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7. DALLA CRIS

9.11 legarsi alla montagna e poi spostare una duna di sabbia L'evento mitopoietico

azioni definibili come arte relazionale, sebbene spesso durino per un tempo piuttosto limitato, possono o meno lasciare segni incisivi sulla comunità. Uno degli esempi più noti è l'opera/operazione Legarsi alla

Montagna (1981) di Maria Lai che ha agito nel comune di Ulassai e che è considerata da Alessandra

Pioselli (2015), e da tanti critici, la prima opera d'Arte Relazionale quantomeno in Italia. L'opera della Lai è stata compresa solo molti anni dopo dai critici, a parte Filiberto Menna che ha da subito capito di assistere a una vera rivoluzione che apriva una strada artistica verso il coinvolgimento delle comunità. Maria Lai riuscì magistralmente a virare dei fondi destinati dall'Amministrazione Comunale ad un

monumento ai Caduti in Guerra, per realizzare una mitica operazione utile ai vivi. Se consideriamo opera

d'arte in un'accezione contemporanea che non coincide con l'oggetto materiale prodotto, ma con il processo di produzione e con l'interazione del pubblico, anche un'opera replicabile materialmente sarà sempre diversa a seconda di chi la fruisce e dell'hic et nunc in cui avviene l'interazione. L'opera d'arte mantiene un'aura, e questa non deve avere tout court radici rituali (in senso stretto) come argomentato da Benjamin, ma poetiche nell'accezione più antica e ampia del termine. Come è noto poesia viene da poiesis e dunque il fare costituisce la radice più profonda su cui fondare ogni eventuale ontologia dell'arte. Secondo Benjamin alla «(...) fondazione nel rituale s’instaura la fondazione su un’altra prassi: vale a dire il suo fondarsi sulla politica» (Benjamin, 1998 p.14). Ma credo che si possa rispondere a questo assunto, come ha fatto Francis Alÿs con il suo lavoro, che «a volte il fare qualcosa di poetico può divenire politico e a volte

fare qualcosa di politico può divenire poetico. (2005)» (Chiodi, 2010)114. Un esempio significativo di questo, oltre all'opera che ha come titolo per l'appunto la frase succitata, è la performance collettiva When Faith

Moves Mountains (quando la fede muove le montagne) ideata da Francis Alÿs per Lima (Perù) nel 2002.

L'artista lavora molto spesso senza interessi di mercato e dona la possibilità di accedere alla documentazione che riguarda le sue opere come i documentari girati dal 1997 sul suo sito personale115. Nel sito è presente un testo che accompagna la documentazione filmica dell'opera e che riporto integralmente in mia traduzione: «Nel corso di una giornata, cinquecento volontari, dotati di pale e raccolti su un enorme duna di sabbia nella periferia di Lima, l'hanno spostata di diversi centimetri. Alÿs ha sviluppato l'idea a seguito della prima visita a Lima nell'ottobre del 2000. Il contesto politico era inesorabile: gli ultimi mesi della dittatura di Fujimori. Lima era in tumulto con scontri di strada, evidenti tensioni sociali e un movimento emergente di resistenza. Era una situazione disperata che chiedeva una risposta epica: la messa in scena di un'allegoria sociale, per adattarsi alle circostanze sembrava la cosa 114«Sometimes doing something poetic can become political and sometimes doing something political can become poetic». L'opera è «una documentazione

video (accompagnata da fotografie e disegni) del viaggio durante il quale l’artista ha tracciato una linea di vernice verde seguendo, nella parte che attraversa Gerusalemme, la linea di armistizio stabilita dopo la guerra arabo-israeliana del 1948 (chiamata appunto Green line)» (Chiodi, 2010). ORIENTAMENTI DELL'ARTE CONTEMPORANEA di Stefano Chiodi - XXI Secolo. http://www.treccani.it/enciclopedia/orientamenti-dell-arte-contemporanea_(XXI-Secolo)/

più adatta da fare piuttosto che impegnarsi in un esercizio di scultura. Il principio che ha spinto quando

la fede sposta le montagne è stato 'massimo sforzo, risultato minimo'. Ciò che appare come un minimo

cambiamento è stato possibile solo attraverso il massimo sforzo collettivo.

L'azione in sé, come documentato dalle fotografie e dal video, è straordinariamente impressionante, ma alla fine l'allegoria sociale prende il posto dell'innegabile presenza formale dell'opera. L'azione è stata totalmente effimera. Il giorno dopo, nessuno poteva notare che quell'enorme duna di sabbia era stata spostata. La vera conseguenza risiede nelle onde di aneddoti e di immagini che si sono irradiate da questo lavoro.»116 Spiegare un atto poetico credo abbia un effetto detrattivo, perché fa detonare l'energia che vive in potenza nell'opera-operazione artistica e che tenta di mantenere il proprio carattere di causalità di un novero infinito e indefinito di effetti: Valerio Magrelli, nel contesto poetico, ha messo ben in evidenza questo aspetto nocivo della spiegazione: una poesia quando viene spiegata è come una barzelletta che non fa ridere più (che cos'é la poesia, 2013 Sossella ed.). Possiamo comprenderne il senso, capire il meccanismo che l'ha prodotta, apprezzarla logicamente, ma perdiamo inesorabilmente ogni potenziale effetto emotivo. Analizzando un evento d'arte relazionale simile ai due esempi descritti, da un punto di vista di progettazione del territorio, appare chiaro che può potenzialmente procurare una serie di effetti. Come ha messo in evidenza nella sua tesi Valeria Sacchetti117 possiamo distinguere gli eventi occasionali (one shot) dagli eventi periodici, caratterizzati dalla ripetizione di nuove edizioni a cadenze temporali prestabilite. L'evento periodico ha una esternalità positiva chiara: la Biennale di

