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LA CAPPELLA DELL’ARCA E IL SAGRATO

Nel documento Il palinsesto antoniano, 1830-1940 (pagine 77-92)

3. DALLA TEORIA ALLA PRATICA: FRA VALENTINO SCHMIDT

3.2 DAGLI INTERVENTI STRUTTURALI

3.2.1 LA CAPPELLA DELL’ARCA E IL SAGRATO

Fra i lavori del primo gruppo vanno ricordati anzitutto quelli per la cappella dell’Arca32 in occasione dei quali Schmidt si limitò a rivestire la carica di sorvegliante33.

Nel 1858, dopo un sopralluogo compiuto dai principi Ferdinando e Marianna, la Veneranda Arca chiese al governo asburgico un sussidio per sistemare la cappella dell’Arca. Si trattava di un intervento di estrema importanza in quanto riguardava uno dei settori più importanti della basilica: la cappella, infatti, da sempre ospitava il corpo di Sant’Antonio. Il desiderio della Veneranda Arca era quello di “ridonare alla cappella del taumaturgo il suo antico splendore” in particolare agli stucchi “grettamente coloriti di giallo”34.

Si trattava dunque di un lavoro di restauro motivato da ragioni prettamente estetiche, non di un lavoro di messa in sicurezza di antiche strutture.

Fu forse a causa dei fraintendimenti, intercorsi con la Commissione Conservatrice qualche mese prima, che l’ente antoniano decise di rivolgersi direttamente al comune al fine di ottenere l’approvazione e iniziare così i lavori35.

Il comune, tuttavia, inoltrò a sua volta la richiesta alla Commissione, che in risposta a ciò, coinvolse nell’operazione anche la Deputazione d’Ornato36.

32 ANTONIO SARTORI, Archivio Sartori, I, p. 343.

33 “Fra Valentino Schmidt ha già fatto fare tutto il restauro e la doratura. Sono state consumate Lire 4936,46

di oro, lire 194,97 per armature, lire 785 in pittori e indoratori” cit. in ANTONIO SARTORI, Archivio Sartori, I, p.

343. A proposito dei lavori da eseguirsi presso la cappella dell’Arca si consideri Ara, Serie 24 - Carteggio otto-

novecentesco, fasc. 24.2030, n. 20- 40.

34 ANTONIO SARTORI, Archivio Sartori, I, p. 343.

35 ANTONIO SARTORI, Archivio Sartori, I, p. 343, ASP, Commissione Conservatrice dei pubblici monumenti, b. n. N 3249, fasc. 39, «1859», lettera dalla Commissione Conservatrice alla Veneranda Arca del 29 marzo 1859.

36 Ibidem. “Il Comune rimette alla commissione per la conservazione dei monumenti, chiedendone il parere,

Il presidente della Commissione Conservatrice, ovvero il podestà Giovanni de Lazara, costituì a questo scopo una sottocommissione incaricata di compiere il sopralluogo. Composta da alcuni membri della Commissione Conservatrice e alcuni della Commissione al pubblico Ornato fra i quali Sante Meggiorin, Eugenio Maestri, Antonio Bernati, Lodovico Menin, Antonio Gradenigo, Teodoro Zacco, Andrea Gloria, Giovan Battista Traversi, la delegazione avrebbe dovuto stabilire l’entità dei lavori di restauro37. Dopo il sopralluogo, avvenuto il 4 aprile del 1859, la Commissione decise che “nell’odierno ristauro del soffitto alla cappella del gloriosissimo taumaturgo sia da preferirsi in massima la doratura di tutti gli stucchi su fondo bianco, ma che invece sieno condotte a bianco su fondo dorato e finto mosaico le lunette ove si rappresentano gli apostoli ed il Redentore, nonché i medaglioni infissi nel suddetto soffitto”38.

Il sussidio di 8000 fiorini concesso dal governo austriaco per “contribuire ad accrescere la pietà degli animi de’ fedeli”39 fu impiegato anche per il restauro delle cupole40. Diversamente dall’intervento precedente, l’operazione fu promossa per rinforzare l’ossatura delle cupole e per la realizzazione di una nuova copertura. In particolare, furono restaurate la cupola della cappella di san Felice, nel 1862, l’anno successivo quelle del Santissimo e della Madonna41, “I guasti di queste due cupole erano molto maggiori che in quella di San Felice, perché esse non vennero divorate dall’incendio del 1749 e quindi erano molto più antiche”42.

