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I quartieri cittadini

Nel documento Storia di Gemona nel Basso Medioevo (pagine 185-191)

LA CITTÀ DI PIETRA

3. I quartieri cittadini

Dal punto di vista amministrativo la Gemona della prima metà del Trecento era divisa in quattro quartieri. Questa suddivisione, che serviva per organizzare la popolazione, ad esempio sotto l’aspetto militare (guardie alle mura, truppe da fornire al Patriarca in caso di guerra), per i pattugliamenti di polizia o per i vari aspetti lagati all’organizzazione interna dell’abitato, era usata anche dagli amministratori delle più importanti istituzioni cittadine per dividere la città in specifiche zone riconosciute da tutti. Il camerario della pieve di Santa Maria, ad esempio, ripartiva già nel 1327 su quattro quartieri le rendite e gli affitti spettanti alla chiesa e riscossi sopra i beni situati nel territorio urbano.37 I quattro quartieri erano chiamati di Castello, di Mezzo, di Stalis e di Roggia. Queste circoscrizioni amministrative non suddividevano solamente le zone della città racchiuse dalle mura, ma identificavano anche le aree abitate esterne al perimetro.

Il quartiere di Castello corrispondeva più o meno a quella che era la zona della città racchiusa all’interno del primo perimetro murato. Si trattava dell’insediamento più antico, quello edificato a ridosso del colle sul quale era stato eretto il fortilizio. Questa circoscrizione amministrativa

36 All’interno dei più antichi protocolli notarili gemonesi viene alle volte nominato un forum, probabilmente una piccola piazzetta situata nella zona più antica della città. In borgo Portis – come vedremo una zona corrispondente più o meno all’area adiacente alla porta delle Porte – le fonti citano spesso uno slargo situato Glemone in Portis in platea. ASU, ANA, b. 2221/2, 28 ottobre 1294; b. 2221/3, 4 ottobre 1296. Inoltre in una compravendita immobiliare avvenuta il 2 gennaio del 1301, la casa oggetto della transazione era situata iuxta forum et firmat domo Mathiusi de Altaneit. ASU, ANA, b. 2220/8, 8 ottobre 1299 e 2 gennaio 1301. In un caso le fonti nominano anche un’altra piazza, la quale era chiamata de Armentis. In questo luogo erano probabilmente radunati gli animali presenti in città prima delle uscite verso i pascoli. «…iuxta plateam que dicitur de Armentis…» APG, Santa Maria, b. 431, la data non è leggibile, la nota risale probabilmente al secolo XIV.

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Nel 1327 il camerario Antonio Bava annotava le entrate spettanti al capitolo della chiesa suddividendole per quartieri. Quaderni gemonesi, I, p. 29.

comprendeva anche il sobborgo di Godo e l’area identificata come di Sottocastello, sulle pendici sud-orientali del colle.38

Ad est dell’area racchiusa dal secondo perimetro murato sorgeva il quartiere di Stalis. Questa circoscrizione amministrativa comprendeva le propaggini urbane che erano collocate nella parte più alta del conoide. Si trattava di zone sostanzialmente esterne alle mura, le quali occupavano l’area situata a levante di via Zuccola e di piazza Garibaldi. Nel corso del Trecento il quartiere di Stalis estese notevolmente i suoi limiti seguendo una direttrice di sviluppo che puntava verso nord. Furono infatti inglobate all’interno di questa circoscrizione amministrativa anche le zone percorse dall’attuale via Villa, da via Gleseute e da via Scudelârs. È probabile che il nome Stalis indichi l’originaria destinazione rustica di questi luoghi, i quali erano occupati soprattutto da stalle e stavoli.39 I ricoveri erano sia riservati al bestiame allevato, sia utilizzati come riparo momentaneo per gli animali impiegati nel trasporto delle merci sugli itinerari internazionali. Le zone comprese nel quartiere di Stalis erano tra i luoghi più sicuri nel distretto e allo stesso tempo molto vicini al centro della città. L’area era infatti protetta a est e a sud dai monti, mentre a ovest la zona era riparata dalla cerchia murata dell’abitato. La zona di Stalis era inoltre lontana dalle principali vie di comunicazione che attraversavano il distretto e prossima ai pascoli in quota. È probabile che nei secoli XIII e XIV, lo scarso spazio disponibile all’interno della città, imponesse che una parte degli animali fosse ricoverata in stalle costruite in luoghi esterni al centro urbano murato. L’occupazione dell’area di Stalis era, con molta probabilità, iniziata per questo scopo. I primi riferimenti a individui che risiedevano nella zona detta di Stalis compaiono nei documenti a partire dalla fine del Duecento.40