Venezia ne è un esempio inequivocabile. Il modello della Biennale porta con sé un carattere che aveva

senso prima dei processi di globalizzazione: come riporta Anna Zinelli118 nella sua tesi di dottorato, secondo «(...) Federica Martini le grandi biennali di arte contemporanea, che si impongono come luoghi di spettacolarizzazione ma anche come rappresentazioni di concetti, “hanno tenuto traccia dell'esperienza delle Grandi esposizioni universali e delle Secessioni di area tedesca, hanno inglobato aspetti della fiera, del festival di culture e del museo-laboratorio, pur aprendo in modo prospettivo alla sperimentazione curatoriale e alla riflessione dei modi di produzione di questo discorso” (Martini, 2011 p. 14). La mostra periodica diviene dunque una condensazione di spazialità e tempi differenti, in cui si perpetuano alcuni di quei caratteri che, per Timothy Mitchell119, avevano caratterizzato la dinamica espositiva ottocentesca in qualità di luogo di costruzione di una visione coloniale - orientalista ed eurocentrica - del mondo dell'arte, ma sono al contempo luogo di ripensamento delle strategie di 116 Traduzione di Michele Porsia. Fonte: http://francisalys.com/when-faith-moves-mountains/

117 Sacchetti V. (2018) la cultura come leva di marketing territoriale – il caso Molisecinema-Kalenarte MAACK (Un. Comm. Bocconi –

economia e management per Arte, Cultura e Comunicazione - Milano)

118Dottorato di ricerca in Storia dell'Arte e dello Spettacolo Ciclo XXVII – Università Degli Studi di Parma; documenta 1955-1964 -Dalle

origini all'istituzionalizzazione del "museo dei cento giorni": la messa in scena, i modelli teorici e la presentazione dell'arte italiana. Coordinatore: Chiar.mo Prof. Arturo Calzona Tutor: Chiar.ma Prof.ssa Vanja Strukelj

rappresentazione, ridefinizione e messa in discussione dei linguaggi e delle istituzioni»120. Non si intende sminuire il valore culturale e artistico di eventi simili alla Biennale di Venezia di arte e di architettura, ma va sottolineato che la struttura formale, con i padiglioni nazionali, conferisce un carattere competitivo tra nazioni che impedisce una profonda comunione e condivisione delle conquiste intellettuali che possono essere raggiunte attraverso l'arte. Vedremo come la documenta di Kassel (DE) riesca invece a creare un forum internazionale davvero costruttivo.

Vanno peraltro tenuti in considerazione casi anomali e virtuosi rispetto al modello biennale: esistono eventi ciclici, ma che avvengono ogni volta in modo diverso. Un esempio è il caso del Premio Termoli con la Direzione Artistica di Achille Pace. Altre volte la ciclicità è accompagnata da una variante strutturale che sposta l'evento ogni volta in un luogo diverso come nel caso di BJCEM (Biennale des Jeunes Créateurs de l’Europe et de la Méditerranée - Biennale dei Giovani Artisti d'Europa e del Mediterraneo) nato a Sarajevo nel 2001 e con sede a Brussels e Torino allo scopo di replicare ogni due anni l'esperimento avvenuto a Barcellona nel 1985. Da subito è stato concepito come un ombrello internazionale e multidisciplinare per gli artisti sotto i trenta anni di età. Nel 1986 un'edizione speciale a Salonicco e nel 1987 il ritorno a Barcellona hanno spezzato dagli esordi lo schema della periodicità a cadenza regolare e la ripetizione in uno stesso luogo. Da allora in poi BJCEM si è svolto ogni volta in città diverse e, la Biennale, è accompagnata da eventi collaterali de-localizzati che precedono e seguono ogni edizione. Nel 2009 ho avuto il privilegio di essere stato selezionato per la Biennale di Skopje (FYROM) che ha costituito un'esperienza fondamentale per il mio percorso di ricerca.

Gli eventi occasionali sono i più usati, e possono essere considerati triggering factor (fattori di innesco), per innescare strategie complesse di marketing territoriale che mirino alla convergenza tra l'immagine interna ed esterna in un luogo specifico. Questa tipologia di eventi è, a mio avviso, capace di lasciare con certezza una scia di esternalità positive solo nel breve-medio termine, a meno che riesca in una mitopoiesi che metamorfosa l'evento in sé in un racconto territoriale destinato all'eternità come nel caso di Legarsi alla Montagna e When Faith Moves Mountains. Un esempio virtuoso di evento occasionale può essere costituito anche semplicemente dall'evento che accompagna e permette la creazione di un'opera d'arte nello spazio pubblico come è avvenuto ad esempio per alcune opere del MAACK (Kalenarte), in particolar modo con Il Poeta di Costas Varotsos.

120Come affermato da Francesca Gallo “le mostre dʼarte contemporanea meritano una riflessione accurata che tenga conto del ruolo

storico che le grandi esposizioni internazionali prima (dai Salons in poi) e le mostre dʼavanguardia in seguito, hanno giocato nella definizione dellʼarte del XIX e XX secolo, quando, venute meno le strutture sociali dellʼancien régime, committenza e collezionismo si trasformano”. Cfr. F. Gallo, Les Immatériaux. Un percorso di Jean-François Lyotard nell'arte contemporanea, Aracne, Roma 2008, p. 11.