• Non ci sono risultati.

Le roste sul Tagliamento e la roggia

Nel documento Storia di Gemona nel Basso Medioevo (pagine 56-63)

TERRITORIO E VIABILITÀ

TAVOLA 3. La viabilità commerciale tra il Campo e la mezzacosta montuosa

3. Le roste sul Tagliamento e la roggia

Il maggior flusso di transiti attraverso la strada per il Campo era dunque intimamente legato ad un aumento della sicurezza del percorso e al suo consolidamento. A partire dai primi decenni del secolo XIII, con la fondazione dell’ospedale di Santo Spirito, furono infatti edificati anche i primi dispositivi di difesa nei pressi delle sponde del Tagliamento, le cosiddette roste. Grazie a queste opere ingegneristiche non fu messa in sicurezza solo l’area delle laperas, ma anche tutta la zona dell’ospedale. La linea degli argini, prima circoscritta solo all’area dell’ospizio, fu in un secondo momento ampliata anche lungo la sponda sinistra del fiume in direzione di Osoppo. L’argine del corso d’acqua compreso tra un bosco a nord di questo villaggio e l’ospedale di Santo Spirito era infatti la zona dove il Tagliamento esondava più spesso.61 Ancora oggi l’attuale letto fluviale è contenuto dall’argine che si prolunga da Opedaletto a Osoppo, in mancanza del quale il Tagliamento potrebbe occupare, durante le piene, l’intera piana.62 Grazie alla costruzione di queste opere di difesa vennero limitati gli straripamenti del fiume nel Campo. Non possediamo nessun documento che periodizzi la costruzione delle roste sul Tagliamento, ma è certo che senza queste opere di difesa l’intera area dove fu edificato l’ospedale di Santo Spirito sarebbe stata decisamente poco sicura.63 La fondazione del ente assistenziale, avvenuta, come già detto, nel 1213, non poteva quindi prescindere dalla costruzione di argini di contenimento delle acque.

Nei pressi dell’hospitale di Santo Spirito fu inoltre scavato, presumibilmente nel primo Duecento e in concomitanza con la costruzione delle altre opere ingegneristiche nella zona, un canale artificiale che captava parte delle acque del Tagliamento. Questa roggia, che veniva chiamata anche Plovia, perché il canale venne fatto e mantenuto in piovego (cioè in pubblico con lavori a cui

61 Non abbiamo per l’età medioevale delle relazioni complete che individuino con esattezza i punti dove di solito il Tagliamento esondava. E’ certo però che le roste sul fiume si sviluppavano nella zona ad occidente dell’ospedale di Santo Spirito. In età moderna le testimonianze si fanno invece più precise. Nel 1637 Alvise Foscarini, luogotenente del Friuli, riferiva al senato veneziano in merito ai dissesti provocati dal Tagliamento. Nella relazione si sottolineava come l’intenso utilizzo del bosco di pini situato nord di Osoppo compromettesse la sicurezza di tutta l’area. “Non lascierò d’aggiungere che dai tagli assai liberatamente e frequentemente introdotti da particolari nel bosco delle Pigne posto ai piedi del monte della fortezza di Osoppo, restando tolti gli antichi impedimenti al corso del Tagliamento va esso sempre più devastando le rive del bosco stesso, minacciando quelle terre vicine, ed accostandosi a quella piazza medesima con evidenza manifesta di circondarla col tempo, se con rimetter alla gagliarda invece di denudar d’alberi il bosco e con altri ripieghi non vi si ripara”. BAROZZI, Gemona, p. 16. Già nel 1589 Giulio Savorgnan aveva vietato agli uomini di Osoppo il taglio della legna nel luogo chiamato Vergnál e Barconovo fino al confine di Gemona nella Pineta. BIASONI, Osoppo, p. 50.

62 SGOBINO, Il campo, p.12.

63 Nel 1747 a causa delle abbondanti piogge le acque del Tagliamento sormontarono le roste e allagarono il borgo di Hospitale. La popolazione per salvarsi fu costretta a fuggire. Tutta zona settentrionale del Campo fu allagata ed invasa da sassi, sabbia e ghiaia. ACG, Roste, b. 687, foglio sciolto.

erano tenuti gli abitanti della zona), nasceva nei pressi dell’ospedale, passava ai piedi del conoide dove era costruita Gemona e si collegava poi con il torrente Orvenco e successivamente con il Ledra.64 Lo scavo fu eseguito lungo la linea di affioramento delle acque filtrate dalle ghiaie del conoide, seguendo un tracciato che già naturalmente era adatto alla realizzazione di un canale. L’imboccatura della roggia nel Tagliamento venne eseguita a poche centinaia di metri ad ovest dell’ospedale di Santo Spirito incidendo, per convogliare meglio le acque, un masso situato all’interno del letto del fiume. Veniva così evitato un eventuale intasamento dell’imboccatura da parte di materiale detritico portato dalla corrente.65 Nella parte inferiore del suo percorso la roggia svolgeva inoltre il compito di canalizzare l’area, che era caratterizzata, come già detto, da terreni per lo più paludosi.