38 All’interno dei registri dei conti della pieve di Santa Maria, come anche nei quaderni dell’amministrazione dell’ospedale di San Michele, le rendite riscosse su proprietà situate nella zona di Godo venivano inserite sempre all’interno delle pagine riguardanti il quartiere di Castello. Idem, p 31.

39 È tuttavia possibile attribuire al termine Stalis anche un’altra interpretazione, legata allo “stallo”, cioè il termine che indica una bottega, un fondaco e un deposito delle merci. Forse nella zona trovavano dimora anche alcuni artigiani, i quali impiantarono nel luogo i loro laboratori. La borgata,p. 17.

TAVOLA 14. Nella cartina sono indicate le aree della città comprese nei quattro quartieri e i borghi più significativi

Dalla parte opposta, l’area inferiore del conoide abitata e proiettata verso la piana era identificata come il quartiere di Roggia. Questa circoscrizione amministrativa comprendeva i luoghi a nord-ovest del colle del castello, i quali non erano stati racchiusi nel secondo perimetro murato. Le zone occupate ora da piazza del Ferro fino a via Sant’Antonio erano un tempo comprese all’interno del quartiere di Roggia. Nel corso del Trecento questa circoscrizione amministrativa si dilatò in maniera importante sia in direzione della roggia sia verso nord-ovest, andando ad occupare le terre del conoide prossime al Campo in direzione del borgo di Hospitale. Il nome assunto da questo quartiere si connetteva molto probabilmente con lo scavo del canale alla base del conoide.

L’area compresa tra Stalis e Roggia era identificata come il quartiere di Mezzo. Questa circoscrizione amministrativa delimitava le zone centrali della città, quelle racchiuse grosso modo nel secondo recinto murato. Tutte le costruzioni situate a nord della porta Portuzza e comprese nell’area racchiusa da un lato da via Conti e via Cavour e dall’altro dalle zone situate a levante di via Sant’Antonio facevano parte del quartiere di Mezzo. Nel corso del Trecento anche la circoscrizione di Mezzo si estese verso nord, occupando i luoghi a lato della via Bariglaria compresi tra i quartieri di Stalis e quello di Roggia.

In alcune occasioni, a partire dalla seconda metà del Trecento – quando, come vedremo, l’area occupata dai quattro quartieri comincerà ad essere quasi tutta racchiusa all’interno di un terzo recinto – le autorità comunali redigevano delle liste con i nomi dei capifamiglia residenti in città. Di norma questi elenchi nascevano come verbali di presenza del consiglio d’Arengo (riunione di tutti i capifamiglia residenti) o avevano lo scopo di redicontare le somme versate dai cittadini per delle tasse straordinarie. All’interno di queste liste i nominativi erano quasi sempre suddivisi nei quattro quartieri, per cui è possibile conoscere la zona di residenza dei vari nuclei famigliari. Una breve ricognizione all’interno di questi documenti ha evidenziato come nessuna delle circoscrizioni amministrative ospitava in maniera privilegiata le famiglie appartenenti al notabilato cittadino. Le abitazioni delle consorterie più importanti si trovavano con molta probabilità nell’area centrale dell’insediamento, suddivise equamente nei quattro quartieri, in quanto nessuna delle circoscrizioni amministrative rappresentava un luogo privilegiato o esclusivo di residenza.

