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La viabilità secondaria

Nel documento Storia di Gemona nel Basso Medioevo (pagine 73-80)

TERRITORIO E VIABILITÀ

TAVOLA 3. La viabilità commerciale tra il Campo e la mezzacosta montuosa

6. La viabilità secondaria

Al di là del sistema viario utilizzato in modo particolare per i transiti mercantili di respiro internazionale, il distretto gemonese era caratterizzato da un reticolo piuttosto denso di strade e sentieri, i quali rispondevano alle esigenze economiche locali e permettevano di mettere in

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Il decreto promulgato da Nicolò di Lussemburgo diceva: “E’ però siccome l’esperienza insegna e insegnò per lo passato che molte discordie e stragi e grassazioni sono avvenute per cagione del corso delle strade che son nostre, noi volendo per sempre rimuovere ogni scandalo fra noi, i nostri suddito e ogni altro, e desiderando che i mercanti di passaggio pei nostri territori e specialmente i provenienti dalle parti dell’Allemagna verso Venezia per Canale di Sclusa e per la Carnia e viceversa, non si affatichino di soverchio, inchinati alle itanze di Meinardo quondam Andrea Savio e Pietro quondam Venturino cittadini della Terra di Gemona ambasciatori in nome di quella Comunità, vogliamo, stabiliamo, e col tenore delle presenti concediamo e ordiniamo che la Terra di Gemona posta alle falde d’un monte, alla quale pei suddetti mercanti è troppo grave la salita e pericolosa la discesa per l’asprezza della strada, si traslochi quando prima nella pianura sotto Gemona tra i Colli di Calpargis presso Ospedale e il prato di Agelai, e che ad onore di Dio onnipotente, della B.V. Maria sua Madre e del serenissimo Signore e figlio nostro carissimo Carlo Re de’Romani sempre augusto e sotto il di lui nome detta Terra da trasferirsi si chiami Carola. E’ perché detta terra da edificarsi così di nuovo, prestamente abbia uno stato perfetto, e i suoi cittadini e chi vi vorrà abitare siano animati all’ampliazione e aumento di essa, concediamo alla stessa Karola tutte le immunità, libertà diritti e giurisdizioni già concedute dai nostri predecessori alla stessa Gemona coi mercati, fiere nonché col diritto del Niderlich che in lingua volgare si dice caricare e scaricare di tutte le mercanzie che dall’Allemagna si conducono per nostro Canale di Sclusa e per la Carnia verso Venezia e viceversa, e parimenti con la fiera da farsi ivi ogni Sabato […]”. BALDISSERA, Si fata, pp. 6-7. TESSITORI, Brani, p. 14.

121 ACG, Pergamene, b. 1654, perg. n. 1. MOR, Momenti, p. 13.La situazione non fu sbloccata nemmeno dalle autorità veneziane le quali non saranno in grado o non si porranno l’obbiettivo di sanare il problema. La conseguenza fu un’ovvia e continua rivalità che sfociava in liti incrociate le quali continueranno anche in età moderna. MORASSI, 1420-1797, pp. 22-23.

comunicazione i vari villaggi della zona morenica con la città. Dalle porte cittadine partivano numerose vie che si aprivano a ventaglio nel territorio adiacente al centro urbano, suddividendo in parcelle le zone prossime alla cinta muraria. Questa rete di strade secondarie era infatti particolarmente fitta sul conoide attorno all’abitato di Gemona, ma allargava progressivamente le sue maglie man mano che ci si allontanava dalla città. Parecchie vie avevano un andamento perpendicolare alla roggia collegando la zona a monte dell’abitato con il Campo. Numerosi sentieri e piccolissime strade partivano da questi percorsi che scendevano verso la piana, i quali permettevano di accedere agli orti, alle braide e ai baiarzi che caratterizzavano il paesaggio gemonese, soprattutto ad ovest e a sud della città. Ad est, verso le montagne, il tessuto viario si diradava immediatamente dopo l’uscita dalle mura. Alcuni percorsi procedevano verso le alture e i monti consentendo di accedere ai boschi e ai pascoli in quota. Verso nord un reticolo di strade puntava in direzione dell’abitato di Hospitale. Attorno a questi ultimi itinerari si svilupparono negli ultimi secolo del Medioevo alcune zone intensamente coltivate.

