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La seconda cerchia murata

Nel documento Storia di Gemona nel Basso Medioevo (pagine 181-185)

LA CITTÀ DI PIETRA

2. La seconda cerchia murata

A partire dal primo Duecento l’area prossima all’abitato situata a lato della strada commerciale in direzione dei passi alpini venne progressivamente occupata da costruzioni a carattere residenziale. Questa zona, che assunse probabilmente le caratteristiche di un vero e proprio borgo esterno dell’insediamento, doveva aver raggiunto nella seconda metà del Duecento delle dimensioni notevoli, tanto che fu deciso un ampliamento della cerchia muraria. I lavori iniziarono attorno agli anni ’70 del secolo XIII e si prolungarono fino agli anni ’40 del Trecento. Forse l’impulso a proteggere quest’area partì anche dall’esito dell’assedio del 1261, nel quale, come abbiamo detto, la città per poco non fu occupata dalle truppe del Duca di Carinzia. Durante le operazioni militari la gran parte delle abitazioni situate fuori dalle mura saranno sicuramente state danneggiate.25

L’area racchiusa all’interno di questo secondo perimetro murato aveva una dimensione sensibilmente maggiore rispetto a quella circondata dal primo recinto. Il muro delimitava un’estesa area a nord della porta Portuzza, inglobando alcuni luoghi situati su entrambi i lati della strada internazionale. La seconda cerchia muraria si appoggiava sul lato meridionale al primo perimetro. Da oriente il recinto seguiva l’odierna via dei Conti fino alla piazza Garibaldi estendendo così verso nord il muro di levante della prima cerchia e creando uno sbarramento pressochè lineare che tendeva da nord-ovest a sud-est. Da piazza Garibaldi il muro deviava verso ponente seguendo la zona settentrionale di via Liruti fin quasi all’incorcio con via XX Settembre. Da qui ritornava verso il colle del castello, toccava forse gli spalti dell’odierna piazza del Ferro e si collegava con il muro della prima cerchia nella zona immediatamente a nord del rilievo sul quale era stato eretto il fortilizio.

La superficie occupata dall’abitato di Gemona, una volta completata la seconda cerchia muraria, praticamente raddoppiò. Tutta l’area racchiusa all’interno dei questo nuovo perimetro difensivo era a quasi esclusiva vocazione residenziale, mentre all’interno della prima cerchia difensiva una discreta porzione di terreno era occupata dal colle del castello. Secondo il Baldissera il perimetro esterno del muro, dopo l’ampliamento verso nord, misurava attorno ai mille o millecento metri.26 Lo sbarramento che divideva in due parti la città, le quali erano collegate tramite la porta della Portuzza, rimase integro fino alla fine del Medioevo. Ancora negli anni dieci del Quattrocento la porta Portuzza veniva chiusa ogni notte, e come per gli altri accessi alla città le autorità avevano eletto un custode del varco, la cui carica era della durata di un anno.27

25 CONTESSI, Le porte, p. 27.

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BALDISSERA, Da Gemona, p. 36.

I lavori per il completamento della seconda cerchia muraria durarono quasi settant’anni: con molta probabilità non ci fu una pianificazione dei cantieri, ma si procedeva in base alla disponibilità economica del comune. Nel corso degli anni nei quali veniva eretto il muro, la città continuava però a espandersi, occupando zone che si trovavano al di là del tracciato del recinto. La nuova cinta muraria veniva così edificata in alcuni luoghi tra le case, le quali erano perlopiù state erette anche prima dell’inizio dei lavori del muro. Alle volte alcuni edifici dovevano venir abbattuti per fare spazio al perimetro in costruzione. Nel 1300, ad esempio, il nobile Federico di Prampero cedette, per 300 marche di denari aquileiesi, la sua casa con annessa una torre al comune di Gemona, perché essa sorgeva su un’area compresa nel perimetro della cinta muraria che si stava costruendo.28

Nel 1343 i lavori del nuovo recinto murato non erano ancora del tutto completati. In quell’anno la riunione del parlamento dello stato patriarchino fu tenuta a Gemona, alla presenza del patriarca Bertrando di Saint-Geniès. Il principe ecclesiastico, sempre molto attento alle opere di carattere militare, dopo aver visionato lo stato delle mura ordinò alla comunità di completare immediatamente le fortificazioni dell’abitato con torri di difesa e con lo scavo di un fossato.29 Nello specifico dispose l’edificazione di una torre nella zona di Zuccola, presso la fossa detta della Turrisella (un luogo non ben identificato situato probabilmente nei pressi dell’attuale via Zuccola e via del Fossale), e comandò il completamento del fossato nella zona meridionale e occidentale dell’abitato.30 Lo scavo doveva partire dall’area a levante del campanile della chiesa di Santa Maria e avanzare prima verso meridione e poi verso occidente, presumibilmente fino al colle del castello.31 Con molta probabilità si voleva fortificare meglio tutta la zona meridionale della città, quella cioè protetta dalla prima cinta muraria. A questa altezza cronologica è probabile che il grosso dei lavori del nuovo muro fossero già stati completati, ma il patriarca non riteneva queste opere di difesa adatte a sostenere un pesante assedio. È probabile che fino agli anni quaranta del Trecento le zone esterne alla prima e più antica cinta murata fossero state prive di una fossa difensiva. Il principe ecclesiastico dispose che il capitolo di spesa acceso dalla comunità per sostenere la realizzazione di queste opere venisse coperto da un lato dai guadagni degli usurai fiorentini che

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La casa di Federico di Prampero, acquistata dal comune, doveva essere stata una costruzione importante. Fatta quasi sicuramente in pietra, con annessa una torre, assomigliava a un piccolo castello. È quindi molto probabile che al momento dell’edificazione della seconda cerchia murata, varie costruzioni di un certo prestigio occupassero la zona a nord del primo insediamento. L’elevata somma che il comune sborsò per l’acquisto dell’edificio (300 marche di denari aquileiesi) è un ulteriore elemento che conferma la buona fattura e le notevoli dimensioni della costruzione. La cessione di questa abitazione fu forse un buon affare per la famiglia di Prampero: il capitano della città nel 1300 era infatti Mattia di Prampero, fratello minore di Federico. DI PRAMPERO, Vita, p. 82.

