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Cause e ragioni Due case studies in sociologia della scienza

2. Il Programma Forte in sociologia della scienza

2.3. Cause e ragioni Due case studies in sociologia della scienza

Anche se non è possibile fornire una valutazione dettagliata delle numerose ricerche empiriche prodotte nell'ambito della Scuola di Edimburgo, ci pare tuttavia utile riferire due concreti casi di studio di controversie scientifiche per dare maggiore sostanza alle affermazioni metodologiche del Programma Forte. Il nostro intento – è bene sottolinearlo – non è quello di mettere in discussione i dati storici addotti dai sociologi. Piuttosto ci interessa

specificare i nessi causali che nei principi metodologici sono stati formalmente asseriti, ed analizzare il tipo di dimensione sociale del sapere scientifico che traspare dalle analisi sociologiche.

Un caso a proposito è rappresentato dal classico studio di S. Shapin sulla disputa fra sostenitori ed avversari della frenologia ad Edimburgo nei primi decenni del diciannovesivo secolo46. La dottrina frenologica si rifaceva agli studi di due medici viennesi, F. J. Gall e J.

G. Spurzheim, il cui nucleo era rappresentato da un particolare modello del cervello e delle funzioni mentali. Il frenologo muoveva da una classificazione di un certo numero di facoltà psicologiche innate alle quali associava determinate funzioni mentali ed emozionali della persona. Si supponeva che queste facoltà avessero sede in parti topograficamente distinte della corteccia cerebrale e che un'analisi accurata della forma del cranio fosse in grado di rivelare le caratteristiche psicologiche dell'individuo. Questa teoria – che oggi non è più tenuta in considerazione – ha indubbiamente contribuito allo sviluppo della neurologia e della conoscenza dell'anatomia del cervello. Contemporaneamente però, essa si prestava a venire usata come strumento di intervento sociale attraverso la pretesa di fornire diagnosi della costituzione mentale innata dell'individuo sulla base di differenze morfologiche del cranio.

I frenologi scozzesi attaccarono duramente sia la filosofia della mente sia gli studi anatomici dominanti, e si vennero sviluppando due aree di disaccordo. In primo luogo un'area di disaccordo di tipo "metodologico". I frenologi consideravano le procedure classiche adottate dai filosofi e dagli anatomisti destinate al fallimento: da un lato il metodo della riflessione poteva studiare gli stati della mente ma non ciò che li causava, dall'altro il metodo della dissezione non poteva scoprire la funzione assolta dagli organi del cervello. In secondo luogo vi era un disaccordo di tipo "epistemologico". La teoria frenologica infatti, sostenendo che la fonte principale delle caratteristiche frenologiche fosse di origine biologica, si poneva in aperto contrasto con la visione dei filosofi che vedevano nell'esperienza accumulata e nell'apprendimento il fattore predominante.

La tesi di Shapin è che gli atteggiamenti nei confronti del modello del cervello e dell'attività di ricerca dei frenologi ad Edimburgo sono strutturati da interessi dettati dalla posizione di vari gruppi sociali. Egli dimostra che la diffusione e l'influenza delle dottrine frenologiche è associata a particolari interessi della "borghesia emergente", ed in particolare

ai suoi programmi di riforma sociale e ad una visione dell'ordine sociale ed economico giustificato dal prevalere di individui dotati di facoltà intellettuali e morali superiori. A questo individualismo naturalistico e biologico si oppongono invece gli interessi sociali delle élite tradizionali e della chiesa presbiteriana che vedono come un attacco alla tradizione spirituale e religiosa il tentativo dei frenologi di utilizzare una conoscenza naturale come base di legittimità dell'ordine sociale.

Al contrario di quanto si potrebbe pensare, il sociologo, per Shapin, non deve limitarsi ad esaminare il contenuto delle teorie in questione. Se così fosse, risulterebbe incomprensibile capire per quale motivo l'innatismo dei frenologi – certamente più adatto a difendere lo status quo sociale – sia potuto diventare il fondamento di un programma riformista. Piuttosto, per comprendere lo sviluppo dello scontro tra i frenologi ed i loro oppositori, il sociologo deve guardare agli interessi contingenti delle classi sociali dell'epoca e alle teorie scientifiche più adatte a servire i loro scopi in quel dato e specifico contesto sociale.