Schmidt supervisionò tutti gli interventi compresi quelli realizzati fra il 1864 e il 1865 per la “costruzione del tutto a nuovo della guglia o pinacolo del campaniletto di facciata, che per vetustà e la delicata ma originaria formazione erasi reso insuscettibile di un parziale ristauro”43. I lavori compiuti presso il sagrato della basilica, invece, furono realizzati per questioni igieniche; dopo alcuni primi lavori

37 ANTONIO SARTORI, Archivio Sartori, I, p. 343, ASP, Commissione Conservatrice dei pubblici monumenti, b. n. N 3249, fasc. 39, «1859», lettera dalla Commissione Conservatrice alla Veneranda Arca del 29 marzo 1859.

38 Ara, Serie 24 - Carteggio otto-novecentesco, fasc. 24.2030, n. 27, ANTONIO SARTORI, Archivio Sartori, I, p. 343.

39 DANILO NEGRI-LAURA SESLER, I principali interventi nella fabbrica, p. 131.

40 Ara, Serie 24 - Carteggio otto-novecentesco, fasc. 24.2073, n. 1 cit. ANTONIO SARTORI, Archivio Sartori, I, p. 120-

122.

41 DANILO NEGRI-LAURA SESLER, I principali interventi nella fabbrica, p. 132.

42 Ara, Serie 24 - Carteggio otto-novecentesco, fasc. 24.2068, n. 82 “Processo verbale di visita ai lavori di ristauro

alle coperture della Basilica di S. Antonio in Padova eseguiti nell’anno 1865 dal 20 aprile al 14 novembre” cit. ANTONIO SARTORI, Archivio Sartori, I, p. 120- 121.

eseguiti fra il ‘50 e il ‘53 che prevedevano l’eliminazione degli orinatoi e la costruzione del lastricato di tramontana44, fra il ‘62 e il ‘63 Schmidt si occupò anche del lastricato davanti alla basilica45.

L’idea era di eliminare definitivamente la fogna che correva intorno alla basilica e di dissuadere i visitatori della basilica che continuavano “a spargere ivi e altrove acqua”46. In quest’occasione Schmidt presentò anche un disegno, purtroppo non rinvenuto presso l’Archivio della Veneranda Arca, che illustrava “il fabbisogno della spesa occorrente per rimettere e rinnovare il grande lastricato a quadri e carriera di macigno di Montemerlo”47. Se, dunque, fino a questo momento l’ottica di intervento sembrava più in linea con le idee conservative del primo Selvatico, dal 1864 circa pare che le cose comincino a cambiare.

3.3 …AL TEMA DELLA DECORAZIONE 3.3.1 I ROSONI

I lavori promossi dopo questa data, infatti, non comportavano più solamente interventi di tipo conservativo e manutentivo, ma anche operazioni volte a modificare in maniera sostanziale l’assetto decorativo e architettonico della basilica, sia all’interno che all’esterno. Fra gli interventi meritano menzione soprattutto la ricostruzione dei rosoni, il rifacimento dei pavimenti di alcune cappelle absidali48. Importante per gli sviluppi successivi fu anche la progettazione di un nuovo pulpito49 che tuttavia non fu mai realizzato. Nonostante in alcuni casi si tratti di interventi dettati, come i precedenti, da questioni manutentive, è evidente che attraverso di essi Schmidt cercò di esprimere il proprio gusto.

44 Ara, Serie 24 - Carteggio otto-novecentesco, fasc. 24.2026, «Costruzione di nuovo selciato esterno dal lato della

porta di tramontana, 1852- 1853», 1852 gen. 25-1853 giu. 28.

45 ANTONIO SARTORI, Archivio Sartori, I, pp. 844- 845, Ara, Serie 24 - Carteggio otto-novecentesco, fasc. 24.2078.

46 cit. ANTONIO SARTORI, Archivio Sartori, I, p. 844.

