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Nella cartina è indicata la linea di confine tra il distretto gemonese e quello di Tarcento e

Nel documento Storia di Gemona nel Basso Medioevo (pagine 102-107)

I CONFINI DEL DISTRETTO

TAVOLA 7. Nella cartina è indicata la linea di confine tra il distretto gemonese e quello di Tarcento e

Montenàrs.

.

4. Artegna

Sul lato meridionale il distretto gemonese confinava con il territorio del popoloso villaggio di Artegna, un insediamento situato a qualche chilometro a sud della città e attraversato da uno degli

itinerari commerciali.50 A esclusione di Venzone, Gemona ebbe le maggiori liti giudiziarie con Artegna. Le contrapposizioni tra i due insediamenti non nascevano però, come tra Gemona e Venzone, da motivi legati ai traffici commerciali o da rivendicazioni in merito ai tracciati confinari, ma, nella maggior parte dei casi, le liti prendevano le mosse da reiterate richieste di autonomia da parte di Artegna nei confronti della città. Il 22 novembre del 1349 il patriarca Bertrando di Sant-Geniès aveva infatti concesso a Gemona la piena autorità sopra le gastaldie di Artegna e Buja.51 In pratica dopo questa concessione il villaggio di Artegna era a tutti gli effetti soggetto alla città.52 Agli arteniesi questa incorporazione a Gemona non riuscì molto gradita e i tentativi di indipendenza si moltiplicarono a partire dalla seconda metà del Trecento.53 All’interno di queste istanze di autonomia, rivolte alla giustizia patriarchina prima e a quella veneziana poi, le divergenze tra le due comunità, in alcuni momenti e forse in maniera pretestuosa, riguardarono anche il tracciato confinario. Le vertenze che avevano come oggetto esclusivo la regolamentazione e la delimitazione dei confini risultano infatti per il periodo medioevale molto scarse. Dopo il 1349 la situazione amministrativa che si era venuta a creare non permetteva ad Artegna di vantare nessuna pretesa, né di mettere seriamente in discussione un limite precedentemente definito.

Artegna è un abitato di antica origine. All’inizio del secolo VII come conseguenza di una imponente invasione del Friuli messa in atto dagli Avari, la popolazione longobarda che occupava la regione si rifugiò in vari castelli: uno di questi era quello di Artegna.54 Nell’alto medioevo ai piedi di questo fortilizio si sviluppò un insediamento che ruotava attorno a una chiesa pievanale, la quale, assieme a quella di Gemona, era una delle più antiche del Friuli.55

Le prime testimonianze documentarie in merito all’abitato vedono Artegna soggetta alla famiglia castellana dei d’Artegna. Nel secolo XIII questa consorteria si mise più volte in contrapposizione sia con la città di Gemona sia con il potere patriarcale. Nel Duecento, nonostante le continue divergenze, le due comunità non ebbero però motivo di scontro in merito ai confini. I signori d’Artegna avevano difficoltà a rapportarsi e a coesistere con la vicina città di Gemona, la

50 Il 14 gennaio 1500 la popolazione del comune di Artegna era di 1096 abitanti, divisi in 137 famiglie. BALDISSERA, Artegna, p. 19.

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PASCHINI, Storia, p. 487.

52 Dopo il provvedimento patriarcale del 1349, alla vicinia di Artegna – cioè la principale riunione tenuta dai capifamiglia dell’abitato – dovevano partecipare due deputati di Gemona. Per qualunque provvedimento straordinario gli artegnesi dipendevano e dovevano ottenere l’approvazione della comunità gemonese. Agli uomini di Artegna era inoltre imposto l’obbligo di sottostare alla norme scritte sugli statuti gemonesi e quindi le cause penali e alcune tipologie di provvedimenti civili venivano sentenziati a Gemona. BALDISSERA, Artegna, pp. 47-49.

53 A ogni nuova nomina patriarcale i rappresentanti di Artegna presentavano una richiesta per ottenere l’autonomia da Gemona. All’opposto i gemonesi chiedevano un rinnovo e una conferma delle disposizioni dettate dal patriarca Bertrando nel 1349. La conseguenza fu l’attivarsi di decine di vertenze che ruotavano attorno all’irregolarità del provvedimento bertrandiano. ACG, Causa Gemona-Artegna, b., 829, 830, 831, 832, 833, 834, 835, 836, 837, 838, 839, 840, 841.

