDERICO BERCHET

Venezia 3 aprile 1893101

Illustre Presidenza della Veneranda Arca del Santo Padova

97 BCP, Carteggio Cavalletto, serie 3, Corrispondenza (1864- 1895), b. 122 Arca del Santo, 1893 giu. 7, cit. in

ANTONIO SARTORI, Archivio Sartori, I, p. 198.

98 Ibidem.

99 BCP, Carteggio Cavalletto, serie 3, Corrispondenza (1864- 1895), b. 122 Arca del Santo, 1893 lug. 9, cit. in

ANTONIO SARTORI, Archivio Sartori, I, p. 199. Questo fatto provoca la rottura dei rapporti fra la Veneranda

Arca e Federico Berchet, si veda anche FRANCESCA CASTELLANI, Interventi strutturali, pp. 133- 134.

100 BCP, Carteggio Cavalletto, serie 3, Corrispondenza (1864- 1895), b. 122 Arca del Santo, 1893 lug. 3, cit. in

ANTONIO SARTORI, Archivio Sartori, I, p. 200- 201.

In analogia all’incarico conferitomi mi faccio in dovere di presentare a codesta illustre Presidenza della Veneranda Arca del Santo gli atti relativi alla esecuzione delle nuove imposte di bronzo delle tre porte della facciata della insigne basilica secondo il mio progetto, che ebbe l’onore d’essere accolto. Ho fatti disegnare accuratamente dal prof. Rupolo, sotto la mia direzione i nuovi prospetti della imposta maggiore e delle imposte minori colle varianti desiderate da codesta Presidenza, ed indicatemi nell’ultima intervista come segue: ho soppresso le teste di Leone nella lesena orizzontale alla linea dell’occhio e vi ho costituite delle teste di serafini ornate e di cherubini. Se le teste dei serafini, essendo ornate, dopo fatti i modelli in gesso, non riuscirebbero del tutto armoniche col resto, si potrà sostituire anche in queste lesene orizzontali lo stesso partito di tutte le altre cioè un circolo in mezzo con un piccolo busto fra due borchie a croci ornate.

In questo caso si supplirà all’ornamento diminuito, ornando invece colle teste di cherubini e scapteri (?) tutte le intersecazioni delle lesene escluse le quattro angolari per ogni parte di imposta, che restano come sono. Ho adottato per ognuno dei comparti quadrati, nei quali è diviso lo specchio di ogni banda la borchia a croce piana e le quattro mezze borchie simili in rialzo preferite da codesta presidenza.

E finalmente ho tenuti bassi i busti di santi e di apostoli nei circoli in mezzo ad ogni lesena. Queste varianti emergono chiaramente dalle due nuove tavole di tipi normali e completi da me firmati e che allego tav. A e tav. B ed alle quali unisco le tavole degli schizzi C e D prima presentati. A queste tavole unisco il disegno di una sedicesima parte di una banda della imposta della porta maggiore, affinché se ne vegga più chiaramente l’effetto, e possa servire di guida ai formatori dei modelli. Unisco pure al vero una sezione della ossatura ed armatura in legno e della fodera in bronzo e loro collegamento, nella quale si vede pure come vi si inserisce la proposta intellajatura in ferro.

Per completare gli atti occorrenti alla esecuzione del lavoro allego una dettagliata descrizione dello stesso, nonché il Computo metrico del peso di bronzo e del ferro, del volume del legname e delle varie somministrazioni. A questi atti sarebbe da aggiungere la perizia della spesa, che non ho creduto di compilare per la seguente considerazione. In analogia alle istruzioni verbali ricevute nell’ultima intervista costì (?) da codesta illustre Presidenza, ed a quelle scritte comunicatemi con sua pregiata lettera, ho in via confidenziale e senza nessun impegno aperte pratiche col fonditore designatomi Giuseppe Michieli, il quale mi presentò la offerta che allego domandando il prezzo di lire otto (£ 8) al chilogrammo di bronzo fuso per le operazioni in essa lettera indicate, asserendomi che questo suo limite si riservava di ridarlo, ma di poco, in caso di gara, ora questa domanda, a mio avviso ed anche col confronto de lavori eseguiti in bronzo in questa Basilica di S. Marco, mi sembra abbastanza elevata per poter inchiuderla nella mia Perizia, della quale essa costituisce la parte di gran lunga prevalente.