47 Ara, Serie 24 - Carteggio otto-novecentesco, fasc. 24.2078, n. 16 cit. ANTONIO SARTORI, Archivio Sartori, I, p. 845.

48 DANILO NEGRI-LAURA SESLER, I principali interventi nella fabbrica, pp. 133- 134.

49 Copia seduta di Presidenza22 mag. 1877 “costruzione di un nuovo pulpito in sostituzione all’esistente nella

basilica” in Ara, Serie 24 - Carteggio otto-novecentesco, fasc. 24.2139, n. 1 cit. in MARCELLO SALVATORI, Camillo

Boito e le sue opere in Padova, p. 839, ed anche FRANCESCA CASTELLANI,Il pulpito, p. 119, MARIA BEATRICE

GIA,Serie 34. Progetti per il pulpito, in Archivio della Veneranda Arca di S. Antonio. Inventario, a cura di GIORGETTA

BONFIGLIO DOSIO e GIULIA FOLADORE, Padova, Veneranda Arca di S. Antonio e Centro studi antoniani,

Si cominciò, infatti, a riflettere, e fu il caso dei rosoni e del pulpito sull’idea già avanzata da Selvatico, con il suo progetto per la cappella della Madonna Mora, di compiere in basilica nuove decorazioni e ricostruzioni “in stile”.

Certamente per Schmidt lo stile cui riferirsi non poteva che essere quello “alla tedesca”50, lo stile medievale in linea con il movimento neo-medievalista italiano di cui Selvatico fu il vero precursore.

Schmidt fu abile in questo senso perché riuscì, in veste di direttore dei lavori, ad indirizzare le scelte della Veneranda Arca.

Egli riuscì nel suo intento, prima di tutto con la scelta di alcune maestranze, ma anche cercando di imporre ai progettisti la realizzazione di opere in stile gotico, come vedremo nel caso del pulpito o delle vetrate per i rosoni e delle finestre per le cappelle radiali. La scelta di una maestranza esterna, austriaca, per la realizzazione delle vetrate dei rosoni della basilica51, quindi non stupisce.

Essendo egli di origini renane era perfettamente al corrente dell’effettiva expertise che le maestranze, soprattutto tedesche, avevano in quel campo. Non dimentichiamo che in Baviera, sotto re Luigi I (1825- 1848), vi fu un vero e proprio rinascimento della pittura su vetro che consentì lo sviluppo e il successo di questo settore che divenne oggetto di importanti esportazioni in tutta Europa52.

Fu proprio Schmidt, dunque, a mettersi in contatto e a collaborare, fra gli anni ‘60 e gli anni ‘80 dell’‘800, con la ditta Albert Neuhauser, per la realizzazione delle nuove vetrate istoriate dei rosoni e per le 14 vetrate dipinte con la via crucis da collocare alle finestrelle delle cappelle radiali53.

Il progetto delle vetrate, non rinvenuto presso l’Archivio dell’Arca, fu realizzato, secondo i documenti, da un certo prof. Klein.

50 FRANCESCA CASTELLANI, Nel cantiere del Santo, p. 112.

51 ANTONIO SARTORI, Archivio Sartori, I, pp. 141- 143 una prima ricostruzione della vicenda in FRANCESCA CASTELLANI, Disegni e Modelli, p. 275- 276, si consideri anche LEOPOLDO SARACINI, Il rosone meridionale della

basilica di Sant’Antonio. Note storiche, in «Il Santo», 47 (2007), 3, pp. 513- 520 e MARIA BEATRICE GIA, Serie 35.

Progetto della ditta Albert Neuhauser, in Archivio della Veneranda Arca di S. Antonio. Inventario, a cura di GIORGETTA BONFIGLIO DOSIO e GIULIA FOLADORE, Padova, Veneranda Arca di S. Antonio e Centro studi antoniani, 2017, p. 1737.

52 MONIKA BÖNING, Glasmalerei des 19. Jahrhunderts in Deutschland, catalogo della mostra (Angermuseum Erfurt, 23 settembre 1993- 27 febbraio 1994), Leipzig, edition Leipzig, 1993.

53 Ara, Serie 24 - Carteggio otto-novecentesco, fasc. 24.2153, n. 53 e 54 e d anche Ara, Serie 24 - Carteggio otto-

A nostro avviso si tratta di Johannes Evangelist Klein pittore di vetrate di origini austriache, che si dice abbia accompagnato Neuhauser nel suo primo viaggio in Italia, stimolandolo ad occuparsi di questa arte54.

Anche in questo frangente il lavoro fu determinato dalla necessità; per quanto concerne il finestrone “di tramontana” in particolare esso fu sostituito in quanto “per vetustà non più servibile”55. Inizialmente la Veneranda Arca incaricò di eseguire, la sostituzione delle nervature in pietra, agli scalpellini “Michelangelo fu Benedetto Ferrari e Marco Pellegrini” nel febbraio del 186456.

