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2. Incommensurabilità

2.2. Confrontare e valutare le teorie

La tesi dell'incommensurabilità ha attratto una incredibile varietà di critiche, e su di essa sono stati versati fiumi d'inchiostro95. Nel presente capitolo ci soffermeremo esclusivamente

sul problema del confronto e della valutazione delle teorie incommensurabili. Si passeranno in rassegna un paio di critiche "classiche", con lo scopo di illustrare al medesimo tempo i limiti della tesi dell'incommensurabilità e le prospettive di ricerca che essa ha aperto.

Innanzitutto ci pare essenziale sottolineare una difficoltà generale. Da quanto si è esposto sopra, i contenuti di teorie incommensurabili non sono comparabili; ciò è dovuto – utilizzando il linguaggio di Feyerabend – alla "varianza di significato" dei termini impiegati dai linguaggi di tali teorie. Ora, se i contenuti delle teorie sono incomparabili non è chiaro in che modo esse possano costituirsi come due teorie alternative rispetto ad uno stesso dominio96. L'incommensurabilità – caratterizzandosi come "intraducibilità" dei linguaggi

impiegati da teorie differenti, e, conseguentemente, come incomparabilità dei contenuti delle teorie ed assenza di una relazione logica tra di esse – preclude la possibilità di un qualsiasi "punto di contatto" tra teorie incommensurabili, sia esso di natura fattuale o linguistica. Ma così facendo, la tesi dell'incommensurabilità non fornisce alcun motivo per cui due teorie dovrebbero essere considerate come rivali, e successivamente messe in competizione.

Sia Feyerabend che Kuhn hanno cercato di risolvere, o comunque di minimizzare, questa difficoltà. Feyerabend si è spesso appellato al fatto che i rapporti di incommensurabilità riguardano soltanto teorie generali, teorie di alto livello97. In questo senso la tesi

dell'incommensurabilità sarebbe applicabile soltanto ad alcune coppie di teorie, e l'incommensurabilità rappresenterebbe un evento piuttosto raro. Alle fine degli anni ottanta, ritornando sulla questione, Feyerabend sembra addirittura aprire alla possibilità di un "punto di contatto" tra teorie incommensurabili: "linguaggi incommensurabili non sono

95 Oltre ai testi di Kuhn e Feyerabend i riferimenti principali sono: Shapere (1966), Scheffler (1967), Giedymin (1970; 1971), Davidson (1973), Suppe (1977), Doppelt (1978), Musgrave (1978), Churchland (1979), Devitt (1979), Moberg (1979), Newton-Smith (1981), Putnam (1981), Brown (1983), Burian (1984), Collier (1984), Couvalis (1989), Munévar (1991), Hoyningen-Huene (1993), Sankey (1994). 96 Preston (1997) insiste molto su questo punto. Cfr. pp. 128-139.

completamente sconnessi: esiste una relazione sottile ed interessante fra le loro condizioni di significanza"98. Kuhn, dal canto suo, abbandona progressivamente l'idea di una

intraducibilità totale in favore di una intraducibilità parziale del lessico; una intraducibilità "localizzata in questa o quella zona, nelle quali due tassonomie rivali differiscono"99.

Le risposte di Feyerabend e Kuhn, qui appena accennate, vanno nella direzione di una riformulazione della tesi dell'incommensurabilità in una forma decisamente più debole. In effetti la difficoltà appena sollevata sembra essere sufficiente, da sola, ad abbandonare l'idea della "varianza di significato" nella sua forma più radicale.

Molte sono state le critiche che, rivolgendosi alle implicazioni semantiche della tesi dell'incommensurabilità, ne hanno messo in discussione la validità teorica. Tra queste, ci sembra opportuno illustrarne almeno due.