Infatti sommando il bronzo a chilogrammi 3627,95 la domanda di Michieli monta a £ 29023,60 […] Da ciò si vede che la fusione pesa per quasi tre quarti sul totale del progetto e quindi la spesa per esso può essere molto sensibilmente ridotta qualora si ottenga dal fonditore un prezzo più conveniente. Io credo quindi che in luogo della perizia possa essere sufficiente per ora questo cenno fatto nella presente, e che invece codesta Presidenza inviti tre o quattro fonditori di sua fiducia, compreso il Michieli ad esaminare i disegni e la descrizione che ho l’onore di presentare con questa mia, ed a fare una offerta in iscritto con schede suggellate per tutta la parte che riguarda il fonditore: e che codesta amministrazione fissi poi nella usa scheda pure segreta e chiusa con sigillo speciale, il massimo ed il minimo al di là dei quali le offerte si riterranno nulle e non accettate. Se a me fosse permesso di suggerirlo, fisserei per questa scheda con una certa larghezza, il massimo di lire 8 ed il minimo di Lire 4 per Chilogrammo di bronzo fuso. Questa licitazione privata a schede segrete, una volta che sia stata realizzata darà un risultato positivo pella perizia di tutto il lavoro, che sarò mia premura di immediatamente allestire. Frattanto, ove a codesta illustre Presidenza non dispiacqua, dovendo io

compensare le copie dei disegni fatti ed assumere degli assistenti per sollecitare i lavori dei vari progetti, secondo i ben giusti desideri esternatimi, pregherei che mi fosse favorita una prima anticipazione sul fondo destinato. Colla più profonda osservanza. Di codesta illustre Presidenza devotissimo.

Ach.° Federico Berchet.

Pulpito della Basilica del Santo102

Descrizione, Venezia, 10 maggio 1893, Federico Berchet

Descrizione del lavoro che si propone al Pulpito della Basilica del Santo in Padova in base all’incarico avuto dalla Onorevole Presidenza di quella Veneranda Arca.

Il pulpito si appoggia ad uno dei grossi pilastri che regge la cupola centrale, quello a destra di chi entra nella nave maggiore. esso tanto per le colonnine spirali, che ne suddividono il parapetto in quattro specchi, tre curvi ed uno piano, quanto per la mensola ornata a frutta e fogliami, che ne costituisce la base, si mostra lavoro del secolo XIV. La Madonna col Bambino, con San Giovanni e San Girolamo ai lati ed una divota ai piedi dipinta a buon fresco sul pilastro stesso nel quattrocento, ne forma il dossale che forse copre altra pittura più antica. Alla forma primitiva fu nel 1667 aggiunto un goffo padiglione e forse a quell’epoca è da ascriversi il pesante davanzale messo a rialzo del parapetto per portare la cattedra all’altezza voluta dall’uso. I barocchi hanno manomesso questo monumento come tanti altri, e per conservarlo occorre quindi demolire, togliergli cioè l’aggiunta del davanzale e del padiglione, col quale fu camuffato e restituirlo alla condizione originaria. Che se le esigenze dell’uso, a cui il pulpito è destinato, domandano poi che esso resti col davanzale alla altezza attuale, alla quale corrisponde il dossale dipinto a fresco sul pilastro, il portaruolo (?) non turba la bellezza e basterà aggiungere pochi gradini alla scala. Questa è una rozza imitazione, non molto vecchia, della antica scala distrutta e può rinnovarsi armonizzandosi lo stile fra il vecchio e il nuovo per conservare la impressione estetica, ma differenziando di materiali ed infiggendovi una breve iscrizione che ricordi la data e l’opera del restauro. Così non si ingannano ne contemporanei ne posteri e si conserva intatto l’antico senza dissonanza col nuovo, risolvendo il duplice problema. A tale uopo basta alzare di m. 0.10 + 0.40 il piano della cattedra ed aggiungere quindi numero tre gradini alla scala che si dispone attorno al pilastro come è sempre stata. Tutto lo studio si risolve nel ricondurre le pedate dei gradini alle antiche misure in modo che i colonnini e gli archi acuti della balaustrata riescano eguali ed egualmente distanti come in antico: dacché si è potuto conseguirne per ogni rampa. Questi colonnini si faranno di marmo greco colle basi e capitelli pure di marmo greco, mentre la cimasa si farò in broccatello e marmo greco variando così e migliorando il materiale che è ora di pietra calcare dura dei colli euganei. I gradini possono conservarsi in trachite aggiungendovi pure in trachite i nuovi su ognuno dei quali si inciderà la data ed un segno convenzionale, o farsi di broccatello. Per ragioni di convenienza e di usi, l’attuale ambone a pianta mistilinea e quindi col parapetto a tre specchi curvi ed uno piano, conservando gli stessi lati della base potrebbe cambiare la disposizione del lato rettilineo mettendolo nel piano di fronte all’ingresso, e destinando invece il lato curvilineo al centro del pulpito per meglio rispondere all’uso cui deve servire, non senza avvertire che subordina la variante al giudizio