La spiegazione teorica proposta da Shapin è la seguente. Dal momento che il dibattito tecnico "riflette le divisioni sociali e istituzionali"47, esso non può essere separato dal

complessivo contesto culturale e sociale. L'enfasi sulla introspezione e sulla riflessione – garantendo la possibilità di adottare il punto di vista di qualsiasi altro membro della società – aveva lo scopo di sottolineare gli elementi di armonia della società; e pertanto veniva utilizzata in questa chiave dei membri dell'aristocrazia dominante. I frenologi, che invece rappresentavano una classe sociale emergente ed esclusa dal potere48, adottarono "un tipo di

conoscenza che sottolineava le reali differenze tra gli uomini"49; e questo perché avevano

tutto l'interesse ad evidenziare gli elementi di rottura e discontinuità.

Come si può vedere, nella ricostruzione di Shapin, non vi è alcun riferimento ai fattori epistemici. Le credenze sostenute dai due gruppi vengono spiegate ricorrendo unicamente ai fattori sociali, ovvero agli interessi dettati dalla loro posizione all'interno del contesto sociale. Si potrebbe criticare questa logica sottolineando che all'epoca vi era una chiara evidenza empirica contro la teoria frenologica. I dati empirici sui seni frontali, infatti, mostravano in modo evidente la mancanza di corrispondenza tra la conformazione cranica e la superficie del cervello50; ed i frenologi, con il passare del tempo, si trovarono costretti ad

ammettere sempre in modo più massiccio l'influenza dei fattori ambientali. Anche in questo

47 Cfr. Shapin (1975), p. 234.

48 Shapin, per inciso, nota che nessun frenologo ricopriva cariche universitarie. Cfr. Shapin (1975), p. 225. 49 Cfr. Shapin (1975), p. 225.

caso Shapin risponde che i fattori epistemici sono irrilevanti per comprendere la controversia. Il passaggio verso l'ambientalismo, infatti, non fu determinato dall'evidenza empirica; piuttosto fu il contesto culturale della Scozia dell'epoca che suggerì ai frenologi di accentuare gli elementi ambientalistici, più idonei in quel particolare contesto a sostenere un programma riformista.

Ammettiamo pure che la spiegazione fornita da Shapin sia convincente. Nonostante ciò si deve rilevare che W. Hamilton, docente scozzese di logica e metafisica, nel criticare le tesi dei frenologi adottò una procedura di ricerca che considerava coerente con i principi metodologici sostenuti dai suoi avversari51. Shapin, pur non considerando questo fatto storico

una mera coincidenza, ribadisce che i fattori epistemici sono irrilevanti per comprendere la controversia. Questo perché i frenologi non giudicarono decisivi gli esperimenti forniti da Hamilton, e nessuna esperienza avrebbe potuto da sola rivelarsi cruciale.

Passiamo adesso al secondo esempio. Un altro caso a proposito è costituito dall'analisi sociologica della controversia, occorsa in Inghilterra nei primi anni del ventesimo secolo, tra i biometrici e i mendeliani intorno al problema dell'ereditarietà e dell'evoluzione nell'uomo. Tale controversia è stata presa in esame da B. Barnes e D. MacKenzie52.

I biometrici, guidati da K. Pearson, erano impegnati ad estendere i metodi statistici alla biologia – ed in particolare alla biologia evoluzionista –, e condividevano una concezione darwiniana ortodossa dell'evoluzione attraverso la selezione di piccole differenze individuali "continue". I secondi, capitanati da W. Bateson, avanzavano una concezione opposta – e cioè "discontinuista" dell'evoluzione. Le variazioni, secondo tale teoria, non erano effetto di una accumulazione graduale di numerosi cambiamenti minimi, ma di bruschi cambiamenti. Dopo la riscoperta del lavoro di Mendel, il gruppo formato da Bateson e dai suoi collaboratori sposò la teoria mendeliana sulla trasmissione dei caratteri ereditari, e contribuì alla sua larga diffusione in Inghilterra.