Per mantenere in efficienza la roggia, la quale come vedremo sarà il motore di tutta una serie di attività economiche, era necessario limitare e regolamentare il flusso delle acque in entrata, in modo da proteggere l’opera da eventuali straripamenti del Tagliamento. Il fango ed i detriti portati dall’irruenza del fiume avrebbero potuto facilmente riempire il canale e vanificare i notevoli sforzi spesi per la sua realizzazione. Anche la corretta efficienza della roggia era quindi legata alla costruzione delle roste sul Tagliamento, le quali regolavano il flusso delle acque in entrata e proteggevano il canale dalle piene. Come per l’edificazione dell’ospedale di Santo Spirito anche la roggia dipendeva dunque dall’efficienza delle roste sul Tagliamento.

A poco più di un chilometro a sud dell’abitato di Hospitale confluiva nella roggia anche l’acqua del torrente Vegliato, il cui corso era stato deviato a monte della città. Il cono di deiezione sul quale venne costruita Gemona era infatti il frutto del continuo deposito ghiaioso operato da questo torrente alla fine del suo tratto montano. Per evitare che le eventuali piene del Vegliato compromettessero le aree prossime alla città, probabilmente nel primo Duecento, suo corso vene spostato a monte dell’abitato e l’acqua, dopo un ampio percorso a semicerchio fu convogliata nella roggia a sud del colle di Cjamparis.66

Negli statuti di Gemona alcuni capitoli erano dedicati alla manutenzione della roggia e alla regolamentazione delle attività che sfruttavano il corso d’acqua.67 L’onere di mantenere pulito e

64 È molto difficile dare una datazione precisa in merito alla realizzazione della roggia. Il Billiani che ha pubblicato un piccolo contributo sopra le attività molitorie che utilizzavano il canale sostiene che esisteva ab immemorabili. BILLIANI, Capitoli, p. 9.

65 Queste infomazioni mi sono state date personamente dal geologo Furio Sgobino, noto studioso del territorio gemonese.

66 Il Vegliato non era sempre stato contenuto nell’attuale letto. Fino al secolo XV nella parte alta del conoide, il torrente non aveva con molta probabilità un letto stabilizzato, ma in caso di grandi piogge poteva scendere per alvei secondari anche in direzione della città. L’alluvione del 1430, che danneggiò alcune zone cittadine, non fu causata solo dalla Gridule ma venne probabilmente anche alimentata dall’acqua del Vegliato. COCCOLO, SGOBINO, Il trasporto, pp. 24-28. SGOBINO, Il cono, pp. 45-47.

67

ACG, Statuti, b. 1, cap. 85, 90, 91, 92, 93. I capitoli 85 e 93 imponevano dei divieti alle attività che sfruttavano l’acqua della roggia. Era proibito, ad esempio, ripulire nel canale pelli o cuoiami ed era imposto al proprietario della

sgombro il canale ricadeva in gran parte sopra i proprietari delle macchine idrauliche – soprattutto mulini – che si trovano su di essa.68 Nella prima metà del Quattrocento erano attivi sulla roggia una segheria, un battiferro, un follone e circa otto mulini.69 Nel territorio gemonese la maggior parte delle attività molitorie venivano svolte alle base del conoide morenico e dipendevano dal flusso d’acqua generato dalla roggia. Le altre macchine idrauliche che si trovavano nel distretto erano posizionate soprattutto sul torrente Orvenco o sul Glemineit.70 Nella zona paludosa del Campo, situata tra Gemona e Buja, prima che la roggia si immettesse nell’Orvenco, era stato costruito anche un follone ad mactandum linum. Dal 1390 accanto a questo marchingegno era stata collocata una mola ad acuendum di proprietà di tale Giusto balistarius. Entrambe queste macchine idrauliche erano situate sul lato sinistro della roggia, quello rivolto verso Artegna.71

