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2. Il Programma Forte in sociologia della scienza

2.1. Il manifesto del Programma Forte

I sociologi del Programma Forte, come abbiamo già accennato, non si limitano ad asserire che, a seconda dei casi, l'esame dei fattori sociali è essenziale ad una completa comprensione di un episodio della storia della scienza; essi sostengono piuttosto che i fattori sociali, configurandosi come fattori determinanti della storia della scienza, siano sempre presenti. Questa posizione, per quanto largamente condivisa da tutti i membri della Scuola di Edimburgo, trova la sua formulazione più coincisa e conosciuta nei quattro principi metodologici esposti da D. Bloor nel suo libro più famoso ed influente, La dimensione sociale della conoscenza. Prima di procedere ad esporre i quattro principi metodologici è necessario spiegare meglio quali sono i tratti distintivi dell'oggetto dell'indagine sociologica. Finora abbiamo parlato genericamente di "contenuto" della conoscenza scientifica, indicando con questo termine l'elemento teoretico-concettuale della prassi scientifica, contrapposto ad un elemento istituzionale. Bloor, nell'opera appena citata, chiarisce una volta per tutte cosa il

sociologo intende quando parla di conoscenza, e nello specifico di conoscenza scientifica: Il sociologo si interessa alla conoscenza, compresa quella scientifica, come fenomeno puramente naturale. La definizione appropriata di conoscenza sarà perciò abbastanza differente da quella del profano o del filosofo. Invece di una credenza vera – o magari di una credenza comprovata – la conoscenza per il sociologo è qualsiasi cosa venga ritenuta tale. […] Naturalmente, la conoscenza deve essere distinta dalla mera credenza. Ciò si può fare riservando la parola 'conoscenza' a ciò che è collettivamente sanzionato come tale, e lasciando che l'individuale e il particolare abbiano il valore di mera credenza16.

Bloor non si limita ad illustrare i contorni dell'oggetto-scienza, fornisce anche delle indicazioni specifiche riguardo al luogo deputato ad indagini di tipo sociologico. L'oggetto di indagine della sociologia della conoscenza è il mutamento scientifico, e quindi la dinamica delle trasformazioni della scienza.

Le nostre idee sul funzionamento del mondo sono profondamente mutate. Ciò vale per la scienza come per altri ambiti della cultura. Tale mutamento rappresenta il punto di partenza della sociologia della conoscenza e costituisce il suo problema principale. Quali sono le cause di questo mutamento, e come e perché esso avviene? La sociologia della conoscenza si occupa soprattutto della diffusione di una credenza e dei vari fattori che la influenzano. Per esempio: come si trasmette la conoscenza? Quanto è stabile? Quali processi sono all'opera nella sua creazione e nel suo mantenimento? Come viene organizzata e suddivisa in discipline o sfere diverse?17.

In base alle parole di Bloor, si possono individuare almeno tre tratti distintivi dell'analisi sociologica della scienza: 1) la conoscenza (scientifica o meno), per il sociologo del

16 Cfr. Bloor (1976), trad. it. p. 9. Barnes esprime il medesimo punto di vista di Bloor quando dice che "non dobbiamo cercare di dare noi una definizione di scienza. [Piuttosto] dobbiamo cercare di scoprirla in quanto segmento di una cultura già definita dagli stessi attori". Cfr. Barnes (1974), p. 100.

Programma Forte, assume lo statuto di un fenomeno naturale, e deve quindi essere indagata in modo scientifico; 2) limitandosi ad indicare con il termine "conoscenza" ciò che è collettivamente sanzionato come tale, il sociologo si rifiuta di elaborare una definizione della scienza; 3) l'indagine sociologica si svolge alla "latitudine" delle credenze, strutturandosi come analisi dei fattori causali che ne determinano il mutamento e l'accettazione collettiva.

Questi tre tratti distintivi, per certi versi, inseriscono il Programma Forte nel solco tracciato da Kuhn e Feyerabend. In entrambi i casi si può scorgere la necessità di una epistemologia descrittiva o non esclusivamente normativa, rivolta al lavoro ed alle attività degli scienziati anziché all'elaborazione di una teoria della conoscenza scientifica razionale o ragionevole ma comunque a-storica; del resto questa attenzione alla prassi della scienza è testimoniata dal continuo ricorso, da parte di Bloor e di altri sociologi della Scuola di Edimburgo, all'analisi di casi storici particolari18. Inoltre il luogo d'indagine è

fondamentalmente il medesimo: quella "dinamica" della trasformazione scientifica che abbiamo individuato come protagonista del riposizionamento del centro di attenzione della filosofia della scienza a partire dagli anni Sessanta del ventesimo secolo.