Gli stessi, in seguito, si impegnarono a fornire “vetri colorati del volume di metri cubi 53” per il suddetto finestrone. Erroneamente, Sartori scrisse che il rosone settentrionale fu presentato al pubblico il 10 febbraio del 186357; in verità, da un’analisi dei documenti, risulta che esso fu installato nel febbraio del 186558. Questo ha fatto presupporre alla critica successiva59 che, a quella data, Schmidt abbia presentato alla Presidenza della Veneranda Arca un progetto.

Se si fosse considerata come data di installazione del finestrone il 1863 ci sarebbe stata una contraddizione con i documenti successivi dai quali risultava per l’appunto che il finestrone doveva ancora essere installato fra 1864 e primi mesi del 1865. In realtà “l’opra veramente stupenda ed applaudita da tutti, compiuta ed esposta al pubblico nel giorno 3 andante mese” non fu altro che il “finestrone circolare del lato di settentrione”60 e non il suo progetto.

Il disegno con “fiori e foglie” (Fig. 10) conservato presso l’Archivio dell’Arca sembrerebbe essere il progetto per la decorazione del finestrone settentrionale. Il disegno raffigura, infatti, una parte della vetrata del rosone decorata con motivi floreali multicolori.

54 ULRICH THIEME,FELIX BECKER, Allgemeines Lexikon der Bildenden Künstler von der Antike bis zur Gegenwart,

Lipsia, Seemann, ad vocem, ARTHUR FONTAINE, Johannes Evangelist Klein. Ein Prediger mit dem Zeichenstift,

Norderstedt, Books on Demand, 2016. 55 ANTONIO SARTORI, Archivio Sartori, I, p. 142.

56 Ara, Serie 24 - Carteggio otto-novecentesco, fasc. 24.2072, n. 16 cit. in ANTONIO SARTORI, Archivio Sartori, I, p.

142.

57 ANTONIO SARTORI, Archivio Sartori, I, p. 142.

58 Ara, Serie 24 - Carteggio otto-novecentesco, fasc. 24.2072, n. 2.

59 FRANCESCA CASTELLANI, Disegni e modelli, p. 275.

La mancanza di una firma autografa ci impedisce di affermare con certezza se l’autore sia il tedesco o la ditta Neuhauser, tuttavia la corrispondenza con il soggetto raffigurato, il fatto che si tratti sicuramente del disegno del rosone e lo stile chiaramente tedesco, definito dalla ricca ornamentazione vegetale e dai motivi goticheggianti, ci consentono di attribuire il disegno a questo preciso cantiere.

Fig. 10. Studio per la vetrata del rosone settentrionale. Serie 24 – Carteggio otto-novecentesco, fasc. 24.2155, n. 8.

Nonostante la Veneranda Arca avesse ingaggiato per tale lavoro il veronese Ferrari, a ricevere il saldo di 1.250 fiorini “per pareggio delle forniture dei vetri colorati del grande finestrone settentrionale della basilica” il 1° agosto del 186561 fu la ditta Albert Neuhauser, contattata, quasi sicuramente, per volere di Schimdt.

Da qualche anno, e precisamente nel 1861, Albert Neuhauser (1832- 1901) aveva fondato, a Sterzing (Vipiteno), una ditta specializzata nella produzione e nel restauro di vetrate62.

61 Ara, Serie 24 - Carteggio otto-novecentesco, fasc. 24.2072, n. 3-5.

62 Si consideri REINHARD RAMPOLD, 140 Jahre Tiroler Glasmalerei Und Mosaikanstalt 1861- 2001, Innsbruck, s.e.,

2001, in http://members.tirol.com/glasmalerei/D_LOW.PDF cit. in MARTINA FRANK, La decorazione e l’arte

in architettura nel Tirolo del XX secolo, in Il Novecento in Trentino, Alto Adige e Tirolo. Il contributo all’architettura delle

Nata dalla collaborazione fra Neuhauser, che aveva imparato i primi rudimenti sull’arte del vetro proprio nel laboratorio del padre e poi a Monaco presso la Königlichen Glasmalereianstalt63, il pittore di storia Georg Mader e l’architetto Joseph von Stadl, in pochi decenni, la ditta diede lavoro ad una settantina di persone. Il successo della ditta si diffuse in tutto il territorio austriaco dopo la realizzazione, proprio a partire dal 1863, di alcune vetrate per la chiesa parrocchiale di Pfaffenhofen (Tirolo).

