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7. DALLA CRIS

9.5 il MAACK

Museo all'Aperto di Arte Contemporanea Kalenarte. Si compone di più di venti opere site-specific costruite in

luoghi pubblici aperti e accessibili e della Galleria Franco Libertucci, nel Municipio. La guida al MAACK a cura di Paola di Tullio pubblicata nel 2016 dal Comune di Casacalenda conta ventuno opere: 1. il museo

sospeso/l'attesa di Paolo Borrelli (2009); 2) il guardiano del bosco di Andrea Colaianni (1994); 3) cromoscala di

Tonino d'Erme (1990); 4) meridiana di Fabrizio Fabbri (1992); 5) aurora di Antonio Fiacco (1988); 6) ai

caduti di Franco Libertucci (1983); 7) la fontana del duca di Ilaria Loquerzi (2009); 8) meridiana 99 e 9) arcobaleno di Carlo Lorenzetti (1999); 10) Efesto di Hidetoshi Nagasawa (1992); 11) germinazione di

Claudio Palmieri (1996), 12) la scacchiera di Massimo Palumbo (1992); 13) Selciato di Michele Peri (2001); 14) Crepuscolare/Feritoia di Alfredo Romano (1992); 15) senza nome di Adrian Tranquilli (1996); 16) il

Poeta107 di Costas Varotsos (1997); 17) la piramide di Susanne Kessler (2012); 18) il gioco del sole di Stefania 105 Biancoshock vive e lavora a Milano. È un artista a carattere multidisciplinare caratterizzata dall'attitudine ad operare in spazi urbani

con performance spesso d'impegno socio-politico. Egli ha definito questa modalità effimerismo perché lo scopo è di produrre opere d’arte effimere nello spazio reale. Ovviamente resta non solo la documentazione fotografica e video, ma anche un segno nella memoria collettiva. Scrive di aver realizzato più di 650 interventi in Italia, Croazia, Repubblica Ceca, Francia, Germania, Inghilterra, Ungheria, Lituania, Malesia, Malta, Norvegia, Polonia, Portogallo, Singapore, Slovacchia, Slovenia e Spagna. Ha preso parte ad alcuni importanti festival di Arte Urbana.

106 https://www.youtube.com/watch?time_continue=3&v=HEpeYNBk9z4

107 Nella guida, in verità, viene riportato il titolo Il Poeta di Casacalenda, ma qui per correttezza formale è stato prediletto il titolo

Fabrizi (2012), 19) straculatore/sc_trecuelétóre di Nèdila Mendoza (2014); 20) poker di stelle (2014) e 21)

l'albero della cuccagna (2015) di Baldo Diodato. Tuttavia bisognerebbe fare delle precisazioni, che invece