competente. Con tali norme è estesa la Perizia del lavoro graficamente descritto nella Tavola 2a dei tipi allegati

mentre la Tavola 1a riproduce lo stato attuale. Qualora poi fosse desiderato ed ammesso di decorare, come

ricordo del centenario del taumaturgo anche la parte sottoposta al mensolone che sostiene il pulpito ed ai

gradini della scala, che è ora di semplici corsi di breccia veronese battuta a martellina fina, la tavola 3a

rappresenta una decorazione sobria e corretta, basata sulla nobiltà del materiale da impiegarsi e la tavola 4 a ne

segna i principali dettagli in una scala maggiore. Gli specchi si farebbero di cipollino a macchia aperta, le fascie in giro di broccatello e le colonnine angolari di greco addossate a pilastri di broccatello. Si estende la perizia, che sarebbe una aggiunta, che giova alla bellezza, non nasconde ne altra la parte antica del monumento, e segna una data memorabile e memorata da relativa iscrizione in posto adatto. Riassumendo pertanto il fin qui detto, la proposta è quella di liberare il pulpito dalle aggiunte barocche e metterlo a suo posto rifacendo la scala, e qualora poi si voglia decorarlo in memoria del centenario, di ornare sobriamente e con nobiltà di marmi la base ora a semplici corsi di pietra veronese.

La perizia della spesa occorrente per conservare l’antico pulpito demolendo le aggiunte del secolo XVII e portarlo alla altezza normale sostituendo una nuova scala alla attuale rozza e recente imitazione dell’antico porta la soma di italiane lire 4901,35. Volendo decorare il pulpito come ricordo del centenario del Taumaturgo colla aggiunta di una sobria decorazione della parte sottoposta al mensolone che contiene il pulpito ed ai gradini della scala, è da aggiungere la somma di Lire 1988 […]

Venezia 3 giugno 1893103

Relazione sul ripristino della Cappella del Sacramento nella insigne Basilica di Sant’Antonio in Padova. Le indagini diligenti fatte dietro mio avviso, in questi giorni, dal distinto artista padovano Prof. Bertolli sotto la direzione della Commissione dei monumenti della provincia di Padova, perciò scoprire traccie di pitture murali del secolo XVII, le quali non sono certo i comprati dipinti nelle seconda metà del secolo XV su un

lato da mo . Piero Calzetta e da mo Iacomo da Montagnana e cominciati sull’altro lato da mo Matteo dal Pozzo

e finiti da mo Angelo Zotto per essere morto nel frattempo mo I Matteo. Sarà bene allegare la

rappresentazione fotografica di queste pitture murali scoperte per convincere che non sono le originarie e per le deduzioni che se ne possono trarre.

