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Le origini dell’insediamento e l’abitato duecentesco

Nel documento Storia di Gemona nel Basso Medioevo (pagine 173-181)

LA CITTÀ DI PIETRA

1. Le origini dell’insediamento e l’abitato duecentesco

Non sono ben note le origini dell’insediamento gemonese: con molta probabilità alcune zone del distretto dovevano essere abitate fin dall’età del bronzo. Secondo il Clonfero la presenza di sorgenti perenni situate nei pressi dell’attuale centro storico cittadino favorirono lo stanziamento di un gruppo di Celti, i quali riattarono o costruirono il castelliere preistorico collocato sopra la rupe dove ora si trova il castello. Questo primordiale fortilizio fu poi trasformato in un castrum vero e proprio al tempo dei Romani.5 Ad ogni modo alcuni ritrovamenti archeologici, risalenti all’età classica e più precisamente compresi in una spanna cronologica che va grosso modo dal III al I secolo a.C., testimoniano l’esistenza di un piccolo insediamento situato alle pendici del colle fortificato. Non è nota l’esatta posizione di questo antico abitato: con molta probabilità il villaggio era stato edificato sopra un’area inclusa tra la zona di Godo e lo stretto passaggio situato tra il castello e le pendici occidentali del monte Glemina. Le poche risultanze archeologiche pervenute fino a noi indicano comunque che il fortilizio e l’abitato facevano parte attiva del sistema viario romano.6 È presumibile che l’insediamento gemonese sia cresciuto nei primi secoli dopo Cristo ricevendo forse l’attribuzione di municipium, lo comproverebbe una centuriazione del territorio con un allineamento diverso sia rispetto a quello di Iulium Carnicum sia rispetto a quello di Forum Iulii.7 Ad ogni modo la scarsità di fonti sia materiali che documentarie non permette di attribuire a Glemona un’autonomia amministrativa in età romana.

La prima attestazione di Gemona è contenuta nella Historia Langobardorum di Paolo Diacono. Nella sua opera l’autore la cita tra i fortilizi in cui si rifugiarono nel 611 le truppe di Gisulfo, sconfitte dagli Avari, al momento del dilagare degli invasori nel territorio del Ducato del Friuli.8

4 GIAMPICCOLI, Notizie, p. 28.

5 CLONFERO, Gemona, pp. 19-27.

6 Il Mor sosteneva che all’interno del distretto i luoghi maggiormente popolati in età romana erano Silans e l’attuale area di Ospedaletto. E’ improbabile, come abbiamo visto, che Silans corrispondesse al luogo nominato ad Silanos nella Tabula Peuntigeriana. In quest’ultima zona si congiungevano infatti le due strade che da Aquileia e Concordia erano dirette ai passi alpini. Con il toponimo Silans si indendeva invece la zona a sud-ovest della città indicata anche come Godo. Nell’Alto Medioevo la zona di Ospedaletto venne quasi completamente abbandonata e solo nel primo Duecento, con la fondazione dell’ospedale di Santo Spirito, l’area fu nuovamente popolata. MOR, Momenti, p. 9. PATAT, Sinfonie, p. 133.

7 Un’ampia zona attorno a Gemona fu soggetta a una riorganizzazione catastale avvenuta probabilmente nel II secolo d.C. Forse allora all’insediamento fu attribuito il rango di municipium. DESLER, L’agro, pp. 91-108. La scarsità di reperti archeologici suggerisce ad ogni modo molta prudenza in merito a questo argomento.

Il castello era stato costruito sopra un piccolo rilievo (305 metri s.l.m.), situato sul margine meridionale del conoide creato dal continuo deposito ghiaioso operato dal torrente Vegliato. Dal fortilizio si poteva facilmente controllare sia la zona del Campo e quindi il letto del Tagliamento, sia la mezzacosta montuosa e dunque l’itinerario stradale principale. In origine, come è stato già detto, la strada che collegava i passi alpini alla pianura, transitava proprio in una stretta gola situata tra le pendici occidentali del monte Glemina e il colle sul quale era stata eretto il fortilizio. In questo luogo strategico, che tra l’altro era prossimo alle zone più fertili del distretto, nell’Alto Medioevo si formò, o più probabilmente si consolidò dall’età classica, il primo nucleo dell’attuale città di Gemona. L’insediamento, oltre a essere situato in una posizione ottimale dal punto di vista della viabilità, cingeva anche il lato orientale del colle del castello, la zona attraverso la quale l’accesso al fortilizio era più agevole. La più antica chiesa della città – i cui resti si trovano sotto l’attuale Duomo – era stata edificata proprio a lato della strada internazionale.9