Nel 1870, la ditta si trasferì ad Innsbruck e, verso la fine del secolo vi entrò a fa parte, in veste di direttore artistico, Bernard Rice. Fu ancora una volta un viaggio in Italia, nello specifico a Venezia a suscitare in Neuhauser il desiderio di occuparsi anche dell’arte del mosaico, tanto che diede vita alla Tiroler Glasmalerei und Mosaik Anstalt. Realizzarono lavori per molte chiese austriache, italiane ed estere fino ad essere conosciuti anche negli Stati Uniti dove aprirono una sede secondaria.

Nel 1866 la Veneranda Arca si rivolse alla Commissione Conservatrice per ottenere l’approvazione per il restauro anche del rosone “del lato di mezzodì” in quanto “minacciava la rovina”64.

La Commissione diede il suo nulla osta per l’esecuzione del “pregevolissimo lavoro del finestrone in vetri colorati a mezodì della chiesa”65 sempre su modello di Valentino Schmidt, che a differenza del precedente risulta mancante. È conservato invece un disegno, realizzato, come ipotizzato da Castellani66, dalla ditta Neuhauser. Nel finestrone di “mezzodì” in particolare “trovossi opportuna la figura”67.

La scelta iconografica volle riflettere la tradizione dei cinque santi protettori di Padova68, mentre la scelta stilistica di gusto goticheggiante, secondo un giudizio

63 EVA OBERMAYER-MARNACH, Österreichisches Biographisches Lexikon, 1815- 1950, Vienna, Österreichischen Akademie der Wissenschaften, 1976, ad vocem, p. 85.

64 FRANCESCA CASTELLANI, Disegni e Modelli, p. 276.

65 Ara, Serie 24 - Carteggio otto-novecentesco, fasc. 24.2074, n. 39, cit. in ANTONIO SARTORI, Archivio Sartori, I, p.

142, ed anche FRANCESCA CASTELLANI, Disegni e Modelli, p. 275.

66 FRANCESCA CASTELLANI, Disegni e Modelli, p. 276.

67 Ara, Serie 24 - Carteggio otto-novecentesco, fasc. 24.2085, n. 40, lettera della Presidenza dell’Arca alla

Commissione d’Ornato, cit. in ANTONIO SARTORI, Archivio Sartori, I, p. 142.

68 San Daniele diacono, San Bonaventura, Sant’Antonio con il bambino, San Prosdocimo, Santa Giustina cit.

in Ara, Serie 24 - Carteggio otto-novecentesco, fasc. 24.2074, n. 70, cit. in ANTONIO SARTORI, Archivio Sartori, I, p.

espresso da Selvatico nella guida del 1869, sembrava voler “arieggiare le gentili forme dei quattrocentisti”69.

A dimostrazione dei buoni rapporti intercorsi fra Schmidt e Neuhauser il fatto, secondo noi non casuale, che Schmidt, in seguito ai rivolgimenti politici dovuti all’annessione del Veneto all’Italia, si trasferì per qualche mese a Pfaffenhofen (Tirolo)70. Da lì fra Valentino avrebbe seguito i lavori anche per il secondo rosone71.

3.3.2 IL PULPITO

Nel 1864 un ulteriore lavoro che la Veneranda Arca si accingeva a compiere, e che vide ancora una volta Schmidt impegnato in prima persona, soprattutto per la definizione dello stile cui attenersi, fu il restauro del pulpito72.

Grazie ad una serie cospicua di disegni conservati in Archivio73, sappiamo che Vincenzo Grasselli, ingegnere civile padovano del quale non abbiamo altre informazioni, iniziò a lavorare ai progetti per il pulpito nel 1864 presentando alla Veneranda Arca, oltre ai disegni che raffiguravano il pulpito prima dei restauri, anche un “progetto libero” e un “progetto condizionato”74 (Fig. 11).

Ad un gusto tipicamente nordico- tedesco, come dimostra il baldacchino con merlettatura gotica gigliata75, si rifece Grasselli nel “progetto condizionato”; pare che questo progetto sia stato “dettato” all’ingegnere proprio da Valentino Schmidt. A dimostrazione di ciò nel disegno si legge, a matita, “Secondo Schmidt”.

69 “Di recente si ornarono entrambe di vetri colorati in cui stanno figure e fregi che vorrebbero arieggiare le

gentili forme dei quattrocentisti- uscirono dalla fabbrica del signor Alberto Neuhauser di Insbruch. La vetrata

a settentrione fu compiuta nel 1865, quella opposta l’anno seguente”. PIETRO SELVATICO, Guida di Padova e

dei suoi principali contorni, pp. 82- 83.

