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Gemona e le strade provenienti dalla pianura

Nel documento Storia di Gemona nel Basso Medioevo (pagine 63-73)

TERRITORIO E VIABILITÀ

TAVOLA 3. La viabilità commerciale tra il Campo e la mezzacosta montuosa

4. Gemona e le strade provenienti dalla pianura

Da meridione il traffico di viaggiatori e mercanti che entrava nel distretto gemonese procedeva su una pluralità di strade che percorrevano la pianura.90 Rispetto agli itinerari di montagna che seguivano dei percorsi quasi obbligati, il traffico a lunga distanza diretto da sud verso i rilievi si innestava, prima di confluire a Gemona, su una rete variegata di percorsi che veniva utilizzata anche per le comunicazioni e gli scambi a livello locale. Oltre agli itinerari consueti e maggiormente frequentati, i quali ricalcavano sostanzialmente i percorsi della rete viaria romana, era possibile fare ricorso a tutta una serie di strade secondarie per raggiungere Gemona. Vigeva nella viabilità a sud della città il ben noto concetto di “fascio di strade”, in base al quale non è detto che l’itinerario più breve per raggiungere la destinazione rappresentasse il percorso effettivamente praticato. Numerose erano infatti le variabili che influenzavano la scelta di un itinerario rispetto ad un altro, poichè la percorribilità di una strada poteva mutare repentinamente anche nel breve periodo.91

Da sud-est proveniva la strada che da Cividale, passando per Faedis e Tarcento, entrava a Gemona. Il percorso si immetteva nei pressi di Prampergo,a poco più di cinque chilometri sud della città, nella via che partendo da Aquileia risaliva verso i rilievi alpini. Questo itinerario, che seguiva il limite della pedemontana, era conosciuto fin oltre Tarcento come la via publica eunte ad Glemonam.92

Da sud proveniva la direttrice commerciale di origine romana che metteva in comunicazione Aquileia con il Norico. Questa strada nella quale confluiva, come già detto, l’itinerario proveniente da Cividale, era denominata in alcuni tratti nelle carte come via Bariglaria. Il percorso era però noto anche come via Julia Augusta. Il nome, che fu coniato nel 1879 da Dario Bertolini, si diffuse tra gli studiosi della viabilità antica ed è attualmente quello più usato per indicare questo percorso.93 La via Bariglaria, la quale passava attraverso la città di Gemona per poi proseguire verso nord, assunse questo nome in quanto veniva percorsa principalmente da carri carichi di mercanzie, le quali erano stipate all’interno di botti. Gran parte delle merci, quando dovevano essere trasportate sulle lunghe distanze, venivano infatti imballate dentro barili di varie dimensioni, i quali erano a loro volta caricati su animali da soma o sopra i carri. E’ probabile che dall’intenso traffico di botti su questo

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VALE, Le suggestioni,p. 78.

91 La scelta di un percorso rispetto ad un altro era legata soprattutto alla sicura e certa praticabilità dell’itinerario intrapreso. L’interruzione causata da un dissesto nel terreno, dalla difficoltà ad attraversare un corso d’acqua o dall’insicurezza provocata da atti bellici, faceva optare immediatamente per un altro itinerario, anche se questo era necessariamente più lungo. SERGI, Alpi, pp. 43-52. DEGRASSI, Dai monti, p. 166 e 178.

92 ZACCHIGNA, La società, p. 33.

93 Il nome Julia Augusta è il frutto di un’invenzione accademica, anche se è ormai talmente popolare e diffuso da essere considerato l’unica e vera indicazione per chiamare la strada che collegava Aquileia al Norico. Di norma la primogenitura del nome viene attribuita all’archeologo Carlo Gregorutti ma questa è un’inesattezza. ROSSETTI, Julia Augusta, pp. 9-12.

percorso derivasse il nome dell’itinerario.94 Questa via partiva dal mare, passava per Tricesimo, attraversava la zona di Udine e puntava infine verso le montagne.95 Il percorso era stato costruito a partire dalla fine del I secolo a.C. con lo scopo di collegare il maggiore centro emporiale dell’alto Adriatico con Virunum e la regione del Norico. La Julia Augusta fu sempre percorsa nel Medioevo nonostante il progressivo declino del ruolo mercantile di Aquileia. Questa strada era la principale direttrice che permetteva di tagliare la regione direttamente da nord a sud, oltre a essere uno dei grandi assi di raccordo fra l’Adriatico e il Danubio centrale. A partire dalla seconda metà del Trecento, grazie allo straordinario sviluppo di Udine, l’itinerario fu interessato da un intenso traffico mercantile il quale era in buona misura diretto verso il futuro capoluogo friulano.