Si potrebbe tentare di spiegare la controversia tra biometrici e mendeliani ricorrendo ad una spiegazione di tipo "formale", ad esempio sottolineando che i due gruppi adottavano due differenti metodi scientifici53. Questo criterio di spiegazione, sostengono Barnes e

MacKenzie, non risolve assolutamente il problema. Esso infatti, non risponde alla seguente

51 Cfr. Shapin (1975), p. 240.

52 Cfr. MacKenzie (1977), Barnes e MacKenzie (1979).

53 B. J. Norton ha dedicato diversi studi alle differenze di ordine metodologico tra biometrici e mendeliani. Cfr. Norton (1975a; 1975b).

domanda: perché i gruppi in questione sostenevano quei differenti metodi e non altri?54

Un altro modo per tentare di spiegare la controversia potrebbe essere quello di invocare la tesi dell'incommensurabilità. Dal momento che i biometrici ed i mendeliani adottano due paradigmi differenti, le loro considerazioni riguardano due mondi differenti, e contemporaneamente i loro vocabolari scientifici non sono mutualmente traducibili. Anche questa spiegazione della controversia, per quanto parzialmente condivisibile55, non coglie il

punto della questione. In primo luogo essa incorre in un errore storiografico: stando ai dati storici forniti da Barnes e MacKenzie, non sembra esservi alcuna barriera linguistica tra i biometrici ed i mendeliani. Pearson, ad esempio, conosce benissimo le procedure scientifiche adottate dai mendeliani; e pare addirittura che sia riuscito a formulare una legge formalmente equivalente a quella di Hardy-Weinberg diversi anni prima che questa fosse ufficialmente scoperta56. In secondo luogo, essa si rifiuta di spiegare perché i gruppi in questione

sostengono quei determinati paradigmi e non altri.

La tesi Di Barnes e MacKenzie circa la complessa e prolungata controversia tra questi due gruppi è che fattori tecnici ed interessi professionali – che essi chiamano il contesto "esoterico" (esoteric)57 – giocano un ruolo importante ma insufficiente per una spiegazione

soddisfacente delle credenze che essi sostengono. Indubbiamente i due gruppi possedevano progetti distinti, erano orientati ad estendere differenti competenze e risorse tecniche e a perseguire diversi obiettivi predittivi e di controllo. Tuttavia le due parti non erano separate da fondamentali differenze di addestramento, abilità e competenze; e neppure da un accesso differente ad evidenze empiriche, con risultanze divergenti tali da giustificare una controversia tanto prolungata. In realtà nella controversia erano coinvolti non solo interessi professionali, ma anche interessi sociali e politici.

Nella nostra prospettiva [...] le alternative sono considerate nei loro contesti contingenti come forme culturali, strutture coerenti di pensiero e attività sostenute da comunità con particolari obiettivi ed interessi. Tali

54 "Se la controversia viene interpretata facendo riferimento a differenti 'standard' filosofici di giudizio, dovrebbe esserci, in ogni caso, una domanda più profonda a cui rispondere. Rimane da mostrare perché questi standard sono sostenuti dai gruppi di scienziati […]. Si potrebbe dire che asserire la priorità dei criteri significa semplicemente riformulare il problema dei conflitti tra giudizi scientifici, senza risolverlo; la procedura lascia irrisolti i problemi fondamentali". Cfr. Barnes e MacKenzie (1979), p. 198.

55 K. Pearson, in un suo scritto, rileva che "io ed il signor Bateson non usiamo la stessa lingua". Cfr. Pearson (1902), p. 331.

56 Cfr. Pearson (1904).

obiettivi ed interessi strutturano le tecniche e le procedure di scelta all'interno della scienza. Queste tecniche e procedure di scelta sono elementi costitutivi essenziali del giudizio scientifico. Il giudizio scientifico non è occasionalmente disturbato da intrusioni sfortunate. Piuttosto ciò che noi accettiamo come un giudizio propriamente scientifico è sempre strutturato ed organizzato da obiettivi ed interessi contingenti58.

Se gli interessi tecnici e professionali possono esercitare una influenza sul giudizio degli scienziati, gli interessi sociali e politici – che Barnes e MacKenzie chiamano "fattori sociologici contingenti" (contingent sociological factors59) – devono obbligatoriamente

esercitare un'influenza causale.