Ai proprietari dei mulini costruiti sulla roggia non era affidata solo la manutenzione ordinaria del canale, ma era anche imposta la regolazione della portata d’acqua che doveva essere mantenuta sempre costante. Per evitare danni, l’acqua non doveva infatti scorrere in quantità maggiore di quella che era sufficiente per il funzionamento di due mole da macina. Di norma per regolare il flusso dell’acqua venivano costruite paratoie ad incastro in legno o altri manufatti di contenimento.72 Dalla roggia potevano inoltre partire anche alcuni piccoli canali laterali – royalia – i quali favorivano il funzionamento delle macchine idrauliche. Questi dovevano essere sempre tenuti aperti ed efficienti da chi li utilizzava, in quanto erano di esclusivo uso privato.73

La manutenzione straordinaria della roggia era a carico delle autorità comunali. Tra i vari ufficiali del Comune venivano eletti ogni anno quattro provveditori sui canali, i quali avevano il compito di controllare e segnalare lo stato e l’efficienza della roggia e di tutti quanti i canali artificiali presenti nel distretto. Nel 1380, ad esempio, in seguito al rapporto presentato da questi provveditori il massaro ingaggiò 15 lavoratori per procedere al riatto del royale Plovie,

segheria, che si trovava nei pressi del borgo di Hospitale, di scavare un fossato per far scorrere via i residui del taglio del legname in modo che questi non intasassero la roggia. Probabilmente c’era la necessità di tenere pulita l’acqua non solo per evitare che la sporcizia danneggiasse le macchine idrauliche, ma anche per scongiurare forme di inquinamento e il fetore. Come è noto si pensava che certe malattie come la peste si trasmettessero attraverso la puzza o i miasmi. Inoltre era preferibile avere un’acqua pulita forse perché alcune donne lavavano nel canale i panni.

68 ACG, Statuti, b. 1, cap. 90.

69 BILLIANI, Capitoli, p. 9. TONDOLO M., Il centro, p. 79.

70

Un mulino era situato a lato della via Glemine – la strada che collegava Gemona ad Artegna – nei pressi del torrente Glemineit. La costruzione che risaliva al 1307 era ancora visibile pochi decenni fa. DEL FABBRO, Un lavatoio, pp. 173-174.

71 M. ZACCHIGNA, I mulini, p. 23.

72

Uno dei maggiori pericoli che bisognava assolutamente evitare era l’ostruzione del canale. Negli statuti era ribatito in più punti che l’acqua doveva scorrere a valle nel suo letto, evitando ogni tipo di ostacolo. Ai mugnai era imposta la ricostruzione delle paratie per il contenimento dell’acqua della roggia entro tre giorni da una eventuale distruzione. Di norma i dissesti venivano spesso causati da una piena del Tagliamento che invadeva il canale. In caso di inadempienza da parte dei mugnai era prevista una pena pecuniaria. ACG, Statuti, b. 1, cap. 90.

evidentemente danneggiato e non più totalmente efficiente.74 Prima dell’inizio dei lavori fu effettuata una specifica ispezione per vedere dove era necessario facere actari.75 In alcune occasioni anche le più alte cariche comunali si recavano nei pressi della roggia per verificare lo stato di efficienza del canale.76

Il 24 maggio del 1431 il Consiglio Maggiore deliberò, su proposta dei mugnai e nel pieno rispetto degli statuti trecenteschi, nuove regole in merito ai lavori di manutenzione da effettuare sulla roggia. Forse l’alluvione che interessò il distretto gemonese nel 1430 e che provocò dei danni anche al canale, impose l’approvazione di un nuovo regolamento che desse al contempo una maggior autonomia ai mugnai e all’opposto permettesse un minor impegno delle autorità comunali in merito ai lavori da effettuare. Attraverso il capitolato stipulato tra le parti, frutto del lavoro dei consigli cittadini e dei mugnai, veniva affidata la manutezione della roggia ad ognuno dei proprietari dei mulini per il periodo di un mese. Per sopperire alle eventuali spese fu istituita una cassa comune alla quale dovevano contribuire tutti i proprietari. Vennero inoltre regolamentati i modi ed i tempi per togliere l’acqua al canale nel caso ci fosse stata la necessità di eseguire un lavoro attorno ad un mulino. La durata massima dell’interruzione non poteva superare i tre giorni.77 E’ presumibile che nei pressi dell’imboccatura della roggia nel Tagliamento, in mezzo alle opere di contenimento del fiume, ci sia stata una paratia che permetteva di regolare il flusso delle acque in entrata nel canale. In alcune occasioni, indipendenti da necessità legate alla manutenzione, le autorità comunali potevano infatti decidere di interrompere il deflusso dell’acqua nella roggia. Nel 1380, ad esempio, il canale artificiale venne chiuso affinchè i cavalli di un contingente militare di Ungheri, che si apprestavano a transitare nel Campo, non avessero ubi bibere.78