Da sud-ovest provenivano varie strade, anch’esse eredità del mondo antico, le quali mettevano in collegamento i passi alpini con i maggiori centri del Friuli occidentale e del Veneto. Uno degli itinerari più frequentati era la via conosciuta dai romani come Claudia Augusta; essa, partendo da Concordia, attraversava il Tagliamento a Pieve di Rosa nei pressi di San Vito, proseguiva poi verso nord passando per Codroipo e Treppo Grande, fino ad arrivare al luogo chiamato ad Silanos dove la strada si innestava nella Julia Augusta.96 Questo percorso sarà uno dei più frequentati in regione durante tutto l’Alto Medioevo.97

Altre due strade provenivano da sud seguendo il Tagliamento: una percorreva la riva destra del fiume e l’altra quella sinistra. Queste vie, oltre a favorire i collegamenti locali, permettevano di raggiungere direttamente i monti partendo dai porti di Latisana e Portogruaro, terminali, come abbiamo visto, del traffico da e per Venezia. La strada che seguiva la riva destra del Tagliamento superava il fiume nei pressi del passo di barca di Pinzano.98 Dopo aver toccato San Daniele il traffico commerciale che arrivava dal mare deviava normalmente, almeno fino al secolo XIII, verso est, transitando a sud dei colli di Buja, lambiva poi la zona di Treppo Grande e si raccordava infine anch’esso nella Julia Augusta. Da Ragogna e San Daniele un ramo di questa strada proseguiva invece direttamente verso nord transitando, come abbiamo visto, attraverso il Campo. Quest’ultimo itinerario, come è stato detto, non supportava però il transito commerciale almeno fino al primo Duecento.

94 PICCINI, p. 96. Nelle fonti la strada internazionale era di solito indicata come via Bariglaria quando veniva preso in considerazione il segmento che attraversava il perimetro murario o quello che passava nelle immediate vicinanze della città. Man mano che ci si allontanava dal centro urbano la strada veniva chiamata in un altro modo. Il percorso della Bariglaria che collegava Artegna a Gemona era, ad esempio, molto spesso detto via Glemine. MOR, Momenti, p. 15.

95 Fino alla metà del secolo XIV l’importanza della città di Udine all’interno del contesto regionale era piuttosto contenuto. Lo sviluppo dell’abitato, con una conseguente attrazione delle attività mercantili, può essere ascrivibile solo a dopo la seconda metà del Trecento. ZACCHIGNA, Lavoro, pp. 19-26.

96 QUARINA, Le vie romane, p. 19.

97 GRILLI, Aquileia, p. 251.

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Il passo di barca situato a Villuzza, nei pressi di Pinzano e Ragogna era uno passaggi più frequentati del Tagliamento. Passaggi, p. 19.

Nella Tabula Peutingeriana, un'antica carta romana – pervenuta in copia medievale – che riporta le strade militari dell'Impero, la via Julia Augusta si unisce alla strada proveniente da Concordia nei pressi della località chiamata, come abbiamo già detto, ad Silanos. Questo luogo è da ritenersi situato fra Collerumiz e Bueriis, qualche chilometro a sud di Magnano.99 Il principale itinerario proveniente da sud-ovest evitava quindi il transito per il Campo e si inseriva nel percorso proveniente da Aquileia, il quale passava, come abbiamo visto, ad est dei colli di Buja.100 Con molta probabilità l’amministrazione romana era consapevole dei disagi e delle problematiche alle quali poteva andare incontro se avesse fatto transitare l’itinerario principale attraverso la piana. La strada che seguiva il percorso diretto verso settentrione, partendo dalla zona di Ragogna e San Daniele e puntando verso l’abitato di Hospitale, sarebbe stata infatti decisamente più breve, ma l’attraversamento del Campo avrebbe probabilmente causato elevate spese di manutenzione, pericoli eccessivi per chi la percorreva e ripetute interruzioni del percorso.