Al di là delle vistose somiglianze, è necessario tuttavia rilevare una radicale differenza. Il metodo antropologico di Feyerabend ed il metodo storico-filosofico di Kuhn non hanno alcuna velleità scientifica, essi non rivendicano per se stessi uno statuto di scientificità; piuttosto rappresentano due metodi di analisi di tipo interpretativo. L'intendimento originario del Programma Forte, al contrario, è precisamente quello di ricondurre lo studio del fenomeno rappresentato dalle varie teorie e credenze scientifiche alle usuali metodologie che caratterizzano ogni ramo della scienza. Come scrive Bloor, le idee dei sociologi del Programma Forte "saranno perciò espresse nello stesso linguaggio causale degli altri scienziati"19. Il loro principale interesse "sarà individuare gli aspetti regolari e i principi o

processi generali che sembrano essere all'opera entro il campo dei loro dati. L'obiettivo sarà elaborare teorie per spiegare questi aspetti regolari"20.

Stando all'approccio scientifico delineato, la sociologia della conoscenza, sostiene Bloor, dovrebbe rimanere fedele a quattro principi: il principio della causalità, il principio dell'imparzialità, il principio della simmetria, il principio della riflessività. Secondo tali

18 Per una rassegna di tali analisi cfr. Barnes e Shapin (1979).

19 Cfr. Bloor (1976), trad. it. p. 10. Barnes sembra esprimere la medesima preoccupazione quando rifiuta l'idea che l'accordo con i fatti da parte di una teoria scientifica "stabilisca la sua validità e la renda esente da spiegazione causale". Cfr. Barnes (1974), p. 12.

principi la sociologia della conoscenza:

1. Deve essere causale, cioè interessata alle condizioni che producono credenze o stati di conoscenza. Esistono naturalmente altri tipi di cause, oltre a quelle sociali, che concorrono alla produzione delle credenze.

2. Deve essere imparziale rispetto alla verità e alla falsità, alla razionalità o all'irrazionalità, al successo o al fallimento. Entrambi i termini di queste dicotomie richiedono una spiegazione.

3. Deve essere simmetrica nel tipo di spiegazione. Gli stessi tipi di causa, cioè, devono spiegare le credenze vere e le credenze false.

4. Deve essere riflessiva. In linea di principio i suoi modelli di spiegazione devono essere applicabili alla stessa sociologia. Come il requisito della simmetria, questa è una reazione alla necessità di cercare spiegazioni generali. Di norma, questo è un requisito ovvio, perchè altrimenti la sociologia sarebbe una confutazione permanente delle proprie teorie.21

Prima di passare all'analisi dei principi metodologici è necessario, a nostro avviso, indicare almeno tre punti deboli del Programma Forte.

In primo luogo, dal momento che lo statuto di scientificità è il perno sul quale fa leva l'intero edificio programmatico, ci si aspetterebbe che la sociologia della conoscenza sia in grado di fornire leggi sociologiche. Nonostante Bloor e gli altri sostenitori della Scuola di Edimburgo non si siano mai presi cura di chiarire precisamente il genere di spiegazione causale che essi hanno in mente, si possono trovare in Bloor – come ha scritto P. Barrotta – alcune indicazioni "in favore di una concezione regolaristica delle leggi, la quale è connessa con una descrizione della spiegazione scientifica basata su leggi di copertura"22. In effetti

Bloor scrive esplicitamente che "la ricerca di leggi e teorie nella sociologia della scienza comporta una procedura assolutamente identica a quella di ogni altra scienza", e che la sociologia della scienza è legittimata a "ricercare regolarità legiformi"23. Ora, l'ottimismo di

Bloor sulla possibilità della sociologia della conoscenza di fornire delle leggi può essere facilmente contestato. Come ha scritto Laudan, "nonostante decenni di ricerche [...] i