Come abbiamo più volte ripetuto, la tesi dell'incommensurabilità deriva, principalmente, dalla "varianza di significato" che investe tutti i termini appartenenti al linguaggio impiegato da teorie diverse. In questo senso le teorie incommensurabili non condividono alcun significato comune, e contemporaneamente non si riferiscono ad un comune dominio di oggetti. Nonostante la grande importanza rivestita dall'aspetto semantico delle teorie, Feyerabend e Kuhn – almeno in un primo momento – non hanno fornito un'analisi approfondita del significato dei termini linguistici impiegati dalle teorie scientifiche. Feyerabend affronta approssimativamente la questione nel 1965, ma finisce progressivamente con l'adottare una sorta di "nichilismo semantico"100. Kuhn, al contrario,

dopo un iniziale periodo in cui il problema del significato rimane sullo sfondo, affronta il problema a partire dal 1969, anno a cui risalgono i primi tentativi di fornire una teoria semantica dei termini empirici impiegati dalle teorie.

L'aspetto più sorprendente della teoria dell'incommensurabilità, almeno nella sua iniziale formulazione feyerabendiana e kuhniana, è la spregiudicatezza con la quale viene trattato il concetto di "significato" dei termini. Nonostante questo concetto possa vantare una lunga tradizione analitica, sia Kuhn che Feyerabend non sembrano minimamente interessati a confrontarsi con essa. Dal momento che il significato dei termini impiegati dalle teorie varia in virtù del contesto teorico, ci si limita ad inferire che tale "varianza di significato" ha come conseguenza necessaria l'incomparabilità dei contenuti di teorie differenti; tutto questo senza

98 Cfr. Feyerabend (1987b), trad. it. p. 268. 99 Cfr. Kuhn (1991), trad. it. p. 140.

100 Con questo termine mi riferisco all'abbandono, da parte di Feyerabend, di ogni discussione analitica circa il problema del significato.

alcuna specificazione preventiva dei modi e dei processi che determinano il significato dei termini. Nelle discussioni intorno alla tesi dell'incommensurabilità il termine "significato" assume quindi dimensione molto ampia, dimensione che potrebbe essere riassunta – semplificando – riferendosi al ''contenuto concettuale'' dei termini che compaiono nelle teorie. Dal momento che la tesi dell'incommensurabilità si configura come il risultato di ricerche storiche, entrambi gli autori sembrano più interessati ad una ''illustrazione fattuale'' della varianza di significato nel corso delle rivoluzioni scientifiche piuttosto che ad una ricerca logico-linguistica sul significato dei termini naturali.

A causa della spregiudicatezza con la quale viene trattato il concetto di "significato" dei termini I. Scheffler ha proposto di inserire la discussione sulla tesi dell'incommensurabilità in un contesto analiticamente adeguato. Riprendendo la distinzione fregeiana tra Sinn e Bedeutung101, egli insiste sulla possibilità di una invarianza del riferimento dei termini

naturali. Nessuno, sostiene Scheffler102, mette in dubbio la varianza di senso103 che può

coinvolgere i termini naturali di due differenti teorie scientifiche, tuttavia ciò non significa che il riferimento oggettuale dei termini naturali sia anch'esso sottoposto ad una variazione: due termini identici, infatti, potrebbero variare di senso senza cessare di "co-riferirsi" al medesimo oggetto.

Tale posizione, per quanto riesca a salvare la possibilità di un confronto tra teorie basato su una comunanza di riferimenti – il dominio di cui abbiamo parlato precedentemente – sembra andare incontro a due ordini di problemi. In primo luogo pare non prendere troppo sul serio il fatto che nella storia della scienza vi siano alcuni cambiamenti radicali che implicano anche una variazione di riferimento104; in secondo luogo non mostra sufficiente

attenzione alle modalità attraverso le quali un termine può variare di senso mantenendo inalterato il riferimento105.

101 Cfr. Frege (1892). 102 Cfr. Scheffler (1967).

103 Scheffler inserisce – forse in modo non del tutto debito per le ragioni illustrate poco sopra – la questione della varianza di significato dei termini naturali nel modello fregeiano; per questo identifica il significato (meaning) di cui parlano Kuhn e Feyerabend con il senso (sinn) teorizzato da F. L. G. Frege.