I mercanti che provenivano da sud evitavano quindi il percorso per la piana, ma seguivano, almeno fino al secolo XIII, l’itinerario romano. Nei pressi di ad Silanos, come abbiamo visto, le strade principali si univano in un unico percorso che, superata Artegna, entrava nell’abitato di Gemona. Questa strada raccoglieva nei pressi del castello di Prampero, come detto, il traffico che proveniva da Cividale. Fino almeno al Duecento, come per gli itinerari che scendevano da nord, tutte le principali strade mercantili che provenivano da sud si fondevano dunque in un unico percorso che transitava attraverso l’insediamento gemonese. La porta cittadina attraverso la quale via Bariglaria o la strata Glimine penetrava in città da meridione era ritenuto il più importante degli accessi all’abitato gemonese. 101

99 Gli studiosi di viabilità regionale hanno molto discusso sull’esatta posizione del luogo chiamato ad Silanos. Le opinioni sono varie e spesso divergenti. Alcuni sostengono che il bivio era collocato a 500 metri a sud del Duomo di Gemona altri che ad Silanos fosse situato nei pressi di Artegna. E’ molto probabile invece che questo luogo si trovasse, come già detto, tra Collerumiz e Bueriis. ad Silanos è da collocarsi nei pressi del chilometro 147 della strada statale pontebbana in una zona paludosa e ricca d’acqua. Il nome Bueriis deriverebbe infatti dal termine germanico “beber/biber” che significa castoro. Questo animale era infatti molto diffuso in queste zone. Esiste tuttavia uno studio effettuato da C. Desinan sulla toponomastica del comune di Magnano in Riviera nel quale sembra che il nome del villaggio di Bueriis derivi dal latino “Bivorio” con il significato di bivio. ROSSETTI, Julia, pp. 35-38. DESINAN, La toponomastica, p. 16.

100 Tracce della strada romana proveniente da Concordia sono state rinvenute nei pressi di Bueriis, a poco meno di 500 metri ad ovest della Julia Augusta. TAGLIAFERRI, Coloni, vol. 2, pp. 28-29.

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Mobilia, p. 33.

TAVOLA 4. Nella cartina è indicata la principale viabilità commerciale a sud di Gemona.

I privilegi concessi a Gemona nei secoli XII e XIII, e dei quali si è già parlato, confermavano come in quegli anni la gran parte del traffico commerciale internazionale passasse attraverso la città. A partire dalla metà del secolo XIII divenne invece sempre più frequente, per i mercanti che trafficavano tra Venezia e le terre d’Oltralpe, seguire l’itinerario che transitava attraverso il Campo.

Il percorso per la piana, il quale evitava, come abbiamo visto, il passaggio all’interno dell’abitato, aumentò infatti nel corso del Duecento la sua forza attrativa per tutta una serie di motivi.

In primo luogo l’intensificarsi dei traffici lungo le strade che seguivano le rive del Tagliamento, partendo dai porti di Latisana e Portogruaro, spingevano i mercanti a scegliere la direttrice che passava per il Campo, la quale connetteva direttamente il villaggio di San Daniele all’abitato di Hospitale.102 Questo percorso scansava la deviazione verso est, in direzione di ad Silanos, la quale aumentava notevolmente il tempo di percorrenza del viaggio. La strada attraverso la piana evitava inoltre la salita per raggiungere la città facendo così risparmiare tempo e fatica ai viaggiatori. In secondo luogo questo percorso, che un tempo era pericoloso e del tutto sussidiario ai traffici mercantili, una volta reso sicuro grazie all’edificazione delle roste, non trovava, come abbiamo visto, ragioni per non essere praticato. Infine lo svilupparsi dell’abitato di Venzone, situato a pochi chilometri a nord di Hospitale, nel quale a partire dalla seconda metà del Duecento fu reso operativo un mercato e attivate tutta una serie di attività connesse con i transiti ultramontani, garantiva ai viaggiatori e ai mercanti i servizi necessari per il superamento dei passi alpini. Le merci che seguivano la strada proveniente da Cividale e i traffici che partivano da Aquileia o da Udine erano obbligati, come conseguenza dell’assetto viario, a transitare per Gemona, ma parte dei commerci che passavano dai porti di Latisana o Portogruaro, i quali a partire dal Duecento rappresentavano il maggior volume di traffico, potevano puntare direttamente verso nord senza toccare la città.