La tipologia di radicamenti fondiari che circondava la città e che si estendeva su gran parte della mezzacosta montuosa dal villaggio di Hospitale fino alla zona di Manialia e oltre (torrente Orvenco), era costituita perlopiù da terreni recintati di modeste dimensioni. Tra un appezzamento di terreno e l’altro passava, come appena detto, un groviglio di piccole vie, percorribili quasi sempre solo a piedi. Questa zona aveva come limite da un lato la roggia e dall’altro la zona poco più a monte della città, qualche centinaio di metri dopo il quartiere di Stalis. In quest’area si estendeva la fascia più vitale del distretto gemonese, quella dove le coltivazioni erano più intense, dove la rete stradale era più fitta e dove si raggruppava la popolazione che abitava extra muros.

Al di là della roggia, la quale veniva attraversata grazie ad alcuni ponti, che a partire dalla metà del secolo XIV furono costruiti in muratura, il numero delle strade secondarie diminuiva. Superato il canale in direzione del Campo il paesaggio era sempre più selvaggio e meno contrassegnato dall’intervento dell’uomo.

La strada che passava attraverso la piana incrociava alcune vie che tagliavano il Campo da est a ovest. Queste strade permettevano di raggiungere la sponda del Tagliamento e le zone di pertinenza della comunità di Osoppo. Alcuni guadi e dei passi di barca collegavano Gemona con i villaggi situati sulla destra del Tagliamento. Superare il fiume non era sempre facile e in alcuni momenti quando l’acqua era particolamente irruenta ed abbondante l’attraversamento risultava interdetto. Di norma per oltrepassare il Tagliamento si utilizzavano delle barche con il fondo piatto chiamate sandali. Uno dei luoghi dove il corso d’acqua poteva essere superato era presso l’abitato di

Hospitale.122 Un altro passo di barca era situato poco più a nord dei colli di Osoppo. Da questo luogo partiva una strada che, tagliando longitudinalmente l’itinerario commerciale nella piana, conduceva direttamente a Gemona. Di norma questo passaggio era usato dagli uomini di Peonis per raggiungere la città.123

Poco più a sud transitava parallela alla via sopra descritta la strada che collegava direttamente Gemona con Osoppo. Nei pressi del quadrivio nel quale si intersecavano la strada internazionale e questa via era collocato un grande pietrone, detto “la pietra bianca” (lapis albus): il masso segnalava il confine tra il distretto giurisdizionale di Gemona e quello di Osoppo.124 Vicino a questa pietra confinaria c’era anche un lignum quercus con inciso sopra un magnum signum fatto per indicare la giusta via ai pellegrini diretti a Roma.125

Dall’abitato di Osoppo era quindi possibile raggiungere direttamente Gemona. Il villaggio vantava un collegamento diretto anche con la comunità di Buja. La strada che univa i due centri abitati veniva chiamata dai gemonesi Osoviana mentre era conosciuta dagli abitanti di Osoppo come Buiana ed aveva un andamento che puntava da nord-ovest verso sud-est tagliando la parte meridionale del Campo e intersecando anch’essa l’itinerario commerciale internazionale.

Nel Campo confluivano anche delle particolari vie chiamate armentaresse. Lungo queste strade avveniva quasi esclusivamente lo spostamento degli animali che erano condotti al pascolo. Le armentaresse erano più d’una ma tutte avevano un andamento che sostanzialmente tendeva da est ad ovest. Collegavano in pratica i pascoli sul monte a quelli della piana. Le mandrie, che alle volte potevano essere anche particolarmente numerose, richiedevano una direttrice di spostamento riservata in modo che gli animali non interferissero con il traffico commerciale né procurassero danno alle terre adibite a coltura. La più settentrionale di queste strade seguiva grosso modo l’attuale percorso di via Armentaressa e consentiva agli animali di raggiungere i pascoli nella parte più settentrionale del Campo. Una seconda via scendeva verso i pascoli della parte più bassa, tra Properzia e la zona di Paludo. Esisteva poi un’armentaressa merchati, chiamata così forse perché mettava in comunicazione la piana con la zona della città dove di solito si teneva il mercato del bestiame.126

122 Il 27 febbraio del 1392 la città di Gemona fu coinvolta in una vertenza con Enrico di Colloredo il quale asseriva di possedere il lembo di terra nei pressi del Tagliamento verso Bordano e Interneppo. La questione, che era incentrata sul diritto legato al passo di barca, si risolse il primo febbraio del 1394. Il comune comperò in quella data per 3 marche di denari dai fratelli Enrico e Asquino di Colloredo il lembo di terra. ACG, Delibere, b. 17, f. 8v, 27 febbraio 1392 e b. 19, f. 35r, 11 gennaio 1394 e 1 febbraio 1394.