21 Cfr. Bloor (1976), trad. it. pp. 12-13. 22 Cfr. Barrotta (1995), p. 30.

sociologi cognitivi non hanno ancora elaborato una sola legge generale, che possano invocare allo scopo di spiegare le fortune cognitive di una teoria scientifica appartenente ad uno qualsiasi dei periodi del passato"24. Si potrebbe rispondere a questa critica riducendo il

valore del Programma Forte; ad esempio si potrebbe affermare che esso non costituisce una teoria sociologica in senso stretto ma solo un manifesto meta-sociologico, ovvero un manifesto programmatico volto ad elencare quelle caratteristiche generali che ogni sociologia della conoscenza adeguata dovrebbe possedere, senza alcuna preoccupazione verso la formulazione diretta di leggi. In questo senso l'intento del Programma Forte sarebbe di tipo programmatico, ed i suoi principi non potrebbero essere criticati sulla base di leggi empiriche, ma solo in virtù della loro intrinseca plausibilità25. Questo approccio sposterebbe

la discussione sul Programma Forte dal terreno della validità empirica al terreno della plausibilità, e nonostante nell'esposizione di Bloor vi siano alcuni indizi in favore della formulazione di leggi generali, l'interpretazione che vede nel Programma Forte un manifesto meta-metodologico ci pare la più adeguata26. Questo perché le analisi sociologiche degli

esponenti del Programma Forte non si concludono mai con l'esposizione di una o più leggi generali, ma si limitano piuttosto ad un'analisi dell'impatto dei fattori sociali – che ovviamente non sono sempre i medesimi ma variano a seconda del contesto storico – nei confronti di una disputa specifica. Tuttavia ci pare necessario sottolineare che, nonostante il Programma Forte sia da intendersi come un manifesto meta-metodologico, la metodologia di ricerca da esso proposta ha delle importanti conseguenze filosofiche, e che tali conseguenze sono, da un punto di vista logico, non del tutto corrette.

Veniamo adesso al secondo punto debole. Il Programma Forte, nel suo configurarsi come un programma metodologico di indagine scientifica della scienza, si pone in aperta polemica nei confronti della filosofia della scienza. Quest'ultima infatti, sostiene Bloor, nonostante affronti la medesima domanda dei sociologi della scienza, fornisce risposte che non hanno alcun carattere scientifico27. Prima di cercare di spiegare una credenza scientifica infatti, i

filosofi cercano di determinare se si tratta di una credenza vera (razionale) o falsa

24 Cfr. Laudan (1977), trad. it. p. 253. Dello stesso avviso è anche Newton-Smith, secondo il quale i sociologi non avrebbero prodotto "leggi putative di copertura, specificate nei dettagli e controllabili". Cfr. Newton- Smith (1981), p. 263.

25 Cfr. paragrafo 2.2.

26 Questa interpretazione si trova in Laudan (1981).

27 La filosofia della scienza sarebbe così responsabile di un atteggiamento secondo cui "la scienza è sacra, per cui deve essere tenuta separata. Essa viene […] 'reificata' o 'mistificata'. Ciò la protegge dalla contaminazione che distruggerebbe la sua efficacia, la sua autorità e la sua forza in quanto fonte di conoscenza". Cfr. Bloor (1976), trad. it. p. 72.

(irrazionale), e a seconda dello status della credenza adottano procedimenti esplicativi della credenza radicalmente differenti. I filosofi che adottano una posizione "teleologica" ritengono che non possa essere fornita alcuna spiegazione delle credenze vere (razionali) perché esse sono letteralmente incausate, e che una spiegazione causale possa avere come oggetto solo le credenze false (irrazionali). Bloor riassume così questa posizione:

La struttura generale di queste spiegazioni è chiara. Tutte dividono il comportamento o la credenza in due tipi: giusto e sbagliato, vero o falso, razionale o irrazionale. Poi, per spiegare il termine negativo della divisione, invocano cause sociologiche o psicologiche. Queste cause spiegano l'errore, la limitazione e la deviazione. Il termine positivo è valutato in modo del tutto differente. Da una parte, logica, razionalità e verità appaiono come la spiegazione di loro stesse. Dall'altra, non devono essere invocate cause psico-sociali28.

I filosofi che adottano una posizione "empirista" invece, sostengono di poter fornire una spiegazione sia delle credenze vere (razionali), sia delle credenze false (irrazionali). Tuttavia nella spiegazione dei due tipi di credenze essi invocano cause di diverso tipo29.