Evitare la tappa gemonese, anche se l’itinerario prescelto era quello che attraversava la piana, non era però sempre consigliato. La città, come abbiamo accennato, non era solo un luogo di sosta sopra un itinerario commerciale internazionale, ma era anche il maggior centro abitato situato prima del superamento dell’arco alpino, all’interno del quale da un lato si dispensavano servizi di una certa qualità connessi all’assistenza ai viaggiatori, mentre dall’altro era attivo un fiorente mercato locale che offriva affari e opportunità. Tutta la zona dell’Alto Friuli gravitava infatti attorno a Gemona in quanto la città non svolgeva una semplice azione di assistenza ai mercanti, ma era anche un luogo dove si tenevano incontri d’affari e fiere. I mercanti e i viaggiatori che si apprestavano ad affrontare le Alpi trovavano inoltre nell’abitato guide e conducenti affidabili, animali necessari al proseguimento del viaggio e tutte le comodità che poteva offrire solo un centro urbano di un certo peso. Come abbiamo visto il tragitto alpino consigliava la formazione di carovane perchè era preferibile unirsi ad altri compagni di viaggio in modo da affrontare meglio le avversità e i pericoli. Era conveniente dunque sostare a Gemona per stringere contatti con altri viaggiatori che seguivano

102 Per quanto attraverso gli insediamenti di Latisana e Portogruaro transitassero la maggior parte delle merci provenienti o dirette a Venezia, sulla costa era molto attivi anche i porti di Marano, Aquileia e Monfalcone, oltre a quelli di Sacile e di Pordenone, situati sulla terrasferma.

lo stesso itinerario. All’interno della cerchia muraria si trovavano anche numerose locande e taverne dove rifocillarsi e riposare, e un mercato nel quale si potevano acquistare provviste, un vestiario adatto al clima alpino ed eventualmente acquisire informazioni sulla situazione politica ed economica delle terre d’Oltralpe e sulla percorribilità di strade, chiuse e passi.

5. Il Niederlech

Il passaggio dai percorsi di pianura a quelli di montagna rendeva inoltre necessario un cambio dei mezzi di trasporto, soprattutto per chi conduceva con sé mercanzie di un certo peso o di un volume elevato. Bisognava scaricare i carri, inadatti ad affrontare le strade strette ed impervie della montagna, e caricare le merci su convogli composti da muli o asini, o su carri di dimensioni più contenute. Le merci trasportate venivano quindi ripartite in maniera diversa prima di proseguire il viaggio (il contenuto di un carro andava di solito suddiviso tra 4-5 animali).103 La sosta a Gemona era resa obbligatoria anche dalle operazioni di dogana alle quali le merci erano sottoposte. Come abbiamo visto, il 28 febbraio del 1277 fu emanata una norma per la quale nessuno poteva condurre merci per la Chiusa e per Tolmezzo se non era munito di una poliza prodotta dal Capitano di Gemona.104 Tutte queste operazioni richiedevano ovviamente un certo tempo. La sosta necessaria e quasi indispensabile si trasformò nel tempo e con l’aumentare dei traffici in un vero e proprio obbligo, il quale prevedeva il deposito delle merci, per una notte almeno, nei magazzini della Comunità e il pagamento di una tassa. Queste imposizioni erano dette Niederlech e furono cedute dal Patriarca sotto forma di privilegio alla città di Gemona.105

Il primo patriarca che accordò il Niederlech alla città fu con molta probabilità Bertoldo di Andechs (1218-1251). Non possediamo nessun documento che attesti l’esatto momento nel quale fu ufficializzato il privilegio. La prima fonte che formalizza questo obbligo è datata al 1280 e riporta la conferma ufficiale dell’antico diritto promulgata da Raimondo della Torre. Il privilegio fu quindi accordato prima della nomina del patriarca milanese.106

La sosta, che avveniva da tempo e spontaneamente a Gemona, in quanto principale terminale del traffico nella zona pedemontana, si trasformò dunque in una concessione esclusiva alla città. È probabile che già a partire dalla prima metà del secolo XIII, qualsiasi mercante che avesse deciso di

103 DEGRASSI, Dai monti, p. 172.

104 PASCHINI, Storia, p. 372. Questa disposizione fu rinnovata il 31 dicembre 1286 quando vennero istituiti dei controlli sulle merci in transito a Tolmezzo e alla Chiusa. Il fine era quello di assicurare che le mercanzie avessero apposto il sigillo del comune di Gemona. Era infatti vietato a qualsiasi mercante attraversare queste terre senza lo specifico contrassegno. ACG, Pergamene, b. 1654, perg. n. 1. È probabile che questa norma sia stata introdotta soprattutto per sfavore il mercato venzonese e che nel corso del Trecento non sia sempre stata in vigore.