70 Ara, Serie 24 - Carteggio otto-novecentesco, fasc. 24.2074, n. 25.

71 FRANCESCA CASTELLANI, Disegni e Modelli, p. 276.

72 Ara, Serie 24 - Carteggio otto-novecentesco, fasc. 24.2139, n. 1 cit. in MARCELLO SALVATORI, Camillo Boito e le sue

opere in Padova, p. 839, ed anche FRANCESCA CASTELLANI,Il pulpito, p. 119, MARIA BEATRICE GIA,Serie 34 -

Progetti per il pulpito, pp. 1723- 1724.

73 MARIA BEATRICE GIA,Serie 34. Progetti per il pulpito, pp. 1723- 1731, n. 34.1.1- 34.1.38.

74 Ibidem. Il progetto è stato pubblicato in CESARE CROVA, Il cantiere di Sant’Antonio a Padova, p. 46.

Fig. 11. VINCENZO GRASSELLI, Progetto per il pulpito (Progetto condizionato- fronte). Serie 34 – Progetti per il pulpito, n. 34.1.9.

In una lettera inviata al padre Rettore, padre Antonio Guglielmi76, nel 1891, poco prima della morte di Schmidt, Grasselli ricorda gli anni della collaborazione con Schmidt, ma in termini tutt’altro che positivi77.

76 Si veda ANTONIO SARTORI, Archivio Sartori, II, p. 1152.

77 Ara, Serie 24 - Carteggio otto-novecentesco, fasc. 24.2090, n. 71. Ne pubblichiamo un estratto piuttosto

consistente perché fornisce informazioni importanti sul tedesco e il suo ruolo al Santo: “M. Marangoni, allora semplice P. Maestro […] voleva incaricarmi di ridurre il pulpito attuale, adattandovi sopra un coperto, che a Fra Valentino aveva disegnato, per Padova di passaggio, non so che disegnatore tedesco. Non sarebbe stato del mio decoro, veramente, un così umile incarico. Per questo io non me lo sarei assunto, senza non avere contemporaneamente presentato anche un progetto mio. Ed egli, trovato giusto il mio proposito vi aderì. E adesso incomincierebbe una lunga iliade della guerra fattami da Fra Valentino per questo. Il pittore Volpato, che ora a Bassano forse sarà ancor vivo, del quale mi sono servito nelle figure, perché pittore e disegnatore del Santo, che io aveva alla mano, ed era tutto il giorno in contatto con Fra Valentino, potrebbe per la sua parte, dargliene un’idea. Il segretario Dal Zio, disgraziatamente morto, più ancora di esso. Ma il professor Hesse della nostra università, che ho fatto lavorare nella parte decorativa, e l’ingegnere Oliani (?), che ho fatto lavorare nella parte lineare, potrebbero anche oggi almeno in parte, supplire alle, diciamole, deposizioni di esso. Perché, mentre io li dirigeva, per un certo sfogo, narrava ad essi di volta in vota gli sfregi, disgusti, le bili, che la marinoleria di Fra Valentino mi faceva soffrire, sfregi, disgusti, bili, alle quali filosoficamente io sottostava, pur di spuntarla, perché avevo il convincimento, che il progetto mio sarebbe, per lo meno, stato la morte del suo, senza di che il suo progetto, a sfregio della Basilica, avrebbe finito col trionfare. Vivi poi, come questi due ultimi, sarebbero ancora mio fratello e il padre Generale, che potranno ricordarsene qualche cosa. E lo strucco (?) di questa guerra fu la sentenza di Fra Valentino stesso, indispettito nel paragonare il suo col

Egli scrive ricordando “gli sfregi, disgusti, le bili, che la marinoleria di Fra Valentino mi faceva soffrire, sfregi, disgusti, bili, alle quali filosoficamente io sottostava, pur di spuntarla, perché avevo il convincimento, che il progetto mio sarebbe, per lo meno, stato la morte del suo, senza di che il suo progetto, a sfregio della Basilica, avrebbe finito col trionfare”78.

Ma soprattutto fa emergere un aspetto importante sul ruolo rivestito dal tedesco al Santo riportando una frase che il religioso gli disse: “capisco che il mio progetto non potrà essere eseguito, ma non vorrò (sic) nemmeno che sia eseguito il suo”79.

Sebbene la lettera riporti solamente il punto di vista di Grasselli, che potrebbe aver

Nel documento Il palinsesto antoniano, 1830-1940 (pagine 77-92)