Seguendo la logica appena delineata, Barnes e MacKenzie propongono la seguente spiegazione teorica. La visione che i biometrici condividevano dell'eredità e dell'evoluzione era quella di un processo senza salti, migliorabile attraverso una selezione controllata. L'analisi dei parametri "fenotipici" delle popolazioni, nonché gli strumenti statistici da essi approntati per lo studio dell'ereditarietà, erano visti in funzione di questo obiettivo. Ciò si spiega in parte con il rapporto della scuola biometrica con il movimento eugenetico che propagandava la possibilità di un miglioramento della razza umana attraverso il controllo delle nascite e perfino la sterilizzazione forzata degli individui "non adatti". Anche l'adesione dei biometrici al darwinismo ortodosso si prestava facilmente ad essere trasferita dall'ambito della conoscenza naturale a quello di risorsa ideologica nella sfera della polemica politica. L'idea di una evoluzione prevedibile, modificabile sulla base di piccoli interventi limitati e continui, collimava con quella di progresso del riformismo gradualistico. Questo "darwinismo sociale" sfociava in una teoria del cambiamento sociale sostenuto da una azione riformatrice giustificata scientificamente. In tal modo esso legittimava le pretese di competenza tecnica e di intervento nell'amministrazione e nel controllo dei processi sociali da parte dei nuovi ruoli professionali. In questo senso Barnes e MacKenzie vedono rappresentati nel programma biometrico gli interessi sociali e politici di una nuova classe media professionale che fa valere le sue competenze come risorse indispensabili per un intervento riformatore volto a controllare il cambiamento sociale nella società industriale a

58 Cfr. Barnes e MacKenzie (1979), p. 201. 59 Cfr. Barnes e MacKenzie (1979), p. 205.

cavallo del secolo60.

Le teorie di Mendel, che si basavano sul presupposto dell'eredità come un processo di trasmissione dei fattori "mendeliani" (dominanti o recessivi a livello fenotipico) ma normalmente invarianti nei passaggi generazionali, non collimavano con la tesi di una evoluzione per continui processi selettivi favorita dal riformismo sociale. Come teoria dell'evoluzione il mendelismo richiedeva una ipotesi di evoluzione come processo discontinuo, sulla base di mutazioni imprevedibili. Sebbene al momento della controversia non vi fossero evidenze per risolvere il problema, l'ipotesi discontinuista poteva fornire risorse intellettuali ai tradizionali interessi conservatori inglesi, favorevoli al laisser-faire e ostili alle idee di interventismo riformatore. L'adesione di Bateson – sia prima che in seguito alla comparsa della teoria mendeliana (che tuttavia fornisce solo un sostegno indiretto) – alla visione discontinuista dell'evoluzione, mostra l'esistenza di una forte correlazione tra le opinioni in materia di politica sociale e le opinioni schierate nella controversia tra mendeliani e biometrici61.

Come si può notare, anche nella ricostruzione di Barnes e MacKenzie non vi è alcun riferimento ai fattori epistemici, e le credenze sostenute dai due gruppi vengono spiegate utilizzando solamente cause di tipo sociologico. Inoltre i nessi causali individuati dai due sociologi, allo stesso modo di Shapin, riguardano gli interessi dettati dalla posizione dei due gruppi all'interno del contesto sociale. In questo senso l'ipotesi esplicativa favorita dal Programma Forte è di tipo macro-sociologico-culturale e si basa sul cosiddetto interest approach. Secondo questo approccio l'attività scientifica è concepita come un'attività socialmente strutturata e collegata ad interessi sociali. Concetti e teorie non sono mai semplici rappresentazioni, nel senso che la conoscenza scientifica è sempre riferita a preesistenti sistemi di attività e generata e valutata in connessione ad un attivo interesse che Barnes chiama "di predizione e di controllo"62. Le credenze scientifiche non sono però

influenzate solo da questo tipo di interessi. Come i due casi storici hanno dimostrato, gli interessi sociali che confluiscono nella produzione della conoscenza scientifica coprono un ampio spettro che va dagli interessi "esoterici" o professionali, interni ad una determinata comunità di ricercatori orientata a sostenere o rafforzare la propria specialità, a quelli "essoterici" o esterni che chiamano in causa interessi ed influenze più ampie: sociali,

