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IL DUOMO DI MILANO

Nel documento Il palinsesto antoniano, 1830-1940 (pagine 121-124)

4. IL DIBATTITO SUL RESTAURO

4.4 I CANTIERI SIMBOLO

4.4.2 IL DUOMO DI MILANO

Dopo aver elaborato queste teorie, Boito si trovò impegnato in un altro cantiere nazionale: la sistemazione della facciata Duomo di Milano98, la cui necessità era emersa in seguito al recente assestamento della piazza.

Si trattava di una questione, già affrontata negli anni precedenti, ma mai risolta pienamente: la falconatura, in particolare, era estremamente danneggiata e necessitava di un restauro99.

95 GUIDO ZUCCONI, L’invenzione del passato, pp. 117- 125 ed anche GUIDO ZUCCONI, Camillo Boito, architetto e

teorico della contaminazione stilistica, in Tradizioni e regionalismi: aspetti dell’eclettismo in Italia, a cura di LORETTA

MOZZONI e STEFANO SANTINI, Napoli, Liguori, 2000, pp. 123- 141.

96 Ibidem.

97 Ibidem.

98 Si veda GIOVANNI BATTISTA SANNAZZARO, Il Concorso internazionale per la facciata del Duomo di Milano (1886-

1888): gli antecedenti e la prima fase, in Il Neogotico nel XIX e XX secolo, a cura di ROSSANA BOSSAGLIA E VALERIO

TERRAROLI, atti del convegno (Pavia 25- 28 settembre 1985), vol. II, Milano, Mazzotta, pp. 105- 116, ed

anche ERNESTO BRIVIO, L’epilogo del Concorso del 1888, in Il Neogotico nel XIX e XX secolo, a cura di ROSSANA

BOSSAGLIA E VALERIO TERRAROLI, atti del convegno (Pavia 25- 28 settembre 1985), vol. II, Milano,

Mazzotta, pp. 117- 126 cit. in GUIDO ZUCCONI, L’invenzione del passato, pp. 241- 254.

99 Sugli antefatti si consideri GIOVANNI BATTISTA SANNAZZARO, Il dibattito sulla facciata del Duomo di Milano

Tuttavia non si trattava solamente di rispondere ad esigenze strutturali e di staticità. Similmente a quanto era successo per la piazza del Santo e per le sue adiacenze, la nuova facciata avrebbe, infatti, dovuto rappresentare la città nel contesto di un’esaltazione dell’identità nazionale post- unitaria. Il prospetto realizzato in età napoleonica, infatti, non corrispondeva all’organismo della fabbrica stessa e pertanto andava riformato o realizzato ex novo.

Nel 1881 fu così indetto un concorso che avrebbe dovuto coinvolgere gli studenti dell’Accademia di Brera. A vincere il Concorso Canonica, nel 1883, fu Carlo Ferrario nonostante la commissione giudicatrice avesse proposto un ex aequo con Luca Beltrami. Il progetto di Ferrario non fu mai realizzato; fra il 1887 e il 1888, infatti, fu indetto un nuovo concorso di carattere internazionale.

Come anche a Padova, la gestione, l’organizzazione dei lavori e, prima di tutto, del concorso fu compito dell’ente che da sempre si occupava del monumento ovvero l’Amministrazione della fabbrica del Duomo.

Il programma della competizione fu compilato, su richiesta del Ministero della Pubblica Istruzione, dall’Accademia di Brera e la nuova commissione fu composta da alcuni amministratori della Fabbrica nonché da professori dell’Accademia fra i quali Boito. Poiché, diversamente da Firenze, il concorso ambiva ad assumere le connotazioni di un evento internazionale anche i membri della commissione giudicatrice furono prescelti fra figure di fama internazionale100. Insieme ad essi un membro dell’Amministrazione della Fabbrica del Duomo e l’arcivescovo di Milano avrebbero dovuto selezionare le opere.

I commissari furono nominati dall’Accademia e poiché Boito, in quegli anni era il direttore, fu lui a pilotare la scelta verso giurati che condividessero le sue teorie e il suo gusto101. Come già aveva fatto Selvatico in occasione del concorso per Firenze,

TERRAROLI, atti del convegno (Pavia 25- 28 settembre 1985), vol. II, Milano, Mazzotta, pp. 95- 104 cit. in GUIDO ZUCCONI, L’invenzione del passato, pp. 241- 254.

100La Commissione era composta da architetti stranieri come Alfred Waterhouse, Fernand Dartein, Friedrich

Schmidt, da architetti nazionali, oltre a Camillo Boito, come Celeste Clericetti (sostituito da Augusto Guidini), Giacomo Franco, (successore di Boito nella cattedra di architettura all’Accademia di Venezia) ma anche dal pittore Giuseppe Bertini, lo storico Cesare Cantù, l’ingegnere Francesco Brioschi. Successivamente i concorrenti scelsero quali rappresentanti gli architetti Alfredo D’Andrade, ed Emilio Alemagna, il pittore

Domenico Morelli e lo scultore Ettore Ferrari. Si consideri Annali della Fabbrica del Duomo, FABBRICA DEL

DUOMO DI MILANO,Memoria sulla riforma della facciata, p. 32, ERNESTO BRIVIO, L’epilogo del Concorso del 1888,

pp. 117- 126, GUIDO ZUCCONI, L’invenzione del passato, pp. 244 ed anche Annali della fabbrica del Duomo, vol.