La stessa esistenza della roggia, che come vedremo costituirà l’avamposto dell’antropizzazione della piana gemonese, era quindi connessa, come abbiamo detto, alla costruzione delle roste sul Tagliamento. Le opere di contenimento sul fiume, oltre a proteggere dalle esondazioni l’area settentrionale del Campo, permettevano dunque anche di regolare la portata delle acque e difendevano il canale dalle irruenti piene del fiume che lo avrebbero certamente interrato.

74 ACG, Massari, b. 409, f. 21v, 25 maggio 1380.

75 ACG, Massari, b. 409, f. 19r, 2 maggio 1380.

76 «Expendidi cum domino capitaneo, Jacobo de la Masaria et alijs pluribus deputatis qui iverunt ad videndum royas et molendinum et iverunt usque Hospitale», ACG Massari, b. 404, f. 8r, 26 giugno 1356.

77 BILLIANI, Capitoli, pp. 13-16.

78 ACG, Massari, 1380, b. 409, f. 23v, 2 giugno 1380. Anche nel luglio del 1390 la roggia venne chiusa «pro facendo cessare aquam plovie pro occasione adventus domini ducis» ACG Massari, b. 417, f. 20r, spese di luglio 1390. La piccola chiusa che regolava il flusso d’acqua nella roggia era in alcune occasioni oggetto di una specifica manutenzione. Nel maggio del 1437, ad esempio, furono pagati tale Giacomo e tale Nicola, entrambi originari d’oltralpe, per sistemare l’opera. In alcuni particolari momenti, forse al seguito di qualche ostruzione nel canale o di un flusso troppo intenso d’acqua, le vie dell’abitato di Hospitale venivano invase d’acqua. Sempre nel 1437 furono spesi 8 soldi per «aptando royam que defluebat pro vias Hospitalis» ACG, Massari, b. 444, ff. 25v e 20v, spese del 22 maggio e del 19 marzo 1437.

Il Tagliamento è infatti un fiume a spiccato regime torrentizio con portate che non sono mai costanti. Il flusso d’acqua dipende direttamente dagli andamenti delle precipitazioni che interessano il bacino. Il corso del fiume ha la tipica conformazione a canali intrecciati (braided) che scorrono in un letto ghiaioso molto ampio.79 Le piene maggiori, come abbiamo detto, sono strettamente legate agli eventi climatici e di norma si concentrano in primavera, tra aprile e maggio, e in autunno, tra ottobre e novembre.80 Dopo l’edificazione delle roste iniziò un lento ma progressivo sfruttamento economico della piana e la strada che dall’abitato di Hospitale puntava direttamente verso sud fu percorsa con sempre più intensità. L’efficienza e il buono stato di conservazione di queste opere di difesa sul Tagliamento divenne una prerogativa delle amministrazioni pubbliche gemonesi. Nell’anno contabile 1405-1406, ad esempio, il comune di Gemona destinò il 33,72% delle spese totali per la manutenizione delle varie opere pubbliche nel distretto proprio alla riparazione delle roste.81

Fin dalla metà del Trecento – soltanto da allora possiamo contare su fonti come i quaderni delle delibere consiliari e sui registri dei massari (quaderni dell’amministrazione e della contabilità del Comune) –, appare evidente l’attenzione delle autorità pubbliche gemonesi al mantenimento e alla completa efficienza delle roste sul Tagliamento. La comunità destinava ogni anno a questo capitolo di spesa consistenti risorse economiche che in alcuni momenti, a seguito di importanti lavori di riatto, condizionavano in maniera importante il bilancio comunale. I lavori di manutenzione che venivano eseguiti interessavano alle volte tutta l’area nei pressi dell’hospitale, in altre occasioni gli interventi erano invece mirati solo a singole sezioni degli argini. Nel 1386, ad esempio, furono eletti tre boni viri ai quali fu affidato, dietro compenso, di andare ad Hospitale ad laborandum ad resistenciam acque Tulmenti et etiam iuxta Campum et quoque ad previdendum de acqua Plovia que labitur per viam publicam.82

Di norma le autorità cittadine affidavano a persone note e influenti nel contesto sociale gemonese la direzione dei lavori di manutenzione delle roste. Nell’aprile del 1386 i tre uomini nominati furono Ser Nicolò Pinta, Lorenzo De la Porta e Stefano Pellegrino. E’ molto improbabile che gli interventi di riatto fossero effettuati direttamente da queste persone elette: si trattava infatti – soprattutto nel caso dei primi due nomi – di esponenti di alcune delle più ricche famiglie gemonesi, ma la evidente capacità organizzativa e le conoscenze di cui disponevano consigliavano l’affidamento di un compito così importante a persone di questo calibro, che garantivano

79 Nei pressi di Ragogna l’alveo del Tagliamento raggiunge una larghezza di poco inferiore al chilometro. SURIAN, Morfologia, p. 146.