123 ACG, Causa Gemona-Osoppo, b. 726, deposizione di Petris q. Petri de Mayxena Alemanie, 28 gennaio 1445. Passaggi, p. 19.

124 All’interno dei numerosi verbali redatti in seguito alle cause giudiziarie accese in materia di confini, emerge con chiarezza che la pietra bianca era un segno di delimitazione confinaria. ACG, Causa Gemona-Osoppo, b. 726.

125 ACG, Causa Gemona-Osoppo, b. 726, deposizione di Cristoforo Vidul q. Johannis de Quadruvio abitante a Buja 13 giugno 1451.

Altre armentaresse scendevano nel Campo provenienti da Artegna e dai colli di Buja. Particolarmente importante doveva essere stata l’armentaressa di Sopra Monte, nella quale confluivano gli animali della comunità buiese diretti ai pascoli nella zona più meridionale della piana.127 Sia le strade secondarie che le armentaresse avevano un fondo fatto per lo più in terra battuta, il quale alle volte non si discostava molto da una vera e propria mulattiera.

Anche i percorsi internazionali sopra descritti si contraddistinguevano di solito per un’estrema povertà strutturale, discostandosi parecchio dalle complesse e ben curate opere pubbliche romane. Le strade consolari usate nel mondo antico erano infatti lastricate e nella maggior parte dei casi seguivano un percorso che era nel limite del possibile rettilineo e pianeggiante. Nel tardo Medioevo, nonostante i continui lavori di manutenzione, l’agevole percorribilità di un percorso non era sempre garantita. Il distretto gemonese in particolare, caratterizzato da un’alta piovosità che provocava dissesti idrogeologici diffusi capillarmente, richiedeva un impegno continuo per assicurare il transito sulle strade.128

Alcuni segmenti delle strade internazionali e le vie secondarie più frequentate erano soggette a reiterati interventi di manutenzione, che avevano lo scopo di rendere sempre efficiente la viabilità nel distretto. Oltre ai lavori urgenti, eseguiti per far fronte agli inevitabili danni provocati dalle intemperie (aptare stratas propter diluvium), solitamente una volta all’anno veniva pianificata la pulizia e la manutenzione straordinaria delle strade più importanti del distretto. Le indicazioni dei lavori da eseguire e i punti esatti sui quali intervenire erano, come vedremo, segnalati da appositi funzionari comunali incaricati di questo compito: i provveditori alle strade. Il riassetto veniva svolto di solito nella bella stagione: su ambo i lati della strada si scavavano dei fossi o si approfondivano quelli già esistenti, gettando la terra di scavo sul percorso per le buche prodotte dall’usura. In pratica i lavori di manutenzione consistevano nell’innalzamento della massiciata mediante un intervento di costipazione, nel riempimento delle buche e quando era possibile nella selciatura del piano stradale. Le cunette di materiali e sporcizia poste su entrambi i lati del percorso dovevano essere ripulite al fine di agevolare il deflusso delle precipitazioni dalla strada e proteggere questa dalle eventuali acque ristagnanti sui campi.

All’interno dei quaderni dei massari venivano distinte le spese effettuate per un qualsiasi lavoro di manutenzione stradale da quelle dedicate alla semplice pulizia di una via (mundificari vias). Questi ultimi interventi erano ovviamente meno costosi e meno impegnativi dei primi, ma decisamente più frequenti. In alcune occasioni l’intervento riguardava una singola via “Item expendi pro faciendo mundificari stratam eundo versus Arteneam et per supra stratam, soldos 40”, in altri

127 ACG, Causa Gemona-Osoppo, b. 726.

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L’intero comprensorio del gemonese è interessato da elevate precipitazioni medie annue. Di solito la piovosità è intensa con la caduta di grandi quantità d’acqua in poco tempo. Le opere, pp. 6-7.

momenti veniva affidato a una specifica persona l’incarico di ripulire genericamente tutte le strade pubbliche del distretto: “item expendi quas dedi filio Palumbini qui mundificavit vias publicas, soldos XX “129