L’assenza di documentazione scritta, coeva a questa prima fase insediativa nel distretto e la scarsità di indagini archeologiche, rese difficili dalla persistenza dell’abitato, non permettono d’indagare a fondo le caratteristiche, l’evoluzione e l’estensione del primo nucleo della città. Tuttavia, in origine, la Comunità di Gemona era innanzitutto una stazione di sosta che si offriva direttamente nei due sensi di marcia a chi percorreva le strade che valicavano la catena alpina. L’insediamento che cresceva tra il castello e le pendici del monte Glemina era collocato, come già detto, sopra l’itinerario internazionale: un tratto del percorso viario si trovava di fatto “incorporato” all’interno dell’abitato.

Il privilegio emanato dal patriarca Gotofredo nel 1184, nel quale come si è visto veniva concesso il diritto di mercato settimanale a Gemona, attesta che lo sviluppo economico dell’insediamento aveva già raggiunto verso la fine del secolo XII un livello significativo nel quadro regionale. Il documento, che formalizzava il ruolo emporiale di Gemona, non attestava solo la concessione del mercato all’abitato, ma parlava anche di un suo potenziamento.10 È quindi molto probabile che già nel secolo XII Gemona avesse avuto un assetto urbanistico consolidato, che poteva essere ulteriormente valorizzato e incrementato. Nel 1189 è inoltre attestata una forma di organizzazione comunale in città: l’abitato non era cioè retto da un singolo ufficiale dipendente dal patriarca, ma era governato e amministrato da un’organizzazione giuridica collegiale e più complessa. Le autorità cittadine prendevano in pratica decisioni in proprio ed emanavano abitualmente atti e norme in piena autonomia.11 Il centro urbano aveva quindi raggiunto alla fine del

9 Il luogo nel quale era stata edificata la chiesa era facilmente raggiungibile anche da chi risiedeva nell’area di Godo o sulle pendici meridionali del colle del castello.

10 Il mercato di Gemona era il quarto in regione dopo quelli di Aquileia, Cividale e San Daniele. PASCHINI, Storia, p. 280

secolo XII un tale livello di sviluppo da garantire quella ricettività necessaria a soddisfare le esigenze delle carovane in transito, assumendo di conseguenza il ruolo di emporio di riferimento per gran parte dei villaggi situati nella zona alpina e pedemontana.

È molto probabile che nel secolo XII Gemona fosse già in parte racchiusa all’interno di una cinta muraria. Le abitazioni costruite sotto le pendici del colle del castello in direzione dei monti e la zona adiacente alla prima chiesa di Santa Maria erano probabilmente inglobate all’interno di un perimetro difensivo che su gran parte del lato occidentale e orientale si appoggiava alle naturali difese offerte dal territorio. Da levante il recinto si collegava alle pendici del monte Glemina, mentre a ponente il muro si appoggiava al colle sul quale era stato costruito il fortilizio. In questa maniera per le necessità difensive venivano sfruttate le asperità del terreno. Con molta probabilità il mercato si teneva dentro le mura, in modo tale che le contrattazioni avvenissero in piena sicurezza e le merci fossero sorvegliate e al riparo.

La maturità di questo primo nucleo insediativo e le sue capacità ricettive (posti letto, osterie, stalle e magazzini) sono confermate anche dalla sosta, avvenuta nell’abitato l’8 maggio del 1149, dell’imperatore Corrado II con il suo seguito. Il sovrano, accompagnato dal patriarca, da quattro vescovi, dal duca di Baviera e da altre decine di nobili, militari e cortigiani, rientrava nelle terre tedesche dopo l’esperienza della crociata.12 L’itinerario più agevole per superare i passi alpini nell’area orientale delle Alpi passava proprio, come abbiamo detto, per l’abitato di Gemona, che aveva dunque assunto già da tempo la funzione di luogo di sosta pressochè obbligatorio su questa strada.