104 I classici esempi di variazione di riferimento riguardano i termini ''Planet'', ''Compound'', ''Electron''. Cfr. Feyerabend (1965b); Kuhn (1970b); Fine (1975).

105 Questo secondo ordine di problemi pone una serie di domande: come possono i termini che ricorrono in differenti teorie mantenere la medesima referenza se muta il loro senso? E quindi: come si determina il riferimento dei termini impiegati nelle teorie scientifiche? E qual è il rapporto tra senso e riferimento di un termine? Per rispondere a queste domande, due sono le posizioni possibili: a) il riferimento di un termine dipende dal senso, o meglio il senso determina il riferimento, b) il riferimento non dipende dal senso. Se vogliamo proseguire nel sentiero tracciato da Scheffler, non possiamo che scegliere la seconda opzione; e, almeno a prima vista, l'applicazione della Causal theory of reference ai termini delle teorie scientifiche potrebbe essere un buon modo per svilupparne le intuizioni. Dal momento che il presente lavoro non vuol

La critica di Scheffler – pur con tutti i suoi limiti – ci permette di sottolineare una delle caratteristiche della tesi dell'incommensurabilità: si tratta della dimensione ontologica del linguaggio impiegato dalle teorie scientifiche. Nell'ottica di Kuhn e Feyerabend i paradigmi e le teorie non descrivono il mondo, ma piuttosto lo strutturano e lo costruiscono; due teorie incommensurabili non si riferiscono ad un "mondo esterno" perchè non vi è alcun modo di distinguere tra un "interno" ed un "esterno" delle teorie; esse non convergono verso una ontologia, ma contengono strutture ontologiche particolari e differenti, configurandosi come schemi o quadri concettuali.

La dimensione ontologica del linguaggio impiegato dalle teorie scientifiche – implicando il rifiuto di una concezione "descrittiva" delle teorie – ha avuto il merito di aprire nuove prospettive d'indagine. Si è cominciato ad ipotizzare, in opposizione al modello ipotetico- deduttivo classico, che le teorie scientifiche non fossero riducibili a sistemi assiomatizzabili deduttivamente chiusi; le teorie – in virtù della dimensione ontologica del linguaggio da loro impiegato – diverrebbero così modelli che rendono intellegibili i dati dell'esperienza, ovvero strumenti che organizzano i dati dell'esperienza e costruiscono mondi, rendendo possibile osservare i fenomeni come appartenenti ad una medesima categoria e come connessi ad altri fenomeni106.

In una prospettiva del genere, quel che sembra perdere i suoi contorni definiti è in primo luogo l'esperienza. Se con Popper restava ancora la convinzione di una base empirica "impregnata di teoria" ma comunque comune a più teorie in conflitto, con la tesi dell'incommensurabilità viene meno tale base comune. Sostenendo l'incommensurabilità di schemi o quadri concettuali, Kuhn e Feyerabend mettono in scacco la possibilità di un confronto metodologico tra teorie rivali, spostando la valutazione delle teorie sul terreno della soggettività. Gli esperimenti non possono fornire alcun criterio di scelta perchè "parlano troppo": cambiando l'interpretazione dei termini di base, essi sono soggetti ad una reinterpretazione in grado di riabilitare anche la teoria più folle e irrazionale. Questa mossa può essere illustrata facendo riferimento alla tesi della sottodeterminazione delle teorie rispetto alle evidenze empiriche, e alla tesi che le osservazioni sono dipendenti dalla teoria o impregnate di teoria. Queste due tesi – che in parte si sovrappongono – hanno come effetto quello di rendere problematico il rapporto tra fatti e teorie, e quindi di mettere in discussione

essere una trattazione completa della tesi dell'incommensurabilità e di tutti i problemi che ne conseguono, per lo sviluppo di questi temi di ordine logico-semantico rimando a Sankey (1994), cap. 2 e 5.

