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L’INCARICO A BERCHET ATTRAVERSO IL CARTEGGIO ODDO ARRIGONI DEGLI ODDI ALBERTO CAVALLETTO

Nel documento Il palinsesto antoniano, 1830-1940 (pagine 155-158)

5. ALLA VIGILIA DEL CENTENARIO: FRA “RICOMPOSIZIONI” E NUOVI INTERVENT

5.3 L’INCARICO A BERCHET ATTRAVERSO IL CARTEGGIO ODDO ARRIGONI DEGLI ODDI ALBERTO CAVALLETTO

Per quanto riguarda l’attività di Berchet al Santo, oltre ai documenti conservati presso l’Archivio storico della Veneranda Arca, è fondamentale ancora una volta, il carteggio intercorso fra l’allora presidente capo, Oddo Arrigoni degli Oddi, e il senatore Alberto Cavalletto87. Non è chiaro se fossero coinvolti in rapporti di amicizia o di lavoro, sta di fatto che, per la Veneranda Arca, la presenza di Berchet e il sostegno da parte del senatore Cavalletto sembravano poter decretare il successo dell’operazione che ci si accingeva a compiere88.

87 BCP, Carteggio Cavalletto, serie 3, Corrispondenza (1864- 1895), b. 122 Arca del Santo.

88 “Io mi rivolgo a Lei, egregio sig. senatore fidando pienamente nell’alta e competente Sua influenza

nell’interessamento che Ella porta alla nostra causa e nella stessa benevolenza di cui personalmente ci onora”. BCP, Carteggio Cavalletto, serie 3, Corrispondenza (1864- 1895), b. 122 Arca del Santo, 1893 mag. 1, cit. in ANTONIO SARTORI, Archivio Sartori, I, p. 197.

Alcune lettere del carteggio, conservato presso la Biblioteca civica di Padova, sono state già riportate da Sartori, in uno dei suoi volumi sulla basilica di Padova. Grazie a questi documenti è possibile ricostruire lo sviluppo degli avvenimenti dopo che Berchet ottenne l’incarico da parte della Presidenza.

Ad eccezione delle relazioni descritte in precedenza conservate nella Serie 2489, infatti, l’Archivio dell’Arca non conserva altri documenti relativi all’architetto veneziano. Nonostante la prima relazione presentata da Berchet sia stata quella relativa al pulpito, i primi progetti da lui presentati furono quelli per le porte, nell’aprile del 1893. Probabilmente fu la Veneranda Arca a esigere questo intervento, prima degli altri. Si trattava, infatti, di una questione ormai stagnante da anni90 e che doveva assolutamente essere risolta in vista del Centenario. Per l’esecuzione la Veneranda Arca fece, ancora una volta, il nome del fonditore Michieli.

Egli fu contattato, non solo “per la nota valentia”, ma anche “per essere nostro padovano”, in linea con la politica antoniana di valorizzazione della produzione locale, cui abbiamo già accennato in precedenza. La Veneranda Arca si rivolse a Michieli anche a titolo di risarcimento per i progetti compiuti, e mai realizzati, negli anni precedenti91. Tuttavia, se i progetti ottennero l’approvazione della Veneranda Arca, non ottennero invece quella della Commissione regionale, in particolare dei commissari Luigi Ceccon, Augusto Caratti e Antonio Brunelli.

In poco meno di un mese anche il Regio Ministero inoltrò il suo giudizio, non approvando il progetto. Impose inoltre che venisse bandito un concorso per la progettazione delle porte92, come era stato fatto in occasione di altri cantieri nazionali, cui fece cenno nelle lettere, lo stesso presidente degli Oddi.

La Veneranda Arca, tuttavia, rendendosi conto dell’importanza che il rinnovamento avrebbe avuto in vista del centenario, in occasione di una seduta di Presidenza tenutasi il 20 maggio 1893, stabilì che Berchet presentasse al Ministero “una

89 ArA, Serie 24 - Carteggio otto-novecentesco, fasc. 24.2137, «Berchet Federico, progetti di lavori da eseguirsi per il

VII° Centenario [Antoniano]», 1892 ago. 18-1896 giu. 6.

90 Lo stesso Oddi in una lettera destinata al senatore a Cavaletto scrisse “dormivano da parecchio tempo i

preventivi e i disegni presso il regio ministero”. BCP, Carteggio Cavalletto, serie 3, Corrispondenza (1864- 1895),

b. 122 Arca del Santo, 1893 gen. 2, cit. in ANTONIO SARTORI, Archivio Sartori, I, p. 195.