Il ruolo centrale della comunità nella zona pedemontana e la bontà dei servizi offerti all’interno dell’insediamento possono essere confermati anche nella scelta di Gemona, avvenuta nel 1204, quale luogo nel quale celebrare le nozze tra la principessa Alice, figlia di Rainaldo d’Antiochia, e il marchese Azzo d’Este. La ragazza che proveniva dall’Ungheria, doveva sposarsi con il nobile d’Este, in viaggio da Ferrara, nella principale chiesa della città. Il numeroso seguito che avrà accompagnato gli sposi e il tenore dei festeggiamenti seguiti alla cerimonia confermano l’importanza e la solidità della Gemona nel primo Duecento.13

A questa altezza cronologica l’abitato era comunque demicamente poco consistente, nonostante il crescente peso della città nel quadro insediativo del nord-est italiano. Il recinto, che cingeva il nucleo originario di Gemona aveva infatti un’estensione contenuta, segnalando le ridotte dimensioni dell’insediamento. L’area racchiusa all’interno dello sbarramento difensivo era, come appena detto,

12 DI PRAMPERO, Gemona, p. 6.

13 Gemona, in virtù della sua posizione, fu attraversata da un gran numero di personaggi importanti. Il 9 luglio del 1217, ad esempio, anche Leopoldo duca d’Austria passò per la città diretto alla crociata. PASCHINI, Storia, p. 307. DI PRAMPERO, Gemona, p. 6.

decisamente modesta: secondo Valentino Baldissera il primo recinto misurava dai settecento agli ottocento metri.14 La cerchia muraria partiva dall’attuale porta Udine, passava dietro alla primitiva chiesa di Santa Maria seguendo più o meno l’attuale via Conti, deviava verso ovest in direzione della piazzetta Portuzza e toccava quindi le pendici orientali del colle del castello. Verso meridione il perimetro seguiva l’attuale percorso di via Sottocastello fino a lambire nuovamente la zona di porta Udine.

TAVOLA 12. Nella carta è raffigurato l’insediamento gemonese nella prima metà del secolo XIII.

A ogni modo questa cinta muraria doveva essere piuttosto solida: resistette infatti all’assedio messo in atto dalle truppe del duca di Carinzia, le quali avevano attaccato la città nel 1261. L’avvenimento, che non ha lasciato tracce dirette nelle fonti dell’epoca, fu sempre ricordato con particolare intensità nei secoli successivi tanto che nel 1493 le autorità pubbliche commissionarono

a Pellegrino di San Daniele un dipinto che riproducesse l’episodio. La pittura, da molti anni scomparsa, si trovava nella cappella di San Tommaso in Duomo.15

La cinta muraria che circondava l’abitato non aveva la sola funzione di proteggere l’insediamento da eventuali incursioni nemiche, ma impediva anche all’acqua del torrente Grideule di interessare in caso di piena il centro cittadino. In effetti questo rivo, nonostante i numerosi interventi messi in atto dalle autorità comunali e nonostante il muro di cinta impedisse il suo deflusso all’interno dell’insediamento, in alcune occasioni determinate dall’eccezionalità degli eventi atmosferici, superava le difese creando seri danni all’abitato. La documentazione superstite ci descrive i “disastri” della Grideole solo a partire dalla seconda metà del Trecento, ma è molto probabile che gli stessi disagi e gli stessi pericoli fossero stati vissuti anche dai primi abitanti di Gemona. Nei quaderni dei Massari numerose e pressochè sistematiche sono le note relative ai lavori per il contenimento delle acque del rivo.16

Una delle inondazioni più disastrose della Grideole avvenne nel 1430: il corso d’acqua crebbe a tal punto da rompere il muro di cinta nei pressi del cimitero. L’ondata di piena si riversò nell’abitato con una forza inaudita, scavò nel terreno e trascinò le bare e i corpi dei morti fino alla zona di Paludo. Anche nel 1499 ci fu un’altra maxima inundatio aquarum, la quale trasportò all’interno del perimetro murato una quantità di ghiaia valutata circa 5000 carri, che ostruì in parte anche la porta del Duomo.17

È molto probabile che le rovinose esondazioni causate dalla Grideule fossero in parte determinate dagli apporti straordinari d’acqua che il torrente Vegliato riversava in essa. Durante il manifestarsi di eventi pluviometrici particolarmente intensi questo rivo dirigeva infatti parte dell’acqua proveniente dai monti nella Grideule. Il torrente Vegliato, scendendo dalle prime pendici alpine alle spalle di Gemona, formò nel corso di millenni il cono di deiezione sul quale si sviluppò Gemona. Nel tardo medioevo il corso di questo torrente non era ancora stabile e poteva, in particolari momenti, trasportare acqua e detriti sia nella zona a nord dell’abitato sia riversarli per l’appunto nella Grideule.18