Entrambe le posizioni quindi, condividono una medesima convinzione: si tratta dell'idea secondo la quale lo stato epistemico delle credenze sarebbe rilevante ai fini della loro spiegazione. Questa convinzione, come si può facilmente notare, viola apertamente il principio della causalità ed il principio della simmetria, e proprio per tale motivo la prospettiva teleologica e la prospettiva empirista si rivelano metodi di spiegazione delle credenze del tutto non-scientifici. Non solo, in virtù del principio della simmetria Bloor sembra porsi in aperto contrasto contro ogni spiegazione delle credenze vere (razionali) e delle credenze false (irrazionali) che faccia ricorso al loro stato epistemico e razionale. Avremo modo di soffermarci, in seguito, sulle criticità di questa posizione. Per il momento ci pare importante sottolineare che il quadro filosofico tratteggiato da Bloor assomiglia più ad una caricatura che ad un ritratto realistico. In primo luogo l'interpretazione secondo la quale alcuni filosofi della scienza sosterrebbero l'idea che le credenze vere (razionali) sono incausate e che solo le credenze false (irrazionali) potrebbero essere spiegate causalmente, ci

28 Cfr. Bloor (1976), trad. it. pp. 14-15. 29 Cfr. Bloor (1976), trad. it. pp. 21-25.

pare del tutto inadeguata. Certo, vi sono alcuni filosofi che si rifiutano di attribuire cause di tipo sociale alle credenze vere e razionali – e Lakatos, indicato da Bloor come il principale esponente della corrente teleologica, pare essere uno di questi – tuttavia ciò non equivale ad ammettere che tali credenze siano del tutto prive di cause! Piuttosto significa che le credenze devono essere spiegate, anche da un punto di vista causale, facendo ricorso al loro stato espistemico e razionale. Se le cose stanno in questo modo, il vero unico credibile obiettivo polemico di Bloor risulta essere allora la corrente empirista. Anche in questo caso però, Bloor commette un errore. Egli considera infatti lo stato epistemico delle credenze identico allo stato razionale. Così facendo caratterizza la corrente empirista senza distinguere tra due posizioni differenti: coloro che ritengono che le credenze vere debbano essere spiegate in modo differente dalle credenze false, e coloro che ritengono che le credenze razionali debbando essere spiegate in modo differente dalle credenze irrazionali. In sostanza Bloor effettua una connessione logica non del tutto corretta tra epistemico e razionale, fornendo un quadro delle dottrine empiriste carente e semplicistico30.

Il quadro filosofico caricaturale fornito da Bloor nell'esposizione dei principi metodologici della sociologia della conoscenza ci permette di introdurre una terza debolezza inerente al Programma Forte: si tratta dell'incapacità, da parte dell'analisi sociologica, di identificare i tratti specifici del sapere scientifico. La scarsa attenzione rivolta alle nozioni di "vero" e "razionale" dipende in larga misura dall'assimilazione della scienza a pratiche culturali di tipo non scientifico (religione, arte, poesia, musica, ecc.). Tale assimilazione però, per quanto interessante, sembra ignorare un carattere distintivo del sapere scientifico, e cioè il compito di descrivere e prevedere i mutamenti dei sistemi fisici secondo nessi di legalità matematica. Il Programma Forte, al di là della validità dei suoi principi metodologici, non prende in considerazione la proprietà delle teorie scientifiche di impiegare in modo definito e controllato gli schemi concettuali e linguistici di una società al fine di stabilire connessioni controllabili sperimentalmente tra i fatti, ossia la capacità di formulare leggi e di fare previsioni. E dal momento che questa proprietà distingue la scienza da ogni altra procedura di carattere interpretativo, assume per buona – senza fornire alcun argomento

30 La banalizzazione delle dottrine filosofiche sembra essere anche un tratto comune di Barnes: "un modo comune di rappresentare la conoscenza è quello di rappresentare quest'ultima come il prodotto di un'attività contemplativa. In accordo con questa rappresentazione la conoscenza viene raggiunta da coloro che, in modo disinteressato, percepiscono passivamente alcuni aspetti della realtà, generando descrizioni verbali che vi corrispondono […]. Le descrizioni scorrette [...] spesso […] sono il prodotto di interessi sociali che rendono vantaggioso rappresentare la realtà in modo scorretto, oppure di restrizioni sociali che riguardano l'investigazione della realtà e che rendono impossibile una perfetta percezione di essa". Cfr. Barnes (1977), p. 1.

in suo favore – un'immagine della scienza che la priva del suo carattere intrinsecamente scientifico.