preferisco inserire all'interno di un discorso in cui emergeranno le opere altre del Museo. Questo elenco a servizio di un visitatore giustamente non enumera le opere immateriali che hanno lasciato comunque segni indelebili nel tessuto sociale e i molti progetti irrealizzati, ma che hanno comunque dato modo di comprendere meglio il territorio. Vengono qui valorizzate anche opere non presenti nell'elenco della guida o nei cataloghi, ma che ritengo d'interesse sia artistico che territoriale, per esempio la performance del 2009 di Cesare Pietroiusti. Per converso emergeranno meno le opere-operazioni nate da quelle occasioni che spesso coinvolgono il mondo dell'arte in cui è difficile evitare delle presenze sostenute da critici di rilievo, come è avvenuto, solo a titolo di esempio, per l'albero della cuccagna, parte di un progetto nazionale del 2015 diretto da Bonito Oliva. Ma anche in questo caso, nonostante diverse perplessità condivise con esperti del settore e con la cittadinanza, l'opera trova un suo significato nella scelta del luogo, l'antica e contemporanea Kalena, all'interno del panorama regionale. Il critico infatti ha prediletto Casacalenda, un piccolo borgo, ai Capoluoghi di Provincia o a Termoli. Questo è in sé significativo. Andrebbero sicuramente fatte delle precisazioni in merito alla riuscita dei singoli lavori, ma in questo contesto risulta più interessante considerare il progetto nel suo insieme come se fosse un'opera a più mani coordinata artisticamente da Massimo Palumbo. In questo senso è accostabile ad operazioni forse più note e forse più rilevanti per i Critici dell'arte dal punto di vista artistico come il Giardino di Daniel Spoerri o la più antica Fiumara d'arte di Antonio Presti, ma di minor interesse in questa ricerca che mette al centro il Paesaggio. Va detto, ad esempio, che personalmente non considero parte del progetto Kalenarte l'opera di Franco Libertucci, splendida e densa di significato, a cui Massimo Palumbo ha dedicato non solo un volume prezioso (Palumbo, 2007), ma anche la Galleria civica e l'opera la scacchiera dislocata accanto al Municipio. Quest'opera è da considerare un ante litteram nell'accezione sia positiva, di aver gettato una pietra divenuta poi fondante, ma anche nella frequente difficoltà dell'arte contemporanea di dialogare con le persone che abitano un territorio, e dell'incomprensione dell'artista moderno, un carattere che forse ha trovato il suo apice nella reazione all'opera di Alfredo Romano in Vico Luna del 1992, in cui il vello di un agnello teso su una sorta di ara di pietra, nelle intenzioni dell'artista voleva esaltare la cultura pastorale (che peraltro in Molise ha assunto per millenni la forma ricca di significati della transumanza presente tuttora come segno territoriale: i tratturi), ma che fu preso, almeno in prima istanza, come un insulto alla comunità locale. Una prima nascita di Kalenarte è avvenuta nel 1990 con la prima operazione di Tonino D'Erme la

Cromoscala. Ma è nel 1992, con un'operazione che ha visto la costruzione di opere di altissimo livello e

davvero nate da una interazione tra artista e contesto socio-territoriale, che il progetto Kalenarte trova

quella cifra che ne costituisce un'unicità. Questo gruppo di opere rappresenta il vero punto di svolta per un discorso di arte profondamente legato al territorio e che trova un modo di dialogare, forse discutere, con il luogo, con esiti, particolarmente felici nelle opere di Colajanni, Kessler, Mendoza, Peri, Tranquilli, ma soprattutto con le opere di Nagasawa, e di Varostos. Il lavoro di Massimo Palumbo con l'ausilio dell'Associazione Culturale Kalenarte_MAACK e talvolta delle Amministrazioni locali, è ammirevole e ha definito in ventisei anni di attività un Museo all'Aperto che è da considerare una buona

pratica territoriale. Il termine Museo probabilmente oggi può apparire improprio e superato, ma d'altro

canto costituisce un interessante ossimoro ricco di ironia. Le installazioni site-specific sono state realizzate sul territorio comunale al fine di riqualificare aree in abbandono e nel tentativo di dare un nuovo senso a luoghi dimenticati. Ma le opere costruite sono da considerare solo la traccia più pesante di un progetto molto vasto che ha compreso performance e interventi effimeri di cui restano pochi documenti, ma assai efficaci alla poiesi del dialogo continuo tra società e ambiente di vita che caratterizza l'area rendendola oggi un cantiere di idee sempre aperto. Gli artisti sono stati sempre invitati a interagire con il luogo e alcuni sono riusciti a coinvolgere il pubblico, co-creando le opere con gli abitanti e con gli artigiani locali. Le opere del MAACK costituiscono un ponte tra la storia del borgo e delle sue campagne, un paesaggio in perenne rischio d'abbandono, e l'innovazione possibile con l'arte contemporanea. A mio avviso le opere più riuscite sono state capaci di fatto di creare beni paesaggistici riprogettando il territorio e costruendo un paesaggio nuovo nel rispetto della stratificazione storica.