Non tutti gli abitanti di questo primo insediamento risiedevano comunque dentro il circuito difenso dalle mura. L’area di Godo, come abbiamo visto, aveva sicuramente una vocazione sia residenziale che agraria e anche lungo il percorso della strada commerciale, nelle zone più prossime all’insediamento murato, alcuni luoghi erano certamente interessati da costruzioni a scopo abitativo.

15 Idem, pp. 36-37.

16 Il 6 dicembre del 1391 le autorità comunali pagarono tale Daniele di Sterpo per sistemare la cancellata (rastellum) della porta Glemina. Questo varco, che permetteva di accedere alla città dalla zona di levante, era stato reso inagibile da una notevole quantità di ghiaia trasportata a valle dal torrente Grideule. ACG, Massari, b. 418, f. 33r, 6 dicembre 1391.

17

Il cimitero, dopo quest’ultima inondazione, fu liberato dalla ghiaia solo nel 1516. MULIONI, Chronicon, pp. 9 e 12.

Nel secolo XI, nei pressi della chiesa di Santa Maria la Bella – un edificio ecclesiastico situato a meno di un chilometro fuori dalle mura in direzione di Artegna – era probabilmente attivo un piccolo ospizio per assistere viandanti e pellegrini.19 Anche l’area a nord dell’insediamento, quella che degrada verso il centro del conoide morenico, era probabilmente abitata da tempo. È presumibile che all’inizio del Duecento, alcune costruzioni a scopo abitativo iniziassero a occupare anche le zone a nord del colle del castello, quelle situate nei pressi della strada internazionale. Quest’area, come vedremo, sarà la direttrice privilegiata di sviluppo della città di Gemona nei secoli XIII e XIV.

Nel circuito murario, che sostanzialmente si conserverà integro per tutti i secoli medioevali, si aprivano quattro porte. Due erano gli accessi principali: la porta delle Porte a sud-est (attualmente conosciuta come porta Udine e situata al margine del largo omonimo) e la Portuzza a nord, la quale sorgeva nei pressi dell’odierna piazzetta Portuzza. La strada internazionale entrava nell’insediamento da questi due accessi e tagliava da nord-ovest a sud-est tutto l’abitato, seguendo più o meno il percorso dell’attuale via Bini. Gli altri due ingressi nella cerchia muraria erano la porta di Godo, situata tra la rupe del castello e la porta delle Porte, e la porta Grideola, che si apriva verso levante, forse in un luogo prossimo all’odierna via dei Conti. A differenza dei primi due varchi la porta di Godo e la porta Grideula svolgevano una funzione solo sussidiaria nell’accesso all’insediamento. Con molta probabilità queste due porte avevano infatti una dimensione più ridotta rispetto alle prime e la loro funzione principale era solo quella di mettere direttamente in collegamento l’area di Godo e la zona del “monte” con il nucleo cittadino. Il loro utilizzo era dettato da una funzione esclusivamente pratica: permettere un comodo accesso da un lato alle zone agricole situate a sud-ovest dell’abitato e dall’altro con l’area montana posta a levante dell’insediamento. Anche se la porta delle Porte e la Portuzza avevano una dimensione maggiore rispetto agli altri due accessi è presumibile che la loro grandezza fosse comunque modesta. Il punto più fragile di un sistema difensivo come quello che circondava Gemona erano proprio le porte. È dunque estremamente probabile che questi ingressi fossero di misura appena sufficiente a far entrare un carro. Lo stesso nome usato per indicare la porta più settentrionale, cioè Portuzza, è significativo di un diminutivo che indica un varco piccolo, quasi un pertugio, dal quale si poteva accedere all’insediamento solo in un senso di marcia alla volta. Dalle altre due porte, cioè dalla porta Godo e dalla porta Grideola, probabilmente l’accesso era consentito solo a piedi.

19 Carlo Begotti ha dimostrato l’insussistenza di documenti che comprovino l’esistenza di un edificio dei Templari nel luogo. La tradizione si basa tutta su una noticina a margine di un verbale del Bini del sec. XVIII. APG, b. 12 bis, Giuseppe Bini, De parochia Glemonensi (relazione per la visita pastorale di Daniele Delfino del 1745).

