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2. METODO DI SCELTA DELL'ARTE UTILE A QUESTA RICERCA

3.1 caleidoscopico paesaggio

paesaggio è un concetto impreciso e ambiguo (Cosgrove, 1990, p. 33-34), un terreno tanto difficile quanto affascinante perché su di esso convergono punti di vista molto diversi rendendolo un poliedro di enigmi e

complicazioni (Quaini, 2006, p. 11:13). All'incertezza «(...) nella definizione del concetto [di paesaggio], si

aggiunge la scarsa capacità pubblica di controllare le trasformazioni fisiche del paesaggio. La pianificazione manifesta tutta la sua difficoltà nel gestire la multidimensionalità insita nel portato paesistico. Da un lato l'incedere delle trasformazioni e delle aspettative di valorizzazione economica portano alla costruzione di piani e programmi complessi, concertativi e negoziali, che dimenticano spesso la dimensione sostanziale del paesaggio. Dall'altro il desiderio della tutela e della difesa degli aspetti materiali ricorre all'applicazione di limiti e vincoli attraverso la pianificazione ordinaria, che si rivela nella maggior parte dei casi inefficace, ma accettata, quasi con rassegnazione come complicata ratificazione di decisioni già prese altrove» (Poli, 2002, p. 7-8). Sebbene azioni di progettazione sul paesaggio, e una conoscenza generale (General Knowledge) come ha messo ben in evidenza Antrop (2013, p. 12:22) risalga ai popoli preistorici, la sua conoscenza specifica, con lo sviluppo di diverse sub-discipline tra cui la pianificazione, è piuttosto recente: si sviluppa infatti in modo cosciente negli ultimi decenni del Novecento. Per Antrop la storia ha visto uno sviluppo asincrono tra conoscenza generale del paesaggio (con azioni esistenziali connesse alla sua costruzione) e conoscenza specifica (con azioni di progettazione consapevole) e rileva che ha seguito molti percorsi con importanti cambiamenti concettuali. Anche Antrop fa notare che la parola paesaggio ha, ed ha avuto, molteplici significati nei contesti storici, sociali e tecnologici specifici. Per Antrop, poiché le radici della parola paesaggio si trovano nell'Europa occidentale, non possiamo che avere una specifica prospettiva su di esso. Come altri studiosi egli fa delle considerazioni sull'etimologia e sui significati della parola e traccia alcune fasi consecutive della sua storia fino a discutere dei cambiamenti nella ricerca sul paesaggio dovuti all'introduzione delle definizioni formali di patrimonio culturale e patrimonio naturale della Convenzione del Patrimonio Mondiale -o dell'Umanità- (Conferenza Generale UNESCO 1972) e di paesaggio dalla Convenzione Europea del Paesaggio (Consiglio d'Europa, Firenze, 2000). Il paesaggio a cui fa riferimento questa ricerca «(...) è quello sintetizzato nel testo originale (inglese) della Convenzione Europea del Paesaggio50 (d’ora in poi Convenzione) che lo definisce “an area, as perceived by people, whose character is the result of the action and interaction of natural and/or human factors”51.

[Va considerato che sebbene la traduzione italiana, su cui si è in seguito basato il Codice dei Beni 50 Ratificata con Legge 9 gennaio 2006, n.14.

51 Traducibile letteralmente con: “un’area, come percepita dalla gente, il cui carattere è il risultato dell'azione e dell'interazione di fattori

Culturali e del Paesaggio (MIBACT, 2004) sia ufficiale, i documenti europei sono redatti in inglese e francese.] La versione italiana [a mio avviso molto influenzata dalla versione ufficiale francese] traduce il suddetto testo con “una determinata parte di territorio, così come è percepita dalle popolazioni, il cui carattere deriva dall'azione di fattori naturali e/o umani e dalle loro interrelazioni” [concependo il paesaggio in modo più restrittivo rispetto alla formula inglese. De Bonis fa un interessante confronto tra le varie definizione di paesaggio, che ritengo utile riportare, che influenzano l'ambiente di pianificazione del paesaggio italiano] La norma UNI 11109 (Linee guida per lo studio dell’impatto sul paesaggio nella redazione degli studi di impatto ambientale) riprende la stessa definizione del testo italiano della Convenzione, mentre il testo vigente del d.lgs. 42/2004 (Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio, d’ora in poi Codice) definisce analogamente il “paesaggio” come “il territorio espressivo di identità, il cui carattere deriva dall'azione di fattori naturali, umani e dalle loro interrelazioni” (art. 131, co.1 del testo vigente) [è interessante notare che durante il dibattito The Parliament of Bodies coordinato da Adam Szymcyk (Direttore Artistico di documenta 14, Kassel 2017) il concetto di identità viene messo fortemente in discussione ponendolo come sistema di quesiti: chi sono, o meglio, chi penso di essere? Chi