In prossimità di feste religiose o di altre ricorenze, o nel caso fosse previsto l’arrivo a Gemona di un personaggio autorevole, venivano attivati straordinari interventi di pulizia delle strade non solo all’interno della cerchia muraria: “item expendi pro faciendo mundificari vias per terram ad festum Pentecostes et habuit Marabotus et Filus, soldos 36 “130

I lavori di manutenzione stradale propriamente detta, risultavano dalle evidenze documentarie di produzione municipale decisamente tra i più impegnativi. Il capitolo di spesa era quasi sempre elevato, conseguenza non solo di un consistente numero di lavoratori impegnati negli interventi di riatto, ma anche frutto dell’acquisto, in alcuni casi, del materiale necessario a rendere sicura e praticabile la strada. Nel gennaio del 1381, ad esempio, fu organizzato un imponente cantiere che interessava la via Glemina, la strada che collegava Gemona con Artegna, attraverso la quale, come abbiamo visto, era possibile immettersi negli itinerari che conducevano a Udine e a Cividale. Per la sistermazione del percorso furono assoldati un gran numero di laboratores, i quali prestarono servizio per 47 giorni successivi (per un salario di circa 5 denari al giorno; piccoli 70). Il massaro organizzò l’acquisto di pietre e legna di castagno: con molta probabilità il legname serviva alla realizzazione delle opere di contenimento dalle acque dei rivi che scendevano dal monte Cuarnan e forse alla messa in opera dei piccoli ponti necessari ad egevolare il superamento di questi torrenti. Alla fine del cantiere per brindare al buon esito delle opere fu offerto dalla Comunità vino terrano a tutti quelli che avevano partecipato al cantiere.131

La manutenzione delle strade più importanti veniva fatta, come abbiamo visto, anche con l’utilizzo di pietre e ghiaia.132 Sabbia e pietrisco venivano sparsi sul percorso, con lo scopo di riempire le buche e livellare il piano stradale. Per procurarsi il materiale necessario non si andava troppo per il sottile: veniva adoperato tutto quello che poteva servire a rafforzare la carreggiata e viste le esigue risorse a disposizione, sia finanziarie che umane, il materiale non veniva trasportato da lontano. Di norma i sassi usati per gli acciottolati delle strade e per i lavori di manutenzione venivano estratti dal monte Glemina.133 Alle volte si usavano ciottoli e sabbia di fiume prelevati

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ACG, Massari, b. 425, f. 7r, spese maggio 1405 e gennaio 1406.

130 ACG, Massari, b. 425, f. 7v, 16 maggio 1405.

131 ACG, Massari, b. 409, f. 42v,spese di gennaio del1381.

132 Item expensi pro faciendo aptari viam penes ortum Pauli Mede cum certis lapidibus, soldi X. ACG, Massari, f. 8v, b. 425, spese giugno 1405.

dall’alveo dei torrenti che scendevano ad est di Gemona. Le pietre di maggiori dimensioni potevano essere sistemate al lato del percorso.134

L’amministrazione pubblica gemonese eleggeva ogni anno due boni viri, per ognuno dei quattro quartieri cittadini, ai quali era affidata la manutenzione di alcune strutture di uso comune, tra cui le strade. Negli statuti cittadini alcuni capitoli erano infatti dedicati alla specifica manutenzione della viabilità. Le strade comprese all’interno della cerchia muraria e nelle zone immediatamente esterne ad essa erano soggette a regole diverse rispetto a quelle che riguardavano le vie pubbliche, il cui tracciato transitava per il distretto giurisdizionale. Come vedremo, le vie comprese nei pressi dell’abitato dovevano essere riattate e pulite al principio di ogni trimestre da ogni vicino di Gemona, cioè da ogni cittadino.135

I provveditori eletti con lo scopo di controllare le strade nel distretto, dovevano ispezionare tutte le vie, i canali secondari che erano collegati alla roggia, gli altri canali connessi con i corsi d’acqua e le siepi, individuando i punti che, a loro parere, erano in cattive condizioni. Una volta riscontrato il danno o quando veniva alla luce un problema che minava la corretta efficienza dell’infrastruttura, questi funzionari dovevano sollecitare personalmente o mediante pubblica proclamazione (per cridam) chi aveva provocato il danno a riattare o ripulire là dove era necessario. Nel caso il dissesto fosse stato provocato da cause naturali i provveditori alle strade informavano il massaro e provvedevano nel limite del possibile alla riparazione.136