106 Gli sviluppi più interessanti in questa direzione hanno luogo rispettivamente con le riflessioni di M. Hesse, e con la concezione strutturale delle teorie. Cfr. Hesse (1963), Sneed (1971), Stegmüller (1973).

la funzione giudicante dei primi nei confronti delle seconde.

Con la prima tesi – indicata nella letteratura filosofica come tesi di Duhem-Quine – si sostiene che ogni teoria può essere "salvata" di fronte ad ogni evidenza contraria, a patto di operare aggiustamenti nella rete di assunzioni ed ipotesi ausiliarie collegate alla teoria e/o alla situazione sperimentale. Un controllo definitivo delle teorie non esiste o, come si esprimeva Duhem, non esistono "esperimenti cruciali", perché le prove sperimentali messe in atto per testare una teoria non sono indipendenti rispetto a teorie ausiliarie relative alle condizioni sperimentali107. In sostanza: non ci troviamo mai nella condizione di confrontare

una sola teoria con i dati empirici, ma sempre un gruppo di teorie. Perciò è impossibile decidere in maniera definitiva l'abbandono di una teoria in base a dati sperimentali inconsistenti rispetto alle predizioni teoriche perché non siamo in grado di decidere se l'errore è da attribuire alla teoria o alle assunzioni ausiliarie ad essa collegate. La scienza, così come non è in grado di confermare in maniera conclusiva una teoria, non è nemmeno in grado di falsificarla – con buona pace di Popper – in maniera equivocabile.

La seconda tesi – indicata con lo slogan di osservazione "carica" o "impregnata di teoria"108 – riguarda il fatto che i dati empirici impiegati per testare una teoria non sono

accessibili direttamente ma sono dipendenti da teorie ausiliarie che si riferiscono alle nostre facoltà percettive, agli strumenti di misura utilizzati ed in genere agli apparati sperimentali; cioè dipendono da teorie collaterali del tipo di quelle ricordate prima. Inoltre la rilevanza degli stessi dati empirici dipende, almeno in parte109, dalla teoria principale che essi sono

chiamati a giudicare. La dipendenza di dati ed osservazioni scientifiche da interpretazioni di carattere teorico mostra che i dati stessi possono venire contestati sulla base di differenti preferenze o tradizioni teoriche; e che in caso di anomalie è possibile abbandonare il dato piuttosto che rinunciare alla teoria.

La critica di D. Shapere si muove entro questo ordine di considerazioni. L'idea della "varianza di significato" dei termini impiegati dalle teorie scientifiche sfocia necessariamente in un "completo relativismo in cui diventa impossibile [...] mettere a

107 Cfr. Duhem (1906).

108 L'espressione si deve ad Hanson (1958). Questo concetto è stato poi sviluppato da Toulmin (1953), Hanson (1958), Feyerabend (1962a), Kuhn (1962), Hesse (1980).

109 Si possono distinguere – così come nel caso della teoria contestuale del significato – tra due versioni di questa tesi: a) una versione forte, secondo cui due osservatori che sostengono due differenti teorie scientifiche, di fronte ad un medesimo oggetto, non vedono la stessa cosa; b) una versione debole, secondo cui i due osservatori in questione vedono la stessa cosa ma ne danno descrizioni differenti. Se la tesi dell'incommensurabilità è una conseguenza inevitabile della prima versione, lo stesso non si può dire della seconda.

confronto due teorie scientifiche scelte a piacere e optare per una di esse sulla base di motivi che non siano estremamente soggettivi"110. Questo avviene perchè "i significati, di termini

fattuali o di termini di qualsiasi altro genere, sono dipendenti dalle teorie (paradigmi); per due insiemi di significati essere differenti equivale ad essere 'incommensurabili'; se due teorie (paradigmi) sono incommensurabili, non possono essere comparati o giudicati direttamente. Né Kuhn né Feyerabend riescono a fornire una base extra-teoretica (problemi, criteri, esperienze indipendenti dalla teoria) sul cui fondamento le teorie (i paradigmi) possano essere comparati o giudicati indirettamente. Non rimane perciò alcuna base per scegliere fra loro. La scelta dev'essere fatta senza alcuna base, in modo arbitrario"111. Per

porre rimedio a questo pericolo Shapere propone di lasciar perdere i significati; se il nostro intento è quello di comprendere il funzionamento di concetti e teorie, ed i rapporti fra concetti e teorie differenti, non c'è alcun bisogno di introdurre un riferimento ai significati.