pensano che io sia 'gli altri'? Chi sono stato? Chi vorrei essere? Ma torniamo alle considerazioni di De Bonis

sulle definizioni di paesaggio]. Benché sia evidente che le tre definizioni citate (testo inglese della Convenzione, testo italiano della medesima e art. 131 del Codice) non siano del tutto equivalenti, è parimenti manifesta la possibilità di rinvenire in esse le tracce di entrambi i prevalenti orientamenti interpretativi del paesaggio: «quello più direttamente legato al paesaggio come valore estetico, percettivo e di scenario, con implicite le considerazioni storico-culturali52, l'altro più orientato sul paesaggio come prodotto di un insieme di ecosistemi risultato della congiunta azione di processi naturali e di processi indotti dall'azione antropica»53.

D’altra parte, alcuni recenti studi di ecologia del paesaggio hanno evidenziato la concreta possibilità di far convergere l’orientamento di matrice percettiva ed estetico-soggettiva con quello di matrice scientifico-oggettiva» (De Bonis, 2014).54

De Bonis fa riferimento alla ricerca di Farina che, nell'articolo in inglese The eco-field hypothesis: toward a

cognitive landscape del 2006, riassume bene le posizioni recenti degli ecologi rispetto al paesaggio che lo

hanno definito «(...) in diversi modi a seconda degli approcci epistemologici basati su un'entità geografica eterogenea, o entità cronologica, o un'entità olistica in cui la mente umana entra come 52 Considerazioni evidentemente assai rilevanti per il Codice, che ricomprende sia beni culturali sia i beni paesaggistici all’interno

dell’unica categoria di “patrimonio culturale” (art. 2, co. 1), anche se va tenuto conto che i beni paesaggistici tutelati dal Codice stesso in quanto coincidenti con “gli immobili e le aree (...) costituenti espressione dei valori storici, culturali, naturali, morfologici ed estetici del territorio” (art. 2, co. 3), non costituiscono che una parte del paesaggio inteso secondo le accezioni sopra richiamate.

53Norma UNI 11109.

54Breve nota metodologica scritta ed inviata ai partecipanti del Master di Secondo Livello in Progettazione e Promozione del Paesaggio

maggiore componente (Naveh e Lieberman 1984; Forman e Godron 1986; Nassauer 1995; Pickett e Cadenasso 1995; Zonneveld 1995; Naveh 2000) (...). [Per Farina è stato centrale il ruolo di Antrop secondo cui certe] definizioni sono emerse da una visione dinamica del paesaggio (Antrop 1998) in cui i processi e i modelli a loro volta influenzano l'individuo, le popolazioni, le comunità e le risorse (Turner 1989; Risser 1989; Milne 1992; O’Neill 1999; Turner et al. 2001). In alcuni casi il paesaggio non è considerato un'entità a se stante, ma una cornice concettuale (Appleton 1975; Gibson 1979; Bourassa 1991), o uno spazio ecologico funzionale (f.i. Risser et al. 1984; Wiens et al. 1993; Hobbs 1997) in cui studiare particolari processi importanti nella relazione tra i sistemi antropo-organizzati e i processi naturali. Il paesaggio può essere considerato come un dominio o uno spazio in scala nel quale ricercare e indirizzare un gran numero di processi ecologici (Bastian 2001). (...) Inoltre molta attenzione è stata focalizzata dagli ecologi sulle proprietà emergenti del paesaggio includendo la connettività, la frammentazione, la presenza di bordi e corridoi (f.i. Wiens 1995; Danielson e Hubbard 2000; Nicholls et al. 2001; Mabry e Barrett 2002; Baudry et al. 2003; Jordan et al. 2003), legando l'ecologia della popolazione (With e Crist 1995; Hanski 1999; Goodwin 2003) ai processi ecologici (Miller e Urban 2000)» (Farina, 2006, p. 5:14).