Torniamo adesso ai principi metodologici del Programma Forte. Come abbiamo già detto essi si impegnano a sviluppare un atteggiamento scientifico nei confronti del sapere scientifico. Le credenze sono trattate alla stregua di oggetti, ed esse si formano in virtù di cause e ragioni. Il lavoro del sociologo consiste nella comprensione delle cause e delle ragioni che determinano le credenze scientifiche. Viste come oggetti, non c'è alcuna distinzione a priori tra credenze giudicate vere e credenze giudicate false, credenze razionali o irrazionali: in sostanza, razionalità ed irrazionalità sono esse stesse oggetto di studio. Inoltre non vi è alcuna ragione per escludere la sociologia della conoscenza da uno studio sociologico.

Il primo principio, preso singolarmente, non è certo fonte di grossi problemi. Del resto Bloor è pronto ad ammettere che vi siano anche altre cause, oltre a quelle sociali, che concorrono alla produzione delle credenze scientifiche. J. Ben-David ha giustamente rilevato che il principio della causalità deve confrontarsi con due classici problemi di sociologia della scienza, la covarianza e la causalità. Siano S=società e C=conoscenza: se S è la causa di C, una variazione di S dovrebbe produrre una variazione di C. Se noi scopriamo che S varia mentre C rimane la stessa, allora S non può essere la causa di C. Controllando alcune analisi citate a sostegno del Programma Forte, Ben-David sostiene che esse non soddisfano i test della covarianza e della causalità; questo perché la "deviazione ideologica non è un fenomeno generale nella storia della scienza"31, ovvero non in tutti i casi ad una variazione di

tipo sociale corrisponde una variazione di tipo cognitivo. Per usare i termini di Ben-David, tra "collocazione sociale" e "tipi di teoria" non vi è alcuna "relazione sistematica", e quindi solo alcuni episodi nella storia della scienza, e non tutti, possono essere concepiti come essenzialmente dipendenti da particolari fattori sociali. Bloor ha risposto direttamente a questa critica sostenendo che l'osservazione di Ben-David, per quanto corretta, potrebbe mettere in crisi solo una teoria che si proponga di "fornire una spiegazione di tipo mono- causale che concepisse solo il ruolo dei processi sociali, che avesse cioè la pretesa pressoché insensata di dire che la conoscenza è 'puramente' o 'esclusivamente' sociale"32. Ma questa,

come si può vedere da una lettura completa del primo principio, non è certo la pretesa del Programma Forte.

31 Cfr. Ben-David (1981), p. 51.

Il principio dell'imparzialità è chiaramente ridondante. Esso infatti sembra dipendere totalmente dal principio della causalità e dal principio della simmetria: se la spiegazione delle credenze deve essere di tipo causale, e lo stesso tipo di cause devono spiegare le credenze vere (razionali) e le credenze false (irrazionali), è ovvio che entrambi i termini della dicotomia vero/falso e razionale/irrazionale devono essere spiegati.

Il principio della simmetria è sicuramente, tra tutti, il più problematico. Esso dice che una indagine appropriata della scienza "deve essere simmetrica nel tipo di spiegazione e che gli stessi tipi di cause devono spiegare le credenze vere e le credenze false"33. Come è

comprensibile il principio della simmetria risulta essere in radicale contrasto con l'approccio usualmente adottato dai filosofi della scienza. Essi infatti ritengono che le credenze scientifiche non debbano essere spiegate facendo riferimento alla sociologia poiché le "buone ragioni" che ne stanno alla base sarebbero di per sè sufficienti a spiegare i motivi che inducono gli scienziati a sostenerle; e la sociologia – come abbiamo già avuto modo di osservare con l'assunto di arazionalità – troverebbe il suo ambito di applicazione solo nei casi in cui è necessario spiegare perchè certe credenze, sebbene siano manifestatamente false, sono mantenute da alcuni individui. A parere di Bloor il rifiuto del principio della simmetria preclude la possibilità di una analisi scientifica della scienza, e solo escludendo ogni considerazione relativa ai meriti epistemici di una teoria si può ricorrere a quella spiegazione causale delle credenze che il sociologo deve sforzarsi di offrire. Un'importante conseguenza di questo approccio è che i criteri di razionalità vengono studiati, per usare la terminologia di Bloor34, in modo naturalistico. Con ciò si intende che gli stessi criteri di

razionalità fatti propri da una specifica comunità fanno parte dei fenomeni che la sociologia deve spiegare. Le categorie di vero/falso, così come quelle di razionale/irrazionale, variano