29 Durante il suo patriarcato Bertrando promosse anche il rifacimento del fortilizio della Chiusa, situato nei pressi dell’attuale Chiusaforte. I lavori terminarono nel 1343 e il patriarca se ne vantò come di una costruzione bellissima. PASCHINI, Notizie, p. 80.

30 Prima del 1964 via Zuccola era conosciuta come vicolo del Fossale. Il toponimo Zuccola compare a Gemona già nel 1301, ma è testimoniato anche in altri luoghi della regione. Il termine è collegato al friulano çuz/zuc, dal latino cucutium (basso latino zuccus), e porta il significato di collina tondeggiante o luogo elevato. PATAT, Sinfonie, p. 152.

vivevano in città e dall’altro dal clero. Il patriarca avrebbe sborsarto direttamente la terza parte della somma versata dalle istituzioni ecclesiastiche.32

Nel secondo perimetro difensivo vennero costruite due porte, entrambe rivolte verso nord. La prima fu chiamata la Porta del Giunano ed era collocata nei pressi dell’odierna Piazza Garibaldi, forse all’imboccatura di via Cavour; la seconda era detta la Porta del Beone e si trovava, con molta probabilità, all’incrocio di via San Rocco, via Liruti e via XX settembre. Tra le due la Porta del Giunano, chiamata anche di Santa Caterina, era quella situata più ad est. La Porta del Beone, nominata in alcune occasioni anche porta inferior per distinguerla da quella superiore detta per l’appunto del Giunano, era così identificata perchè era stata costruita sopra un terreno appartenuto un tempo a tal Beone Circoli. L’appezzamento di terra fu acquistato dal comune durante la costruzione del muro.33

Nel più antico quaderno delle delibere consiliari comunali, risalente al 1346, sono assegnati sei custodi, uno per ogni porta. Gli accessi erano infatti i quattro che facevano parte del primo recinto murato (Porta de Portis, Porta di Godo, Porta Portuzza e Porta Grideole) e i due appena costruiti, i quali permettevano l’ingresso da nord alla seconda cerchia murata (Porta del Beone e Porta Giunano).34 A questa altezza cronologica è molto probabile che tutta la città fosse interamente circondata da un fossato e che il transito attraverso le porte avvenisse esclusivamente tramite dei ponti levatoi.

La strada internazionale, che come abbiamo visto tagliava l’abitato da nord-ovest a sud-est, seguiva nel primo nucleo cittadino il percorso dell’attuale via Bini. Dopo aver superato la Porta della Portuzza, all’altezza di Piazza del Municipio, l’itinerario si divideva. Da un lato, seguendo il percorso della contemporanea via XX settembre, la strada giungeva alla Porta del Beone, dall’altro, attraverso via Patriarca, arrivava alla porta del Giunano. Il percorso superiore, quello che usciva dalla Porta del Giunano, era molto probabilmente l’itinerario utilizzato per raggiungere le zone montuose situate nei pressi della sella di Santa Agnese. La strada che usciva invece dalla Porta del Beone puntava direttamente verso l’abitato di Hospitale ed era quindi l’itinerario utilizzato di norma dai mercanti.

La strada internazionale, nel percorso all’interno dell’abitato e nelle sue immediate vicinanze, era comunemente chiamata nei documenti via Bariglaria, perché era percorsa da carri carichi di mercanzie che erano di solito racchiuse all’interno di botti o barili. 35 Con molta probabilità

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Idem, p. 9

33 CONTESSI, Le porte, p. 64.

34 ACG, Delibere, b. 57, f. 2r, 1346.

35 A partire dalla prima metà del Trecento numerosi documenti chiamano la principale strada dell’abitato via Bariglaria. APG, Santa Maria, b. 431, 1330 «…iuxta viam de iuxta platea macelli in Bariglars… »; 1351 «…in viam de Bariglars…».

all’interno del circuito murato questa strada percorreva l’attuale via Bini e poi si immetteva nella via XX settembre, privilegiando, come già detto, l’itinerario più a valle. Le fonti a disposizione non permettono però di avere la certezza sul percorso seguito dalla via Bariglaria all’interno dell’insediamento.

Con la costruzione della seconda cerchia muraria il centro nevralgico della città si spostò più a nord. Se nell’abitato antico – quello delimitato dal primo recinto – i pochi spazi aperti ruotavano attorno alle due porte principali e sopra una piccola piazzetta forse situata nei pressi della vecchia domus comunis, nella Gemona di primo Trecento il baricentro urbano divenne l’area dell’attuale piazza del Municipio, sopra una lato della quale, come abbiamo detto, venne costruita la nuova casa comunale.36 Vedremo in seguito l’importante ruolo che la platea comunis aveva all’interno dell’insediamento, ma in ogni caso è molto probabile che nella zona interessata dal secondo recinto murato trovassero subito posto anche case lussuose e molte botteghe artigiane.

Nel documento Storia di Gemona nel Basso Medioevo (pagine 181-185)