80 Tiliaventum, Tiliment/Tilimint, Tagliamento, pp. 7-18.

81

Mobilia, p. 61

l’attivazione di un cantiere così impegnativo. Non è inoltre da escludere che le spese per la manutenzione fossero anticipate da questi uomini, membri eminenti del notabilato locale cittadino. In alcune occasioni veniva coinvolta nei lavori di riatto delle roste sul Tagliamento anche la vicina comunità di Buja. In caso di esondazione del fiume, la porzione di territorio buiese nel Campo poteva infatti essere compromessa tanto quanto quella gemonese. L’11 maggio del 1394 i due consigli cittadini – quello Maggiore e quello Minore riuniti in seduta congiunta – deliberarono, in seguito alla necessità di mettere in atto alcuni interventi di riatto sulle roste, l’elezione di quattro persone, alle quali vennero affidati i lavori di riparazione. Questi individui dovevano però operare in concerto con alcuni uomini di Buja. Tra le persone elette figurava anche Fantone Pini, uno degli uomini più noti e più ricchi del contesto sociale gemonese di fine secolo.83 Nel 1439, in seguito all’ennesima alluvione che danneggiò le opere di contenimento dalle acque del Tagliamento, il governo veneziano, con una ducale datata il 7 gennaio, disponeva che le spese di riparazione delle roste sul fiume dovevano essere distribuite sopra tutte le comunità del Friuli che sorgevano nell’area pedemontana vicino al corso d’acqua.84

La documentazione a disposizione, come è già stato detto, non ci permette di indagare a fondo né sull’effettiva consistenza delle roste del Tagliamento né sulla loro reale dimensione. Le prime indicazioni di un certo spessore appaiono nelle fonti solo a partire dalla seconda metà del Trecento. A questa altezza cronologica i riferimenti si limitano però a indicare quasi sempre solo la cifra pagata dalle autorità pubbliche per le riparazioni ed eventualmente le persone alle quali veniva assegnato il compito di eseguire o coordinare i lavori. Per l’età medioevale non possediamo quindi nessuna descrizione delle roste. Con molta probabilità queste opere di difesa dalle acque erano costituite da ghiaia e fascine di legno, sistemate lungo le aperture sull’argine del Tagliamento. In alcuni punti venivano piantati dei veri e prori pali, probabilmente legati assieme a delle corde e usati sia per consolidare la sponda che per alzare l’argine sul fiume.85 E’ presumibile che la maggior parte dello sbarramento fosse però creato semplicemente grazie ad un accumulo di ghiaia e sassi. Le travi e le corde utilizzate per fare le roste venivano di norma preparate prima, secondo le esigenze, poi trasportate al margine del fiume e quindi messe in opera. Nel 1405 tutto il materiale utilizzato per la manutenzione fu fornito da Giacomo Brugni, il quale era il proprietario della segheria situata

83 Gli altri uomini di Gemona ai quali venne affidato questo compito erano: Pietro Pignar, Nicolaus Costancii e Odoricus di San Daniele. ACG, Delibere, b. 20, f. 16r, 11 maggio 1394.

84 ACG, Pergamene, b. 1647, perg. n. 7.

85

L’8 giugno 1437 vennero inviati 40 carri di legname sulle sponde del Tagliamento per la riparazione delle roste. ACG, Roste, b. 687, foglio sciolto.

nei pressi dell’ospedale di Santo Spirito.86 Nei punti dove il fiume irrompeva con più forza venivano incastrati nel terreno, come sostegno all’argine, anche dei pali di ferro.87

Dopo la seconda metà del Trecento le roste si presentavano comunque come delle opere costruite già da tempo e ben consolidate. E’ presumibile che dopo una prima edificazione avvenuta, come già detto, all’inizio del secolo XIII, questo sbarramento sia stato ampliato e irrobustito in vari

Nel documento Storia di Gemona nel Basso Medioevo (pagine 56-63)