54 DIACONO, Storia, p. 213.

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Secondo il Paschini le pievi più antiche del Friuli si devono ricercare nei luoghi indicati come rifugi da Paolo Diacono nel 610, tra le quali ci sono anche Artegna e Gemona. PASCHINI, Storia, p. 337.

quale era in piena espansione e godeva di privilegi e di particolari attenzioni concesse dal principe ecclesiatico. Tutta l’area pedemontana era inoltre interessata, a partire dal Duecento, da una progressiva intensificazione dei traffici mercantili che toccavano Gemona e in parte transitavano anche attraverso il villaggio pedemontano.56 A seguito di alcune errate mosse politiche e come conseguenza di azzardate imprese militari, nel 1298 il patriarca Raimondo della Torre esautorò la famiglia dei d’Artegna dai diritti sul castello e sull’abitato. Dopo alcuni tentativi di intromissione del conte di Gorizia, il quale aveva temporaneamente occupato il villaggio nel 1313, nel 1315 e nel 1319, il patriarca Pagano della Torre (1319–1332) affidò la custodia del castello e del distretto di Artegna ad un uomo di sua fiducia, il milanese Ruggero de Maggi, il quale nominò immediatamente come suo vicecapitano Stefano di Prampero abitante a Gemona.57 L’importanza del distretto di Artegna era in parte determinato dall’attraversamento nell’area del percorso della strada commerciale che proveniva, come abbiamo visto, da Aquileia e Udine, oppure da Cividale. Nonostante nel Duecento e nella prima metà del secolo XIV (fino al già ricordato 1349) le amministrazioni politiche di Artegna fossero spesso in contrapposizione con Gemona, non si segnalano, come già detto, liti di rilievo tra i due insediamenti in materia di confini.58

La scarsa e tutto sommato contenuta litigiosità tra le due comunità, nelle specifiche questioni dei limiti territoriali, era forse anche dovuta all’antichità degli abitati. Come abbiamo visto sia Gemona che Artegna erano insediamenti di antica tradizione, segnalati già nel primo medioevo. Lo sfruttamento delle zone contermini era stato probabilmente regolamentato già nei secoli passati ed era entrato nelle consuetudini di vita delle genti del luogo. Il confine della circoscrizione plebanale poi, che di norma corrispondeva a quello del distretto giurisdizionale, doveva essere stato nel tardo medioevo già ben noto, conosciuto e rispettato. Il territorio tra Gemona e Artegna era inoltre diviso naturalmente dal torrente Orvenco che scorre quasi alla stessa distanza tra i due centri abitati. Come abbiamo già detto un fiume o un torrente, posto al limite di due giurisdizioni, rappresentava in qualche modo la materializzazione più evidente di un confine in un certo senso “naturale”. La sua

56 La strada mercantile che proveniva da Aquileia e da Udine entrava nell’abitato di Artegna e superava verso ponente il colle di San Martino che è situato al centro dell’insediamento. BALDISSERA, Artegna, p. 6.

57 BALDISSERA, Artegna, p. 42. SAVORGNAN D’OSOPPO, Artegna.

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Spesso è stato scritto che la concessione a Gemona delle gastaldie di Artegna e Buja era una sorta di premio, dispensato dal patriarca per ricompensare la tradizionale fedeltà gemonese dimostrata nelle varie guerre contro il conte di Gorizia. È presumibile invece che Bertrando abbia voluto estendere l’autorità di Gemona per due motivi. In primo luogo per dare stabilità politica al distretto di Artegna, che era stato fin dall’inizio del Trecento un’ambita preda dei conti di Gorizia. Il secondo motivo è invece da ricercarsi nella concessione ufficiale fatta a Venzone di poter tenere legalmente un mercato, il quale, come è stato detto, era in diretta concorrenza con quello gemonese. Forse il patriarca aveva voluto compensare con queste concessioni fatte a Gemona il privilegio donato alla cittadina rivale. Da circa un secolo infatti i gemonesi si battevano per rendere illegale il mercato venzonese e proprio quando grazie al loro aiuto Venzone ritornò sotto il diretto controllo del principe ecclesiatico, Bertrando concesse alla cittadina il permesso di continuare legalmente i propri affari commerciali.

linea di scorrimento si poneva infatti come un segno continuo e visibile della separazione degli spazi appartenenti a differenti comunità.