91 FRANCESCA CASTELLANI, Le porte in bronzo per la facciata, pp. 122- 123.

92 “La deliberazione del r. ministero giunse inattesa, e rigida, quasi come un gastigo per chi lavora. Non

avrebbe almeno potuto consultare la giunta superiore delle belle arti? Impone il concorso! é tutto quello di peggio che poteva fare. Il centenario è imminente, o esso si bandisce a brevissimo termine e non riuscirà serio, o si accorda il tempo necessario” BCP, Carteggio Cavalletto, serie 3, Corrispondenza (1864- 1895), b. 122

motivata relazione” per spiegare il suo progetto nonché “l’inopportunità del concorso”. Per Padova il Santo rappresentava il primo grande cantiere dopo i lavori compiuti dal comune negli anni ‘70 e non poteva essere più rimandato.

I rapporti fra Berchet e la Veneranda Arca cominciarono così ad incrinarsi. Anzitutto perché, nonostante il ruolo da lui rivestito, non facilitò i complicati rapporti con gli organi di tutela, ma anche perché alcuni progetti da lui presentati non li convinsero pienamente. In particolare il problema si pose quando fu affrontata la questione della cappella del Santissimo Sacramento.

Come da relazione furono pertanto compiuti i primi saggi sulle antiche decorazioni che consentirono di individuare, con l’aiuto del restauratore Antonio Bertolli93, “uno strato di calce, poi un secondo di marmorino, indi un terzo pure di calce e finalmente la pittura”94.

Le pitture, dopo attente verifiche e valutazioni95, furono giudicate dal Presidente Oddo Arrigoni degli Oddi e dagli artisti Luigi Ceccon, Augusto Caratti e dal prof. Andrea Gloria, delegati dalla Commissione regionale, prive di “valor artistico”96. Fu così che la Veneranda Arca iniziò a considerare seriamente la possibilità di conferire, alla cappella del Sacramento, una veste completamente nuova.

Il presidente capo a questo proposito fece il nome del “frescante” Cesare Maccari, impegnato in quegli anni nella decorazione della cupola del Sangallo a Loreto, e noto per altri lavori di affresco a Roma, Siena e Genova. I progetti di Berchet, giunti in ritardo rispetto alle attese, tuttavia non convinsero la Veneranda Arca.

Il progetto fu definito dal presidente degli Oddi un “non progetto” in quanto proponeva ben tre soluzioni completamente differenti che avrebbero dovute essere giudicate, a parere di Berchet, dal frescante Maccari.

La prima prevedeva di “lasciare la cappella qual è”, la seconda di “sostituire due finestre oblunghe ai lati dei monumenti in luogo degli esistenti finestroni” e la terza

93 ArA, Serie 24 - Carteggio otto-novecentesco, fasc. 24.2137, n. 13, lettera del direttore dell’ufficio regionale per i

monumenti, Federico Berchet, alla Presidenzadell’Arca.

94 BCP, Carteggio Cavalletto, serie 3, Corrispondenza (1864- 1895), b. 122 Arca del Santo, 1893 gen. 2 cit. in

ANTONIO SARTORI, Archivio Sartori, I, p. 196.

95 Alcuni documenti sono conservati anche in ArA, Serie 24 - Carteggio otto-novecentesco, fasc. 24.2137, n. 16-19,

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di sostituire, gli stessi, con “due finestroni rotondi aventi il diametro eguale al raggio dei primi”97.

Fra i tre progetti la Presidenza “deliberò di far tosto eseguire il disegno colla riduzione delle due finestre lunghe ai lati dei monumenti”98, ma quando a luglio il presidente degli Oddi ebbe in mano il progetto definitivo decise, dopo anni di incomprensioni, di liquidare definitivamente Berchet.

“Dopo tante sollecitazioni finalmente ci produce il progetto della riforma della cappella del Santissimo” scrisse il Presidente ad Alberto Cavalletto “Che progetto! Quattro linee negligentemente tracciate, senza preventivi […] qualcosa di imperfettissimo”, “quest’ultimo aborto del Berchet indignò tutta la Presidenza e fu deliberato unanimemente di troncarla con un progettista che almeno con noi non spiegò altra abilità che farci perdere del gran tempo e farsi pagare esuberantemente”99. Per correre ai ripari si fece prima il nome di Barberi per il quale però “le informazioni non corrispondevano” come la Presidenza sperava, poi quello di Boito100.

Di seguito vengono pubblicate le relazioni presentate dai due progettisti. Mentre quelle di Berchet sono ancora oggi inedite, la lunga relazione di Barberi è già stata pubblicata da Sartori nel suo Archivio; per maggiore completezza si è ritenuto tuttavia opportuno farne menzione anche in questa sede.

Nel documento Il palinsesto antoniano, 1830-1940 (pagine 155-158)