Negli anni Settanta nasce il costruttivismo filosofico, sviluppandosi ed estendendosi negli anni Ottanta a diverse discipline. Emergono diverse personalità con pensieri complessi e ricchi di differenze, ma con un punto di vista che li accomuna. Crollata l'idea di una conoscenza oggettivamente apprendibile, emerge l'esigenza di abbandonare il cognitivismo Human Information Processing. (H.I.P) che non aveva mai del tutto rinunciato ad alcune componenti meccanicistiche proprie del comportamentalismo. Husserl, contestando lo psicologismo, sosteneva che le leggi della logica esprimono una necessità assoluta su cui si basa la possibilità stessa del pensare e del conoscere: dal punto di vista gnoseologico la conoscenza è il prodotto di una costruzione attiva del soggetto. Ha carattere topico, situato, ancorato al contesto concreto; si svolge attraverso particolari forme di collaborazione e negoziazione sociale. La posizione filosofica costruttivista considera la realtà in cui viviamo come una costruzione appunto che avviene attraverso le strutture cognitive del soggetto. Spesso perciò è relativistica e soggettivista. Gran parte dei filosofi costruttivisti non negano affatto l'esistenza di una realtà oggettiva e fisica, ma questa non è comprensibile e non è utile nell'interazione con il mondo in cui conta la realtà mentale. La realtà oggettiva, con un'espressione usata da Husserl, può essere messa “tra parentesi” e la 'costruzione del significato' ha carattere attivo, polisemico non predeterminabile. Da questo deriva che le proprietà che si credevano proprie dell'oggetto sono proprietà del soggetto percepiente e l'oggettività che conta non è esterna al soggetto ed inoltre dipende strettamente dall'obiettivo mentale che guida l'azione intenzionale del pensiero. Soggetti diversi rispondono diversamente a uno stimolo e il conoscere è il prodotto di una costruzione attiva del soggetto, strettamente legato alla situazione concreta in cui

avviene l'apprendimento: nasce dalla collaborazione sociale e dalla comunicazione interpersonale. La cosa che vorrei evidenziare è che da questa prospettiva l'esistenza va a coincidere con il processo cognitivo che inizia dall'esperienza del corpo. Azioni artistiche o pianificatorie che possono apparire didattiche sono invece strumenti per agevolare e orientare la conoscenza e perciò dal carattere esistenziale.

Farina mette ben in evidenza che «Questa visione è fortemente orientata culturalmente, per esempio, le maggiori differenze tra la scuola Europea e Americana di ecologia del paesaggio emergono fondamentalmente da questa visione (Farina, 1993; Naveh, 1995), con la scuola europea basata maggiormente su un orientamento culturale e la scuola americana su un orientamento bio-centrico» (Farina, 2006, p. 5:14).

«In particolare, gli studi sul cosiddetto “paesaggio cognitivo” (Perceived Landscape – PL) intendono quest’ultimo come la somma di “paesaggio neutro” (Neutral-based Landscape – NbL), “paesaggio individuale” (Individual-based Landscape – IbL) e “paesaggio osservato” (Observed-based Landscape – ObL), ciascuno definibile all’interno di un processo di tipo semiotico in cui i “segni” possono essere visti come trasformazioni, operate dagli organismi percipienti, che conferiscono uno specifico significato ai “segnali” percepibili55.

In tale cornice semiotica, per NbL si intende l’insieme dei pattern e dei processi che gli organismi non percepiscono distintamente, ovverosia il paesaggio non decodificato (rumore di fondo); per IbL si intende la percezione dell’intorno come determinata dai sensori biologici o sensi (olfatto, vista, udito, gusto e tatto); per ObL, infine, si intende il modo antropogenico di percepire l’intorno, ovverosia la frazione del paesaggio totale decodificata dai “sensori culturali” di cui sono dotati gli organismi in possesso di capacità di apprendimento e di immagazzinamento delle loro esperienze in una memoria non–genetica (tipicamente l’uomo, ma non solo)56.

Quando si parla di paesaggio cognitivo (PL) come somma dei tre tipi di paesaggio sopra definiti, si tratta in ogni caso, e con notevole corrispondenza con la definizione di paesaggio fornita dalla Convenzione, di paesaggio percepito da qualche organismo. In altri termini si tratta, sempre e comunque, dell’interazione di tipo semiotico tra un organismo e una matrice cognitiva (ambiente), assunto che è proprio tale interazione a creare il paesaggio percepito (PL=NbL+IbL+ObL).

Un approccio basato sull’“ecologia del paesaggio cognitivo”57, quindi, consente non solo di trattare 55Farina A, Bogaert J., Schipani I., “Cognitive landscape and information: new perspectives to investigate the ecological complexity”,

BioSystems 79 (2005) 235-240, Elsevier.

56Ibidem. 57 Ibidem.

contestualmente elementi naturali ed elementi artificiali, come usuali nell’ecologia del paesaggio, ma anche di considerare congiuntamente, ed anzi di superare tout court, la distinzione tra aspetti “soggettivi” e aspetti “oggettivi”, in direzione di una relazione di tipo cognitivo tra un organismo percipiente e un complesso di fattori costituenti la matrice ambientale, trasformati o meno in aspetti percettivi nel corso del processo di interazione semiotica tra l’uno e gli altri.» (De Bonis, 2014)58