Fortemente connessa ai problemi legati alla viabilità era ovviamente la questione dei ponti. Il distretto gemonese era, come abbiamo visto, ricco di corsi d’acqua i quali, durante le stagioni piovose, costituivano spesso un serio ostacolo ai transiti. Di norma i rivi si attraversavano o a guado o, nel caso dei fiumi più importanti, su imbarcazioni. Solo in prossimità dei punti di passaggio di particolare rilievo si costruivano dei ponti che, per le modeste dimensioni e per la struttura precaria (erano quasi sempre fatti solo in legno), venivano spesso travolti dalle piene.

La comunità eleggeva ogni anno due probiviri, i quali erano tenuti ad eseguire, ogni trimestre, un controllo sopra i ponti nel distretto. Quando si presentava la necessità di effettuare un intervento di riparazione o nel caso bisognasse ricostruire un ponte crollato questi funzionari comunali dovevano informare il Massaro.137 La maggior parte dei ponti era situata sul fossato delle mura

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Il 17 luglio del 1597 in seguito ad un’intensa alluvione che danneggiò numerose strade nel distretto gemonese venne inviato dall’autorità veneziana Cristoforo Ettoreo, cancelliere del Luogotenete, il quale aveva il compito di redigere un rendiconto sull’accaduto. L’uomo scrisse in merito alla via Glemina: ”… a venti passa di qua dalla fontana una voragine così grande, fatta dalla predetta aqua, che non solamente là menata via la strada predeta mà là lasciata così grande profondità, che quando si voglia tornar a ritrovarla, ni vorrà grande spesa, così per tirar sopra un altissimo muro, come per empire di materia quella profondità.” ACG, Roste del Tagliamento e diritti rurali, b. 687, foglio sciolto.

135 ACG, Statuti, b. 1, cap. 74 e 75.

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ACG, Statuti, b. 1, cap.74.

cittadine, in corrispondenza delle porte, e sulla roggia, la quale era attraversata da un gran numero di passerelle o pontili in legno e anche in pietra. I ponti di maggior consistenza e di fattura migliore erano invece quelli costruiti sulle strade commerciali. Queste infrastrutture avevano delle dimensioni maggiori, in quanto dovevano consentire il passaggio di carri carichi di mercanzie. La costruzione di un ponte era un’impresa complicata e costosa, che coinvolgeva spesso un gran numero di persone. Nel 1405, ad esempio, fu edificato un ponte sul Rivo Storto (Riul Stuart) nel Campo, il quale permetteva, molto probabilmente, l’agevole superamento da parte della strada commerciale dell’attuale torrente Tagliamentuzzo. I lavori iniziati in gennaio furono affidati a Dominico Orlandini una persona di fiducia della comunità, alla quale venivano appaltati, in quegli anni, tutti i lavori di una certa consistenza. Il legname fu acquistato da Giovanni di Vendoglio per la cifra di una marcha e 10 soldi. Alla fine dell’opera il massaro spese 12 denari pro licofio e pro vino dato supradictis magistri, cioè per festeggiare il completamento dell’infrastruttura.138

Al pari della manutenzione delle strade, le opere di riatto dei ponti erano una voce di spesa costante nei quaderni dei massari. Il crollo di uno di questi manufatti poteva infatti paralizzare nel distretto la circolazione di uomini, merci ed animali.

Le autorità comunali ritenevano una loro competenza prioritaria quella di garantire la percorribilità di tutta la viabilità, non solo quella su cui transitavano i flussi internazionali. Il ruolo centrale delle strade nel distretto era innegabile, e le continue testimonianze di lavori di pulizia e manutenzione confermano l’efficienza delle misure messe in atto dalla città per garantire i collegamenti. Gli interventi di riassetto non venivano quasi mai interrotti nel corso dell’anno nemmeno durante i periodi di guerra o quando un’epidemia pestilenziale esplodeva all’interno della città: “Item expensi quod dedi Iacobo Payier qui mundificavit vias publicas per terram tempore pestis, soldos XXIII”.139

138 ACG, Massari, b. 425, f. 15r,spese di gennaio 1405.

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Nel documento Storia di Gemona nel Basso Medioevo (pagine 73-80)