Questa cappella fu eretta dalla magnifica signora Giacoma della Leonessa moglie di Francesco e madre di Giovanni Antonio Gattamelata da Narni, e col permesso dei Massari e Governatori della Veneranda Arca di Sant’Antonio avuto il 15 novembre 1456 essa la costruì intitolandola a San Bernardino, e murandovi nelle due opposte pareti i due sepolcri del marito e del figlio. Sotto la terza volta della nave destra della Basilica, giusta il piano del padre Giampiero da Belluno detto il Gattesco si aperse il muro nello scorcio del 1456, si voltò un grande arco acuto e si costruì la cappella in due anni e mezzo dandola compiuta il 13 maggio 1459. Giacoma della Leonessa nel suo testamento dell’anno 1457 dispose che dicta cappella sua dipingi et ornari debeat cum zelo stellato in auro et aliis figuris, pro quibus expendatur usque ad summam ducatorum duecentorum auri. Nel 1651 si rinnovò la cappella per trasportarvi il tabernacolo del Sacramento, che era prima stato depositato pell’altare maggiore della Basilica, ed in tale occasione tutti gli antichi dipinti perirono e furono sostituiti dalle decorazioni architettoniche a colonne barocche dipinte di cui oggi si scopersero le traccie. Ora si presenta naturalmente un quesito. Il cenobita Bellunese che diresse la costruzione della cappella gattesca abbandonò l’arco acuto seguendo il gusto del 1456, oppure non accolse l’arco a tutto sesto che in quella epoca era già adottato? Osservando la cappella, oltre all’arco acuto di accesso aperto sul muro della neve destra della Basilica, vi si vedono i cordoni angolari e non può a meno di impressionare la conformazione del soffitto. Questo è costruito a crociera archiacuta, ogni porzione della quale è intersecata da due cordoni che la dividono in tre spicchi acuti corrispondenti alle tre arcate pure acute, che coronano ciaschedun lato della cappella sopra la cornicie. Sono pure di carattere schiettamente archiacuto i due mausolei gatteschi pei quali fu fatta la cappella e nei quali entro nicchie archiacute ad orli addentellati di marmo rosso, bruno e bianco

alternati stanno le urne rettangolari col guerriero armato giacente sopra il coperchio e col prospetto ornato da due bellissimi angeli a bassorilievo colla iscrizione. Entro l’arco coronato dal cimiero colla gatta stanno dei dipinti dell’epoca. Tutto questo porta ritenere che Giampietro da Belluno eresse la cappella nello stile archiacuto , a differenza di quanto dice il P. Gonzatti, e la eresse quindi senza la nicchia semiellittica nel lato meridionale di fronte all’ingresso, lato che sarà stato tutti dritto e liscio e dove stava l’altare colla pala del Bellini, che fu tolta nel 1651.

In quest’epoca per adattarvi l’altare del Sacramento si aperse il muro, si costruì l’arco frontale della cappella e si voltò la nicchia semiellittica innestando su quel lato le forme barocche che oggi si vedono e maggiormente internandoli nel chiostro. Se tutto questo è chiaro, resta un dubbio sulle finestre, che davano luce alla cappella prima e dopo della sua rinnovazione successa nel 1651.

Lo stile adottato dal frate bellunese non si confà certo colle due grandi finestre attuali semicircolari, che sentono il barocco, e vuole invece le strette e lunghe finestre acute e strombate, che brillano in tutta la basilica. D’altra parte le finestre semicircolari cominciarono ad apparire col rinascimento dell’arte italiana, ed i muri esterni della cappella, che sono a paramento visto denudato da ogni intonaco, non mostrano traccie di altre finestre preesistenti alle attuali.