105 MOR, Momenti, p. 12. DEGRASSI, Dai monti, p. 172. Vigeva una normativa che discriminava con obblighi diversi i mercanti sudditi patriarcali e quelli provenienti dalle terre tedesche. ACG, Statuti, b. 1, cap. 198-200.

seguire la strada attraverso il Campo, evitando la salita a Gemona, non poteva più farlo. Il privilegio concesso dal Patriarca obbligava infatti il flusso commerciale a fare tappa, anche se questa non era voluta, nella città e a pagare, come abbiamo visto, un certo importo.107

Quasi contemporaneamente quindi alla messa in sicurezza del percorso che transitava attraverso il Campo fu concesso a Gemona il privilegio del Niederlech. Forse la Comunità stessa, prevedendo di perdere il transito di parte dei traffici attraverso la città, spinse l’autorità patriarchina a concedere questo diritto. Una consuetudine che era praticata da tempo fu trasformata dunque in un obbligo. La costruzione delle roste sul Tagliamento che portò notevoli benefici alla viabilità e allo sfruttamento del territorio deviò probabilmente involontariamente parte del flusso commerciale. Grazie al privilegio del Niederlech veniva così salvaguardato il ruolo della città quale principale terminale dei traffici ultramontani. Era prevista infatti una pena per chi non rispettasse questa disposizione.108

La strada che transitava attraverso il Campo fu in ogni caso sempre più frequentata dai mercanti. Chi proveniva dai porti adriatici, dopo aver superato l’abitato di San Daniele, entrava comunque nella piana e più o meno all’altezza di Osoppo deviava verso levante. Da questo luogo si inerpicava un itinerario verso la città che transitava attraverso la zona di Godo. Questo percorso, nonostante la forte salita in prossimità dell’abitato, era senza dubbio più breve rispetto alla deviazione verso oriente tracciata dall’originaria strada romana. All’opposto chi scendeva da nord una volta raggiunto l’abitato di Hospitale era obbligato a seguire il percorso verso la città.

La speditezza del tracciato attraverso il Campo, l’insofferenza per il pagamento di una tassa e la concorrenza di Venzone spingevano comunque un certo numero di mercanti a non salire in città e a evadere il Niederlech. Il passaggio attraverso Gemona era osteggiato soprattutto perchè bisognava affrontare con il carico una forte pendenza per accedere al centro urbano. Quando giungevano nel distretto mercanzie particolarmente pesanti le autorità comunali erano costrette ad inviare, in alcune

107 Gli statuti della città riportano: “Stabiliamo e ordiniamo che tutte e le singole persone provenienti con i loro carri e merci dalle parti di Alemagna e dirette ai porti marittimi e provenienti dai porti e località marittimi, o i conduttori delle merci stesse in transito per il distretto di Gemona, eccettuati i conduttori e carrettieri che trasportano merci [provenienti] dalla Patria della Chiesa di Aquileia, secondo la consuetudine ed il nostro antico diritto, abbiano l’obbligo e il dovere di entrare nella terra di Gemona, ivi sostare per [un] giorno ed assolvere il diritto della terra, così come è esposto nel precedente statuto (…).ACG, Statuti, b. 1, cap. 200. In alcuni specifici casi era prevista la deroga a questa regola. Il patriarca o la comunità potevano abrogare l’obbligo di pernottamento in città consentendo ad alcuni individui o a una categoria specifica di merci di evitare la sosta a Gemona. Il 21 gennaio 1399, ad esempio, la comunità dispensò dal Niederlech un famigliare del conte di Altemburg, il quale commerciava in mandorle e uva passa. ACG, Delibere, b. 24, f. 22r, 21 gennaio 1399. Per quanto solo negli statuti del 1381 è riportata un’indicazione precisa di quello che era effettivamente il Niederlech è molto probabile – anche per l’evidente riferimento agli statuti precedenti – che il privilegio concesso a Gemona fosse formalizzato più o meno nella stessa maniera anche nel Duecento.

108 Se un carrettiere non verrà e non osserverà quanto disposto, sia soggetto alla pena di venticinque lire di denari. Se un somiere (che, se trasporta merci nelle condizioni anzidette, è parimenti tenuto ad entrare con i cavalli e le merci nella terra e a sostarvi, come detto sopra) non rispetterà l’obbligo, sia tenuto [a pagare] una marca di denari per ogni

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