Le osservazioni di Shapere hanno il merito di sottolineare una caratteristica della tesi dell'incommensurabilità proposta da Kuhn e Feyerabend. Essa riguarda il "punto di vista puramente concettuale"112 nei termini del quale viene affrontato il problema del rapporto tra

teorie. Entrambi i filosofi infatti, pur dedicando gran parte delle loro riflessioni alla praxis della scienza e degli scienziati, sembrano condividere una sorta di "primato del concettuale". Per quanto i paradigmi e le teorie assumano una dimensione storico-culturale, i rapporti tra teorie incommensurabili derivano in primo luogo dalle loro differenze di schemi o quadri concettuali. Ciò è evidente nella progressiva riformulazione della tesi dell'incommensurabilità in chiave linguistica operata da Kuhn; ma anche nel Feyerabend "anarchico": la tesi dell'incommensurabilità – in Contro il metodo – non è direttamente collegata all'assenza di un metodo scientifico unico, piuttosto essa viene illustrata come un mutamento di linguaggi e di concetti.

Nonostante sia Kuhn che Feyerabend abbiano tentato di salvare la possibilità di un confronto tra teorie incommensurabili, e di fornire alcuni criteri di scelta e di valutazione113

delle teorie, si è andata affermando l'idea che una delle conseguenze della tesi dell'incommensurabilità consisterebbe nell'impossibilità di confrontare e valutare le teorie

110 Cfr. Shapere (1966), trad. it. p. 86. 111 Cfr. Shapere (1966), trad. it. p. 89. 112 Cfr. Shapere (1966), trad. it. p. 95.

113 Secondo J. Preston, negli scritti di Feyerabend si possono rintracciare addirittura otto metodi di confronto tra teorie incommensurabili. Cfr. Preston (1997) pp. 143-152. Kuhn, d'altro canto, per limitare la deriva irrazionalista della propria filosofia della scienza propone che il giudizio e la valutazione della teoria avvenga sulla base di valori condivisi ma interpretabili. Cfr. Kuhn (1977c).

scientifiche sulla base di fattori epistemici114.

Questa crisi della metodologia, se da un lato ha favorito lo sviluppo di una serie di riflessioni di ordine "metametodologico"115, dall'altro ha prodotto conclusioni assai drastiche

sullo statuto della razionalità scientifica. Una delle tesi più radicali – che avremo modo di analizzare approfonditamente nei prossimi capitoli – afferma infatti che solo i fattori sociali possono favorire la scelta di una teoria, e che tutti gli altri fattori di natura epistemica sono ridondanti. Il mutamento scientifico sarebbe cioè influenzato da fattori come gli "interessi socio-economici", "le idiosincrasie sociali", la "negoziazione sociale", e non dalla "verità" delle teorie, dal "progresso scientifico", e dalla "razionalità".

114 In realtà, a nostro avviso, si tratta di una interpretazione indebita. La tesi dell'incommensurabilità infatti non preclude qualsiasi possibilità di confronto e di giudizio, piuttosto mette in discussione alcuni ampi e diffusi criteri di confronto. Essa infatti impedisce a) qualsiasi giudizio di verisimilitudine relativa, b) qualsiasi confronto di classi di contenuto, c) qualsiasi giudizio di verità approssimata. Soltanto coloro che adottano tali criteri dovrebbero sentirsi minacciati dalla tesi dell'incommensurabilità.

PARTE SECONDA: La svolta sociologica