Dunque Giampietro aprì le finestre semicircolari attuali, o la riforma della cappella del 1651 le aperse con tale esecuzione di nuovi muri da distruggere ogni traccia delle finestre antiche, ammenochè la luce nella cappella gattesca non derivasse da due finestre laterali all’altare nel muro di mezzodì, che fu aperto per costruirvi la nicchia e comporvi l’altare del Sacramento e forse alla scarsa luce si stato provveduto colla apertura di due piccoli occhi nei muri laterali iscritti nello spazio ora occupato dalle finestre arcuate per cui tanto delle finestre oblunge e strombate nel muro frontale come degli occhi nei muri laterali non possa restar traccia. Questa ultima ipotesi mi sembra la più probabile anche perché le stesse pitture murali barocche di recente scoperte taglierebbero le linee delle attuali finestre semicircolari, che sarebbero quindi posteriori anche a questa decorazione policroma. Riassumendo pertanto, il ripristino della cappella dovrebbe togliervi le forme barocche innestatevi, che non hanno alcuna importanza artistica, ossia toglierle l’arco tondo di sfondo e le laterali finestre semilunate, costituendo al primo un arco acuto pari a quello d’ingresso ed alle seconde le antiche finestre. Ora queste finestre pella attuale disposizione della cappella, d’onde non può toglierci la nicchia necessaria pel posto dell’altare opera d’arte pregievolissima, non possono aprirsi che ai lati, ma su questi li soli occhi antichi darebbero una regione luminosa affatto insufficiente, per cui par meglio adattarvi le lunghe e strette finestre arcate e strombate della Basilica. Queste finestre in causa degli sperono esterni del tempio, e dei mausolei della cappella, non possono aprirsi che ai fianchi degli stessi mausolei e negli spazi liberi dagli speroni pelle due finestre settentrionali che determinano così la larghezza anche delle finestre meridionali, e strombano così all’interno. In tal caso la parte superiore della nicchia semiellittica superiore va modificata per raccordarla col nuovo arco acuto di sfondo, ed in questa nicchia potrebbe essere aperta una finestra circolare dietro l’altare per aumentare, volendolo, la luce della cappella dappoichè si chiuderebbe l’occhio sopra la cornice in quel lato, occhio che rompe nel punto principale il partito da dipingersi nelle arcate acute sopra la detta cornice fra le quali originano gli spicchi del soffitto. Che se ci volessero introdurre le minori modificazioni possibili per facilitare la approvazione superiore e ne derivassero comparti egualmente simpatici e convenientemente illuminanti, si potrebbero sostituire a questa proposta tre rose eguali; due iscritte nelle attuali finestre semicircolari e col diametro pari al loro raggio, e la terza aperta al loro stesso livello nella nicchia di fondo. Ora lo scopo principale, che la presente relazione si propone, è quello di ridonare alla cappella del Sacramento, le istorie patrie e le glorie d’angeli e di santi dipinte con intelletto d’amore sulle sue pareti come una volta, e di ottenere che le nuove pitture murali armonizzino coll’effetto

d’insieme di tutto il monumento e sieno una vera opera d’arte, che resti degno saggio della epoca nostra fra tanti tesori della insigne Basilica patavina. Per raggiungere grande scopo occorre l’opera solenne di un artista contemporaneo di primissimo merito, ed io sarei ben peritoso di formulare e di presentare questa mia proposta se non ammirassi nell’esimio professore Maccari, che del suo genio diede prove indiscutibili a Roma, a Genova e altrove chi può splendidamente corrispondere al grandissimo assunto. Al genio di così fatto artistico, che vola al di sopra do ogni piccola gara, e non voglionsi imporre limiti, e quindi come non mi permetto di suggerire partiti e soggetti, così credo anche conveniente di mettere a sua disposizione la pianta ed i quattro lati della cappella del Sacramento nello stato attuale segnato a tratti neri dove in rosso ed in azzurro sono segnate le eventuali modificazioni delle finestre e della nicchia e dell’arco di sfondo, e precisamente sono segnate in rosso le finestre stesse acute e strombate laterali ai mausolei colla finestra circolare dietro l’altare, ed in azzurro sono segante le tre rose, che si sostituirebbero invece sui tre lati della cappella, dacché sembra preferibile. Un solo suggerimento mi permetto di fare, il quale potrebbe essere un consiglio, ma preferisco sia una preghiera. Io sarei lieto se le nuove pitture murali fossero dipinte, col sistema degli antichi, con una tempera all’ovo a corpo ed a velature e che le tinte fossero tenute di una gamma bassa perché l’antico col nuovo non abbia un eccessivo distacco, si capisca una cosa nuova, ma non disturbi all’occhio. Lascio libero al prof. Maccari di sciegliere a soggetto dell’opera sua o la cappella come era oppure quel partito che meglio gli aggrada dei due che ho sopra cennati per le nuove finestre. Ad ogni modo se la cappella dovrà essere ripristinata tutta di uno stile, io mi farò premurare di presentare a codesta onorevole Presidenza la relativa perizia della spesa presumibile per entrambi i partiti. Intanto a risparmio di sempre le presento qui uniti i disegni che si prestano a tutte le soluzioni affinché, unitevi la fotografia dell’altare e delle pitture murali ora scoperte, Ella voglia presentarli con questa mia Relazione dopo di avere su essa deliberato

Nel documento Il palinsesto antoniano, 1830-1940 (pagine 158-168)