È proprio sopra una questione riguardante il torrente Orvenco che ruotava la prima delle dispute in materia di confini fra la comunità di Gemona e quella di Artegna. Tra un tentativo e l’altro intrapreso dagli arteniesi per sottrasi alla giurisdizione di Gemona dopo la morte del patriarca Bertrando, venne attivato nel 1371 un arbitrato per questioni territoriali. Il problema era incentrato attorno alle acque del torrente: l’Orvenco, male arginato, cambiava spesso direzione, provocando danni non solo ai terreni privati adiacenti al rivo, ma anche ai pascoli comunali della zona. L’irregolarità del percorso aveva inoltre sollevato discordie sui limiti dei fondi comunali, i quali ad ogni esondazione cambiavano fisionomia. Era richiesta una regolamentazione in merito alla manutenzione degli argini per evitare in futuro che danni dello stesso tipo si ripetessero.59

L’arbitrato che era stato attivato per risolvere questa riunione non metteva dunque in discussione il limite tra le due comunità, che era anzi ben chiaro, ma intendeva definire solo qualche aspetto tutto sommato marginale. Più che una vertenza nata per confermare l’appartenenza o meno di una zona confinaria ad una delle due giurisdizioni la causa attivata nel 1371 si proponeva di definire i dettagli di un confine ormai conosciuto e accettato da secoli. All’interno di questo arbitrato, Artegna, a causa della sua subalternità a Gemona, aveva margini di contrattazione ben più ristretti della controparte.

Il 10 novembre 1371 sull’alveo dell’Orvenco, alla presenza di importanti personaggi delle due comunità e sotto la supervisione dei quattro arbitri nominati per risolvere la questione (Nicolaum e Vicardium fratelli del fu Fanfino di Prampergo, Simone del fu Enrico miles di Prampergo e Giuliano Brugni di Gemona) venne emanata la sentenza.60 I rappresentanti delle parti dovevano giurare sui vangeli il futuro rispetto della decisione – nelle stesse forme già viste per la causa tra Venzone e Gemona del 1367 – e, alla presenza di un notaio, si doveva dare valenza giuridica al verdetto.61 Nei mesi precedenti all’emanazione della sentenza furono fatte, su ordine della commissione arbitrale, delle verifiche sul luogo e vennero sentite le deposizioni di numerosi testimoni. Il compromesso raggiunto, che sembra non accontentasse appieno le parti, confermò che il confine tra le due giurisdizioni era segnato dal torrente Orvenco, a partire da un grande masso situato nei pressi di Sornico.62 In merito alle esondazioni del corso d’acqua fu stabilito che erano

59 ACG, Causa Gemona-Artegna, b. 633.

60 Le persone presenti sul luogo erano: Simone del fu Nicolò di Prampergo, Matteo detto Sorti di Vendoglio, Nicolusso notaio del fu Zerbino di Udine, Anderli tedesco familiare di Nicolusso April tedesco e Simone del fu Enrico miles di Prampergo che era anche, come vedremo, uno degli arbitri.

61 Il notaio incaricato della questione fu Antonio del fu maestro Matiussio tessitore di Udine.

62 Nella sentenza è specificato che il limite sud-occidentale dei distretti di Gemona e Artegna era indicato da una palude, da dei pascoli e da alcuni mulini che si trovavano nei pressi della confluenza dell’Orvenco nel Ledra. ACG, Causa Gemona-Artegna, busta 833.

necessarie delle roste di difesa, le quali dovevano trovarsi ad almeno 27 passi l’una dall’altra (quasi 50 metri), mentre la distanza delle previste opere di contenimento dal torrente doveva essere di 7 passi verso Gemona (poco meno di 11 metri) e di 10 verso Artegna (17 metri).63 Le roste – che già prima dell’attivazione della vertenza erano state in parte erette – dovevano essere fatte anche verso il “monte”, fino ad un luogo identificato con una lapide e un sassus magnus, elementi identificativi del confine: il termine verso levante era inoltre segnalato da due castagni. Nella sentenza venne inoltre precisato che in caso di danni alle braide o ai vari terreni privati nella zona, provocati dalle acque del torrente male arginato, i rispettivi proprietari dovevano essere risarciti in maniera congiunta dalle due comunità.

Nel documento Storia di Gemona nel Basso Medioevo (pagine 102-107)