Nel corso del Trecento alcune specifice zone, di solito comprese all’interno di uno dei quattro quartieri, appaiono indicate nei documenti con l’appellativo di borghi. Con molta probabilità alcuni luoghi assunsero nel secolo XIII o XIV un nome proprio, che permettesse di identificarli in maniera puntuale. Con il termine borgo si intendeva un raggruppamento di case, di solito qualche isolato, che di norma gravitava attorno a una costruzione importante che poteva essere un ponte, una chiesa o semplicemente un palazzo. Il tentativo di avvicinare per via documentaria il tessuto abitativo gemonese nel Medioevo, si scontra infatti con una relativa povertà del quadro toponomastico.

L’assenza di toponimi relativi al sistema viario, fatta eccezione per la via Bariglaria, caratterizza sia le fonti pubbliche che quelle private. Con molta probabilità la mancanza di una precisa nomenclatura delle vie, imponeva la creazione di un sistema che permettesse di riconoscere in maniera più dettagliata alcuni specifici luoghi situati all’interno o nei pressi dell’abitato. Nella documentazione, a partire dal Trecento, vengono infatti nominati con sempre più frequenza alcune zone identificate come borgo Porta, borgo Fossâl, borgo Zuccola, borgo del Ponte, borgo Villa e borgo Cella o di Santa Chiara. Tutte queste circoscrizioni, ad eccezione delle prime tre, erano situate a nord del secondo perimetro murario. In origine si trattava probabilmente di zone abitate esterne al recinto, le quali vennero poi inglobate all’interno dell’insediamento con l’allargamento delle mura. Una volta racchiuse dentro il terzo perimetro murario queste aree mantennero sempre il loro nome identificativo.

Il borgo chiamato Porta o delle Porte indicava l’area compresa nel quartiere di Castello, quella prossima alla porta della Porte. Identificava in pratica la zona racchiusa nel primo recinto murato a esclusione dell’area del Castello, di quella nominata di Altaneto e delle abitazione esterne, in gran parte situate nella zona di Godo e di Sottocastello.

I borghi di Fossâl e di Zuccola comprendevano le zone situate immediatemente a levante della seconda cinta muraria, quelle prossime alle pendici del monte Glemina. L’area compresa all’interno di questi borghi era quella attraversata al giorno d’oggi da via Fossale e da via Zuccola.41

Per borgo del Ponte si intendeva la zona esterna alla porta del Beone, quella oggi compresa tra Piazzetta del Ponte e via San Rocco, dove ora sorge la chiesa omonima. Il toponimo ricorda l’esistenza nel luogo di un ponte o di una passerella, la quale permetteva di attraversare il fossato.42 Il borgo Villa comprendeva la zona tra la fine di via Cavour e via Caneva. Un tempo quest’ultima via era chiamata via Villa, ma in seguito il nome le fu cambiato. La contemporanea via Villa non era compresa nell’omonimo borgo. Forse in questa zona era stata anticamente edificata una costruzione importante che poteva ricordare l’aspetto di una villa.43

Con borgo Cella o di Santa Chiara si intendeva la zona esterna al secondo perimetro murato situata oltre borgo del Ponte. Quest’area, compresa probabilmente tra via di Prampero e via Cella, aveva assunto questo nome in quanto fin dal 1267 era attivo nel luogo un monastero di Clarisse. In questo istituto religioso confluirono, come già detto, le converse di Sant’Agnese. Il borgo del Ponte,

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Nella prima metà del secolo XIV fu costruito, come abbiamo visto, un ampio fossato a levante del secondo recinto murato. Lo scopo di quest’opera era anche quello di proteggere la città dalle esondazione della Grideole. La zona adiacente al fossato, che dopo l’ampiamento delle mura divenne una strada pubblica, era detta borgo Fossâl. PATAT, Sinfonie, p. 81 e 152.