Il primo documento che attesta l’esistenza delle quattro porte è datato al 1311 e ci informa di alcuni lavori di rifacimento eseguiti agli accessi dell’abitato.20 Come vedremo, a questa altezza cronologica, la città avrà in parte ampliato il suo circuito murario, ma queste prime quattro porte – che verranno rifatte e ingrandite più volte nel corso del Trecento – saranno sempre attive per tutti i secoli medievali. In particolare la porta delle Porte rimarrà uno dei principali accessi alla città anche dopo la costruzione delle altre due successive cerchie murarie.

Con molta probabilità in prossimità dei varchi d’accesso alla città c’erano anche delle torri di difesa. La scarsità di documentazione per questo primo periodo di sviluppo dell’abitato non conferma questa ipotesi, ma un recente scavo archeologico condotto nei pressi dell’ossario del Duomo ha evidenziato la presenza di una torre connessa con la Porta delle Porte. Questa costruzione – presumibilmente prossima ad un precedente edificio di culto che si trovava in zona – era presistente all’edificazione della chiesa, la quale fu completata attorno alla fine del Duecento.21 Le più antiche torri di difesa non dovevano essere molto alte e con molta probabilità solo la struttura portante era in pietra, mentre la copertura e le parti rialzate erano fatte in legno.

Anche la gran parte delle costruzioni che caratterizzavano l’insediamento erano realizzate quasi esclusivamente in legno. All’interno del recinto murato un gran numero di casette, alte non più di un piano o due, si appoggiavano l’una all’altra formando delle isole abitative. Questi edifici, con copertura in paglia, erano separati da piccole vie in terra battuta le quali convergevano tutte nella strada principale. Tra gli edifici, in minuscoli fazzoletti di terreno, trovavano spazio alcuni orti e delle viti che formavano delle pergole. Le costruzioni si inerpicavano anche sul versante orientale del colle del castello, il quale era stato in parte terrazzato. In questi luoghi, situati sopra l’attuale via Altaneto, trovavano spazio i terreni coltivati più estesi compresi all’interno del perimetro murato. Ancora nel Trecento e nel Quattrocento le fonti segnalano la presenza di numerosi orti annessi alle case nella zona di Altaneto.22 Al pianterreno degli edifici costruiti sulla strada che collegava le due porte principali alcuni vani erano spesso adibiti a bottega o a laboratorio artigianale. In città, come abbiamo appena detto, poche erano le case erette in muratura, con molta probabilità le uniche costruzioni fatte in pietra o mattoni erano quelle collocate sulla via principale, il castello, la chiesa di Santa Maria, sede di una delle più antiche pievi del Friuli e forse una costruzione pubblica, la domus comunis, nella quale le autorità cittadine si riunivano per deliberare in merito all’amministrazione della Comunità.

20 CLONFERO, Gemona, p. 100.

21 RIAVEZ, Gemona, p. 309.

22 «…case cum orto site in Glemona in località Altaneit…» ACG, S. Michele, b. 1421, 1340. APG, Sezione X, Istrumenti e legati, perg. n. 60, anno 17 febbraio 1389. «…chasis chun l’ort ponetisin Altaneit…» ACG, S. Michele, b. 1449. Ancora oggi l’abitato di Gemona nasconde in queste zone alcuni orticelli.

La domus comunis era situata nei pressi dell’odierna via Altaneto, in un luogo non ben definibile e fu, fino all’inizio del Trecento, il più importante edificio pubblico dell’insediamento. Non è noto l’anno nel quale fu eretta questa costruzione: la prima attestazione documentaria che ne segnala la presenza risale alla fine del Duecento, ma è molto probabile che una casa ospitasse le autorità cittadine in questo luogo almeno dal secolo XII.23 Questo edificio fu sostituito nella prima metà del Trecento da una nuova sede comunale, la quale venne costruita sopra il sito dell’attuale, in quella che fu Piazza Vecchia e che ora è chiamata Piazza del Municipio. Nel 1343 è attestata la presenza del nuovo edificio pubblico: in quell’anno le fonti confermano che le riunioni dei consigli

Nel documento Storia di Gemona nel Basso Medioevo (pagine 173-181)