60 Cfr. anche MacKenzie (1976; 1977).

61 Barnes e MacKenzie ritengono che questa ipotesi di connessione sia corroborata da episodi della vita e del lavoro di Bateson. Cfr. Coleman (1970), MacKenzie (1977), pp. 286-297.

politiche, religiose o di classe. Gli interessi dunque, non costituiscono intrusioni accidentali o indebite in quello che, secondo l'ordine naturale delle cose, dovrebbe essere un dominio regolato dalla ragione e dall'esperienza, ma sono ingredienti ineliminabili del dibattito scientifico. L'esito delle controversie – in quest'ottica – appare quindi determinata dai particolari rapporti di forza che si vengono a creare tra gruppi sociali rilevanti in quel contesto storico-sociale. Soprattutto fra i gruppi sociali esterni, ai quali, in un modo o nell'altro, sono collegate le parti scientifiche direttamente coinvolte nella disputa.

Grazie all'aiuto dei casi storici qui illustrati, possiamo adesso delineare il tipo particolare di dimensione sociale della scienza espresso dai principi metodologici del Programma Forte. Tipo di dimensione sociale della scienza: il sapere scientifico è una struttura coerente con una formazione economico-sociale e con gli interessi che vi prevalgono.

Avremo modo di analizzare nel prossimo paragrafo i problemi di ordine analitico legati a questa concezione del sapere scientifico. Per il momento ci pare necessario sottolineare almeno una debolezza delle ricostruzioni sociologiche.

Per quanto nei due episodi sopra riportati i fattori sociali possano aver avuto un ruolo importante, i dati storici forniti da Shapin, Barnes e MacKenzie non sembrano impedire una ricostruzione storica basata sui fattori epistemici. Nel primo caso infatti, gli oppositori della teoria frenologica poterono apportare una serie di controesempi che, per quanto non decisivi, misero in difficoltà i frenologi. Nel secondo caso Pearson, che pure difendeva strenuamente la teoria biometrica, dimostrò di saper bene utilizzare gli strumenti e le procedure adottate dai mendeliani. Ciò dimostra che le due parti non erano separate da fondamentali differenze di addestramento, abilità e competenze; oppure – nel peggiore dei casi – dimostra che i membri di un gruppo non trovarono grandi difficoltà ad appropriarsi ed utilizzare il vocabolario scientifico della parte avversa. Proprio per questo si potrebbe allora fornire una ricostruzione basata sui comuni "criteri epistemici" adottati dai due gruppi, anzichè sull'influenza dei fattori sociali. Del resto entrambi i protagonisti, per poter persuadere la comunità scientifica dell'epoca, dovettero necessariamente nascondere gli interessi contingenti per lasciare posto ai criteri epistemici e cognitivi accettati dai loro interlocutori63.

63 La necessità di occultare mete ed interessi è esplicitamente riconosciuta proprio dai sociologi del Programma Forte. Come sostiene Barnes l'ammissione di interessi contingenti condurrebbe alla disapprovazione sociale, mentre per ottenere "approvazione [è opportuno parlare] di natura, non di cultura; di corrispondenza con l'esperienza, non di valutazione in rapporto all'interesse". Cfr. Barnes (1982), trad. it.

In questo senso i fattori epistemici assumono valore e rilevanza non appena ci si chiede perché gli interlocutori, nel dato contesto culturale e sociale, adottarono certe argomentazioni e non altre per cercare di spostare il consenso dalla loro parte, e perché i loro oppositori si sentirono costretti a rispondere offrendo controargomentazioni pertinenti.

La mancata analisi dell'aspetto argomentativo rivela un errore commesso dai sociologi. Essi si dimenticano di effettuare una distinzione concettuale tra cause "immediate" e cause "remote". Come vedremo, se i fattori sociali possono ricoprire il ruolo di cause "remote" delle credenze scientifiche ciò non significa necessariamente che essi rappresentino anche le cause "immediate" di queste ultime. Alla disamina analitica di questo errore sarà dedicato il prossimo paragrafo.

2.4. La tesi della ridondanza dei fattori epistemici. Una critica del modello di spiegazione