VII, Milano, s.d., p. 90 cit. in GIOVANNI BATTISTA SANNAZZARO, Il dibattito sulla facciata del Duomo di Milano,

p. 114, n. 51. Il settimo volume della monografia dedicata al Duomo milanese è ancora inedito. 101 GUIDO ZUCCONI, L’invenzione del passato, pp. 244- 245.

e come farà anche al Santo, Boito condizionò la scelta dei giurati che decretarono la vittoria del progetto di Giuseppe Brentano coerente con le premesse storico- artistiche e tecniche dell’edificio102.

La relazione conclusiva sull’esito del concorso fu scritta dallo stesso Boito103 nel tentativo di dimostrare l’efficacia di quel metodo definito da Zucconi di “predeterminismo organico”104 e che, in occasione del restauro della facciata fiorentina, non era riuscito ad imporre.

Nel programma del concorso delineando i criteri cui dovevano attenersi i progettisti Boito impose loro dei vincoli a proposito dei materiali da adoperare, ma stabilì che la facciata dovesse accordarsi, “quanto più è possibile con le forme organiche e lo speciale stile del tempio”105 senza rendere necessarie modifiche lungo navate e fianchi. Nel volume dedicato al Duomo, e contenente le foto con i disegni dei progettisti, Boito scrisse: “Il Duomo avrà finalmente la sua facciata: una facciata proprio sua perché nata dallo studio intimo del suo organismo, ed ispirata alla bellezza del suo singolarissimo stile”106. Storia e progetto per Boito erano dunque consequenziali107 tanto che le trasformazioni, le modifiche e le integrazioni subite nel corso dei secoli dall’edificio erano da lui considerate elemento da conservare. Già a partire da questo primo cantiere che lo vide in parte protagonista, Boito fece emergere una nuova concezione di restauro più filologica e attenta alle stratificazioni succedutesi nel tempo, ma soprattutto alla documentazione pre e post-intervento e alla distinzione sia materica che costruttiva fra nuovi e antichi interventi108.

Questo stesso concetto sarà ripreso e sviluppato, come veleremo anche al Santo. Il concorso si sviluppò come da programma in due “gradi”109.

102 Ivi, p. 247.

103 CAMILLO BOITO, Il Duomo di Milano e i disegni per la sua facciata, Milano, tipografia Luigi Marchi, 1889, cit in GUIDO ZUCCONI, L’invenzione del passato, pp. 243, n. 5.

104 GUIDO ZUCCONI, L’invenzione del passato, pp. 122.

105 Si tratta dell’art. 2 del programma del Concorso di I grado. Si veda FABBRICA DEL DUOMO DI MILANO,

Memoria sulla riforma della facciata: Milano 1899, Milano, Tipografia Monti, 1899, p. 30 cit. in ERNESTO BRIVIO,

L’epilogo del Concorso del 1888, p. 118, n. 3.

106 CAMILLO BOITO, Il duomo di Milano e i disegni per la sua facciata, Milano, Luigi Marchi, 1889, p. 275.

107 DONATELLA CALABI, Le tante tessere di un mosaico biografico, in Camillo Boito un protagonista dell’Ottocento italiano,

atti del convegno (Venezia, Palazzo Franchetti, 31 marzo 2000) a cura di GUIDO ZUCCONI, Venezia, Istituto

veneto di Lettere scienze e arti, 2002, p. 16- 17 ed ancora GUIDO ZUCCONI, L’invenzione del passato.

108 Si consideri il programma del Concorso FABBRICA DEL DUOMO DI MILANO, Memoria sulla riforma della

facciata, pp. 30 cit. in ERNESTO BRIVIO, L’epilogo del Concorso del 1888, p. 118, n. 4.

109 FABBRICA DEL DUOMO DI MILANO, Memoria sulla riforma della facciata, p. 30 cit. in ERNESTO BRIVIO,

Se in occasione del concorso di I grado, si trattò di un semplice avvertimento, con la pubblicazione del bando di II grado divenne “condizione assoluta” che la nuova facciata si accordasse “intimamente con la ossatura organica costruttiva, con le forme architettoniche dell’edificio, e con lo stile e il carattere decorativo delle sue parti più vecchie”110. L’improvvisa morte dell’architetto Brentano provocò, tuttavia, l’interruzione dei lavori.

Altri cantieri nazionali in cui Boito non fu coinvolto direttamente ma dai quali non possiamo prescindere per lo studio dei lavori che seguirono al Santo furono quelli per la sistemazione del Duomo di Modena e della Basilica di Loreto.

Nel documento Il palinsesto antoniano, 1830-1940 (pagine 121-124)