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Idem, p. 118.

il borgo Villa e il borgo Cella facevano parte del quartiere di Mezzo e furono alla fine del secolo XIV tutti inglobati all’interno nel terzo recinto murato.44

Nella prima metà del Trecento l’espansione di Gemona continuava dunque senza sosta. Una momentanea battuta d’arresto allo sviluppo edilizio della città fu determinata solo dalle conseguenze terremoto del 25 gennaio del 1348, il quale distrusse un gran mumero di case, causò seri danni all’abitato e provocò anche diversi morti in città.45 Anche Giovanni Villani, nella sua cronaca, ricorda le conseguenze del terremoto: in Gemona la metà e più delle case sono rovinate e cadute, il campanile della maggior Chiesa tutto si flesse e aperse, e la figura di San Cristoforo intagliata in pietra viva si fesse tutta per lungo.46 Le notizie riguardanti l’evento sismico, furono riferite al Villani da alcuni mercanti fiorentini, i quali operavano, come vedremo, con intensità e profitto in città.

È tuttavia presumibile che nel giro di qualche anno la comunità avesse già assorbito i danni della catastrofe, riprendendo nuovamente ad espandersi. Bisogna infatti tener presente che la maggior parte delle costruzioni era in legno e le dimensioni delle case erano ridotte. La ricostruzione fu quindi molto probabilmente veloce e non eccessivamente complicata. La sensazione è che la città abbia reagito con vigore a un cataclisma non nuovo in queste terre.

Il sisma fermò dunque solo momentaneamente l’attività edilizia nella Gemona del Trecento: gran parte delle zone esterne al secondo perimetro murato, le quali erano in parte occupate da case erette ancora prima del completamento del recinto, furono caratterizzate da un sempre maggior numero di costruzioni. Centinaia di edifici in legno, dall’aspetto probabilmente modesto, circondavano verso nord l’insediamento gemonese, formando un ventaglio attorno all’abitato fortificato. Con molta probabilità fu proprio nei primi decenni della seconda metà del secolo XIV, che le zone a settentrione dei nuclei originari dei quartieri di Stalis, di Mezzo e di Roggia furono progressivamente edificate.

A pochi anni dal completamento della seconda cerchia murata le autorità comunali decisero quindi di costruire un terzo recinto, il quale aveva lo scopo di circondare la maggior parte delle nuove aree abitative sorte a nord dell’insediamento. I lavori iniziarono in maniera timida già attorno alla fine degli anni ’50 del Trecento, si intensificarono negli anni ’70 del secolo e assunsero il

44 PATAT, Sinfonie, pp. 61-62.

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Come è noto l’alto Friuli è una zona sismica. Una mappa sismologica delle zone interessate dal terremoto è stata redatta dall’Osservatorio Geofisico Sperimentale: The Villach Earthquake, pp. 14-15. Il terremoto del 1348 sembra abbia avuto come epicentro la zona di Villaco. Per un approfondimento vedi BORST, Il terremoto, pp. 38-41. Anche nel 1280 un terremoto interessò l’alto Friuli causando probabilmente danni all’abitato di Gemona e interrompendo momentaneamente lo sviluppo edilizio della città. VALE, Maestro Griglio, p. 313. Per un inquadramento generale sui terremoti di fondamentale importanza sono i saggi di FIGLIUOLO, Terremoti, pp. 95-124 e FIGLIUOLO, Il fenomeno sismico, pp. 881-919.

46 Il Villani inoltre scrive: “Per gli quali miracoli e paura i prestatori a usura della detta terra convertiti a penitenza feciono bandire, che ogni persona che avesse loro dato merito e usura andasse a loro per essa; e più d’otto dì continuarono a renderla”. VILLANI, Cronica, p. 286.

carattere dell’emergenza a cavallo tra il Trecento e il Quattrocento, quando la stabilità politica dello stato patriarchino era soll’orlo del collasso.

Nel documento Storia di Gemona nel Basso Medioevo (pagine 185-191)